1

Ires premiale: chiarimenti su quanto introdotto dalla Legge di Bilancio 2025

Per beneficiare dell’IRES premiale al 20%, introdotta dalla legge di bilancio 2025, occorre rispettare sostanzialmente tre condizioni:
  1. l’accantonamento ad apposita riserva di una quota minima dell’80% degli utili dell’esercizio 2024;
  2. l’investimento di una quota di tali utili accantonati (di ammontare comunque non inferiore a 20.000 euro) nell’acquisto, anche mediante leasing, di nuovi beni strumentali 4.0 e 5.0;
  3. l’effettuazione di nuove assunzioni di dipendenti a tempo indeterminato, con incremento occupazionale.
Numerosi sono i dubbi applicativi, che dovrebbero essere tuttavia risolti con l’emanazione del decreto che definirà le disposizioni attuative dell’agevolazione.

In merito alla prima condizione, che consiste nell’accantonamento ad apposita riserva di una quota non inferiore all’80% degli utili dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024, l’agevolazione non dovrebbe spettare, a rigore, per le imprese che hanno chiuso il 2024 in perdita o alle società costituite nel 2025.

Con riguardo alla seconda condizione, gli investimenti “qualificati” devono essere effettuati per un importo minimo pari al 30% degli utili 2024 accantonati e, comunque, non inferiore al 24% degli utili dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023.

A differenza degli utili 2024, per i quali la norma impone un accantonamento nel limite dell’80%, nulla viene invece previsto in modo espresso per gli utili 2023 (il beneficio, in altre parole, spetterebbe anche se l’utile 2023 è stato distribuito ai soci).

La disposizione sembra animata dalla volontà di evitare politiche di bilancio mirate a comprimere l’utile dell’esercizio 2024, al fine di ridurre in modo corrispondente l’ammontare minimo degli investimenti da effettuare al fine di beneficiare dell’aliquota ridotta.

Rimarrebbe, però, la condizione per cui questo utile 2023 esista (ove la società sia in perdita, infatti, mancherebbe il secondo parametro di riferimento per la quantificazione degli investimenti).

Proprio guardando a tale ratio, si potrebbe ragionare nel senso di ammettere il beneficio anche per le società che chiudono il 2024 in perdita con l’adozione, da parte delle disposizioni attuative, di una “clausola di salvaguardia” che consenta di vincolare altre riserve di utili (es. riserva straordinaria o facoltativa) o conferimenti dei soci (che pure rappresentano forma analoga di autofinanziamento).

Ove questa soluzione possa essere accolta, si potrebbe parametrare questo vincolo all’80% dell’utile del 2023.
Se, ad esempio, la società ha chiuso il 2023 con un utile di 500.000 euro e chiude il 2024 in perdita, si potrebbe prevedere un obbligo di vincolare all’apposita riserva altre poste di Patrimonio netto per 400.000 euro, in modo tale da garantire un livello minimo di investimenti di 120.000 euro (il 24% dell’utile 2023, coincidente con il 30% dell’accantonamento “sostitutivo” di 400.000 euro).

Una situazione non chiara riguarda le società costituite nel 2024, le quali sono prive del parametro di riferimento dell’utile 2023 che, come detto, viene anch’esso preso in considerazione dalle norme in commento.

In virtù del tenore letterale di queste ultime, l’agevolazione risulterebbe preclusa anche per queste società.

Guardando alla ratio del vincolo sopra esposta, si potrebbe invece ragionare nel senso per cui, in termini generali, anche tali società potrebbero porre in essere politiche tese a ridurre l’utile del loro primo esercizio (il 2024).
Si potrebbe, però, obiettare che, mancando un parametro di riferimento costituito dall’utile del 2023, la produzione di un utile 2024 non particolarmente significativo potrebbe risultare fisiologica, e non animata da particolari obiettivi solo fiscali di massimizzazione della IRES premiale.

Altra questione riguarda la circostanza che la norma in commento si limita a precisare che almeno l’80% degli utili del 2024 sia accantonata ad apposita riserva.

Diversamente da altre agevolazioni di tenore similare, non si precisa che la riserva in questione risulti tra quelle disponibili, ma solo che essa sia appositamente costituita.

Questa formulazione utilizzata porterebbe alla conclusione per cui nel limite dell’80% degli utili non distribuiti non potrebbero essere computati gli accantonamenti alle riserve obbligatorie (es. riserva legale, riserva per utili su cambi non realizzati, ecc.).

Il problema potrebbe essere risolto ammettendo, in sede di disposizioni attuative o in via interpretativa, l’esclusione dal computo dell’80% degli accantonamenti alle riserve obbligatorie.

La norma prevede inoltre che gli utili accantonati ad apposita riserva non devono essere distribuiti in un arco temporale che, per i soggetti “solari”, si conclude al 31 dicembre 2026.

La decadenza opera ove la riserva sia “distribuita”, non facendosi quindi menzione di altri utilizzi della stessa.

Si dovrebbe quindi ritenere che l’utilizzo della riserva per altre finalità, come la copertura delle perdite o l’aumento gratuito del capitale sociale, non conduca alla decadenza dai benefici.

Inoltre, posto che la disposizione non sembra prevedere particolari vincoli in relazione alla distribuzione di altre riserve, non sembrerebbe determinare la decadenza dall’agevolazione la distribuzione di dividendi prelevati da riserve preesistenti o dall’utile 2025.
 

(MF/ms)




Legge di Bilancio. Camisa: luci e ombre, preoccupano effetti su pmi

“Luci e ombre”. Questo in sintesi il giudizio espresso da Confapi sulla Legge di Bilancio nel corso dell’incontro svoltosi oggi a Palazzo Chigi a cui ha preso parte il Presidente, Cristian Camisa.
“Sappiamo bene – ha spiegato – che le risorse messe a disposizione nella Legge di bilancio sono contingentate e che gli interventi proseguono su una strada già delineata, non potendo generare misure strutturali ed espansive che darebbero maggiore slancio al nostro sistema industriale. La nostra valutazione sul complesso della manovra è prudente: se da un lato emergono importanti conferme e aspetti positivi, dall’altra emerge preoccupazione per misure che potrebbero rivelarsi insufficienti, quando non addirittura di ostacolo, nel sostenere adeguatamente le Pmi industriali in questa fase così delicata”.  
“Forti perplessità” sono state espresse, poi, relativamente alle misure di potenziamento dei controlli di finanza pubblica contenuti nell’articolo 112. “A nostro parere – ha spiegato – va eliminata la norma che prevede l’obbligo a carico delle imprese che beneficiano di finanziamenti pubblici, anche in modo indiretto e sotto qualsiasi forma, oltre una certa soglia prevista in fase di prima applicazione a 100mila euro, di riservare la presenza di un rappresentante del Mef negli organi di controllo sociali. Una tale norma potrebbe essere tacciata di illegittimità costituzionale per il fatto di avere un impatto eccessivamente invasivo sul principio costituzionale della libertà d’impresa specialmente sotto il profilo dell’autonomia decisionale e organizzativa. Potrebbe ridurre, infatti, l’efficacia dei programmi incentivanti, come ad esempio Transizione 5.0 e Industria 4.0, e penalizzare le aziende che potrebbero ricorrere a tali incentivi per crescere o innovare”.
Camisa ha voluto porre l’accento anche su due temi, sia pur non contenuti nel ddl bilancio, che Confapi ritiene fondamentali. Il primo è la questione del settore automotive per il quale “non è più procrastinabile l’adozione di un piano strutturale che accompagni il tessuto produttivo industriale dell’indotto verso la transizione ecologica con un serio e deciso piano di salvaguardia della filiera”. Il secondo è quello dei costi energetici sul quale come Confapi riteniamo che non si possa prescindere dal richiamarne l’attenzione, dato l’impatto negativo sulla competitività delle nostre Pmi sia nei confronti delle Pmi degli altri Paesi europei e di quelli extra-europei.
Altro tema caro a Confapi è quello relativo all’articolo 4, che prevede l’estensione della web-tax del 3% a tutti i soggetti che esercitano attività d’impresa e realizzano ricavi da servizi digitali nel territorio italiano. “Riteniamo – ha detto Camisa – che si tratti di una misura troppo penalizzante per le Pmi che operano nel digitale. Per questo chiediamo che vengano ripristinate i precedenti parametri incrementando semmai la percentuale di tassazione per i soli giganti del web”. 
 



Legge di bilancio 2023: le principali novità fiscali

Sul Supplemento Ordinario della Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre è stata pubblicata la L. 29 dicembre 2022 n. 197 (legge di bilancio 2023), dopo aver ottenuto il via libera definitivo del Senato con 107 voti favorevoli, 69 contrari e un’astensione.

Il via libera è arrivato non senza discussioni e rallentamenti: dopo i problemi alla Camera, visti i tempi, anche nell’altro ramo del Parlamento non è stato possibile concludere l’esame in Commissione Bilancio col mandato al relatore, ma i gruppi parlamentari hanno convenuto sulla necessità di approvare rapidamente la manovra per evitare l’esercizio provvisorio.

Rispetto alla formulazione iniziale del testo, la manovra è stata modificata in più parti, anche a seguito dei rilievi della Commissione europea sul documento programmatico di bilancio, come nel caso del pagamento con POS.

Al riguardo, dal testo approvato in via definitiva è stata eliminata la misura in virtù della quale commercianti e professionisti avrebbero potuto rifiutare i pagamenti tramite carte per importi pari o inferiori a 60 euro, mentre è confermato l’innalzamento a 5.000 euro della soglia al trasferimento del denaro contante tra soggetti diversi.

Rimandando alla tabella in allegato all’articolo per un’elencazione delle principali novità introdotte nell’iter parlamentare, tra le misure di carattere fiscale si segnalano l’incremento dell’ammontare dei ricavi fino a concorrenza del quale le imprese sono ammesse al regime di contabilità semplificata, di cui all’art. 18 del Dpr 600/73, e la “flat tax incrementale” o “tassa piatta incrementale”, con cui viene tassata con un’imposta sostitutiva di IRPEF e relative addizionali, pari al 15%, la quota di reddito d’impresa o di lavoro autonomo maturata nel 2023 in eccedenza rispetto al più elevato dei redditi del triennio precedente.

Per quanto riguarda le agevolazioni, la legge di bilancio dispone la proroga dal 30 giugno 2023 al 30 settembre 2023 del termine “lungo” per effettuare gli investimenti in beni materiali 4.0 “prenotati” entro il 31 dicembre 2022, consentendo così anche per tali beni di fruire del più favorevole credito d’imposta per investimenti in beni materiali “4.0” di cui all’art. 1 comma 1057 della L. 178/2020. 

Slitta poi al 2023 il credito d’imposta per investimenti nel Mezzogiorno.

Sono riproposte le agevolazioni per l’assegnazione ai soci e vengono riaperte le disposizioni per l’estromissione agevolata dei beni immobili strumentali dell’imprenditore individuale, posseduti al 31 ottobre 2022, fissando quale finestra temporale per l’estromissione il periodo che va dal 1° gennaio 2023 al 31 maggio 2023.

Oltre alle disposizioni relative a definizione agevolata delle liti e rottamazione dei ruoli, la legge di bilancio contiene misure relative alle detrazioni edilizie, che riguardano il superbonus, il bonus barriere 75% e il bonus mobili. Viene anche reintrodotta la detrazione IRPEF dell’IVA pagata per l’acquisto di case ad alta efficienza energetica.

Lato IVA, accanto alla riduzione dell’aliquota al 10% sulle cessioni di pellet, viene estesa alle somministrazioni di gas metano usato per combustione per usi civili e industriali contabilizzate nelle fatture emesse per i consumi stimati o effettivi dei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2023 la riduzione dell’aliquota IVA al 5%. Inoltre, viene ridotta al 5% l’aliquota IVA per assorbenti e tamponi, eliminando anche la condizione che siano prodotti compostabili o lavabili, nonché quella per latte in polvere o liquido per l’alimentazione dei lattanti o dei bambini nella prima infanzia, condizionato per la vendita al minuto.

Sul fronte lavoro, la legge di bilancio stabilisce che fino al 31 marzo 2023 il datore di lavoro assicura lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile per i lavoratori pubblici e privati “fragili”.

Vengono estese anche per le assunzioni/trasformazioni effettuate nel corso del 2023 le agevolazioni contributive previste dalla L. 178/2020 per under 36 donne svantaggiate e introdotto un nuovo esonero del 100% dei contributi INPS in caso di assunzione di percettori di reddito di cittadinanza, alternativo a quello previsto dall’art. 8 del Dl 4/2019.

(MF/ms)




Esportatori abituali: novità dalla Legge di Bilancio 2021

Il Sistema di Interscambio non permetterà di emettere una fattura elettronica con il titolo di non imponibilità IVA indicando il numero di protocollo di una dichiarazione d’intento invalidata, in quanto predisposta da un soggetto che non è in possesso della qualifica di esportatore abituale.
Lo ha previsto la legge di bilancio 2021 (art. 1 commi 1079-1083 della L. 178/2020).

Al fine di inibire il rilascio delle dichiarazioni d’intento ai falsi esportatori abituali e di invalidare quelle illegittime, gli Uffici dell’Amministrazione finanziaria effettueranno specifiche analisi di rischio e conseguenti attività di controllo sostanziale.

Resta da comprendere come potranno essere effettuate verifiche sostanziali, in merito all’effettivo possesso dello status di esportatore abituale, su un numero elevato di soggetti.
La stessa Amministrazione finanziaria, nell’ambito della risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-03673 del 26 febbraio 2020, non aveva ritenuto verosimile che “un Ufficio Territoriale possa procedere ad un controllo sostanziale dei contenuti della dichiarazione d’intento ricevuta, ancorché telematicamente, al fine di verificare i requisiti così da autenticarne la validità”.

Ragionevolmente, è ipotizzabile che le suddette verifiche possano consistere in un’analisi dei dati risultanti dalla dichiarazione IVA dell’anno precedente e in controlli relativi all’inclusione del soggetto passivo nella banca dati VIES nonché agli elenchi INTRASTAT e alle dichiarazioni d’intento già presentate.

Le nuove disposizioni si avvalgono di quanto previsto dall’art. 12-septies del DL 34/2019, il quale stabilisce che gli estremi del protocollo di ricezione della dichiarazione d’intento “devono essere indicati nelle fatture emesse in base ad essa”.

Sarà, dunque, possibile invalidare le dichiarazioni d’intento precedentemente emesse, operare un incrocio automatico tra il sistema della fatturazione elettronica e una lettera d’intento ideologicamente falsa nonché, in tal caso, inibire l’emissione da parte del cedente o prestatore di una fattura elettronica via SdI con il titolo di non imponibilità IVA di cui all’art. 8 comma 1 lett. c) del DPR 633/72.

Si rammenta, peraltro, che a decorrere dal 1° gennaio 2021 è obbligatoria l’emissione delle fatture elettroniche, nei confronti degli esportatori abituali, con lo specifico codice natura “N3.5” invece del più generico “N3”, adottabile sino al 31 dicembre 2020.

Una semplificazione è, invece, prevista in sede dichiarativa, essendo stata anticipata dalle bozze del modello IVA 2021 (riferito all’anno d’imposta 2020) l’abolizione del quadro VI ove i fornitori di esportatori abituali erano tenuti a riepilogare i dati delle lettere d’intento ricevute.

Nella legge di bilancio 2021 trovano spazio, inoltre, alcune novità con riguardo al settore nautico, che saranno applicabili alle operazioni effettuate a partire dal sessantesimo giorno successivo all’adozione di un apposito provvedimento dell’Agenzia delle Entrate (art. 1 commi 708-712 della L. 178/2020).

In particolare, per effetto di quanto previsto dall’art. 1 comma 708 della L. 178/2020, il regime di non imponibilità di cui all’art. 8-bis del DPR 633/72 potrà essere applicato, dal cedente o prestatore, solamente a condizione che il cessionario o committente – intenzionato ad acquistare beni e/o servizi senza applicazione dell’IVA – rilasci una specifica dichiarazione che attesti l’effettiva navigazione in “alto mare” della nave.

La menzionata disposizione stabilisce, tra l’altro, che una nave si considera adibita alla navigazione in “alto mare” se ha effettuato nell’anno solare precedente (o, in caso di primo utilizzo, effettua nell’anno in corso) un numero di viaggi in “alto mare” superiore al 70% del totale dei viaggi effettuati. 

La dichiarazione di impiego della nave “in alto mare” dovrà essere predisposta utilizzando il modello che sarà approvato dall’Agenzia delle Entrate e trasmessa telematicamente a quest’ultima. Gli estremi del protocollo di ricezione della dichiarazione dovranno essere indicati dal fornitore nella fattura.

Dichiarazione d’intento anche per il settore navale

La legge di bilancio 2021 prevede anche specifiche disposizioni in merito alla territorialità IVA delle prestazioni di servizi B2C relative all’utilizzo di imbarcazioni da diporto di cui all’art. 7-sexies lett. e-bis) del DPR 633/72.

 Le novità riguardano le prestazioni di noleggio, locazione, leasing e simili, non a breve termine (possesso o utilizzo dell’imbarcazione per più di 90 giorni) e prevedono che l’utilizzatore del mezzo sia tenuto a rilasciare una dichiarazione sull’effettivo utilizzo del bene nel territorio dell’Unione europea.
Anche per questa fattispecie, l’art. 1 comma 710 della L. 178/2020 prevede l’invio di una dichiarazione all’Agenzia delle Entrate, la quale rilascia apposita ricevuta.

(MF/ms)