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Portale unico dogane e monopoli: detrazione Iva e bollette doganali

Nel ricordare la circolare già trasmessa lo scorso mese di agosto, si evidenziano le modalità per procedere all’accreditamento al servizio e la procedura per recuperare tutta la documentazione in formato digitale al fine di poter portare in detrazione l’IVA sulle bolle doganali.

Il diritto alla detrazione dell’IVA assolta in Dogana viene esercitato tramite annotazione della bolletta doganale nel registro degli acquisti di cui all’art. 25 del DPR 633/72. Oltre a tale aspetto di natura formale, è quantunque necessario il rispetto delle condizioni sostanziali di cui all’art. 19 comma 1 del DPR 633/72.

Per i beni oggetto di importazione, affinché si possa esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA deve esistere un nesso diretto e immediato tra operazioni passive e attive (cfr. Corte di Giustizia Ue, causa C-621/19, Cass. n. 7016/2001).

Il principio si fonda sul disposto dell’art. 168 della direttiva 2006/112/Ce, in virtù del quale il soggetto passivo ha il diritto di detrarre l’IVA a monte “nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta”.

Peraltro, la giurisprudenza comunitaria ha riconosciuto la spettanza del diritto alla detrazione anche in mancanza di un nesso diretto e immediato tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle, “qualora i costi dei servizi in questione facciano parte delle spese generali del soggetto passivo e, in quanto tali, siano elementi costitutivi del prezzo dei beni o dei servizi che esso fornisce”.

La Corte ha ritenuto, infatti, che spese di tal genere integrino il requisito del “nesso diretto e immediato con il complesso delle attività economiche del soggetto passivo” (cfr. Corte di Giustizia Ue, causa C-132/16).

Nel caso in esame, il “nesso” in questione si realizza solo in capo al soggetto che utilizza i beni importati nell’esercizio della propria attività d’impresa, arte o professione (sul punto, anche la risposta a interpello Agenzia delle Entrate n. 4/2020).

Sulla base dei principi generali sopra descritti, il diritto alla detrazione dell’IVA assolta all’importazione non può essere riconosciuto in capo a colui che effettui il versamento per conto di un soggetto terzo, dato che i beni importati non formano in quest’ultimo caso oggetto della propria attività d’impresa.

Può essere il caso del rappresentante doganale o anche del trasportatore (il diritto alla detrazione, nella fattispecie, è stato escluso dalla sentenza della Corte di Giustizia Ue 25 giugno 2015, causa C-187/14).

Sulla base dello stesso principio, è stato chiarito inoltre che la proprietà dei beni oggetto di importazione non è condizione necessaria affinché si possa esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta pagata, ma è sufficiente che gli stessi siano inerenti in funzione all’oggetto dell’attività d’impresa esercitata.

Pertanto, in sussistenza degli altri presupposti, è possibile detrarre l’IVA anche sull’importazione di beni in noleggio, in prestito d’uso e negli altri casi in cui i beni sono detenuti a titolo diverso della proprietà (cfr. risposte a interpello nn. 6/2019 e 509/2021).

Sotto il profilo soggettivo, esclusivamente il destinatario effettivo della merce oggetto di importazione, impiegata nell’esercizio della propria attività d’impresa, arte o professione, può detrarre l’IVA assolta in Dogana.

L’Agenzia delle Entrate ha confermato tale aspetto, con risposta a interpello n. 644/2021, affermando che il soggetto legittimato all’esercizio della detrazione è sempre il destinatario delle merci importate, anche in caso di accertamento (purché, in tal caso, sia definitivamente concluso il contenzioso con la Dogana).

Per quanto attiene, invece, al profilo temporale, giova segnalare che, così come avviene per le fatture di acquisto, anche per le bollette doganali il dies a quo da cui decorre il termine per poter esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA coincide con il momento in cui in capo al cessionario/committente si verifica la duplice condizione, sostanziale e formale.

In particolare, anche per le importazioni, trovano applicazione i chiarimenti già forniti nella circ. Agenzia delle Entrate n. 1/2018, in base alla quale la condizione sostanziale di effettuazione dell’operazione si realizza nel momento in cui l’imposta diviene esigibile e quella formale che, invece, corrisponde al possesso di una bolletta doganale.

Peraltro, in seguito alle modifiche del sistema AIDA, tale documento non sarà più disponibile in formato cartaceo per gli importatori.

Ai fini dell’esercizio della detrazione, si potrà fare riferimento al c.d. “prospetto di riepilogo ai fini contabili” (circ. Agenzia delle Dogane n. 22/2022), messo a disposizione dell’importatore e del dichiarante nel Portale unico dogane e monopoli (PUDM), tramite il servizio “Gestione documenti – dichiarazioni doganali”.

Come puntualizzato da ultimo dall’Agenzia delle Entrate nel principio di diritto n. 13/2021, il diritto alla detrazione può essere esercitato a partire dal momento in cui il soggetto passivo destinatario dei beni, essendo venuto in possesso della bolletta doganale, annota la stessa nel registro IVA acquisti (a norma dell’art. 25 del DPR 633/72), facendola confluire nella liquidazione periodica relativa al mese o trimestre del periodo di competenza.

Il diritto alla detrazione dell’imposta sugli acquisti e sulle importazioni può essere esercitato al più tardi entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale IVA riferita all’anno in cui il diritto è sorto.

Pertanto, di fatto, l’ultimo giorno per esercitare la detrazione dell’imposta relativa a un’importazione effettuata nel corso del 2022 per la quale è stata ricevuta la relativa bolletta doganale nel corso del medesimo anno, è il 30 aprile 2023 (ossia il 2 maggio 2023, in quanto primo giorno feriale successivo).

(MF/ms)
 




Istat ottobre 2022

Comunichiamo che l’indice Istat di ottobre 2022, necessario per l’aggiornamento dei canoni di locazione, legati all’equo canone, è pari a + 11,5% (variazione annuale) e a + 14,9% (variazione biennale).
 
Entrambi gli indici considerati nella misura del 75% diventano rispettivamente + 8,625% e + 11,175%.
 
(MP/ms)
 



Valute estere ottobre 2022

Art. I

Agli effetti delle norme del titolo I del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che vi fanno riferimento, le medie dei cambi delle valute estere calcolati a titolo indicativo dall’ Uic sulla base di quotazione di mercato sono accertate per il mese di ottobre 2022 come segue:
 

  Per 1 Euro
Dinaro Algerino 137,9598
Peso Argentino 149,2144
Dollaro Australiano 1,5474
Real Brasiliano 5,1658
Dollaro Canadese 1,3477
Corona Ceca 24,5281
Renminbi (Yuan)Cina Repubblica Popolare 7,0687
Corona Danese 7,4389
Yen Giapponese 144,7252
Rupia Indiana 80,918
Corona Norvegese 10,3919
Dollaro Neozelandese 1,7299
Zloty Polacco 4,804
Sterlina Gran Bretagna 0,87058
Nuovo Leu Rumeno 4,9259
Rublo Russo 0
Dollaro USA 0,9826
Rand (Sud Africa) 17,8214
Corona Svedese 10,9503
Franco Svizzero 0,9791
Dinaro Tunisino 3,2085
Hryvnia Ucraina 35,927
Forint Ungherese 418,3076
 

 
Sul sito dell’Agenzia delle Entrate, al seguente link, cambi di ottobre, sono a disposizione i dati sui cambi relativi alle restanti valute riportate nel decreto in oggetto.
(MP/ms)
 
 




Registro dei titolari effettivi: dalle CCIAA le prime indicazioni per le comunicazioni

Come noto, l’articolo 21, comma 1, Dlgs. 231/2007 prevede che: “Le imprese dotate di personalità giuridica tenute all’iscrizione nel Registro delle imprese di cui all’articolo 2188 del codice civile e le persone giuridiche private tenute all’iscrizione nel Registro delle persone giuridiche private di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, comunicano le informazioni relative ai propri titolari effettivi, per via esclusivamente telematica e in esenzione da imposta di bollo, al Registro delle imprese, ai fini della conservazione in apposita sezione ((…))”.

Il successivo comma 3 prevede il medesimo obbligo anche per i Trust, riservano per questi ultimi, però, un’apposita sezione: “I trust produttivi di effetti giuridici rilevanti a fini fiscali, (…), sono tenuti all’iscrizione in apposita sezione speciale del Registro delle imprese”.

In sostanza, il Decreto Antiriciclaggio (Dlgs. 231/2007), dopo le modifiche apportate dai Decreti 90/2017 e 125/2019 di recepimento della IV e V Direttiva antiriciclaggio, prevede l’obbligo per le imprese e per i trust di comunicare, alla propria Camera di Commercio di riferimento, i dati circa i titolari effettivi.

Il comma 5 dell’articolo 21 demandava ad un apposito Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentito il Garante per la protezione dei dati personali la definizione circa le modalità con cui effettuare tali comunicazioni, i termini, i dati da trasmettere e così via.

Dopo una prima versione in bozza, tale decreto è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 121, in data 25.05.2022, entrando in vigore dal 09.06.2022.

Si tratta del Dm 11.03.2022, n. 55 intitolato “Regolamento recante disposizioni in materia di comunicazione, accesso e consultazione dei dati e delle informazioni relativi alla titolarità effettiva di imprese dotate di personalità giuridica, di persone giuridiche private, di trust produttivi di effetti giuridici rilevanti ai fini fiscali e di istituti giuridici affini al trust”.

Il Decreto, di assoluto interesse per gli operatori, si compone di 12 articoli.

Viene, infatti, disciplinata la comunicazione alla CCIAA, delimitandone l’oggetto, le finalità, i casi in cui la comunicazione deve essere aggiornata ovvero confermata annualmente.

Il Decreto disciplina altresì l’accesso ai dati e alle informazioni dei titolari effettivi presenti presso il Registro delle Imprese, da parte delle Autorità, dei soggetti obbligati e degli altri soggetti nonché i diritti di segreteria e il rilascio di copie e certificati.

Il Decreto demanda poi ulteriormente alla pubblicazione di Decreti attuativi che, alla data attuale non hanno ancora visto la luce.

Come previsto, infatti, dal Dm 55/2022, il Ministero dello Sviluppo economico deve emanare i seguenti Decreti:

  1. un Decreto di approvazione del modello digitale per la pratica telematica di comunicazione del titolare effettivo, sia per la sezione “ordinaria” delle imprese, sia per quella “speciale” per i Trust;
  2. un Decreto che stabilirà il diritto di segreteria;
  3. un Decreto per l’adozione dei modelli per il rilascio di certificati e copie anche digitali;
  4. un Decreto finale che accerterà l’operatività del sistema di trasmissione delle comunicazioni del titolare effettivo.
Dalla data di pubblicazione dell’ultimo Decreto in Gazzetta Ufficiale, le imprese e i Trust avranno 60 giorni di tempo per inviare la prima comunicazione.

Si tratta, in sostanza, di una comunicazione resa mediante autodichiarazione da parte dell’amministratore dell’impresa o da parte del Trustee del trust, ai sensi degli articoli 46 e 47 Dpr. 445/2000, con cui si elencano i dati dei titolari effettivi. La comunicazione va firmata digitalmente.

A regime, per le nuove costituzioni di enti o imprese, o per le modifiche oggetto di comunicazione, ci sarà un tempo massimo di 30 giorni per ottemperare alla comunicazione.

Il sito del Registro Imprese si sta già strutturando per fornire le prime istruzioni operative: https://titolareeffettivo.registroimprese.it/home

Nel sito, infatti, vengono segnalati i primi 4 step da seguire:

  1. accedere a DIRE, l’applicativo/strumento del Registro Imprese che va utilizzato per compilare e inviare pratiche di Comunicazione Unica. In alternativa si possono utilizzare software disponibili nel mercato;
  2. selezionare la pratica del Titolare Effettivo;
  3. indicare l’impresa o l’istituto che deve effettuare la comunicazione e dichiarare i dati dei Titolari Effettivi;
  4. autenticare la pratica/comunicazione con Firma Digitale.
Ricordiamo come non sia possibile conferire incarico ad intermediari abilitati al fine di ottemperare a tale comunicazione.

(MF/ms)
 




“Decreto Aiuti Quater”: le novità fiscali in sintesi

Il 10 novembre 2022, il Consiglio dei Ministri ha approvato il c.d. “Decreto Aiuti quater”.

Di seguito si richiamano, in sintesi, le principali novità fiscali annunciate.

 

Credito d’imposta a favore delle imprese per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale I crediti d’imposta per energia elettrica e gas sono riconosciuti anche per le spese sostenute nel mese di dicembre 2022, alle stesse condizioni previste dal D.L. 144/2022 (Decreto Aiuti ter). Si ricorda, a tal proposito, che il Decreto Aiuti ter aveva tra l’altro esteso la spettanza del credito d’imposta alle imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 4,5 kW, diverse dalle imprese a forte consumo di energia elettrica.
I crediti d’imposta relativi ai mesi di ottobre, novembre e dicembre potranno essere utilizzati in compensazione entro il 30.06.2023, ferma restando la facoltà di cessione.
A pena di decadenza dovrà essere trasmessa, entro il 16.03.2023, un’apposita comunicazione sull’importo del credito maturato nell’esercizio 2022 all’Agenzia delle entrate, con riferimento ai crediti maturati nel terzo e nel quarto trimestre (prima il termine era del 16.02.2023). È necessario attendere, a tal fine, apposito provvedimento da parte delle Entrate.
Disposizioni in materia accisa e di imposta sul valore aggiunto su alcuni carburanti Sono rideterminate, fino al 31.12.2022 le aliquote di accisa di benzina, oli da gas o gasolio usato come carburante, GPL usati come carburanti, gas naturale usato per autotrazione. L’aliquota Iva applicata al gas naturale usato per autotrazione è invece stabilita al 5%.
Gli esercenti i depositi commerciali di prodotti energetici assoggettati ad accisa e gli esercenti gli impianti di distribuzione stradale di carburanti dovranno trasmettere, entro il 13 gennaio 2023, all’ufficio competente per territorio dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, i dati relativi ai quantitativi dei prodotti oggetto dell’agevolazione in esame giacenti nei serbatoi dei relativi depositi e impianti alla data del 31 dicembre 2022 (salvo non sia prorogata la riduzione delle aliquote).
Misure di sostegno per fronteggiare il caro bollette Le imprese residenti in Italia possono richiedere la rateizzazione degli importi dovuti a titolo di corrispettivo per la componente energetica di elettricità e gas naturale ed eccedenti l’importo medio contabilizzato, a parità di consumo, nel periodo di riferimento compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2021, per i consumi effettuati dal 1° ottobre 2022 al 31 marzo 2023 e fatturati entro il 31 dicembre 2023.
Le imprese interessate dovranno formulare apposita istanza ai fornitori, secondo modalità semplificate stabilite con decreto del Ministero dello sviluppo economico, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto.
Le imprese che accederanno di questa forma di rateazione potranno beneficiare di un tasso di interesse calmierato (che non può superare il saggio di interesse pari al rendimento dei Btp di pari durata) e potranno vedersi sottoporre un piano con massimo di 48 rate mensili. È prevista la decadenza dalla rateazione in caso di mancato pagamento di due rate consecutive.
Gli oneri della rateazione saranno a carico dei fornitori. Questi ultimi, però, potranno chiedere una fideiussione assicurativa contro garantita da Sace. Potranno anche beneficiare, a determinate condizioni, di finanziamenti bancari assistiti da garanzia pubblica.
Questa misura richiede l’autorizzazione Ue, che, come noto, potrebbe richiedere anche qualche mese; si tratta quindi, presumibilmente, di una norma introdotta per anticipare una misura che sarà confermata, per tutto il 2023, dalla Legge di bilancio.
Misure fiscali per il welfare aziendale Limitatamente al periodo d’imposta 2022, non concorrono a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale entro il limite complessivo di euro 3.000 (in luogo del precedente limite di euro 600, introdotto dal Decreto Aiuti bis).
Misure urgenti in materia di mezzi di pagamento Dal prossimo 1° gennaio il limite per la circolazione del contante passa da euro 1.000 ad euro 5.000.
Viene contestualmente introdotto un contributo per l’adeguamento degli strumenti per la memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi, in considerazione delle novità introdotte dall’articolo 18 D.L. 36/2022, che ha previsto la possibilità, per coloro che acquistano con metodi di pagamento elettronico, di partecipare all’estrazione a sorte di premi attribuiti nel quadro di una lotteria nazionale.
Il credito d’imposta riconosciuto sarà pari al 100% della spesa sostenutaentro il limite di euro 50 per ogni strumento e in ogni caso nel limite di spesa di euro 80 milioni per l’anno 2023.
Modifiche alla disciplina sul superbonus: condomini Il superbonus passa dal 110% al 90% dal 2023; continueranno a beneficiare del 110% soltanto i condomini che avranno già deliberato l’intervento e avranno già presentato, entro il 25 novembre, la CILAS.
Modifiche alla disciplina sul superbonus: unifamiliari È possibile beneficiare del superbonus al 110% fino al 31 marzo 2023 (in luogo del 31 dicembre 2022) per le unifamiliari, se è stato completato il 30 per cento dei lavori entro il 30 settembre 2022.
Per gli interventi avviati dal 1° gennaio 2023 sulle unifamiliari è possibile beneficiare del superbonus al 90% fino al 31 dicembre 2023, se sono rispettate le seguenti due condizioni:

  • l’unità immobiliare è adibita ad abitazione principale,
  • il reddito non risulta superiore a 15.000 euro.

Il reddito di cui al secondo punto deve essere calcolato secondo uno specifico meccanismo dettato dalla stessa norma, in forza del quale la somma dei redditi complessivi posseduti nell’anno precedente quello di sostenimento della spesa dal contribuente e dai familiari deve essere diviso per un numero stabilito dalla norma in funzione del numero dei componenti del nucleo familiare (inteso come richiedente, coniuge e familiari a carico).

 
(MF/ms)




Diritto camerale 2023: invariato il conteggio

Confermate anche per il 2023 le misure del diritto annuale dovuto alle Camere di Commercio. L’indicazione è contenuta nella nota del Ministero delle Imprese e del made in Italy n. 339674, pubblicata l’11 novembre 2022.

Si ricorda che l’art. 28 comma 1 del Dl 24 giugno 2014 n. 90 aveva disposto la progressiva riduzione del diritto annuale dovuto alle Camere di Commercio per l’iscrizione nel Registro delle imprese o nel REA.

La riduzione del tributo era pari al 50% a decorrere dal 2017 e la base di calcolo su cui applicarla corrispondeva al diritto annuale definito dal Dm 21 aprile 2011 (come disposto dall’art. 1 del Dm 8 gennaio 2015).

In assenza di ulteriori interventi normativi volti a modificare gli importi in precedenza definiti, anche per il 2023, il tributo è determinato applicando la riduzione del 50% agli importi fissati dal Dm 21 aprile 2011.

Relativamente alle imprese iscritte nella sezione ordinaria del Registro delle imprese, le misure sono le seguenti:

  • imprese individuali: 100 euro (unità locale 20 euro);
  • tutte le altre imprese: importi variabili in relazione all’aliquota applicabile per lo scaglione di fatturato relativo al 2022, con un minimo di 100 euro e un massimo di 20.000 euro (unità locale 20% di quanto dovuto per la sede principale con un massimo di 100 euro).
Per i soggetti iscritti nella sezione speciale del Registro delle imprese, il diritto è dovuto secondo quanto di seguito riportato:
  • imprese individuali (piccoli imprenditori, artigiani, coltivatori diretti, imprenditori agricoli): 44 euro (unità locale 8,80 euro);
  • società semplici non agricole: 100 euro (unità locale 20 euro);
  • società semplici agricole: 50 euro (unità locale 10 euro);
  • società tra avvocati ex Dlgs. 96/2001: 100 euro (unità locale 20 euro).
Il tributo è dovuto anche dai soggetti iscritti al REA, i quali corrispondono un diritto annuale nella misura fissa pari a 15 euro.

Le unità locali e le sedi secondarie di imprese con sede principale all’estero devono versare, per ciascuna unità o sede, l’importo di 55 euro.

Il diritto annuale deve essere versato con arrotondamento all’unità di euro secondo le modalità indicate dalla nota MISE 3 marzo 2009 n. 19230.

Le predette misure del tributo non tengono conto delle maggiorazioni fino al 20% applicabili dalle singole Camere di Commercio.

Le maggiorazioni riferite al triennio 2023-2025 devono essere deliberate dalle singole Camere di Commercio e dovranno essere autorizzate dal Ministero.

A tal fine, viene precisato che la sola delibera camerale non consente alle Camere di Commercio interessate di richiedere alle imprese dal 1° gennaio 2023 il diritto maggiorato.

Nel provvedimento autorizzatorio sarà prevista una disposizione transitoria che disciplinerà il versamento del relativo conguaglio da parte delle imprese che hanno già versato il diritto annuale dal 1° gennaio 2023 alla data di entrata in vigore del medesimo provvedimento.

Il diritto camerale è versato:

  • in unica soluzione;
  • con il modello F24, utilizzando il codice tributo “3850” da indicare nella sezione “IMU ed altri tributi locali”.
È possibile procedere al pagamento anche attraverso la piattaforma pagoPA.

Il termine di versamento coincide con quello del primo acconto delle imposte sui redditi (art. 8 comma 2 del Dm 359/2001).

Le imprese di nuova iscrizione possono versare il tributo contestualmente all’iscrizione o all’annotazione nel Registro delle imprese (art. 8 commi 3 e 4 del Dm 359/2001), oppure entro i successivi 30 giorni (art. 4 comma 1 del Dm 21 aprile 2011).

(MF/ms)
 




“Fringe benefit 2022”: oltre la soglia dei 600 euro tassazione sull’intero importo

Il superamento del limite di 600 euro per i Fringe Benefit 2022 implica la tassazione anche della quota inferiore al limite stesso.

Lo ha affermato l’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 35 del 4 novembre, fornendo gli attesi chiarimenti sull’art. 12 del Dl 115/2022 e adottando la soluzione più restrittiva, contrariamente a quanto sembrava emergere dal dossier del Servizio studi del Senato al Dl “Aiuti-bis”.

La citata disposizione, si ricorda, prevede che “in deroga a quanto previsto dall’articolo 51, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi (…), non concorrono a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale entro il limite complessivo di euro 600,00”.

Dalla lettura della disposizione e delle relazioni illustrativa e tecnica, secondo l’Agenzia “risulta evidente” che la disciplina applicabile sia quella dell’art. 51 comma 3 del Tuir e che la deroga a tale comma, introdotta dalla disposizione in parola, riguardi esclusivamente il limite massimo di esenzione e le tipologie di fringe benefit concessi al lavoratore, senza comportare, con ciò, alcuna modifica al funzionamento del regime di tassazione in caso di superamento dei limiti di non concorrenza stabiliti dalla norma.

Ad avviso dell’Agenzia, nella citata relazione illustrativa, infatti, è chiarito che con “la misura in esame si eleva, per la prima volta, la soglia di esenzione a 600 euro” e nella relazione tecnica si ribadisce che, per la stima degli effetti della predetta disposizione, è stato “calcolato l’ammontare degli stessi [fringe benefit, ndr] innalzando per tutti i soggetti la soglia di esenzione”.

Pertanto, nel caso in cui, in sede di conguaglio, il valore dei beni o dei servizi prestati, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale, risultino superiori al predetto limite, il datore di lavoro deve assoggettare a tassazione l’intero importo corrisposto, vale a dire anche la quota di valore inferiore al medesimo limite di 600 euro.

In altri termini, se il valore normale dei beni e servizi complessivamente ceduti al dipendente nel 2022 è pari a 700 euro, l’importo che concorre a formare il reddito di lavoro dipendente sarà pari a 700 euro (come avviene ordinariamente), non soltanto l’eccedenza di 100 euro.

Posto che la disposizione si riferisce esclusivamente all’anno di imposta 2022, l’Agenzia ricorda che, ai sensi dell’art. 51 comma 1 del Tuir, si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme e i valori corrisposti entro il 12 gennaio del periodo d’imposta successivo a quello a cui si riferiscono (c.d. principio di cassa allargato).

Quanto all’ambito applicativo della disposizione prevista per il 2022, l’Amministrazione finanziaria afferma che la stessa si applica, come previsto dall’art. 51 comma 3 del Tuir, ai titolari di redditi di lavoro dipendente e di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente per i quali il reddito è determinato secondo l’art. 51 del Tuir; inoltre, i fringe benefit in esame possono essere corrisposti dal datore di lavoro anche ad personam.

L’Agenzia ricorda altresì che, ai sensi dell’art. 51 comma 3 del Tuir, rientrano nella nozione di reddito di lavoro dipendente anche i beni ceduti e i servizi prestati al coniuge del lavoratore o ai familiari indicati nell’art. 12 del Tuir, nonché i beni e i servizi per i quali venga attribuito il diritto di ottenerli da terzi.

Rapporti con il “bonus carburante”

In merito ai rapporti con il “bonus carburante” di cui all’art. 2 del Dl 21/2022, la circolare in esame afferma che, a seguito della modifica intervenuta al regime dell’art. 51 comma 3 del Tuir, per fruire dell’esenzione da imposizione, i beni e i servizi erogati nel periodo d’imposta 2022 dal datore di lavoro a favore di ciascun lavoratore dipendente possono raggiungere un valore di 200 euro per uno o più buoni benzina e un valore di 600 euro per l’insieme degli altri beni e servizi (compresi eventuali ulteriori buoni benzina) nonché per le somme erogate o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.

Se il valore in questione è superiore a 200 euro, lo stesso concorre interamente a formare il reddito ed è assoggettato a tassazione ordinaria.

Al riguardo, viene precisato che tale regola generale si applica anche qualora il lavoratore dipendente abbia scelto la sostituzione dei premi di risultato con il bonus in parola e/o con i fringe benefit, superando quindi l’espressione “sarà soggetto al prelievo sostitutivo previsto per i premi di risultato” riportata nella circolare n. 27/2022; in luogo del prelievo sostitutivo troverà quindi applicazione la tassazione ordinaria, fermi restando tutti gli altri chiarimenti e le esemplificazioni resi nel medesimo documento di prassi.

(MF/ms)
 




Note di variazione per le procedure concorsuali: chiarimenti

Partiamo da quanto l’Agenzia delle Entrate precisa nella FAQ n. 96, la quale, pur essendo “aggiornata” al 19.07.2019, è ancora ritenuta “attuale” e pubblicata sul sito istituzionale.

La domanda è: come si emette una nota di variazione, per il recupero dell’Iva su una procedura concorsuale?

Ricordiamo che a seguito dell’infruttuosità accertata (in sede di chiusura) o presunta (in sede di apertura) di una procedura concorsuale, è dato al creditore la facoltà di chiedere all’Erario la restituzione dell’Iva a suo tempo versata, per aver emesso una fattura nei confronti del proprio debitore, poi assoggettato a procedura, e mai incassata.

Il creditore concorsuale, per recuperare tale Iva, deve emettere una “nota di variazione”, che l’Erario italiano considera come una “detrazione dell’Iva”, ma che in realtà va registrata con il segno negativo tra le operazioni attive, e non certamente con segno positivo tra quelle passive.

Le modalità di emissione di questa nota di variazione sono talmente importanti, che il destinatario (cioè l’organo della procedura), si disinteressa completamente di tale documento, non dovendo registrarlo, e né tantomeno far nascere debiti Iva al suo ricevimento.

Anzi, per le vecchie procedure concorsuali, per le quali la nota di variazione va emessa alla chiusura della stessa, non di rado capita che la partita Iva della procedura sia chiusa, ed addirittura il documento venga scartato.

Ovviamente al lettore non serve ricordare che – pur emettendo una nota di variazione – il creditore mantiene il suo credito verso il proprio debitore; ciò è tanto più vero oggi che, con le nuove procedure, le note di variazione vanno emesse all’apertura della procedura, e quindi l’organo della stessa deve avere ben chiaro che il credito originario dovrà partecipare interamente al riparto.

In sostanza, per recuperare un importo di Iva è necessario emettere una nota di variazione, senza che ciò comporti rinuncia al credito.

Torniamo alla “attuale” FAQ 96, con la quale si chiede se sia corretto fare una nota di variazione con imponibile ed Iva, e poi annullare l’importo dell’imponibile con una voce di segno contrario in fuori campo Iva.

L’Agenzia delle Entrate risponde che non è corretto e che è necessario emettere (con segno negativo) una fattura elettronica con solo Iva utilizzando il tipo documento “fattura semplificata”, e rinvia alla FAQ 27, con la quale viene spiegato che con il servizio telematico dell’Agenzia è possibile emettere un documento dove esiste l’Iva ma non esiste un imponibile.

Per fortuna della maggior parte dei contribuenti, quasi nessuno utilizza i servizi telematici dell’Agenzia, e quasi nessuno ha software in grado di emettere una nota di variazione dove non esiste l’imponibile.

Sembra che ce la abbia fatta, invece, il contribuente che ha presentato la risposta ad interpello 485/2022, e che ha avuto la sorpresa di sentirsi rispondere che con la risposta ad interpello 801/2021 la stessa Agenzia delle entrate avevano chiarito che “la variazione in diminuzione deve, infatti, essere rappresentativa sia della riduzione dell’imponibile che della relativa imposta” (cioè il contrario di quello che scrivono sulla FAQ).

Con tale risposta, in particolare, lasciavano intendere che se a fronte di un credito di 110 per una fattura con Iva del 10%, viene pagato solo il corrispettivo di 100, non si può sostenere che non sia stata pagata l’Iva e chiederne la integrale restituzione, ma è necessario spartire la perdita di 10 tra
imponibile ed imposta
.

Con la risposta ad interpello 485/2022, dove non c’è da spartire nulla in quanto si è in presenza di un fallimento appena aperto e quindi il credito deve essere stralciato per intero, arriva la sorpresa, posto che al contribuente che ha fatto quello che è spiegato nelle FAQ della stessa Agenzia, viene risposto che “la nota di variazione di sola Iva, così come emessa dall’istate, risulta quindi errata e, essendo ormai spirato il termine entro cui la stessa avrebbe potuto essere riemessa correttamente (30 aprile 2022) viene conseguentemente meno la possibilità di esercitare il diritto alla detrazione della relativa imposta in sede di dichiarazione Iva 2023”.

Una risposta, in sostanza, che sembra l’esaltazione del principio comunitario di effettività dell’imposta, secondo il quale la violazione di eventuali requisiti formali non può mai avere l’effetto di mettere in discussione la neutralità dell’Iva.

La risposta ad interpello contiene anche una importante apertura, auspicata da molti ed in primis da Assonime, e cioè che se si “perde” il momento corretto per emettere la nota di variazione secondo le nuove norme (entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di apertura della procedura), si riapre una finestra per poter emettere tale nota di variazione al termine della procedura, a condizione che ci sia insinuati nel passivo di tale procedura.

Tralasciando le motivazioni (non condivisibili) e le limitazioni (cioè di essere insinuati al passivo, altrettanto non condivisibili e bocciate dalla stessa Corte di Giustizia richiamata nell’interpello…) di tale assunto, l’apertura per il contribuente è notevole, ma visti i precedenti, magari poi con qualche FAQ a breve qualche altro ufficio dell’Agenzia delle Entrate dirà che non è vero che si può fare.

(MF/ms)




Portale Agenzia Entrate: come rinnovare l’accordo della conservazione sostitutiva

Se si è aderito al sistema di Conservazione Sostitutiva fornito dall’Agenzia delle Entrate, vi ricordiamo che quest’ultimo prevede un accordo di servizio della durata iniziale di tre anni; quindi per chi ha aderito negli ultimi mesi del 2018 (periodo di avvio della Fatturazione Elettronica) è prossimo alla scadenza e deve essere riconfermato.

In allegato istruzioni per procedere al rinnovo.

(MF/ms)




Agenzia delle Entrate: chiarimenti su misure fiscali welfare aziendale

Si segnala che l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la circolare recante chiarimenti sulle misure fiscali di welfare aziendale di cui all’art. 12 del DL Aiuti-bis.
Ricordiamo che il provvedimento in questione aveva previsto un regime specifico, con riferimento al periodo di imposta relativo al 2022, di esenzione dall’IRPEF per i beni ceduti e i servizi prestati al lavoratore dipendente.
In particolare, la circolare dell’Agenzia delle Entrate ha chiarito i seguenti punti:
  • Utenze domestiche e documentazione – Viene definito il perimetro applicativo della norma per quanto attiene alle utenze domestiche che devono riguardare immobili ad uso abitativo posseduti o detenuti, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, a prescindere che negli stessi abbiano o meno stabilito la residenza o il domicilio. Vi è inoltre la necessità da parte del datore di lavoro di acquisire la documentazione necessaria per giustificare la somma spesa nel caso di pagamento di utenze domestiche dei dipendenti.
  • Tassazione – La norma derogatoria per l’anno 2022 introdotta dal DL Aiuti-bis riguarda esclusivamente il limite massimo di esenzione e le tipologie di fringe benefit concessi al lavoratore, senza comportare alcuna modifica al funzionamento del regime di tassazione in caso di superamento dei limiti di non concorrenza stabiliti dalla norma. Pertanto, nel caso in cui il valore dei beni e servizi prestati superi il limite di 600 euro, il datore di lavoro deve assoggettare a tassazione l’intero importo corrisposto.
  • Bonus carburante – La norma rappresenta un’agevolazione ulteriore, diversa e autonoma, rispetto al bonus carburante. Ne consegue che al fine di fruire dell’esenzione da imposizione, i beni e i servizi erogati nel periodo d’imposta 2022 dal datore di lavoro possono raggiungere un valore di euro 200 per uno o più buoni benzina ed un valore di euro 600 per l’insieme degli altri beni e servizi (compresi eventuali ulteriori buoni benzina) nonché per le somme erogate o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche.
 
A tal proposito segnaliamo che Api Lecco e Sondrio offre ai propri associati un utile strumento di gestione in materia di welfare: nella fattispecie si tratta di una piattaforma telematica che consente all’azienda di adempiere agli obblighi previsti dalla contrattazione collettiva massimizzando la libertà di scelta di ogni singolo dipendente.
La medesima piattaforma sarà in grado di gestire anche specifici piani di welfare aziendale, così che le aziende possano liberamente attivare delle politiche incentivanti per i propri dipendenti beneficiando di tutti gli ingenti vantaggi fiscali disponibili.

Per maggiori informazioni in merito alle attività legate al servizio welfare è possibile compilare il modulo richiesta servizio piattaforma oppure contattare l’Area Relazioni Industriali e Welfare.
 

(FV/fv)