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Indagine rapporto banche-imprese: per 51 pmi su 100 c’è un peggioramento

Il sistema economico delle pmi dei territori di Lecco e Sondrio è sano, c’è stabilità e le nuove linee di credito aperto sono state dedicate in maggioranza a nuovi investimenti, ma purtroppo il rapporto con le banche si è deteriorato notevolmente negli ultimi anni.
Sono questi i concetti principali che emergono dai risultati dell’indagine realizzata dal centro studi di Confapi Lombardia che ha chiesto alle aziende associate a Confapi Lecco Sondrio di rispondere sul tema “finanza e rapporti bancari”.
Nell’ultimo biennio, il processo di ricapitalizzazione è proseguito in 34 aziende su 100, dimostrando un impegno attivo da parte dell’impresa per rendere solida la propria struttura finanziaria, peraltro in una fase di mercato non particolarmente positiva per le imprese. Si registra un miglioramento del rapporto di indebitamento rispetto al periodo Covid.
I debiti a breve termine sono contratti spesso per tamponare situazioni di squilibrio che dovrebbero risolversi in un tempo ristretto. Negli ultimi due anni sono rimasti pressoché stabili per più della metà degli intervistati. L’esposizione finanziaria a medio-lungo termine si presenta meno costante e si contrae in un maggior numero di casi: sono 37 casi su 100.   
Nella prima metà del 2024 le aziende hanno mantenuto una stabilità rispetto al credito finanziario, senza chiederne di nuovi, atteggiamento dovuto alla grande incertezza causata dal mercato. Solo 2 aziende su 10 hanno aperto nuove linee di credito nel 2024 e il 44% di questi lo ha fatto per finanziare investimenti, il 22% per copertura dei costi dei materiali e il 17% per il ritardo di pagamento da parte dei clienti.
La riforma del sistema bancario e i processi di aggregazione nel comparto che si sono susseguiti modificandone struttura e composizione, hanno generato continue riorganizzazioni interne agli istituti di credito, i cui riflessi si trovano evidenti in un cambiamento delle procedure ma anche delle relazioni umane intrattenute dalle imprese. 51 aziende su 100 sottolineano un peggioramento dei rapporti con gli istituti di credito, il 67% di questi lo imputa alla mancanza di rapporto con persone di riferimento stabili, il 48% all’assorbimento delle banche locali da parte di grandi gruppi e il 43% alla documentazione richiesta e procedure più gravose e complesse.
Infine, nell’indagine emerge la non consapevolezza delle nostre imprese di quanto ora sia importante la rendicontazione sociale, i rapporti e il bilancio di sostenibilità: un insieme di documenti ufficiali che contribuiscono a rendere l’immagine aziendale, anche nei confronti degli istituti di credito che utilizzano tutti i documenti utili, a qualificare la solidità dell’impresa ai fini delle procedure di affidamento creditizio. Il 29% degli intervistati pensa che gli ESG (Environmental Social Governance) siano poco o per nulla rilevanti nei rapporti con le banche.

Questi risultati dell’indagine – spiega il direttore di Confapi Lecco Sondrio Marco Piazzaconfermano quello che sapevamo già. Le nostre aziende sono solide e soprattutto saggiamente caute in un momento di grande incertezza come quello che stiamo vivendo. Si potrebbe però migliorare il rapporto tra banche e imprese magari proprio partendo dalla valorizzazione di strumenti oggi fondamentali, come gli ESG, che potrebbero aiutarle non solo ad ottenere nuove linee di credito, ma anche a umanizzare il rapporto tra questi soggetti, considerando la rilevanza che le persone hanno nel concetto di sostenibilità e impatto sociale”.

In allegato il report completo con i risultati dell’indagine.

Anna Masciadri
Ufficio Stampa

Confapi a Palazzo Chigi al tavolo su disciplina ingresso lavoratori stranieri

Il Vicepresidente Francesco Napoli ha preso parte all’incontro svoltosi a Palazzo Chigi sul tema delle eventuali modifiche alla disciplina dell’ingresso dei lavoratori stranieri in Italia. “In linea generale – ha sottolineato Napoli nel corso del suo intervento – riteniamo che il Governo Italiano dovrebbe sviluppare e promuovere azioni e politiche, anche in collaborazione con il mondo associativo, volte a regolamentare l’ingresso di lavoratori stranieri con procedure semplificate seppur sempre controllate e rispondenti ai fabbisogni effettivi del mercato del lavoro. Su questo aspetto, evidenziamo che nel settore industriale e manifatturiero che Confapi rappresenta, emergono principalmente i seguenti fabbisogni professionali e formativi: metalmeccanico, edile, agricolo, turismo e ristorazione e trasporti”.
 
Il Vicepresidente ha anche ricordato l’importanza del ruolo centrale della Piccola e media industria che da sempre è abituata a collaborare con gli interlocutori esteri per una crescita comune. Tra le criticità principali rappresentate da Confapi al Governo la selezione e formazione all’estero per l’inserimento di manodopera professionale in Italia. “La nostra proposta – ha spiegato Napoli – prevede l’autorizzazione di progetti anche per meno di venti candidati, come attualmente previsto, che abbia profili professionali differenti. Inoltre sarebbe fondamentale ridurre l’iter attuale di sei-otto mesi e dare invece la possibilità di richiedere il nulla osta per il candidato dopo l’attestazione del livello linguistico (e non solo alla fine del percorso formativo). Il percorso formativo sui restanti moduli successivi potrebbe così continuare in parallelo al processo di concessione del nulla osta. In questo modo – ha concluso – si verrebbe incontro alle Pmi che hanno bisogno urgente di personale”.

 

Il Vicepresidente Napoli al Mimit su priorità politiche industriali europee

Confapi ritiene improcrastinabile che il nuovo ciclo istituzionale europeo metta le Pmi industriali, cuore pulsante del tessuto produttivo europeo, al centro delle sue politiche e della strategia industriale del continente. È stato questo il punto centrale portato dal Vicepresidente, Francesco Napoli, al tavolo “Le priorità italiane di politica industriale nel nuovo mandato delle istituzioni europee” svoltosi presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
 
“Le nostre imprese – ha detto – si trovano spesso ad affrontare barriere significative che ne minano la competitività quali, ad esempio, l’alto costo dell’energia, la scarsità e i prezzi di materia prime, la burocrazia soffocante. Non possiamo più permetterci di essere penalizzati da un mercato unico frammentato.  L’auspicio è che le numerose raccomandazioni del rapporto Draghi vengano rapidamente tradotte dalla nuova Commissione in azioni concrete”.
 
Fra le priorità rappresentate da Confapi la questione legata all’automotive su cui serve un approccio di sistema a livello europeo trattandosi di una questione di politica industriale strategica dell’Unione. Riteniamo pienamente condivisibile la proposta del Ministro Urso di mettere in discussione, nel prossimo Consiglio Competitività, il termine del 2026 per rivedere le modalità della transizione all’elettrico. Abbiamo sostenuto sin dall’inizio che il Green Deal avrebbe dovuto coniugare la necessità della transizione green con la sostenibilità economica, la transizione industriale, oltre a quella sociale. Siamo favorevoli ad anticipare la clausola di revisione del Regolamento sulle emissioni CO2, prevista per la fine del 2026, già al primo trimestre del prossimo anno. Occorre predisporre, quindi, un pacchetto di misure a sostegno delle imprese del settore ma soprattutto dell’indotto tenendo presente che il tessuto economico produttivo del settore è prevalentemente ancora endotermico.  Il futuro dell’Automotive, legato alla nuova mobilità sostenibile, deve, quindi, essere affrontato considerando non solo i grandi gruppi automobilistici ma soprattutto le imprese dell’indotto che rischiano, se non opportunamente accompagnate, di subire penalizzazioni in questo panorama di grandi trasformazioni e innovazioni”.
 
Un altro argomento su cui Napoli ha focalizzato il proprio intervento è stato quello relativo alla problematica energetica. “Non è possibile – ha detto – continuare a penalizzare le Pmi industriali europee con regole rigide e gravose anche in termini economici. Gli aumenti energetici delle ultime settimane così come quelli delle materie prime rischiano di avere effetti molto pesanti sulle nostre aziende con le conseguenze di un dannoso e ingiustificato vantaggio competitivo ai Paesi asiatici che stanno andando in una direzione esattamente opposta. L’alto costo dell’energia in Europa è una delle principali barriere alla competitività delle imprese. Circa la metà delle imprese europee considera i costi dell’energia un ostacolo importante agli investimenti, con un aumento di 30 punti percentuali rispetto alle imprese statunitensi. Non è più procrastinabile un mercato unico dell’energia così come è indifferibile un piano pluriennale sull’energia, vera priorità per il mondo industriale italiano unitamente ad una politica industriale che miri all’autosufficienza. Il nucleare non deve essere più uno spauracchio. Si crei un piano pluriennale che coinvolga le principali associazioni datoriali. È ora che tutti si assumano le proprie responsabilità. È un dovere nei confronti dei milioni di aziende che i corpi intermedi rappresentano.