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Pagamento 2° acconto imposte: chi può rateizzare

Con comunicato n. 136 del 27 novembre 2024, il MEF ha dichiarato che, nel quadro dei lavori per la conversione del D.L. 19 ottobre 2024, n. 155, il Parlamento ha approvato un emendamento che prevede, per i titolari di partita IVA che nell’anno precedente hanno dichiarato ricavi o compensi di ammontare non superiore a 170 mila euro, la proroga al 16 gennaio 2025 del termine per il versamento del secondo acconto delle imposte sui redditi, in scadenza il prossimo 2 dicembre.

La proroga non riguarda il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi assicurativi dovuti all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL).

I contribuenti potranno effettuare il versamento del secondo acconto in unica soluzione o in cinque rate mensili di pari importo, da gennaio a maggio 2025, utilizzando i seguenti codici tributo ed indicando la rateazione necessaria:
 

IMPORTO DA VERSARE Cod. trib. IMPORTO DA VERSARE Cod. trib.
Acconto IRPEF (2° o unica rata) 4034 Acconto cedolare secca (2° o unica rata) 1841
Acconto IRES (2° o unica rata) 2002 IVIE (2° o unica rata) 4045
Acconto IRAP (2° o unica rata) 3813 IVAFE (2° o unica rata) 4048
Acconto imposta sostitutiva regime dei minimi (2° o unica rata) 1794 Maggiorazione IRES del 10,5% per le società non operative (2° o unica rata) 2019
Acconto imposta sostitutiva regime forfetario (2° o unica rata) 1791 Maggiorazione IRAP per i soggetti Isa che hanno aderito al CPB 4070
Maggiorazione IRPEF per i soggetti Isa che hanno aderito al CPB 4068 Maggiorazione imposta sostitutiva per i contribuenti in regime forfettario che hanno aderito al CPB  
4072
Maggiorazione IRES per i soggetti Isa che hanno aderito al CPB 4069

In sede di versamento, il contribuente può utilizzare in compensazione i crediti a disposizione.

L’eventuale omesso/insufficiente versamento degli importi è regolarizzabile tramite ravvedimento operoso con le nuove sanzioni:
 

SANZIONE RIDUZIONE CON RAVV. SANZ. RIDOTTA GG DI RITARDO NEL VERSAMENTO
0,83% a giorno 1/10 da 0,083% a 1,167% entro il 14° giorno dalla scadenza
12,5% 1,250% dal 15° al 30° giorno dalla scadenza
12,5% 1/9 1,389 dal 31° al 90° giorno dalla scadenza
25% 1/8 3,125
  • entro 1 anno dalla violazione
  • entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui è stata commessa la violazione
25% 1/7 3,571% Oltre il termine del punto precedente (ed entro il termine “di prescrizione”)

 
 
 
I forfettari – Per i contribuenti in forfettario, è necessario valutare:

  • l’eventuale permanenza nel regime agevolato sul 2024, l’eventuale ingresso nel regime agevolato pervenendo dal regime dei minimi, l’eventuale ingresso nel regime agevolato dal 2024 o, infine, l’eventuale fuoriuscita dal regime agevolato dal 2024
  • e l’eventuale accesso al CPB 2024.

In sintesi:
 

REGIME  IMPOSTA PER L’ANNO 2024 ACCONTO
ANNO 2023 ANNO 2024 METODO  Cod. trib.
Minimi Forfetario Sostitutiva 15% (5% startup) Storico o previsionale 1794 (minimi)
Minimi Ordinario Irpef 1794 (minimi)
Forfetario Forfetario Sostitutiva 15% (5% startup) 1791 (forfettari)
Forfetario Ordinario Irpef 1791 (forfettari)
Ordinario Forfetario Sostitutiva 15% (5% startup) No acconto

Per i contribuenti in regime forfettario, si precisa che:

  • è dovuto il 100% del rigo differenza, che nel caso di specie è il rigo LM42;
  • applicano gli scaglioni d’imposta (€ 51,65 e € 257,52) visti per l’Irpef per valutare se il versamento non è dovuto, è dovuto in soluzione unica o è dovuto in 2 rate,
  • suddividendo le eventuali 2 rate per il 40% (1° rata) e 60% (2° rata), dato che non sono soggetti ISA.

 
(MF/ms)




Acconto Iva 2024 pagamento entro il 27 dicembre 2024

Il tema del versamento dell’acconto IVA rappresenta un appuntamento cruciale per i soggetti passivi IVA, chiamati, entro il prossimo 27 dicembre 2024, a calcolare e, se necessario, versare quanto dovuto.

Questo adempimento, che chiude l’anno fiscale sotto il profilo della liquidazione periodica dell’imposta, assume particolare rilevanza sia per la corretta gestione della posizione IVA, sia per l’ottimizzazione della liquidità aziendale. 

È importante sottolineare che, per il calcolo e il versamento dell’acconto IVA, il legislatore offre diverse opzioni operative, lasciando al contribuente la possibilità di scegliere il metodo più conveniente. In particolare, i soggetti interessati potranno optare tra il metodo storico, il metodo previsionale e il metodo analitico.

Ciascuna modalità presenta specifiche peculiarità che permettono di adattare il calcolo dell’acconto alle esigenze finanziarie e operative dell’impresa o del professionista.

  • Ambito soggettivo per il versamento dell’acconto IVA 2024
  • Le diverse metodologie di calcolo dell’acconto IVA 2024
  • Analisi del metodo storico
  • Variazioni dei regimi di liquidazione e di versamento dell’imposta
  • Esercizio di più attività (art. 36 del D.P.R. n. 633/1972)
  • Fusioni, incorporazioni e scissioni
  • Modalità di versamento dell’acconto
  • Sanzioni
In allegato le specifiche per ogni caso.

(MF/ms)




Concordato preventivo biennale: modalità di versamento dell’acconto delle imposte

Durante il concordato preventivo biennale, gli acconti delle imposte (IRPEF/IRES/IRAP/imposta sostitutiva del regime forfetario) sono determinati secondo le disposizioni ordinarie, tenendo conto dei redditi e del valore della produzione netta concordati.

Regole particolari sono dettate per il primo periodo d’imposta di adesione al concordato per il quale è possibile procedere alla determinazione degli acconti con metodo storico (artt. 20 e 31 del DLgs. 13/2024).

Poiché il 2024 è il primo anno di applicazione dell’istituto, la previsione assume carattere generale.

Se l’acconto è determinato con metodo storico (sulla base dell’imposta relativa al 2023), va aggiunta una maggiorazione pari al 10% della differenza, se positiva, tra:

  • il reddito concordato (indicato nel rigo P06 del modello CPB);
  • il reddito di impresa o di lavoro autonomo dichiarato per il periodo precedente, opportunamente depurato dalle componenti individuate dagli artt. 15 e 16 del DLgs. 13/2024 (indicato nel rigo P04 del modello CPB).
La maggiorazione è pari:
  • al 3% per l’IRAP, calcolata sulla differenza, se positiva, tra il valore della produzione netta concordato (indicato nel rigo P08 del modello CPB) e il valore della produzione netta dichiarato per il periodo precedente, opportunamente depurato dalle componenti individuate dall’art. 17 del DLgs. 13/2024 (indicato nel rigo P05 del modello CPB);
  • al 10% oppure al 3% (per i primi cinque anni di attività) per il regime forfetario, calcolata sulla differenza, se positiva, tra il reddito concordato (indicato nel rigo LM63 del modello REDDITI PF 2024) e il reddito di impresa o di lavoro autonomo dichiarato per il periodo precedente (indicato nel rigo LM34 del modello REDDITI PF 2024),
Le maggiorazioni sopra citate devono essere versate entro il termine previsto per il versamento della seconda o unica rata di acconto, fissato per i soggetti “solari” al 2 dicembre 2024 (il 30 novembre 2024 cade di sabato), utilizzando i seguenti codici tributo (ris. Agenzia delle Entrate n. 48/2024):
  • 4068 CPB – Soggetti ISA persone fisiche – Dirette;
  • 4069 CPB – Soggetti ISA diversi dalle persone fisiche – Dirette;
  • 4070 CPB – Soggetti ISA – IRAP;
  • 4072 CPB – Soggetti forfetari.
In caso di adesione al CPB da parte di società o associazioni in regime di trasparenza, la maggiorazione è versata pro quota dai singoli soci o associati (circ. n. 18/2024, § 6.13).

Il medesimo criterio va adottato anche per le imprese familiari (FAQ 8 ottobre 2024 n. 3).

Nel caso in cui non risultino dovute imposte per il periodo d’imposta precedente quello cui si riferisce la proposta concordataria, la maggiorazione deve essere in ogni caso versata (FAQ 8 ottobre 2024 n. 1).

Se il reddito rilevante ai fini del calcolo della proposta di concordato, indicato nel rigo P04, è negativo, la maggiorazione deve essere determinata sulla differenza tra l’importo dichiarato nel rigo P06 e zero (FAQ 8 ottobre 2024 n. 4).

In assenza di specifiche disposizioni, la FAQ dell’Agenzia delle Entrate 15 ottobre 2024 n. 4, nell’ipotesi del consolidato fiscale, ha chiarito che gli adempimenti in materia di acconti competono esclusivamente alla consolidante. Per il primo periodo d’imposta di adesione al CPB, la “consolidata” deve comunicare alla “consolidante” l’eventuale applicazione della maggiorazione in caso di calcolo degli acconti con il “metodo storico”.

La maggiorazione di acconto potrà essere:

  • scomputata dal tributo principale cui si riferisce in occasione del calcolo del saldo dell’imposta dovuta (per il periodo d’imposta 2024);
  • compensata per il versamento dell’imposta sostitutiva di cui agli artt. 20-bis e 31-bis del DLgs. 13/2024 sull’eccedenza del reddito concordato rispetto a quello dichiarato l’anno precedente (circ. n. 18/2024, § 3.6, e FAQ 17 ottobre 2024 n. 1).
In caso di calcolo degli acconti in base all’imposta relativa al periodo in corso (c.d. “metodo previsionale”), se l’acconto è versato in due rate:
  • la prima rata è calcolata secondo le regole ordinarie;
  • la seconda rata è determinata come differenza tra l’acconto complessivamente dovuto calcolato sulla base del reddito concordato e quanto versato con la prima rata.
Queste disposizioni vanno considerate anche da coloro che decideranno di aderire al concordato entro il prossimo 12 dicembre usufruendo della proroga disposta con il DL 167/2024.

Nel caso in cui l’adesione e il versamento intervengano dopo il 2 dicembre, salvo nuove disposizioni, dovrebbe essere versata anche la sanzione per il ritardo.

Da ultimo si evidenzia che, in tema di acconti, gli artt. 20 e 31 del DLgs 13/2024 fanno riferimento esclusivamente alle imposte dirette, all’IRAP e all’imposta sostitutiva del regime forfetario, senza menzionare i contributi previdenziali INPS.

In assenza di diverse indicazioni ufficiali, ciò porta a ritenere che, almeno in sede di prima applicazione del CPB, la determinazione ed il versamento degli acconti dei contributi previdenziali segua le regole ordinarie, ferma la rilevanza in sede di saldo del reddito “concordato” (al netto delle voci ex artt. 15 e 16), oppure di quello “ordinario” effettivo, se superiore del precedente, in applicazione dell’art. 19 del DLgs. 13/2024.
 

(MF/ms)




Imu: versamento seconda rata 2024 entro il 16 dicembre

Il 16 dicembre 2024 scade il termine per il versamento della seconda rata IMU per l’anno d’imposta 2024.
 
Il presupposto dell’IMU è il possesso di immobili.

Il possesso dell’abitazione principale o assimilata (*) non costituisce però presupposto dell’imposta, salvo che si tratti di un’unità abitativa classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 o A/9.

Il 17 giugno 2024 è scaduto il termine per il versamento della prima rata di acconto per l’anno d’imposta 2024.

Gli enti non commerciali effettuano il versamento dell’imposta dovuta in tre rate di cui le prime due, di importo pari ciascuna al 50% dell’imposta complessivamente corrisposta per l’anno precedente, devono essere versate nei termini del 17 giugno 2024 e del 16 dicembre 2024, e l’ultima, a conguaglio dell’imposta complessivamente dovuta, dovrà essere versata entro il 16 giugno 2025.

I comuni, per situazioni particolari e con proprio regolamento, possono stabilire differimenti di termini per i versamenti.
 
Il versamento dell’IMU può avvenire alternativamente, mediante:

  • il modello F24;
  • apposito bollettino di c/c postale;
  • la piattaforma PagoPA, di cui all’art. 5 del Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82), e con le altre modalità previste dallo stesso Codice.
 
Le modalità di calcolo del II acconto IMU sono le medesime previste per il calcolo del I acconto.
 
La dichiarazione IMU

Entro il 30 giugno 2025, dovrà essere presentata, qualora ne ricorrano le condizioni per le circostanze relative all’anno 2024, la dichiarazione IMU 2025.

La dichiarazione:

  • va presentata solo con riferimento all’anno in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell’imposta;
  • ha effetto anche per gli anni successivi, sempre che non si verifichino modifiche dei dati e degli elementi dichiarati da cui consegua un diverso ammontare dell’imposta dovuta.
Non occorre trasmettere la dichiarazione quando è relativa a eventi rilevabili dalle banche dati dell’Agenzia delle Entrate o dell’Anagrafe comunale; generalmente quindi, non deve essere presentata alcuna dichiarazione in caso di acquisto o vendita di bene immobile effettuata tramite rogito notarile o per successione regolarmente dichiarata.
 
Alcune novità ed esenzioni 2024
 
Riduzione IMU per i pensionati esteri:
l’IMU è stabilita al 50% se vi è una sola unità immobiliare a uso abitativo, non locata o data in comodato d’uso, posseduta in Italia a titolo di proprietà o usufrutto da soggetti non residenti nel territorio dello Stato che siano titolari di pensione maturata in regime di convenzione internazionale con l’Italia, residenti in uno Stato di assicurazione diverso dall’Italia.
 
Esenzione IMU per i beni merce:
dal 1° gennaio 2020 i fabbricati costruiti e destinati alla vendita da parte dell’impresa costruttrice sono esenti dall’IMU fino a che permane tale destinazione.
 
Esenzione abitazione principale:
era previsto che nel caso in cui i componenti del nucleo familiare avessero stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale o in comuni diversi, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicavano per un solo immobile, scelto dai componenti del nucleo familiare. La scelta doveva essere comunicata attraverso la presentazione della dichiarazione IMU al comune in cui era ubicato l’immobile da considerare come abitazione principale. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 209 del 13 ottobre 2022, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 1, comma 741, lettera b), della Legge n. 160/2019, nella parte in cui richiedeva che nell’abitazione principale, oltre al possessore, dovessero avere la dimora abituale e la residenza anagrafica anche i componenti del suo nucleo familiare. L’esenzione IMU per l’immobile, in cui il contribuente ha la residenza anagrafica e l’effettiva dimora abituale, spetta pertanto a prescindere dal luogo di residenza del coniuge.
 
Esenzione IMU:
per gli immobili colpiti da sisma del 2012 nei Comuni di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna fino alla definitiva ricostruzione e agibilità dei fabbricati interessati.
 
Ogni anno vanno comunque verificate condizioni specifiche e/o territoriali.
 
Il ravvedimento operoso

Chi non riuscisse a versare l’IMU entro le scadenze previste, potrà effettuarlo in ritardo, avvalendosi del ravvedimento operoso, con l’applicazione di una sanzione ridotta e degli interessi moratori.

In sintesi, per violazioni commesse dal 1° settembre 2024:

a) regolarizzazione entro 14 giorni dal termine fissato per il versamento: sanzioni ridotte allo 0,083% (pari ad 1/15 del 12,5%) per ogni giorno di ritardo e interessi legali calcolati a giorni di ritardo;
b) regolarizzazione dal 15° giorno dal termine fissato per il versamento ed entro 30 giorni dal medesimo termine: sanzioni ridotte al 1,25% (pari ad 1/10 del 12,5%) e interessi legali calcolati a giorni di ritardo;
c) regolarizzazione oltre il 30° giorno dal termine fissato per il versamento ed entro 90 giorni dal medesimo termine: sanzioni ridotte al 1,39% (pari ad 1/9 del 12,5%) e interessi legali calcolati a giorni di ritardo;
d) regolarizzazione oltre il 90° giorno dal termine fissato per il versamento ed entro 1 anno dal medesimo termine: sanzioni ridotte al 3,13% (pari ad 1/8 del 25%) e interessi legali calcolati a giorni di ritardo;
e) regolarizzazione oltre 1 anno dal termine fissato per il versamento ed entro 2 anni dal medesimo termine: sanzioni ridotte al 3,57% (pari ad 1/7 del 25%) e interessi legali calcolati a giorni di ritardo;
f) regolarizzazione oltre 2 anni dal termine fissato per il versamento: sanzioni ridotte al 4,17% (pari ad 1/6 del 25%) e interessi legali calcolati a giorni di ritardo.
 

*Dal 2016 il Comune può assimilare ad abitazione principale solo “l’unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata”.

(MF/ms)




Imu 2025: comunicazione aliquote dai Comuni tramite applicazione telematica

Con effetti dal 2025 in avanti, per i Comuni scatterà l’obbligo di redigere la delibera di approvazione delle aliquote dell’IMU tramite l’elaborazione del Prospetto digitale, utilizzando l’applicazione informatica “Gestione IMU” messa a disposizione sul portale del Federalismo Fiscale.

Tale decorrenza è confermata anche post Decreto MEF 6 settembre 2024.

Si veda l’art. 2 del Decreto: “ai sensi dell’art. 6-ter, comma 1, del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 2023, n. 170, l’obbligo di redigere la delibera di approvazione delle aliquote dell’IMU tramite l’elaborazione del Prospetto, utilizzando l’applicazione informatica di cui all’art. 3, comma 1, decorre dall’anno di imposta 2025”.

Per ripercorrere gli step che si sono susseguiti negli ultimi mesi, è necessario partire dalle previsioni di cui al comma 756  Legge n. 160/2019): “a decorrere dall’anno 2021, i comuni, in deroga all’articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, possono diversificare le aliquote di cui ai commi da 748 a 755 esclusivamente con riferimento alle fattispecie individuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, che si pronuncia entro quarantacinque giorni dalla data di trasmissione. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, possono essere modificate o integrate le fattispecie individuate con il decreto di cui al primo periodo”.

In considerazione di tali previsioni sono stati pubblicati i decreti MEF 7 luglio 2023 e 6 settembre 2024. Con tale ultimo Decreto sono state integrate le condizioni in base alle quali i Comuni possono introdurre ulteriori differenziazioni delle aliquote impositive all’interno di ciascuna delle fattispecie già previste dal Decreto 7 luglio 2023.

Al successivo comma 757, viene disposto che anche laddove il Comune non intenda diversificare le aliquote rispetto a quelle indicate ai commi da 748 a 755, la delibera di approvazione delle stesse aliquote deve essere redatta accedendo all’applicazione disponibile nel portale del federalismo fiscale (applicazione informatica “Gestione IMU”) che consente, previa selezione delle fattispecie di interesse del comune tra quelle individuate con il decreto di cui al comma 756, di elaborare il prospetto delle aliquote, che forma parte integrante della delibera stessa.

La decorrenza dell’obbligo di redigere la delibera di approvazione delle aliquote dell’IMU tramite l’elaborazione del Prospetto “digitale” è stata prorogata al 2025 dall’art. 6-ter del D.L. n. 132/2023.

Da qui, in vista della scadenza del 16 dicembre per il pagamento del saldo 2024, per i Comuni non vigeva l’obbligo di diversificare le aliquote dell’IMU utilizzando le fattispecie individuate nel Decreto del 7 luglio 2023 e ss.mm.ii e in mancanza di una delibera approvata e pubblicata nei termini di Legge, si applicano, ai sensi dell’art. 1, comma 169, della Legge n. 296/2006, le aliquote in essere nell’anno di imposta 2023.

Dal prossimo anno invece ossia per il primo anno di applicazione obbligatoria del prospetto “digitale”, in mancanza di una delibera approvata secondo le nuove modalità e pubblicata nel termine del 28 ottobre, si applicano le aliquote IMU base. Ciò vale fin quando il Comune inadempiente non approvi le aliquote secondo le modalità fissate dal Decreto 7 luglio e dal comma 757 della Legge n. 160/2019 e ss.mm.ii. (vedi anche comma 837 Legge n. 197/2022).

 

Utilizzo applicazione “Gestione IMU”
Cosa Applicazione fattispecie in base alle quali i comuni possono diversificare le aliquote IMU e obbligo di utilizzo della nuova applicazione.
Obbligo di redigere la delibera di approvazione delle aliquote IMU tramite l’applicazione del Portale del Federalismo fiscale (Gestione IMU) Anche se il Comune non intenda diversificare le aliquote IMU. L’app consente di individuare le fattispecie in base alle quali diversificare le aliquote dell’IMU nonché elaborare e trasmettere il relativo Prospetto.
Discordanza tra prospetto e regolamento comunale In caso di discordanza tra il prospetto delle aliquote di cui al comma 757 e le disposizioni contenute nel regolamento comunale di disciplina dell’imposta, prevale quanto stabilito nel prospetto.
Entrata in vigore dell’obbligo 2025
Anno di sperimentazione 2023/2024
 
 

(MF/ms)




Scadenza imminente per la dichiarazione Imu per l’anno 2023

Entro lunedì 1° luglio 2024 va presentata le dichiarazioni IMU per l’anno 2023 (il termine ordinario del 30 giugno cade di domenica).

Per la generalità dei soggetti passivi, la dichiarazione va presentata, qualora dovuta, utilizzando il modello IMU/IMPi, secondo quanto prescritto dall’art. 1 comma 769 della L. 160/2019.

In deroga alle disposizioni “ordinarie”, il successivo comma 770 prevede regole specifiche per la dichiarazione IMU degli enti non commerciali che possiedono almeno un immobile esente, in quanto utilizzato per lo svolgimento, con modalità non commerciali, delle proprie attività istituzionali, ex art. 1 comma 759 lett. g) della L. 160/2019.

Tali enti devono adottare un apposito modello dichiarativo (modello IMU ENC), da presentare ogni anno.

Già per le dichiarazioni riferite all’anno 2023, occorre adottare i nuovi modelli dichiarativi IMU/IMPi e IMU ENC approvati con il DM 24 aprile 2024.

In vista della scadenza del 1° luglio, può essere utile riassumere la disciplina degli obblighi dichiarativi per l’IMU.

La dichiarazione IMU “ordinaria” (modello IMU/IMPi) va presentata entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di riferimento.

È obbligatorio presentare la dichiarazione “ordinaria” solo se nell’anno oggetto di dichiarazione si sono verificate delle circostanze che hanno determinato un differente importo dell’IMU dovuta, e tali circostanze non sono autonomamente conoscibili dal Comune (ad esempio, mediante consultazione catastale).

Nelle istruzioni al modello dichiarativo IMU/IMPi ex DM 24 aprile 2024 vengono peraltro elencate le circostanze che devono obbligatoriamente essere oggetto di dichiarazione.

Vanno dichiarate, tra l’altro, l’acquisto o la perdita dei requisiti per l’esenzione dall’IMU o la riduzione della base imponibile. 

A tal proposito, richiamando l’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità (si veda, tra le altre, Cass. 21 dicembre 2022 n. 37385), le istruzioni alle dichiarazioni IMU/IMPi e IMU ENC precisano che, al di là di un’espressa previsione di decadenza, il mancato adempimento dell’obbligo dichiarativo determina, in via generale, per tutti i casi in cui è previsto detto onere, la decadenza dall’agevolazione riconosciuta ex lege.

La dichiarazione IMU/IMPi può essere trasmessa alternativamente in forma cartacea (con consegna a mano al Comune destinatario, oppure invio con raccomandata o a mezzo PEC) o con modalità telematica (utilizzando i servizi telematici Entratel o Fisconline, secondo le specifiche tecniche allegate al DM 24 aprile 2024, direttamente dal contribuente oppure da un soggetto abilitato incaricato ex art. 3 comma 3 del DPR 322/98).

Se, tuttavia, la dichiarazione IMU “ordinaria” riguarda l’esenzione per gli immobili occupati abusivamente da terzi ex art. 1 comma 759 lett. g-bis) della L. 160/2019, questa va trasmessa obbligatoriamente con modalità telematica.

Per quanto riguarda, invece, la dichiarazione IMU ENC, si ribadisce anzitutto che tale modello va adottato dai soli enti non commerciali che possiedono, nel Comune di riferimento, almeno un immobile esente, in quanto impiegato per lo svolgimento:

  • con modalità non commerciali (da riscontrare applicando i criteri degli artt. 3 e 4 del DM 200/2012);
  • delle attività istituzionali ex art. 7 comma 1 lett. i) del DLgs. 504/92 (ossia delle attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive, religiose e di culto ex art. 16 lett. a) della L. 222/85).
Per la verifica dei requisiti per tale esenzione (e degli obblighi dichiarativi che ne derivano), vanno tenute in considerazione anche le norme di interpretazione autentica recate dall’art. 1 comma 71 della L. 213/2023 per gli immobili concessi in comodato ad altro ente non commerciale o temporaneamente inutilizzati.

Anche gli enti non commerciali che possiedono un immobile a “utilizzo misto” (poiché impiegato solo in parte per lo svolgimento delle attività istituzionali con modalità non commerciali) devono presentare la dichiarazione IMU ENC (tali immobili godono di un’esenzione parziale, secondo il criterio proporzionale di cui all’art. 5 del DM 200/2012).

Gli enti non commerciali tenuti a presentare la dichiarazione IMU ENC devono indicare nella dichiarazione tutti gli immobili che possiedono nel Comune di riferimento (e non soltanto quelli esenti in quanto impiegati per le proprie attività istituzionali).

Dichiarazione IMU ENC da presentare ogni anno

A differenza della dichiarazione “ordinaria”, la dichiarazione IMU ENC va presentata ogni anno (indipendentemente da variazioni che influiscano sulla determinazione dell’IMU dovuta), entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello oggetto della dichiarazione.

La dichiarazione IMU ENC va presentata esclusivamente con modalità telematica.
 

(MF/ms)




Imu: la rendita catastale

Per la determinazione della base imponibile dei fabbricati ai fini IMU occorre utilizzare la rendita iscritta in Catasto al 1° gennaio dell’anno di riferimento, secondo quanto stabilito dall’art. 1 comma 745 L. 160/2019.

 

Tuttavia, in caso di nuova edificazione oppure di interventi edilizi sui fabbricati, la nuova rendita (attribuita a seguito dell’obbligo di aggiornamento catastale) dovrà essere impiegata a partire dalla data di ultimazione dei lavori o, se antecedente, dalla data del loro utilizzo.

Infatti, in base al DM 19 aprile 1994 n. 701, i proprietari, al termine dei lavori, attraverso la procedura informatica DOCFA, formulano una “proposta di rendita” che, ai sensi dell’art. 1 comma 3 del citato decreto, rimane negli atti catastali come “rendita proposta” fino a quando l’ufficio non provvede con mezzi di accertamento informatici o tradizionali, anche a campione, e comunque entro dodici mesi dalla data di presentazione della dichiarazione di variazione, alla determinazione della rendita catastale definitiva.

Occorre innanzitutto premettere che la data di fine lavori viene indicata nel modello DOCFA nel campo “Data in cui la variazione si è verificata (ultimazione dei lavori)” del quadro B, ma nella visura catastale dell’immobile compare esclusivamente la data, successiva, di presentazione della pratica.

Pertanto, spetterà al contribuente valutare se, ai fini del calcolo dell’imposta, utilizzare correttamente la data di fine lavori oppure, per semplicità far coincidere la data della variazione con quella, successiva, di presentazione del modello indicata in Catasto.

In caso di rettifica da parte dell’Agenzia delle Entrate, l’atto modificativo della rendita definitiva, affinché abbia efficacia, dovrà essere ritualmente notificata ai soggetti intestatari della partita catastale e da tale data decorrerà il termine di 60 giorni per la proposizione di un eventuale ricorso (art. 74 della L. 342/2000).

Poiché tale rettifica può essere effettuata anche decorsi i 12 mesi previsti dall’art. 1 comma 3 del DM 701/94 (stante l’interpretazione fornita dalla circ. Agenzia delle Entrate 17 marzo 2022 n. 7, sulla non perentorietà di tale termine) si pone il problema, per il contribuente, della sostituzione della rendita proposta con quella accertata.

Al riguardo il contribuente potrà verificare l’iter accertativo in quanto l’Agenzia delle Entrate, una volta completato l’accertamento, se non vi sono rilievi riporta nelle “annotazioni” presenti nella visura catastale l’indicazione “Classamento e rendita validati”. Purtroppo, ad oggi, non è prevista alcuna comunicazione del termine del procedimento di determinazione della rendita definitiva al contribuente, il quale dovrà periodicamente effettuare tale verifica accedendo alla consultazione delle rendite catastali nella propria area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate.

Diversamente, fino a quando il processo di accertamento non è completato, nelle annotazioni risulterà la seguente frase: “Classamento e rendita proposti (D.M. 701/94)” mentre, nel caso il cui l’Agenzi delle Entrate rettifichi la rendita proposta, nel campo annotazioni verrà riportata la dicitura ”Classamento e rendita rettificati”.

Rendita rettificata utilizzabile retroattivamente per le annualità ancora accertabili

Una volta notificata, tuttavia, la nuova rendita dovrà essere utilizzata retroattivamente ai fini impositivi anche per le annualità “sospese” in quanto ancora suscettibili di accertamento.

Infatti, in base anche a quanto affermato dalla Corte di Cassazione, dalla data della notifica decorre il termine per l’impugnazione dell’atto, ma la rendita rettificata risulta applicabile anche ai periodi d’imposta antecedenti ancora passibili di accertamento e/o di liquidazione e/o di rimborso (si vedano, tra le altre, le ordinanze della Corte di Cassazione 24 marzo 2023 n. 8550 e 10 febbraio 2023 n. 4204).

Pertanto, dal punto di vista operativo, la rendita proposta deve essere utilizzata ai fini IMU a partire dalla data della variazione ma, in caso di rettifica, verrà sostituita da quella accertata con la possibilità che il Comune recuperi la differenza d’imposta.

Risulta tuttavia dubbia la possibilità per l’ente locale di richiedere anche le sanzioni. Al riguardo, in assenza di un chiarimento di prassi, si ritiene che le sanzioni non siano dovute in quanto l’art. 74  della L. 342/2000 prevede che gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati siano efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione.

In ogni caso tutte le variazioni attinenti alle rendite catastali (sia proposte che accertate) non occorre che siano indicate nella dichiarazione IMU in quanto tali dati sono disponibili nella banca dati catastale.

(MF/ms)




Acconto Imu 2024: scadenza lunedì 17 giugno

Lunedì 17 giugno 2024 scade il termine per versare la prima rata dell’IMU per il 2024 (il 16 giugno è domenica).

Si ricorda che, per l’anno in corso, il tributo locale va corrisposto in due rate:

  • la prima, con scadenza fissata per lunedì 17 giugno 2024, è pari all’IMU dovuta per il primo semestre del 2024 applicando l’aliquota e la detrazione dei dodici mesi dell’anno precedente, ossia del 2023;
  • la seconda va versata entro il 16 dicembre 2024, a saldo di quanto ancora dovuto per l’anno 2024 (al netto degli importi già versati con la prima rata), applicando le aliquote deliberate per l’anno in corso, ossia per il 2024 (art. 1 comma 762 della L. 160/2019).
    Peraltro, il contribuente può decidere di corrispondere l’IMU per l’intero 2024 in un’unica soluzione, entro il 17 giugno 2024.
Per la determinazione dell’acconto, va richiamato che, limitatamente alle delibere di approvazione delle aliquote e dei regolamenti IMU per l’anno 2023, è stata disposta una proroga dei termini di inserimento e pubblicazione, ex art. 1 comma 72 della L. 213/2023, in forza della quale dette delibere andavano inserite nell’apposita sezione del Portale del federalismo fiscale entro il 30 novembre 2023 e pubblicate sul sito internet del Dipartimento delle Finanze entro il 15 gennaio 2024.

Se i predetti termini sono stati rispettati, le delibere sono efficaci per l’anno 2023: tali delibere dovranno pertanto tenersi in considerazione anche per determinare la prima rata dell’IMU per il 2024.

Invece, se non sono state pubblicate delibere per il 2023 (secondo i termini e le modalità prescritti), per tale anno andavano applicate le aliquote in vigore nel 2022: dette aliquote, di conseguenza, vanno applicate anche per determinare l’acconto IMU per il 2024 (art. 1 comma 767 della L. 160/2019).

Una disciplina dei versamenti ad hoc riguarda gli enti non commerciali che possiedono almeno un immobile esente ex art. 1 comma 759 lett. g) della L. 160/2019.

Tali enti devono versare l’IMU riferita a ciascun anno in tre rate, ex art. 1 comma 763 della L. 160/2019:

  • le prime due, di importo pari al 50% dell’imposta corrisposta per l’anno precedente, devono essere versate entro il 16 giugno e il 16 dicembre;
  • la terza rata, a conguaglio dell’imposta complessivamente dovuta, deve essere versata entro il 16 giugno dell’anno successivo (sulla base delle aliquote deliberate per l’anno di riferimento).
Pertanto, entro lunedì 17 giugno 2024 i predetti enti non commerciali devono versare:
  • la terza ed ultima rata per il 2023, ad eventuale conguaglio di quanto ancora dovuto in base alle aliquote deliberate per tale anno, al netto dei versamenti già effettuati con le prime due rate già corrisposte nel 2023;
  • la prima rata dell’IMU dovuta per il 2024, pari al 50% dell’imposta complessivamente corrisposta per il 2023.
In ogni caso, i Comuni possono disporre il differimento dei termini di versamento dell’IMU in presenza di “situazioni particolari”, con riferimento alle entrate di propria competenza (art. 1 comma 777 lett. b) della L. 160/2019; cfr. ris. Min. Economia e Finanze 8 giugno 2020 n. 5/DF).

Quanto alla liquidazione dell’imposta, l’IMU è dovuta per anni solari, proporzionalmente alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto lo stesso (art. 1 comma 761 della L. 160/2019).

Per determinare l’imposta dovuta, va conteggiato per intero il mese durante il quale il possesso si è protratto per più della metà dei giorni di cui il mese stesso è composto. 

A tal fine, va calcolato in capo all’acquirente dell’immobile:

  • il giorno di trasferimento del possesso;
  • l’intero mese del trasferimento se i giorni di possesso risultano uguali a quelli del cedente.
IMU da liquidare in proporzione ai mesi di possesso

Quindi, se un immobile è stato ceduto il 15 aprile 2024, l’intero mese va conteggiato in capo all’acquirente.

Ai fini del versamento, l’importo da pagare deve essere arrotondato all’unità di euro per difetto, se la frazione è inferiore o uguale a 0,49 euro, o per eccesso, se la frazione è superiore a 0,49 euro.

In ogni caso, il versamento dell’IMU non è dovuto se l’importo complessivamente spettante al Comune per l’intero anno è inferiore a 12 euro, salvo che sia stabilito diversamente dall’ente locale (artt. 25 della L. 289/2002 e 1 comma 168 della L. 296/2006).

In relazione alle modalità di pagamento, è possibile provvedervi mediante modello F24 (con i codici tributi e secondo le indicazioni della ris. Agenzia delle Entrate 29 maggio 2020 n. 29), bollettino postale o piattaforma PagoPA (con le modalità che saranno stabilite da apposito DM).

I soggetti titolari di partita IVA sono tenuti ad effettuare i versamenti esclusivamente con modalità telematiche (provv. Agenzia delle Entrate 26 maggio 2020 n. 214429).
 

(MF/ms)




Divieto di compensazione per i ruoli sopra i 100 mila euro senza pagamenti parziali

Per effetto dell’art. 37 comma 49-quinquies del DL 4 luglio 2006 n. 223 (introdotto dalla L. 213/2023), “per i contribuenti che abbiano iscrizioni a ruolo per imposte erariali e relativi accessori o accertamenti esecutivi affidati agli agenti della riscossione per importi complessivamente superiori ad euro centomila, per i quali i termini di pagamento siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione, è esclusa la facoltà di avvalersi della compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

La previsione di cui al periodo precedente cessa di applicarsi a seguito della completa rimozione delle violazioni contestate. Si applicano le disposizioni dei commi 49-ter e 49-quater ai meri fini della verifica delle condizioni di cui al presente comma”.

Il divieto opera dal 1° luglio 2024.

Ove siano presenti carichi di ruolo per un importo superiore a 100.000 euro e a differenza di quanto può dirsi per il divieto di compensazione di cui all’art. 31 del DL 78/2010:

  • la compensazione è vietata anche per l’eccedenza;
  • è vietata anche la compensazione dei crediti di natura agevolativa, tipicamente da indicare nel quadro RU del modello REDDITI.
Considerato che, in base al dato normativo, il divieto “cessa di applicarsi a seguito della completa rimozione delle violazioni contestate”, si evidenzia come potrebbe ritenersi non ammesso un pagamento parziale dei ruoli in modo da scendere sotto la soglia dei 100.000 euro.

Su questo punto, a nostro avviso la norma potrebbe essere oggetto di una differente lettura, quantomeno ove i ruoli siano più di uno. Ipotizziamo che un contribuente abbia due carichi di ruolo per IVA dichiarata e non pagata ex art. 54-bis del DPR 633/72 e sia stato notificatario di due cartelle di pagamento del valore complessivo di 110.000 euro, una decaduta per decorrenza dei termini dell’art. 25 del DPR 602/73 (ruolo di valore pari a 90.000 euro), l’altra no (ruolo di valore pari a 20.000 euro).

Egli ben può pagare la cartella di 20.000 euro per intero, notando che non è possibile contestarla in sede giudiziale, e il divieto di compensazione non può operare essendo il debito sceso sotto il limite dei 100.000 euro, allo stesso modo di come non potrebbe operare qualora il giudice, accogliendo parzialmente il ricorso del contribuente, faccia scendere la soglia sotto i 100.000 euro.

La locuzione “La previsione di cui al periodo precedente cessa di applicarsi a seguito della completa rimozione delle violazioni contestate” può essere letta nel senso che occorre estinguere completamente il debito iscritto a ruolo, ma sempre a condizione che questo sia superiore a 100.000 euro.

A ogni modo “questa opzione interpretativa andrebbe attentamente valutata in quanto comporta in non pochi casi una reazione – quella della preclusione alla compensazione orizzontale – non molto proporzionata rispetto all’interesse tutelato”.

Un altro punto dolente riguarda il fatto che, se interpretata rigorosamente, la norma fa sì che il divieto di compensazione rimanga quand’anche il contribuente abbia ottenuto la dilazione dei ruoli ai sensi dell’art. 19 del DPR 602/73.

Una siffatta tesi potrebbe essere in linea con una interpretazione letterale della norma, ma si auspica un chiarimento ufficiale in senso opposto. Non è un caso che in dottrina si sia prospettato che, siccome pagata la prima rata in sostanza il debitore è considerato adempiente, alcun divieto di compensazione dovrebbe sussistere.

Dilazione dei ruoli irrilevante

Infine, bisogna valutare quale sanzione sia irrogabile al contribuente che violi il divieto in esame.

Se la delega di pagamento viene scartata dal sistema (che ha evidentemente “intercettato” i ruoli scaduti), ci potrà essere un omesso versamento delle imposte che il contribuente ha tentato di pagare mediante compensazione.

Se però l’indebita compensazione viene effettivamente commessa, a nostro avviso si tratta di indebita compensazione di credito non spettante sanzionata nella misura del 30% dall’art. 13 comma 4 del DLgs. 471/97.

Sebbene la circolare non parli espressamente di ciò, si potrebbe sostenere che l’Agenzia delle Entrate, nella misura in cui il credito sia esistente, possa solo irrogare la sanzione del 30% senza il contestuale recupero del credito.

Recupero che, ove come detto il credito sia esistente, sarebbe inutile e contrario all’economia procedimentale, visto che verrebbe nuovamente compensato in costanza dei requisiti di legge.

(MF/ms)




Chiarimenti sul differimento del pagamento della seconda rata degli acconti d’imposta

Con la circolare n. 31 del 9 novembre 2023, l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti sulla proroga al 16 gennaio 2024 (ex art. 4 del DL 145/2023) del termine per il pagamento della seconda rata degli acconti d’imposta da parte delle persone fisiche titolari di partita IVA che, nel 2022, dichiarano ricavi o compensi (indicati nel modello REDDITI PF 2023) non superiori a 170.000 euro.

Come ribadito dal documento di prassi, tale requisito implica che, per fruire del differimento, i contribuenti, nel 2022, devono aver svolto un’attività d’impresa o di lavoro autonomo.

Ciò premesso, quale precisazione di maggior rilievo, l’Amministrazione finanziaria conferma che sono esclusi dal beneficio i seguenti contribuenti:

  • le persone fisiche “non titolari” di partita IVA (ivi inclusi i soci di società e associazioni “trasparenti” ai sensi degli artt. 5, 115 e 116 del TUIR, sempre che non siano titolari di una propria partita IVA);
  • le persone fisiche titolari di partita IVA che, nel 2022, dichiarano ricavi o compensi di importo superiore a 170.000 euro;
  • i soggetti diversi dalle persone fisiche (ad esempio, le società di capitali e di persone, nonché gli enti commerciali e non commerciali).
Per tali soggetti, il termine di versamento resta quindi fermo al 30 novembre 2023, se aventi il periodo d’imposta coincidente con l’anno “solare”.

Attesa la loro natura individuale, possono invece beneficiare del differimento gli imprenditori titolari dell’impresa familiare o dell’azienda coniugale non gestita in forma societaria (in entrambi i casi, rimangono invece esclusi i collaboratori familiari e il coniuge del titolare d’impresa, sempre che non siano, a loro volta, titolari di partita IVA).

Tale impostazione appare coerente con quella adottata, in relazione ai medesimi soggetti, con riferimento:

  • all’esclusione da IRAP dal 2022 (cfr. circ. Agenzia delle Entrate n. 4/2022, § 3);
  • alla possibilità di fruire della c.d. “flat tax incrementale” (cfr. circ. Agenzia delle Entrate n. 18/2023, § 1.1).
Contrariamente a quanto pareva emergere dal tenore letterale della norma, possono fruire della proroga anche i contribuenti tenuti a versare l’acconto in un’unica soluzione.

In merito alla verifica del superamento, o meno, del limite di 170.000 euro, l’Agenzia osserva che occorre fare riferimento:

  • ai compensi, per i lavoratori autonomi;
  • ai ricavi “di cui all’articolo 57 del TUIR”, per gli imprenditori.
Il richiamo del citato art. 57 (peraltro non presente nel testo di legge, ma introdotto in via interpretativa) comporta, ad avviso dell’Agenzia, che rilevino tutti i ricavi indicati nell’art. 85 del TUIR e quindi:
  • sia i ricavi c.d. “tipici”, derivanti dalle cessioni di beni e dalle prestazioni di servizi oggetto dell’attività dell’impresa oppure dalla vendita di materie prime e sussidiarie, di semilavorati e di altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione;
  • sia i ricavi c.d. “assimilati”, quali i contributi in conto esercizio o spettanti in base a contratto oppure i ricavi derivanti, tra l’altro, dalle cessioni di azioni o quote di partecipazione e di obbligazioni non costituenti immobilizzazioni finanziarie.
Per le imprese familiari e le aziende coniugali, la circ. n. 31/2023 (§ 2) precisa che occorre fare riferimento all’ammontare “complessivo” dei ricavi (e, quindi, si ritiene, anche della quota attribuita ai collaboratori familiari o al coniuge del titolare).

Se il contribuente esercita più attività, contraddistinte da codici ATECO differenti, per accertare il mancato superamento della soglia occorre sommare i ricavi e i compensi relativi alle diverse attività esercitate.

Allo stesso modo e per i medesimi fini, se vengono esercitate contestualmente un’attività di lavoro autonomo e un’attività d’impresa, bisogna sommare i ricavi e i compensi relativi alle attività esercitate.

Per le persone fisiche che, purché titolari nel 2022 di reddito d’impresa, esercitano attività agricole o attività a esse connesse (ad esempio, agriturismo e allevamento), invece dell’ammontare dei ricavi, occorre considerare il volume d’affari risultante dal rigo VE50 (“Volume d’affari”) del modello IVA 2023.

Se il contribuente non è tenuto alla presentazione della dichiarazione IVA, rileva l’ammontare complessivo del fatturato del 2022, tenendo conto:

  • sia delle operazioni certificate tramite fattura;
  • sia delle operazioni certificate mediante memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi.
Infine, nel caso in cui il soggetto “agricolo” svolga altre attività commerciali o di lavoro autonomo, occorre considerare il volume d’affari complessivo degli intercalari della dichiarazione IVA.
 

(MF/ms)