A fine anno, i datori di lavoro, in qualità di sostituti d’imposta, sono tenuti a effettuare le operazioni di conguaglio fiscale ai sensi dell’art. 23 commi 3 e 4 del DPR 600/73, finalizzate alla corretta quantificazione dell’IRPEF dovuta per il periodo d’imposta di riferimento (in questo caso, il 2022).
Tale operazione deve avvenire anche ai fini previdenziali, tuttavia, in quest’ultimo caso, appare necessario attendere l’apposita circolare INPS con le relative istruzioni operative.
Si ricorda che, ai sensi del comma 3 dell’art. 23 del DPR 600/73, il conguaglio fiscale deve essere effettuato entro il 28 febbraio dell’anno successivo (per l’anno d’imposta 2022, entro il 28 febbraio 2023) ovvero alla data di cessazione in caso di conclusione del rapporto lavorativo.
In sostanza il sostituto è tenuto a effettuare il conguaglio tra:
- le ritenute operate sulle somme e i valori corrisposti durante l’anno (entro il 12 gennaio 2023 in virtù del principio di cassa allargato, se tali somme si riferiscono al 2022), comprese le mensilità aggiuntive, quali la tredicesima e, se spettante, la quattordicesima;
- l’imposta dovuta sull’ammontare complessivo degli emolumenti stessi, tenendo conto delle detrazioni eventualmente spettanti (ad esempio detrazioni per redditi di lavoro dipendente e per carichi di famiglia).
Dalle operazioni di conguaglio può scaturire un credito o un debito per il lavoratore. In caso di conguaglio a credito le ritenute operate dal datore di lavoro durante il corso del periodo d’imposta sono state maggiori rispetto all’IRPEF effettivamente dovuta e pertanto tali somme dovranno essere restituite al lavoratore.
Invece, in caso di conguaglio a debito, l’IRPEF dovuta dal lavoratore è maggiore rispetto alle ritenute che sono state operate durante il periodo d’imposta e di conseguenza il datore dovrà trattenere e versare tale importo. In caso di incapienza delle retribuzioni a subire il prelievo delle imposte dovute in sede di conguaglio di fine anno, il lavoratore può dichiarare per iscritto al sostituto di volergli versare l’importo corrispondente alle ritenute ancora dovute, ovvero, di autorizzarlo a effettuare il prelievo sulle retribuzioni dei periodi di paga successivi (sugli importi di cui è differito il pagamento si applica l’interesse in ragione dello 0,50% mensile).
L’importo che al termine del periodo d’imposta non è stato trattenuto per cessazione del rapporto di lavoro o per incapienza delle retribuzioni deve essere comunicato all’interessato che deve provvedere al versamento entro il 15 gennaio dell’anno successivo.
Quest’anno le operazioni di conguaglio fiscale, nonché previdenziale, assumono una particolare rilevanza per effetto delle diverse novità che hanno interessato i lavoratori dipendenti, come l’esonero della quota IVS dello 0,8% a carico del lavoratore per i periodi da gennaio a giugno e del 2% per i periodi da luglio a dicembre 2022 ex art. 1 comma 121 della L. 234/2021 e art. 20 del DL 115/2022 (che, riducendo l’importo del contributo dovuto dal lavoratore, ha di conseguenza incrementato l’imponibile fiscale e l’imposta dovuta), l’introduzione dal 1° marzo 2022 dell’assegno unico e la conseguente revisione delle detrazioni per figli a carico (la cui precedente disciplina trova applicazione fino al 28 febbraio 2022), nonché l’innalzamento – per il periodo d’imposta 2022 – della quota di esenzione dei fringe benefit a 3.000 euro a opera dell’art. 12 del DL 115/2022 (come modificato dal DL 176/2022) e la loro estensione anche alle somme erogate o rimborsate per il pagamento delle bollette di acqua, luce e gas.
È proprio sull’incremento a 3.000 euro del limite di esenzione dei fringe benefit che i datori di lavoro dovranno porre particolare attenzione in sede di conguaglio fiscale di fine anno, considerato che alcuni datori hanno operato le ritenute durante la prima parte dell’anno, quando ancora la soglia di esenzione era fissata a 258,23 euro (ai sensi dell’art. 51 comma 3 del TUIR), oppure in vigenza del successivo aumento a 600 euro (ai sensi dell’art. 12 del DL 115/2022 ante modifica del DL 176/2022).
In particolare, fermo restando che in caso di superamento del limite di 3.000 euro l’intero importo concorre alla formazione del reddito (cfr. circ. Agenzia delle Entrate n. 35/2022, § 2.2), il datore di lavoro che ha riconosciuto al lavoratore un valore complessivo di fringe benefit non superiore al suddetto limite:
- dovrà restituire al lavoratore le ritenute eventualmente operate sui fringe benefit durante il corso del periodo d’imposta 2022;
- non sarà tenuto a sottoporre a tassazione il valore complessivo dei fringe benefit qualora durante il corso dell’anno non abbia applicato ritenute.
Viceversa, se il valore complessivo dei fringe benefit risulti superiore al limite di 3.000 euro nel periodo d’imposta 2022, il datore dovrà:
- effettuare l’ordinario controllo se ha operato tutte le ritenute durante l’anno;
- sottoporre a tassazione l’intero valore dei fringe benefit se non ha operato alcuna ritenuta durante l’anno.
(MF/ms)