La risposta a interpello dell’Agenzia delle Entrate n. 801 del 3 dicembre 2021, rappresenta il primo documento di prassi successivo alla riforma della disciplina delle note di variazione Iva in diminuzione di cui all’art. 26 comma 2 ss. del Dpr 633/72.
Le nuove disposizioni, introdotte dall’art. 18 del Dl 73/2021 (conv. L. 106/2021), consentono al cedente o prestatore di emettere la nota di variazione già a partire dalla data in cui il cessionario o committente è assoggettato a una procedura concorsuale. In precedenza, invece, era necessario attendere che la procedura si fosse rivelata “infruttuosa”.
La riforma, per espressa previsione normativa, si applica alle procedure concorsuali avviate successivamente al 26 maggio 2021 (data di entrata in vigore del citato Dl 73/2021).
In maniera non inaspettata, stante anche la chiara decorrenza dettata dall’art. 18 del Dl 73/2021, l’Amministrazione finanziaria, con la risposta a interpello, conferma la validità della propria prassi già emanata, in relazione alle procedure aperte sino alla menzionata data del 26 maggio 2021.
Nel caso di specie, il cessionario o committente delle operazioni effettuate era stato ammesso alla procedura di concordato preventivo nell’anno 2019.
Quindi, trattandosi di data anteriore alla modifica legislativa, si fa rinvio ai chiarimenti della circ. Agenzia delle Entrate n. 8/2017 (§ 13.2), tali per cui “in caso di concordato preventivo, trattandosi di procedura concorsuale, la nota di variazione può essere emessa solo quando è definitivamente accertata l’infruttuosità della procedura”.
Nella fattispecie, al fine di individuare il momento in cui l’infruttuosità si verifica, sono ancora applicabili le indicazioni fornite, per le diverse procedure concorsuali, nell’ambito della C.M. n. 77/2000.
Per il concordato, si fa riferimento, segnatamente, “al momento in cui il debitore adempie gli obblighi assunti nel concordato stesso”.
Pertanto, secondo la prassi ministeriale, qualora “in caso di mancato adempimento, ovvero in conseguenza di comportamenti dolosi, venga dichiarato il fallimento del debitore, la rettifica in diminuzione può essere eseguita, solo dopo che il piano di riparto dell’attivo sia divenuto definitivo ovvero, in assenza di un piano, dopo la scadenza del termine per il reclamo avverso il decreto di chiusura del fallimento”.
In sostanza, per tutte le procedure concorsuali avviate sino al 26 maggio 2021, devono ancora essere tenuti in considerazione dagli operatori i documenti interpretativi emanati anteriormente al Dl 73/2021, poiché essi mantengono la propria validità.
Ciò significa, aderendo al consolidato orientamento dell’Agenzia delle Entrate, che se la procedura è stata avviata prima della riforma dell’art. 26 comma 2 del Dpr 633/72, la nota di variazione non può essere emessa dal cedente prima dell’infruttuosità della procedura concorsuale.
Andrebbe, peraltro, rilevato che, con riferimento alla versione previgente dell’art. 26 comma 2 in esame, la Cassazione ha ritenuto non necessario attendere la certezza dell’irrecuperabilità derivante dall’infruttuosità della procedura (Cass. n. 25896/2020). La Corte di Giustizia Ue, dal canto suo, aveva sancito la non conformità rispetto alla direttiva IVA della norma nazionale nella misura in cui, ai fini dell’emissione della nota di credito per il fornitore, richiedeva l’infruttuosità della procedura concorsuale in capo al cessionario o committente (osservando che in Italia una procedura concorsuale può avere anche durata superiore ai 10 anni).
Per le procedure avviate successivamente al 26 maggio 2021, invece, al momento non è stata emanata prassi ufficiale specifica.
Ai fini dell’emissione della nota di variazione, ci si limita al tenore del nuovo art. 26 commi 3-bis e 10-bis del Dpr 633/72, in virtù del quale la nota è emessa a partire dalla data in cui il cessionario o committente è assoggettato alla procedura, vale a dire, rispettivamente, dalla data: