Imprese: accantonamento di utile a riserva con sconto Super Ace
In detta occasione è necessario valutare con attenzione l’opzione introdotta dall’art. 19 del DL 73/2021 con riguardo alla c.d. super Ace, o Ace innovativa, diretta a stimolare la capitalizzazione delle imprese nel 2021 con un incentivo fiscale che, dal punto di vista qualitativo e quantitativo, appare di indubbio interesse.
Ai sensi del comma 3 del richiamato art. 19, infatti, dal giorno successivo a quello della delibera dell’assemblea di destinazione dell’utile d’esercizio a riserva è possibile beneficiare di un credito d’imposta calcolato applicando al rendimento nozionale l’aliquota IRES. In pratica, per ogni 10.000 euro di utile accantonato è possibile fruire di un credito d’imposta di 360 euro (10.000 x 15% x 24%) da utilizzare in compensazione ovvero cedibile a terzi.
In alternativa, resta ferma la possibilità di beneficiare dell’agevolazione sotto forma di deduzione dal reddito imponibile del rendimento nozionale della variazione del capitale proprio nel 2021.
Secondo l’impostazione tradizionale, derivata dalla relazione al primo decreto attuativo dell’agevolazione Ace, la formulazione normativa deve intendersi riferita a tutti gli utili di esercizio che risultano mantenuti nell’economia dell’impresa, a prescindere dall’accantonamento a riserva, rilevando, ad esempio, anche gli utili portati a nuovo e quelli destinati direttamente a copertura di perdite.
Nell’ipotesi in cui il progetto di bilancio sia già stato approvato dal consiglio di amministrazione, ma non dall’assemblea, potrebbe essere opportuno che, con nuova delibera, l’organo amministrativo modifichi, nel progetto di bilancio, la proposta di destinazione dell’utile.
In ogni caso, c’è da considerare che spetta all’assemblea decidere in ordine alla destinazione dell’utile, eventualmente, optando anche per l’accantonamento o per il reimpiego nell’interesse della società (Cass. n. 4522/2016). Per la massima cautela procedurale, si potrebbe verbalizzare che il consiglio di amministrazione esprime il proprio consenso alla delibera assembleare che decide di mantenere gli utili nell’economia dell’impresa.
Ove, invece, il bilancio fosse già stato approvato dall’assemblea, e fosse stata deliberata la distribuzione dei dividendi, il passaggio di tali somme dal patrimonio netto ai debiti rende più complicato sostenere che la mancata distribuzione dei dividendi, da sola, sia sufficiente a integrare il presupposto dell’agevolazione.
A tal riguardo, si potrebbe valutare una nuova assemblea che, revocando la precedente, modifichi la destinazione dell’utile.
Si tratta di un percorso non immediato in quanto richiederebbe il consenso di tutti i soci e comporterebbe complicazioni di natura gestionale e fiscale nell’ipotesi in cui i dividendi siano già stati materialmente pagati ai soci.
In particolare, quanto al consenso, occorre evidenziare che la delibera di revoca incide sui diritti acquisiti di tutti i soci, per cui non pare possibile assumerla a sola maggioranza (cfr. Trib. Monza 15 gennaio 2004 e Cass. n. 2335/1994).
Al netto di tali problematiche, non sembra però che un’eventuale revoca della delibera assembleare e la successiva decisione di accantonare gli utili a riserva possa essere censurata dal punto di vista dell’abuso del diritto, dal momento che, in ragione della modifica normativa intervenuta a valere sul periodo d’imposta in corso, il contribuente si limita a porre in essere quegli adempimenti necessari per accedere al beneficio disposto dal legislatore.
(MF/ms)