Istat marzo 2024
Entrambi gli indici considerati nella misura del 75% diventano rispettivamente + 0,9 % e + 6,45 %.
(MS/ms)
1
(MS/ms)
Agli effetti delle norme dei titoli I e II del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, che vi fanno riferimento, le medie dei cambi delle valute estere calcolati a titolo indicativo dalla Banca d’Italia sulla base delle quotazioni di mercato sono accertate per il mese di marzo 2024 come segue:
| Per 1 Euro | |
|
Dinaro Algerino |
146,2274 |
| Peso Argentino | 924,0898 |
| Dollaro Australiano | 1,6586 |
| Real Brasiliano | 5,4157 |
| Dollaro Canadese | 1,4726 |
| Corona Ceca | 25,2919 |
| Renminbi (Yuan)Cina Repubblica Popolare | 7,8297 |
| Corona Danese | 7,4566 |
| Yen Giapponese | 162,7725 |
| Rupia Indiana | 90,2515 |
| Corona Norvegese | 11,5214 |
| Dollaro Neozelandese | 1,7869 |
| Zloty Polacco | 4,3069 |
| Sterlina Gran Bretagna | 0,85524 |
| Nuovo Leu Rumeno | 4,9708 |
| Rublo Russo | 0 |
| Dollaro USA | 1,0872 |
| Rand (Sud Africa) | 20,4955 |
| Corona Svedese | 11,3054 |
| Franco Svizzero | 0,9656 |
| Dinaro Tunisino | 3,3802 |
| Hryvnia Ucraina | 42,1056 |
| Forint Ungherese | 395,087 |
Sul sito dell’Agenzia delle Entrate, al seguente link, cambi di marzo, sono a disposizione i dati sui cambi relativi alle restanti valute riportate nel decreto in oggetto.
(MS/ms)
Per quanto concerne l’imposta sulle successioni e donazioni, la bozza di schema circolata contiene, in primo luogo, molte norme di coordinamento, rese necessarie dall’esigenza di ridurre la frammentazione che attualmente affligge la materia, dato che le disposizioni che riguardano questa imposta sono suddivise tra il DLgs. 346/90 e il DL 262/20069 (art. 2 commi 47-53) che ha reintrodotto il tributo (soppresso nel 2003).
Per fare un esempio, vengono “riportate” nell’art. 7 del DLgs. 346/90 le aliquote e le franchigie dell’imposta, attualmente definite dall’art. 2 commi 47 e 48 del DL 262/2006, senza modificarle.
In larga parte, lo schema del decreto recepisce l’esito dei contrasti interpretativi (giurisprudenziali o di prassi) svoltisi nell’ultimo decennio, sul corretto coordinamento normativo tra vecchia (DLgs. 346/90) e nuova (DL 262/2006) normativa.
Viene recepita l’evoluzione interpretativa in tema di coacervo:
Per il trust vengono esplicitati i criteri di territorialità ancorandoli alla residenza del disponente al momento della separazione patrimoniale, cosicché:
Qui, però, troviamo una novità: si prevede la possibilità, per il contribuente, di derogare al principio di tassazione differita, optando per la tassazione anticipata. In breve, il disponente del trust (o, in caso di trust testamentario, il trustee) può optare per la corresponsione dell’imposta “anticipata”, al momento del conferimento dei beni nel trust (ovvero dell’apertura della successione), determinando la base imponibile, le franchigie e le aliquote applicabili con riferimento al momento del conferimento stesso (ovvero dell’apertura della successione) e se, al momento del conferimento, i beneficiari non sono individuati – precisa la disposizione – si applica l’aliquota più elevata, senza franchigie. In queste ipotesi, i trasferimenti finali ai beneficiari non sconteranno imposta, ma non si darà in ogni caso luogo a rimborsi.
La bozza dello schema di decreto prevede che le norme in tema di trust trovino applicazione anche ai trust già istituiti al momento dell’entrata in vigore del decreto (ma un decreto attuativo dovrà definire le modalità).
Interessanti sono, poi, le modifiche all’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni per il trasferimento di aziende o partecipazioni a coniuge e discendenti (art. 3 comma 4-ter del DLgs. 346/90). In primo luogo, forse sotto lo stimolo della recente risposta a interpello n. 72/2024, nella quale è stata esclusa l’applicabilità dell’esenzione per un trasferimento di quote a soggetti che già detenevano, in comproprietà, il controllo della società (si veda “Donazione di quote non esente se il beneficiario ha già il controllo e lo rafforza” del 19 marzo 2024), lo schema di decreto prevede che, per il trasferimento di quote in società di capitali, l’esenzione spetti anche quando il beneficiario integra un controllo già esistente.
Inoltre, viene declinata con maggior precisione la condizione del quinquennio che, attualmente, è esplicitata solo per i beneficiari di quote di società di capitali, ai quali si richiede di mantenere il controllo sociale per almeno 5 anni. Il testo della bozza specifica che, per almeno un quinquennio:
(MF/ms)
A livello operativo, al di là di quanto prevedeva la norma che faceva riferimento ai consumatori finali, anche i soggetti passivi IVA per sfruttare appieno il servizio avrebbero dovuto esprimere espressa adesione, salvo quanto previsto per il c.d. “periodo transitorio”.
Per effetto della modifica normativa in parola, tutti i contribuenti, siano essi operatori economici, persone fisiche o soggetti, diversi da persone fisiche, non titolari di partita IVA, possono avvalersi del servizio di consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche e dei loro duplicati informatici senza la necessità di sottoscrivere un accordo di servizio. Dunque, come detto, non sarà più necessaria un’espressa adesione al servizio.
Il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, Prot. n. 105669/2024, ha recepito le novità a livello operativo, con effetti a partire dallo scorso 20 marzo.
Come riportato nel provvedimento, stante comunque la possibilità, per l’Agenzia delle Entrate, di memorizzare i file delle fatture elettroniche fino al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione di riferimento ovvero fino alla definizione di eventuali giudizi, secondo quanto disposto dall’art. 1, comma 5-bis, del menzionato D.Lgs. n. 127 del 2015 (introdotto dall’art. 14 del D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito con Legge 19 dicembre 2019, n. 157), con il nuovo provvedimento si dispone:
Inoltre, anche ai consumatori finali, come già avviene per gli operatori economici, sono messi a disposizione in consultazione i “dati fattura” (ad eccezione di quelli relativi a natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi oggetto dell’operazione di cui al comma 2, lettera g), dell’art. 21 del D.P.R. n. 633 del 1972) fino al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione di riferimento.
La consultazione delle fatture elettroniche e dei “dati fattura” non è delegabile, da parte del consumatore finale, ad un intermediario.
| Periodo temporale memorizzazione dati | |
|---|---|
| Dati fattura | 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione di riferimento |
| File fattura completo | Fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di ricezione da parte del Sistema di Interscambio |
| Fatture disponibili | Anche se antecedenti all’adesione (per chi l’aveva espressa in precedenza) |
(MF/ms)
È questa la posizione del Conservatore del Registro delle imprese di Firenze che emerge dalla comunicazione dello stesso a tutte le società non compliant.
L’art. 379 del Codice della crisi – ricorda nelle sue comunicazioni alle società il Registro delle imprese toscano – ha modificato l’art. 2477 c.c. che, nella sua attuale formulazione, ai commi 2 e 3, prevede la nomina obbligatoria dell’organo di controllo o del revisore qualora la società, alternativamente:
Pertanto, in sede di approvazione del bilancio d’esercizio relativo all’esercizio 2022 l’assemblea, verificato il superamento di uno dei limiti indicati al secondo comma dell’art. 2477 c.c. (cioè i limiti parametrici su cui vigila il Registro delle imprese), avrebbe dovuto nominare l’organo di controllo o il revisore.
Il Registro evidenzia che la società deve provvedere alla nomina nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione.
Decorso infruttuosamente il termine indicato, il Conservatore, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 2477 c.c., si vedrà obbligato a segnalare al Tribunale competente l’omissione rilevata affinché quest’ultimo provveda alla nomina ivi prevista.
Nella comunicazione si rende inoltre noto che il bilancio (ci si riferisce evidentemente al bilancio 2023) “presentato in assenza di relazione dell’organo di controllo dovrà essere rifiutato”.
La comunicazione risulta molto diversa rispetto a quella di altri Conservatori dei Registri delle imprese.
Quella di Milano, ad esempio, forniva un termine non di trenta, ma di sessanta giorni e chiedeva al Tribunale di nominare un organo di controllo, non un revisore.
Soprattutto, a quanto ci risulta, è la prima volta che un Conservatore del Registro delle imprese evidenzia che, in caso di mancata nomina dell’organo di controllo (in effetti si dovrebbe far riferimento anche al revisore che, non essendo un organo, dovrebbe essere citato autonomamente), il bilancio non sia depositabile.
Dietro tale posizione, probabilmente, il Registro delle imprese toscano prende atto di una ormai sempre più consolidata giurisprudenza, secondo la quale la relazione del Collegio sindacale è considerata un elemento costitutivo essenziale e prodromico al processo di formazione del bilancio, la cui assenza o irregolarità, inficiandone la conformità rispetto al paradigma normativo, ne determina l’invalidità (cfr. Trib. Milano n. 4115/2019).
La giurisprudenza maggioritaria, anche a seguito della storica sentenza della Cassazione n. 11554/2008 (nel caso di specie si era di fronte a un collegio irregolarmente costituito), propende in questi casi per l’annullabilità, determinata da un vizio nella formazione del bilancio che non rispetterebbe i dettami degli artt. 2478-bis e 2429 c.c. (in tal senso Trib. Milano 8 maggio 2019, Trib. Milano n. 3432/2018, Trib. Milano n. 1474/2017 e Trib. Latina 23 marzo 2011), ma non manca qualche sentenza che, addirittura, in dette situazioni individua gli estremi della nullità (Trib. Milano n. 11595/2015).
Al di là della rilevante (e, ad avviso di chi scrive, condivisibile) posizione del Registro delle imprese toscano, si evidenziano due problemi, il primo di ordine pratico e il secondo di mancato coordinamento.
Il problema di ordine pratico è quello legato al fatto di come un sindaco revisore, o un revisore nominato nel mese di aprile o maggio 2024, possa redigere la propria relazione al bilancio 2023, non avendo ad esempio potuto provvedere ad alcun controllo del magazzino a fine anno e con ulteriori limitazioni a porre in essere le ordinarie procedure di revisione.
Sotto il secondo profilo, invece, emerge (ancora una volta), la disomogeneità nei comportamenti dei diversi conservatori dei Registri delle imprese italiane.
Forse sarebbe auspicabile, ad avviso di chi scrive, che il MIMIT (vigilante sui Registri delle imprese) con apposito provvedimento indirizzi in un’unica direzione i comportamenti dei vari Conservatori, in modo da equiparare anche le conseguenze per le diverse società, dislocate nelle diverse Province italiane che non rispettino le previsioni normative di cui all’art. 2477 c.c.
(MF/ms)
Modalità e termini di invio della comunicazione saranno stabiliti con apposito decreto ministeriale di prossima emanazione, che interverrà sul DM 6 ottobre 2021 relativo alla “vecchia” comunicazione prevista ai soli fini di monitoraggio.
La nuova disposizione stabilisce che le imprese sono tenute a comunicare preventivamente, in via telematica, l’importo complessivo degli investimenti che si intendono effettuare dal 30 marzo 2024 (dati di entrata in vigore del DL 39/2024), la presunta ripartizione negli anni del credito e la relativa fruizione.
La norma fa riferimento, per la decorrenza dell’obbligo di comunicazione preventiva, agli “investimenti che si intendono effettuare” dal 30 marzo 2024, formulazione non particolarmente chiara che dovrà essere meglio specificata.
Viene inoltre previsto che la comunicazione debba essere aggiornata al completamento di tali investimenti.
La comunicazione telematica di completamento degli investimenti va effettuata, per espressa disposizione, anche per gli investimenti realizzati dal 1° gennaio 2024 al 29 marzo 2024 (giorno antecedente alla data di entrata in vigore del DL 39/2024).
In altri termini, stando al tenore della norma e in attesa delle specifiche disposizioni attuative:
Comunicazione anche per crediti 2023 non ancora utilizzati
Una particolare disposizione è poi prevista per gli investimenti 2023.
Il comma 3 dell’art. 6 del DL 39/2024 stabilisce che “Per gli investimenti in beni strumentali nuovi di cui all’articolo 1, commi da 1057-bis a 1058-ter, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, relativi all’anno 2023, la compensabilità dei crediti maturati e non ancora fruiti è subordinata alla comunicazione effettuata secondo le modalità di cui al decreto direttoriale di cui al comma 1”.
Pertanto, con riguardo al solo bonus investimenti in beni materiali e immateriali 4.0 (e non quindi al credito R&S), in relazione agli investimenti relativi al 2023 (che dovrebbero essere intesi come investimenti effettuati ai sensi dell’art. 109 del TUIR), l’utilizzo dei crediti maturati ma non ancora fruiti (in assenza di specifica indicazione della norma, dovrebbe riferirsi alla data del 30 marzo 2023) è subordinato alla comunicazione, secondo le modalità definite dal summenzionato DM.
Di fatto, quindi, l’utilizzo delle quote residue di tali crediti sarebbe, allo stato attuale, in stand by, essendo necessario presentare l’apposita comunicazione richiesta.
(MF/ms)
La L. 160/2023, contenente la delega al Governo per la revisione del sistema degli incentivi alle imprese, ha, infatti, nuovamente modificato la disciplina, contenuta nell’art. 1 commi 125 e ss. della L. 124/2017, in specie in riferimento gli aiuti di Stato e agli aiuti de minimis contenuti nel Registro nazionale degli aiuti di Stato (RNA) di cui all’art. 52 della L. 234/2012.
Il comma 125-quinquies stabilisce che, per tali aiuti, la registrazione nel predetto sistema, con conseguente pubblicazione nella sezione trasparenza ivi prevista, operata dai soggetti che concedono o gestiscono gli aiuti medesimi ai sensi della relativa disciplina, tiene luogo degli obblighi di pubblicazione posti a carico dei soggetti beneficiari dalla L. 124/2017.
È prevista, quindi, l’esenzione dagli obblighi di informativa in esame.
L’art. 8 comma 2 della L. 160/2023 ha modificato il comma 125-quinquies, sopprimendo la condizione per cui, a fronte dell’esenzione, l’esistenza degli aiuti di Stato e de minimis oggetto di obbligo di pubblicazione nell’ambito del Registro nazionale degli aiuti di Stato doveva essere dichiarata nella Nota integrativa del bilancio oppure sul sito internet o, in mancanza, sul portale digitale delle associazioni di categoria di appartenenza.
La L. 160/2023, entrata in vigore il 30 novembre 2023, non contiene una precisa norma di decorrenza con riferimento alla semplificazione in esame, la quale sembra comunque riferibile, per ragioni prudenziali ma anche di equità, alle erogazioni pubbliche percepite nel 2023, da rendicontare nel 2024.
La semplificazione è riferibile, peraltro, sia ai soggetti che inseriscono l’informativa nella Nota integrativa, sia ai soggetti che inseriscono l’informativa sui siti internet.
Per i primi, l’obbligo informativo dovrebbe essere adempiuto in sede di approvazione dei bilanci relativi all’esercizio 2023.
A tal riguardo, il documento CNDCEC marzo 2019 ha osservato come l’adempimento “segua” la tempistica del bilancio.
Pertanto, ove lo stesso sia approvato nel termine di 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale ai sensi degli artt. 2364 comma 2 e 2478-bis comma 2 c.c., anche la pubblicazione delle erogazioni pubbliche viene conseguentemente differita.
Per i soggetti che inseriscono l’informativa sui siti internet, invece, l’obbligo informativo dovrebbe essere adempiuto entro il 1° luglio 2024 (in quanto il 30 giugno 2024 cade di domenica).
La disciplina in esame è rimasta invariata, rispetto allo scorso anno, con riferimento alle modalità di adempimento.
Fermo restando che le imprese obbligate all’iscrizione nel Registro delle imprese devono pubblicare le informazioni nella Nota integrativa del bilancio d’esercizio e dell’eventuale bilancio consolidato, i soggetti che redigono il bilancio in forma abbreviata e gli enti non commerciali possono adempiere, in alternativa, sui propri siti internet (o altri portali digitali) oppure nella Nota integrativa (ove predisposta).
Tale semplificazione, introdotta dal DL 73/2022 conv. L. 122/2022 (c.d. DL “Semplificazioni fiscali”), a decorrere dalle erogazioni pubbliche percepite nel 2022, da rendicontare nel 2023, sembrerebbe riferibile anche alle micro imprese (a fronte dell’inserimento dell’informativa in calce allo Stato patrimoniale), mentre sembrerebbero esclusi imprenditori individuali e società di persone, data la carenza dell’obbligo di redazione della Nota integrativa.
Nessuna modifica è stata, poi, apportata all’ambito oggettivo di applicazione.
È confermato che gli obblighi di informativa riguardano (sia per gli enti non commerciali che per le imprese) “sovvenzioni, sussidi, vantaggi, contributi o aiuti, in denaro o in natura, non aventi carattere generale e privi di natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria”.
Non assume, quindi, rilievo la forma del beneficio economico ricevuto, così come la circostanza che sia in denaro o in natura. Inoltre, sono esclusi dalla disciplina i vantaggi ricevuti dal beneficiario sulla base di un regime generale (agevolazioni fiscali, contributi che vengono dati a tutti i soggetti che soddisfano determinate condizioni).
Gli obblighi di trasparenza non si applicano, poi, alle attribuzioni che costituiscono un corrispettivo per una prestazione svolta (gli apporti che trovano, cioè, la loro fonte in un rapporto sinallagmatico caratterizzato dallo scambio tra prestazione di un bene o servizio e pagamento di un corrispettivo; circ. Min. Lavoro e Politiche sociali n. 6/2021), una retribuzione per un incarico ricevuto oppure che sono dovute a titolo di risarcimento.
Resta fermo, poi, che gli obblighi di trasparenza non si applicano ove l’importo monetario sia inferiore a 10.000 euro nel periodo considerato.
(MF/ms)
Riepilogando i termini della questione, l’art. 10 del DM 31 maggio 2017 n. 115 dispone che, ai fini dei controlli previsti dal medesimo decreto, gli aiuti individuali non subordinati all’emanazione di provvedimenti di concessione o di autorizzazione alla fruizione comunque denominati si intendano concessi e siano registrati nel Registro nazionale aiuti (RNA) nell’esercizio finanziario successivo a quello della fruizione da parte del soggetto beneficiario.
Gli aiuti fiscali aventi medesime caratteristiche si intendono concessi e sono registrati nell’RNA, ai fini del decreto, nell’esercizio finanziario successivo a quello di presentazione della dichiarazione fiscale nella quale sono dichiarati (comma 1).
A tali adempimenti provvedono l’Agenzia delle Entrate, l’Agenzia delle Dogane e dei monopoli, l’ente previdenziale o assistenziale di pertinenza, ovvero gli altri soggetti competenti preposti alla fase di fruizione degli aiuti (comma 2).
L’art. 35 del DL 21 giugno 2022 n. 73 convertito (c.d. DL “Semplificazioni fiscali”) ha stabilito che, con riferimento agli aiuti non subordinati all’emanazione di provvedimenti di concessione o di autorizzazione alla fruizione comunque denominati, ovvero subordinati all’emanazione di provvedimenti di concessione o di autorizzazione alla fruizione comunque denominati il cui importo non è determinabile nei predetti provvedimenti, ma solo a seguito della presentazione della dichiarazione resa a fini fiscali nella quale sono dichiarati, “i termini di cui all’articolo 10, comma 1, secondo periodo, del DM 31 maggio 2017, n. 115, in scadenza:
In base a tale disposizione, l’Agenzia delle Entrate aveva tempo fino al 30 giugno 2023, e non più al 31 dicembre 2022, per la registrazione nell’RNA degli aiuti COVID di cui alla Sezione 3.1 e 3.12 del Quadro temporaneo.
Prorogati i termini del 31 marzo e del 30 settembre 2024
L’art. 22 comma 2 del DL 198/2022, intervenendo sul comma 1 del citato art. 35 del DL 73/2022, ha poi stabilito che i termini di cui all’art. 10 comma 1 secondo periodo del DM 31 maggio 2017 n. 115, in scadenza:
(MF/ms)
Il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha riferito, in conferenza stampa, che il decreto che introduce misure urgenti in materia di agevolazioni fiscali sostanzialmente elimina ogni tipo di sconto in fattura e cessione del credito per tutte le tipologie che ancora lo prevedevano in tale ambito.
Inoltre, non sarà possibile applicare l’istituto della remissione in bonis, che avrebbe consentito, con il pagamento di una minima sanzione, la comunicazione funzionale alla fruizione dei benefici fino al 15 ottobre 2024.
Il fine del Governo è quello di acquisire, alla scadenza ordinaria del termine previsto per tali agevolazioni (4 aprile 2024), l’ammontare del complesso delle opzioni esercitate e delle cessioni stipulate.
Giorgetti ha sottolineato in conferenza stampa la volontà di avere un monitoraggio preventivo del fenomeno rispetto al momento in cui le fatture vengono caricate sulla piattaforma dell’Agenzia delle Entrate.
È stata così istituita, per le nuove fattispecie, una comunicazione preventiva nel momento in cui si inizia la progettazione del lavoro.
Stando al comunicato stampa diffuso in tarda serata, è previsto un corredo sanzionatorio.
In particolare, l’omessa trasmissione delle informazioni richieste, se relativa agli interventi già avviati, determina l’applicazione di una sanzione amministrativa di 10.000 euro, mentre per i nuovi interventi è prevista la decadenza dall’agevolazione fiscale.
“Inoltre – ha continuato Giorgetti – abbiamo esteso a questa fattispecie la compensazione di coloro che intendono fruire dei crediti d’imposta rispetto ai debiti definitivamente accertati nei confronti dell’erario.
Quindi, se uno ha un ruolo definitivamente accertato prima si compensa su quello”.
In sostanza, nella conferenza stampa si è prospettato come, nel futuro, il credito di imposta edilizio derivante dalla cessione del credito o dallo sconto in fattura potrà essere utilizzato per pagare le somme iscritte a ruolo.
Ciò, come emerge dal comunicato stampa, sembra collegarsi all’introduzione di un nuovo divieto di compensazione pensato proprio per i bonus edilizi.
In presenza di ruoli di ammontare almeno pari a 10.000 euro, ci sarà infatti un divieto di compensazione di questi crediti fino a concorrenza del dovuto. Il divieto di compensazione non opera se è in essere una dilazione dei ruoli.
Nel mirino del Governo è finita anche la cessione del credito ACE, che viene limitata.
“Di questa agevolazione, che peraltro è stata eliminata dalla riforma fiscale, abbiamo iniziato a notare un utilizzo fraudolento” ha dichiarato il Ministro. Il decreto riduce a una la possibilità di cessione ed estende la responsabilità solidale del cessionario alle ipotesi di concorso nella violazione. Infine, amplia i controlli preventivi in materia di operazioni sospette.
Altre norme prevedono una comunicazione preventiva anche sulle misure di transizione 4.0, fermo restando la compensazione già introdotta su transizione 5.0.
I provvedimenti illustrati in conferenza stampa sono tesi “a chiudere definitivamente la eccessiva generosità di una misura che ha causato gravi problemi alla finanza pubblica e i cui effetti potremmo contabilizzare tra pochi giorni quando si chiuderà la finestra per il caricamento delle fatture di tutti i lavori eseguiti entro il 31 dicembre del 2023” ha concluso Giorgetti.
Il comunicato stampa precisa che l’intervento si è reso necessario anche alla luce degli ultimi dati certificati dall’ISTAT, che hanno portato alla revisione del deficit relativo all’anno 2023 arrivando alla misura del 7,2%, revisione al rialzo che segue quella già intervenuta per gli anni 2021 e 2022.
(MF/ms)