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Perdite su crediti deducibili in anni successivi al fallimento

Anche per i periodi d’imposta anteriori al 2015, sembra definitivamente risolta la questione dell’individuazione dell’esercizio di deducibilità delle perdite su crediti vantati verso debitori assoggettati alle procedure concorsuali o agli istituti assimilati elencati dall’art. 101 comma 5 del TUIR. 

È questo il principale effetto dell’ordinanza della Cassazione n. 27352, depositata il 26 settembre.

Per comprendere i termini del problema, si ricorda che, con riferimento ai crediti di modesta entità e a quelli verso debitori sottoposti a procedura concorsuale o istituti assimilati, l’art. 101 comma 5-bis del TUIR (inserito dall’art. 13 comma 1 lett. d) del DLgs. 147/2015) stabilisce che la deduzione della perdita è ammessa nel periodo di imputazione in bilancio, anche quando detta imputazione è eseguita in un periodo di imposta successivo a quello in cui:

  • sussistono gli elementi certi e precisi;
  • ovvero il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale.
Inoltre, viene previsto che la deduzione non è più consentita quando l’imputazione avviene in un periodo d’imposta successivo a quello in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si sarebbe dovuto procedere alla cancellazione del credito dal bilancio.

Ai sensi dell’art. 13 comma 2 del citato DLgs. 147/2015, tali criteri di imputazione temporale si applicano a partire dal periodo d’imposta in corso al 7 ottobre 2015 (2015, per i soggetti “solari”).

Tenuto conto di tale decorrenza, si discute se, per i periodi d’imposta fino al 2014, la deduzione debba avvenire obbligatoriamente nell’esercizio di apertura della procedura ovvero se tale evento rappresenti solo il termine iniziale (c.d. dies a quo) per la deducibilità.

Con la pronuncia in commento, la Cassazione attribuisce, di fatto, valenza interpretativa ai suddetti criteri.

Pertanto, anche prima del 2015, ove il debitore fosse assoggettato a fallimento o ad altre procedure concorsuali, la deduzione della perdita su crediti era ammessa nel periodo di imputazione a bilancio, entro la “finestra temporale” che andava dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento (o di avvio della procedura) al periodo d’imposta in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si doveva procedere alla cancellazione del credito stesso dal bilancio.

I giudici di legittimità non si limitano a dare continuità alle ordinanze n. 15218/2021 e n. 21958/2022 (che si erano già espresse in senso conforme), ma si discostano espressamente dall’ordinanza n. 775/2019, che aveva sostenuto la tesi opposta.

Sembra così definitivamente confermato l’orientamento dottrinale e giurisprudenziale prevalente (per tutte, Cass. nn. 12831/2002 e 22135/2010), secondo cui, anche prima del 2015 la perdita su crediti era considerata deducibile in esercizi successivi a quello dell’apertura della procedura, posto il tenore letterale del richiamato art. 101 comma 5, il quale afferma che “il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data (…)” (e non già alla data) in cui viene emanato il provvedimento (o decreto) che dà il via alla procedura stessa.

In linea con tale orientamento, la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 26/2013 (§ 6) aveva precisato che, una volta aperta la procedura, l’esercizio in cui dedurre la perdita su crediti deve essere identificato secondo le ordinarie regole di competenza.

Così, in ogni esercizio si considera deducibile la quota del credito che, in base allo “stato” della procedura, viene giudicata irrecuperabile, con il risultato, tra l’altro, che:

  • qualora l’irrecuperabilità del credito si manifesti interamente in un unico periodo d’imposta, la perdita risulta integralmente deducibile in detto periodo;
  • qualora, in un esercizio successivo a quello dell’avvenuta deduzione, intervengano nuovi elementi idonei a dimostrare che la perdita è maggiore di quella inizialmente rilevata e dedotta, anche l’ulteriore perdita, purché rilevata in bilancio e corredata da idonea documentazione, assume rilievo fiscale.
Appare, pertanto, definitivamente superato il filone minoritario, alimentato, da ultimo, da due pronunce (cfr. Cass. n. 8587/2020 e n. 1282/2020), secondo il quale le perdite su crediti vantati verso debitori soggetti a procedura concorsuale sarebbero deducibili esclusivamente nel periodo d’imposta di apertura della procedura.

In pratica, secondo tale orientamento ormai non più attuale, interpretando l’art. 101 comma 5 del TUIR nel senso che la deduzione della perdita sarebbe stata possibile anche in esercizi successivi, sarebbe stata rimessa all’arbitrio del contribuente la scelta del periodo più vantaggioso per operare la deduzione.

Sarebbe stato così snaturato il principio di competenza, che resta, invece, criterio inderogabile e oggettivo per la determinazione del reddito d’impresa.

(MF/ms)




Crisi di impresa: nota di variazione anche per la composizione negoziata

L’art. 38 comma 2 del Dl 13/2023, in vigore dal 25 febbraio 2023, ha esteso la possibilità di emettere le note di variazione Iva dalla data di pubblicazione nel Registro delle imprese dei contratti o accordi che concludono la composizione negoziata della crisi.

Si ricorda, a tal proposito, che l’art. 26 comma 3-bis del Dpr 633/72, introdotto dall’art. 18 del Dl 73/2021, per le sole procedure avviate dal 26 maggio 2021 compreso, legittima il cedente o prestatore a effettuare la variazione in diminuzione in caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, del cessionario o committente già dalla data in cui quest’ultimo è assoggettato alla procedura concorsuale.

L’ambito di applicazione dell’art. 26 comma 3-bis, anche mediante rinvio al successivo comma 10-bis, include le procedure concorsuali “tradizionali” come il fallimento (sostituito dal termine liquidazione giudiziale ex art. 349 del Dlgs. 14/2019), il concordato preventivo, la liquidazione coatta amministrativa o l’amministrazione straordinaria, oltre agli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis del Rd 267/42 (artt. 57, 60 e 61 del Dlgs. 14/2019) o ai piani attestati ex art. 67 comma 3 lett. f) del Rd 267/42 (art. 56 del Dlgs. 14/2019).

Sino all’intervento del Dl 13/2023, dall’ambito di applicazione dell’art. 26 del Dpr 633/72 restava, tuttavia, escluso il nuovo istituto della composizione negoziata, secondo alcuni giustificabile in ragione dell’assenza di natura concorsuale dell’istituto stesso. 

L’art. 38 comma 2 del richiamato decreto riconosce la possibilità di emettere note di variazione in diminuzione con efficacia dalla data di pubblicazione nel Registro delle imprese dei contratti o accordi che concludono la composizione negoziata nelle ipotesi di cui all’art. 23 comma 1 lett. a) e c) e comma 2 lett. b) del Dlgs. 14/2019.

Ai sensi dell’art. 23 comma 1 del Dlgs. 14/2019, concluse le trattative e individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di “squilibrio patrimoniale o economico-finanziario” che rende probabile la crisi o l’insolvenza, è possibile concludere, tra l’altro:

– un contratto, con uno o più creditori, che produce come effetto la riduzione alla misura legale degli interessi sui debiti tributari dell’imprenditore, quando lo stesso, secondo la relazione dell’esperto, è idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni (lett. a);
– ovvero un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto – i cui effetti sono l’esenzione dalla revocatoria e dai reati di bancarotta – ove l’esperto dà atto che il piano di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi o dell’insolvenza (lett. c).

Il cedente o prestatore dovrà prestare attenzione ai termini di emissione della nota di variazione, poiché il termine ultimo per emettere il documento è la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno in cui si sono verificati i presupposti per operare la variazione (art. 19 comma 1 e 26 comma 2 del Dpr 633/72).

Ad esempio, se è stipulato a marzo 2023 l’accordo conclusivo della composizione negoziata ed esso è pubblicato nel Registro delle imprese a maggio 2023, la nota di variazione IVA in diminuzione deve essere emessa entro il 30 aprile 2024 (termine per presentare la dichiarazione relativa al 2023).

A norma dell’art. 23 comma 2 del Dlgs. 14/2019, invece, è previsto che se all’esito delle trattative non è individuata una soluzione tra quelle di cui al comma 1, in alternativa, l’imprenditore può domandare l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli artt. 57, 60 e 61 del medesimo Dlgs.

Sotto quest’ultimo profilo, la novella del 2023 ha una portata forse minore rispetto alle note di variazione, se si considera che l’omologazione degli accordi già rientrava nella previsione di cui all’art. 26 comma 3-bis del Dpr 633/72, con effetto “dalla data del decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis del Rd 267/42”.

È possibile, però ritenere che la norma intenda, da un lato, chiarire che il dies a quo per l’emissione della nota di variazione è quello di pubblicazione nel Registro delle imprese e, dall’altro, dissipare i dubbi sulla circostanza che la variazione sia ammessa in tutte le fattispecie degli accordi di ristrutturazione dei debiti: non solo ai sensi dell’art. 57 del Dlgs. 14/2019 (vale a dire l’art. 182-bis del Rd 267/42 espressamente citato dalla normativa IVA), ma anche ai sensi degli artt. 60 e 61 del Dlgs. 14/2019 (quest’ultime, peraltro, già previste agli artt. 182-novies e 182-septies del Rd 267/42).

Pur nel silenzio del legislatore, invece, dovrebbe essere riconosciuta l’applicazione della disciplina delle note di variazione sia nel concordato semplificato sia nel (nuovo) piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (“PRO”) ex art. 64-bis del Dlgs. 14/2019. Nel primo caso il dies a quo potrebbe individuarsi nel decreto ex art. 25-sexies commi 3 e 4 del DLgs. 14/2019 (mancando la fase di ammissione alla procedura); nel secondo, potrebbe ragionevolmente applicarsi il dies a quo dettato per il concordato preventivo ossia la data in cui è pronunciato il decreto di cui al comma 4
dell’art. 64-bis del Dlgs. 14/2019.
 

(MF/ms)




Nota di variazione nelle procedure concorsuali: chiarimenti da Telefisco

Nell’ambito della nuova disciplina delle note di variazione emesse a fronte di procedure concorsuali in capo al cessionario o committente, la nota non può essere riferita alla sola Iva.

La variazione, in tutto o in parte, riguarda infatti il corrispettivo non incassato dal cedente o prestatore e, dunque, deve essere emessa in riferimento sia all’imponibile che alla corrispondente imposta.

Tale aspetto è stato confermato dall’Agenzia delle Entrate in una delle risposte rese nel corso di Telefisco del 15 giugno 2022, specificando che le note di variazione in diminuzione per la sola imposta sono consentite solamente “laddove si configuri una errata applicazione dell’aliquota”. La conclusione è da estendersi anche ai casi di errata applicazione del regime di imponibilità (invece che di quello di esenzione o non imponibilità) oppure di errata applicazione del tributo (per operazioni fuori campo).

Nel caso esaminato nel corso di Telefisco, una procedura fallimentare in capo al debitore veniva avviata dopo il 26 maggio 2021 (data di entrata in vigore della disciplina ex art. 18 del Dl 73/2021) e il soggetto creditore emetteva la nota di variazione per il credito non riscosso. La procedura fallimentare, invece, iscriveva al passivo il creditore solamente per la parte relativa all’imponibile e non anche per l’imposta.

L’Agenzia delle Entrate ha risposto affermando che, anche qualora la procedura abbia deciso di registrare nel passivo fallimentare solo la quota parte relativa all’imponibile, il creditore che venga soddisfatto del proprio credito è tenuto a emettere una nota di variazione in aumento ripartendo proporzionalmente la somma incassata tra imponibile e imposta.

Il chiarimento verte sull’emissione della nota in aumento da parte del cedente o prestatore (a seguito del pagamento del credito non ancora riscosso, già oggetto di una precedente variazione), mentre in passato l’Agenzia delle Entrate si era espressa con riferimento alle note di variazione in diminuzione.

Nella ris. n. 127/2008 è affermato che la rettifica in diminuzione deve “essere rappresentativa sia della riduzione dell’imponibile che della relativa imposta. Una nota di variazione che tenga conto della sola imposta non riscossa andrebbe a scindere l’indissolubile collegamento esistente tra imposta ed operazione imponibile”.

Vi sarebbe, altrimenti, la conseguenza “paradossale”, che “a fronte di un’operazione imponibile per la quale è stato interamente riscosso il corrispettivo, l’Erario non incasserebbe alcuna imposta sul valore aggiunto”. Più recentemente, la risposta a interpello n. 801/2021 ha ribadito che, in caso di concordato preventivo, non sarebbe ammissibile l’emissione di note di credito “di sola Iva”.

Quanto indicato dall’Amministrazione finanziaria è coerente con la disciplina comunitaria, dalla quale emerge come la base imponibile e l’Iva siano tra loro intrinsecamente connesse.

L’art. 90, par. 1, della direttiva 2006/112/Ce consente la riduzione della base imponibile (alle condizioni stabilite dagli Stati membri), anche in caso di “non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione”.

Il successivo par. 2 consente agli stessi Stati membri di poter derogare a tale regola, posto che il pagamento del corrispettivo può essere “difficile da accertare o essere solamente provvisorio” (Corte di Giustizia, causa C-330/95). Nondimeno, la giurisprudenza comunitaria ha concluso che la riduzione potrebbe comunque essere accordata qualora il soggetto passivo segnali l’esistenza di una “probabilità ragionevole che il debito non sia saldato” (Corte di Giustizia Ue, causa C-146/17).

Tra gli altri aspetti esaminati in tema di note di variazione nel corso del recente Telefisco, è riconosciuta la possibilità per il creditore di emettere una nota in diminuzione “parziale”, riferita alla quota di credito chirografario destinata a restare insoddisfatta, in base alle percentuali definite dalla procedura di concordato preventivo.

Come già indicato nella circ. Agenzia delle Entrate n. 20/2021, infatti, nel caso del concordato preventivo, a differenza delle altre procedure concorsuali, la quota parte dei corrispettivi per i quali era stata emessa fattura che dovrà essere pagata dai debitori sottoposti alla procedura è già individuata in modo puntuale in sede del decreto di ammissione.

Si rammenta che, a seguito delle modifiche apportate all’art. 26 del Dpr  633/72 per le procedure avviate dal 26 maggio 2021 compreso, la nota di variazione in diminuzione può essere emessa dal cedente o prestatore già a decorrere dalla data del decreto di ammissione al concordato. Pertanto, la soluzione individuata dall’Agenzia appare la più ragionevole, consentendo al cedente o prestatore (creditore) di emettere la nota di credito solo per la quota di credito chirografario destinata a restare insoddisfatta, in base alle percentuali definite dalla procedura stessa.

(MF/ms)
 




Agenzia delle Entrate: chiarimenti su emissione nota di variazione iva nelle procedure concorsuali

Con la circolare 20/E/2021 l’Agenzia delle Entrate ha fornito gli attesi chiarimenti in relazione alle modifiche apportate dall’articolo 18 del c.d. Decreto Sostegni bis (DL. 73/2021 convertito nella L. 106/2021).

La principale novità, che ha determinato diversi interventi all’interno della previsione contenuta nell’articolo 26 del Decreto Iva, attiene sostanzialmente alla possibilità, in caso di procedure concorsuali, di operare la nota di variazione in diminuzione sin dal momento di apertura della procedura medesima.

Riprendendo le stesse parole adottate dalle Entrate nel documento in commento “il legislatore ha, quindi, voluto “anticipare” il dies a quo relativo all’emissione della nota di variazione in diminuzione da parte del creditore in relazione alle procedure concorsuali”.

Successivamente all’emanazione del citato documento di prassi, l’Agenzia – in occasione di uno dei recenti Forum tradizionalmente organizzati dalla stampa specializzata – ha fornito un ulteriore chiarimento che, se confermato, potrebbe avere un notevole impatto operativo circa la possibilità di accelerare i tempi di recupero dell’Iva assolta in situazioni dove il cliente incorre in una procedura concorsuale, ma, nel contempo fornisce una possibile “scappatoia” a quanti, per inerzia, potrebbero farsi sfuggire il primo termine entro il quale si ritiene possibile emettere la nota di variazione in diminuzione.

Vediamo pertanto di sintetizzare, in primis, i principali chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate con la circolare 20/E/2021 e, a seguire, il chiarimento “ufficioso” che pertanto attende una conferma ufficiale.
 
 
 
I chiarimenti della circolare AdE 20/E/2021
 

Non è più necessaria la preventiva insinuazione al passivo Si ritiene che l’emissione della nota di variazione in diminuzione (a decorrere dalla data di avvio della procedura concorsuale) e, conseguentemente, la detrazione dell’imposta non incassata, non risulti preclusa al cedente/prestatore (creditore) che non abbia effettuato l’insinuazione al passivo del credito corrispondente.
Deve, quindi, intendersi superata la posizione assunta in proposito con precedenti documenti di prassi, secondo cui la nota di variazione in diminuzione è emessa in subordine alla “necessaria partecipazione del creditore al concorso” (cfr. circolare 77/2000 par.2.a, risoluzione 155/E/2001, risoluzione 89/E/2002 e risoluzione 195/E/2008.
Esercizio a partire dal quale è consentita l’emissione della nota
(dies a quo)
La data a partire dalla quale sono consentiti l’emissione della nota di variazione in diminuzione e, conseguentemente, l’esercizio del diritto alla detrazione dell’Iva in capo al cedente/prestatore è quella in cui il cessionario/committente è assoggettato alla procedura stessa.
Esercizio nel quale emettere la nota di variazione
(primo dies a quem)
La data entro cui emettere la nota di variazione in diminuzione deve essere individuata nel termine per la presentazione della dichiarazione Iva relativa all’anno in cui si sono verificati entrambi i presupposti per operare la variazione in diminuzione.
Esercizio nel quale operare la detrazione
(secondo dies a quem)
La data entro cui esercitare il diritto alla detrazione deve essere individuata nella data della liquidazione periodica Iva relativa al mese o trimestre in cui la nota viene emessa o, al più tardi, in sede di dichiarazione Iva relativa all’anno di emissione della nota.
Nota di variazione in diminuzione nel concordato preventivo In caso di concordato preventivo, a differenza delle altre procedure concorsuali, la parte dei corrispettivi fatturati dai creditori che dovrà essere pagata dai debitori sottoposti a detta procedura (debiti falcidiati) è individuata in modo specifico fin dal decreto di ammissione.
Da ciò discende, quindi, che il creditore può emettere una nota di variazione in diminuzione solo per la quota di credito chirografario destinata a restare insoddisfatta, in base alle percentuali definite dalla procedura.
Obbligo di registrazione e riversamento negli accordi di ristrutturazione e piani attestati
 
L’obbligo di registrazione della variazione, in rettifica della detrazione originariamente operata, permane in capo al cessionario/committente, negli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182-bis L.F. e nei piani attestati ai sensi dell’articolo 67, comma 3, lettera d). L.F. Tali istituti, infatti, non sono qualificabili come procedure concorsuali in senso stretto, in quanto mancano sia del carattere della “concorsualità”, sia di quello dell’“ufficialità”.
Procedure concorsuali interessate
 
Le nuove previsioni trovano applicazione solo con riferimento alle procedure concorsuali avviate dal 26 maggio 2021, data di entrata in vigore del Decreto Sostegni-bis.
Se il debitore, quindi, è stato sottoposto a una procedura concorsuale in una data precedente al 26 maggio 2021, si dovrà fare ancora riferimento alla precedente disciplina recata dal previgente testo dell’articolo 26, attendendo l’esito infruttuoso della stessa per poter emettere una nota di variazione in diminuzione.
Strumenti alternativi alla nota di variazione in diminuzione
 
 
 
  • Non è possibile presentare una dichiarazione integrativa Iva a favore ai sensi dell’articolo 8 comma 6-bis, DPR 322/1998 per recuperare l’imposta versata, laddove non si riscontri la presenza di errori ed omissioni cui rimediare (presupposti necessari ai fini della sua presentazione).
  • Per quanto concerne l’istituto disciplinato dall’articolo 30-ter DPR 633/1972, si ritiene che, trattandosi di una norma residuale ed eccezionale, questo trovi applicazione ogni qual volta sussistano condizioni oggettive che non consentono di esperire il rimedio di ordine generale (l’emissione di una nota di variazione in diminuzione). Deve ritenersi, quindi, che tale istituto non possa essere utilizzato per ovviare alla scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del diritto alla detrazione qualora tale termine sia decorso per “colpevole” inerzia del soggetto passivo.
 
Il “momento” di emissione della nota di variazione

In occasione del recente Forum organizzato dal quotidiano Italia Oggi lo scorso 13 gennaio 2022 è stato posto il seguente quesito all’Agenzia delle entrate: la nota di variazione in diminuzione può essere emessa negli anni successivi all’apertura della procedura concorsuale ma durante lo svolgimento della stessa?

Con un chiarimento che attende di essere eventualmente recepito in un documento ufficiale di prassi l’Agenzia ha risposto quanto segue:
Ciò detto, si ritiene che, per coloro che abbiano deciso di attendere l’esito della procedura – non avvalendosi della facoltà di emettere la nota di variazione alla sua apertura – la definitività del piano di riparto infruttuoso, che attesta il definitivo mancato pagamento del corrispettivo, possa costituire un autonomo presupposto per operare la variazione in diminuzione ex comma 2 dell’articolo 26”.

In pratica, secondo tali indicazioni, la nota di variazione in diminuzione potrebbe essere alternativamente emessa in due distinti momenti:

  • all’apertura della procedura concorsuale (senza doversi, quindi, insinuarsi al passivo);
  • all’esito della infruttuosità della procedura concorsuale (in questo caso con l’obbligo di doversi insinuare nella medesima).
Parrebbe pertanto esclusa – in ipotesi di probabile durata pluriennale della procedura concorsuale – la possibilità di emettere la nota di variazione in diminuzione negli anni “intermedi” della procedura stessa.

(MF/ms)
 




Note di variazione e procedure concorsuali: chiarimenti dall’Agenzia delle Entrate

La risposta a interpello dell’Agenzia delle Entrate n. 801 del 3 dicembre 2021, rappresenta il primo documento di prassi successivo alla riforma della disciplina delle note di variazione Iva in diminuzione di cui all’art. 26 comma 2 ss. del Dpr 633/72.

Le nuove disposizioni, introdotte dall’art. 18 del Dl 73/2021 (conv. L. 106/2021), consentono al cedente o prestatore di emettere la nota di variazione già a partire dalla data in cui il cessionario o committente è assoggettato a una procedura concorsuale. In precedenza, invece, era necessario attendere che la procedura si fosse rivelata “infruttuosa”.

La riforma, per espressa previsione normativa, si applica alle procedure concorsuali avviate successivamente al 26 maggio 2021 (data di entrata in vigore del citato Dl 73/2021).

In maniera non inaspettata, stante anche la chiara decorrenza dettata dall’art. 18 del Dl 73/2021, l’Amministrazione finanziaria, con la risposta a interpello, conferma la validità della propria prassi già emanata, in relazione alle procedure aperte sino alla menzionata data del 26 maggio 2021.

Nel caso di specie, il cessionario o committente delle operazioni effettuate era stato ammesso alla procedura di concordato preventivo nell’anno 2019.

Quindi, trattandosi di data anteriore alla modifica legislativa, si fa rinvio ai chiarimenti della circ. Agenzia delle Entrate n. 8/2017 (§ 13.2), tali per cui “in caso di concordato preventivo, trattandosi di procedura concorsuale, la nota di variazione può essere emessa solo quando è definitivamente accertata l’infruttuosità della procedura”.

Nella fattispecie, al fine di individuare il momento in cui l’infruttuosità si verifica, sono ancora applicabili le indicazioni fornite, per le diverse procedure concorsuali, nell’ambito della C.M. n. 77/2000.

Per il concordato, si fa riferimento, segnatamente, “al momento in cui il debitore adempie gli obblighi assunti nel concordato stesso”.

Pertanto, secondo la prassi ministeriale, qualora “in caso di mancato adempimento, ovvero in conseguenza di comportamenti dolosi, venga dichiarato il fallimento del debitore, la rettifica in diminuzione può essere eseguita, solo dopo che il piano di riparto dell’attivo sia divenuto definitivo ovvero, in assenza di un piano, dopo la scadenza del termine per il reclamo avverso il decreto di chiusura del fallimento”.

In sostanza, per tutte le procedure concorsuali avviate sino al 26 maggio 2021, devono ancora essere tenuti in considerazione dagli operatori i documenti interpretativi emanati anteriormente al Dl 73/2021, poiché essi mantengono la propria validità.

Ciò significa, aderendo al consolidato orientamento dell’Agenzia delle Entrate, che se la procedura è stata avviata prima della riforma dell’art. 26 comma 2 del Dpr 633/72, la nota di variazione non può essere emessa dal cedente prima dell’infruttuosità della procedura concorsuale.

Andrebbe, peraltro, rilevato che, con riferimento alla versione previgente dell’art. 26 comma 2 in esame, la Cassazione ha ritenuto non necessario attendere la certezza dell’irrecuperabilità derivante dall’infruttuosità della procedura (Cass. n. 25896/2020). La Corte di Giustizia Ue, dal canto suo, aveva sancito la non conformità rispetto alla direttiva IVA della norma nazionale nella misura in cui, ai fini dell’emissione della nota di credito per il fornitore, richiedeva l’infruttuosità della procedura concorsuale in capo al cessionario o committente (osservando che in Italia una procedura concorsuale può avere anche durata superiore ai 10 anni).

Per le procedure avviate successivamente al 26 maggio 2021, invece, al momento non è stata emanata prassi ufficiale specifica.

Ai fini dell’emissione della nota di variazione, ci si limita al tenore del nuovo art. 26 commi 3-bis e 10-bis del Dpr 633/72, in virtù del quale la nota è emessa a partire dalla data in cui il cessionario o committente è assoggettato alla procedura, vale a dire, rispettivamente, dalla data:

  • della sentenza dichiarativa del fallimento;
  • del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa;
  • del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo;
  • del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.
(MF/ms)
 



Nuova disciplina delle note di variazione nelle procedure concorsuali

Con l’articolo 18 Dl 73/2021 (cosiddetto decreto “Sostegni-bis”), convertito senza sostanziali modifiche dalla legge di conversione 106/2021, viene riformulato l’articolo 26 Dpr 633/1972 in tema di note di variazione ai fini Iva al fine di prevedere, nell’ambito delle procedure concorsuali, la possibilità di esercitare il diritto alla detrazione da mancato pagamento emettendo la nota di credito ai fini Iva già a partire dalla data in cui il cedente o il prestatore è assoggettato a una procedura concorsuale, senza quindi dover attendere l’infruttuoso esperimento della stessa.

Il tema non è nuovo e già il legislatore in anni non troppo lontani aveva “provato” ad introdurre una modifica dello stesso tenore.

Infatti, la legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi 126 e 127, L. 208/2015) aveva già novellato il citato articolo 26 del decreto Iva allo scopo di anticipare al momento di apertura di una procedura concorsuale la possibilità di emettere una nota di credito anziché doverne attendere l’infruttuosa conclusione per l’esercizio del relativo diritto.

Successivamente, però, la legge di bilancio 2017 (articolo 1, comma 567, L. 232/2016) ha abrogato la disposizione precedente, ripristinando la regola secondo cui l’emissione di nota di credito Iva e, dunque, la possibilità di portare in detrazione l’Iva corrispondente alle variazioni in diminuzione, in caso di mancato pagamento connesso a procedure concorsuali, può avvenire solo una volta che dette procedure si siano concluse infruttuosamente.

Le soluzioni ora proposte dal legislatore con la nuova disposizione in commento, rubricato “Recupero iva su crediti non riscossi nelle procedure concorsuali”, rispondono anche e soprattutto ad esigenze di carattere comunitario posto che, come chiarito dalla Corte di Giustizia Ue nella causa C-246/16 a commento della disposizione recata dall’articolo 90, secondo paragrafo, della direttiva 2006/112/Ce (direttiva Iva), uno stato non può subordinare la riduzione della base imponibile dell’Iva all’infruttuosità di una procedura concorsuale qualora tale procedura possa durare più di dieci anni, poiché ciò violerebbe il principio di neutralità dell’imposta.

Entrando nel merito delle modifiche apportate dall’articolo 18 del Decreto Sostegni bis, il primo comma lettera a) elimina dal comma 2 dell’articolo 26 del decreto Iva i riferimenti alle conseguenze delle procedure concorsuali, che vengono ora compiutamente disciplinate nel nuovo comma 3-bis, introdotto dalla lettera b) dell’articolo in esame.
 
Nuovo “dies a quo” per il recupero dell’Iva

Nella nuova previsione viene in primo luogo chiarito che il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione l’imposta e di emettere nota di variazione anche in caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, da parte del cessionario o committente già a partire dalla data in cui quest’ultimo è assoggettato a una procedura concorsuale.

A questo proposito la lettera f) comma 1 del citato articolo 18 introduce un nuovo comma 10-bis all’articolo26 del decreto Iva, per chiarire che il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

Resta invece fermo che il diritto alla detrazione dell’Iva recata dalla nota di variazione è esercitabile:

  • dalla data del decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti, ai sensi dell’articolo 182-bis L.F.;
  • dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano di risanamento e di riequilibrio, pubblicato nel registro delle imprese e attestato ai sensi dell’articolo 67, comma 3, lettera d), L.F.
Per contro, così come previsto dalle vigenti disposizioni, la verifica della infruttuosità della procedura di recupero resta condizione indispensabile per l’esercizio del diritto alla detrazione ove il mancato pagamento dipenda da procedure esecutive individuali.
 
Procedura concorsuale senza obbligo di registrazione della nota di credito

La lettera c) dell’articolo 18 Dl 73/2021 aggiunge un periodo al comma 5 dell’articolo 26 del decreto Iva. Tale norma prevede, ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione, che il cessionario o il committente registrino la variazione (a norma dell’articolo 23 del decreto Iva, vale a dire nel registro fatture, ovvero a norma dell’articolo 24 del medesimo decreto e, cioè, nel registro corrispettivi), nei limiti della detrazione operata, salvo il diritto alla restituzione dell’importo pagato al cedente o prestatore a titolo di rivalsa.

Per effetto delle modifiche in commento, si chiarisce che l’obbligo di registrazione non sussiste nel caso in cui il mancato pagamento derivi da procedure concorsuali ai sensi del comma 3-bis, lettera a), Dpr 633/1972.
 
Nota di variazione in aumento in caso di successivo pagamento

La lettera d) dell’articolo 18 Dl 73/2021 introduce un nuovo comma 5-bis nell’articolo 26 del decreto Iva. Le nuove disposizioni prevedono che, se il corrispettivo è pagato successivamente all’esperimento di procedure concorsuali o esecutive individuali nei confronti del cessionario o committente, devono essere assolti gli obblighi di registrazione connessi alla variazione dell’imponibile o dell’imposta (note di variazione in aumento di cui all’articolo 26, comma 1, Dpr. 633/1972).

In tal caso, il cessionario o committente che abbia assolto all’obbligo di registrazione della variazione di cui al comma 5 ha diritto di portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione in aumento.
 
Ampie modalità di registrazione delle note di credito

La lettera e) della richiamata disposizione, con una norma di coordinamento, introduce il riferimento al nuovo comma 3-bis nel comma 8 dell’articolo 26 del decreto Iva.

Pertanto, anche nel caso di procedure concorsuali o esecutive individuali le variazioni possono essere effettuate dal cedente o prestatore del servizio e dal cessionario o committente anche mediante apposite annotazioni in rettifica sul registro fatture, sul registro corrispettivi e sul registro acquisti.
 
Norma di coordinamento per le procedure esecutive individuali

Infine, la lettera g) del comma 1 apporta una modifica di coordinamento, stabilendo che le norme di cui al comma 12 dell’articolo 26 si applicano ai soli fini delle procedure esecutive individuali rimaste infruttuose.

Il richiamato comma 12 stabilisce che una procedura esecutiva individuale si considera in ogni caso infruttuosa:

a) nell’ipotesi di pignoramento presso terzi, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti che presso il terzo pignorato non vi sono beni o crediti da pignorare;
b) nell’ipotesi di pignoramento di beni mobili, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti la mancanza di beni da pignorare ovvero l’impossibilità di accesso al domicilio del debitore ovvero la sua irreperibilità;
c) nell’ipotesi in cui, dopo che per tre volte l’asta per la vendita del bene pignorato è andata deserta, si decida di interrompere la procedura esecutiva per eccessiva onerosità.
 
Decorrenza delle nuove disposizioni

In ordine alla decorrenza della nuova disciplina, il comma 2 dell’articolo 18 Dl 73/2021 prevede che le nuove norme sulle note di credito Iva:

  • emesse a seguito dell’apertura di procedure concorsuali ai sensi dell’articolo 26, comma 3-bis, lettera a), Dpr. 633/1972;
  • relative agli obblighi di registrazione di cui al comma 5 secondo periodo dell’articolo 26 Dpr 633/1972,
si applicano alle procedure concorsuali avviate dal 26 maggio 2021 (data di entrata in vigore delle modifiche in commento). 

(MF/ms)