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Buoni pasto elettronici: il limite di esenzione sale da 8 a 10 euro

Il 22 ottobre 2025 la Ragioneria ha bollinato il Ddl. di bilancio 2026, che è stato trasmesso alla Presidenza della Repubblica e firmato dal Presidente Mattarella per essere trasmesso al Senato.

Il testo, mantenendo l’impianto della prima bozza, conferma la modifica all’art. 51 comma 2 lett. c) del TUIR che incrementa la soglia di non imponibilità dei buoni pasto elettronici, che passerebbe dagli attuali 8 euro a 10 euro.

Nessuna modifica sarebbe invece prevista per i buoni pasto cartacei, la cui soglia di esenzione rimarrebbe quindi ferma a 4 euro.

Per buono pasto si intende il documento di legittimazione, anche in forma elettronica, che attribuisce al titolare, ai sensi dell’art. 2002 c.c., il diritto a ottenere il servizio sostitutivo di mensa (vale a dire, la somministrazione di alimenti e bevande e le cessioni di prodotti alimentari pronti per il consumo) per un importo pari al valore facciale del buono e, all’esercizio convenzionato, il mezzo per provare l’avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione (art. 2 comma 1 lett. c) dell’Allegato II.17 al DLgs. 36/2023, analogo al precedente DM 7 giugno 2017).

Tale nozione di buono pasto ha rilevanza anche ai fini fiscali (cfr. ris. Agenzia delle Entrate n. 118/2006).

Ai sensi dell’attuale art. 51 comma 2 lett. c) del TUIR, sono escluse dal reddito di lavoro dipendente le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto erogate sotto forma di “buoni pasto”, fino all’importo complessivo di 4 euro giornalieri, aumentato a 8 euro nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica.

Tali importi sono stati, da ultimo, aumentati a opera della legge di bilancio 2020.

L’importo massimo escluso da tassazione deve intendersi riferito al valore facciale del buono e deve essere considerato al netto delle somme eventualmente poste a carico del dipendente e dei contributi previdenziali e assistenziali versati (cfr. C.M. n. 29/97).

Secondo il principio di diritto Agenzia delle Entrate 12 febbraio 2019 n. 6, i suddetti limiti di esenzione devono essere verificati sulla base del valore nominale dei buoni erogati e prescindono dal numero di buoni utilizzati, che potrebbe essere anche superiore al limite di otto previsto dall’allora art. 4 comma 1 lett. d) del DM 7 giugno 2017, ora art. 2 comma 1 lett. c) dell’Allegato II.17 al DLgs. 36/2023.

Resta fermo che l’importo dei buoni pasto che eccede il suddetto limite di esenzione (attualmente 4 o 8 euro) non può essere considerato assorbibile dalla soglia di esenzione (258,23 euro) prevista dal comma 3 dell’art. 51 del TUIR per i fringe benefit e, pertanto, concorre a formare il reddito di lavoro dipendente (ris. Agenzia delle Entrate n. 26/2010, § 1, e circ. Agenzia delle Entrate n. 28/2016, § 2.5.2).

Ne consegue che i buoni pasto non rientrano nella soglia di esenzione “ordinaria”, elevata, per ciascuno degli anni 2025, 2026 e 2027, a 1.000/2.000 euro per i dipendenti con figli a carico.

Tanto premesso, per effetto delle modifiche previste nell’art. 5 del Ddl. di bilancio 2026, nel testo bollinato, sono escluse da imposizione le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto (buoni pasto) fino all’importo complessivo giornaliero di 4 euro, aumentato a 10 euro nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica.

Pertanto:

  • per i buoni pasto cartacei il limite di esenzione giornaliero resterebbe pari all’importo attuale di 4 euro;
  • per i buoni pasto elettronici il limite di esenzione giornaliero passerebbe dall’attuale 8 euro al maggior importo di 10 euro.
Non essendo prevista una specifica decorrenza, le nuove soglie dovrebbero trovare applicazione dal 1° gennaio 2026.

Fermo il limite per l’indennità sostitutiva per addetti ai cantieri

Nessuna modifica sarebbe invece prevista nel Ddl. di bilancio 2026 in relazione alle altre fattispecie disciplinate dall’art. 51 comma 2 lett. c) del TUIR.

Le indennità sostitutive delle somministrazioni di vitto corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o a unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione, non concorrono quindi a formare il reddito di lavoro dipendente fino all’importo complessivo giornaliero di 5,29 euro (limite che non viene modificato).

Nessun impatto nemmeno sulla disciplina delle somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro ovvero in mense organizzate dal datore di lavoro o gestite da terzi, che resterebbero escluse dal reddito di lavoro dipendente.
 

(MF/ms)




Fringe benefit: chiarimenti sulla ricarica auto elettrica

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 237 del 10 settembre, ha affermato che la ricarica elettrica delle auto in uso promiscuo ai dipendenti, effettuata presso colonnine pubbliche utilizzando una card con addebito del costo a carico della società, non costituisce fringe benefit tassato in capo al dipendente.

Nel caso di specie, i dipendenti che sceglieranno un’autovettura elettrica o ibrida plug in dal parco auto aziendale avranno a disposizione un’apposita card per ricaricare l’auto presso colonnine pubbliche, con addebito del costo complessivo alla società, anche per l’uso privato del mezzo, ma entro un determinato limite annuo.

Superato un certo limite massimo di chilometri per anno effettuati per ragioni private, la società addebiterà al dipendente, tramite fattura, l’importo del costo chilometrico del carburante (elettricità) relativo all’uso privato della vettura, per la quota eccedente il limite stabilito.

La società ha quindi chiesto chiarimenti in merito all’applicazione dell’art. 51 comma 4 lettera a) del TUIR alla fattispecie.

L’Agenzia, dopo aver richiamato l’attuale versione della norma e riportati i chiarimenti della C.M n. 326/97 (§ 2.3.2.1), nonché la risposta a interpello n. 421/2023 (in relazione alla tassazione dei rimborsi spese per la ricarica elettrica domestica delle auto), ha rilevato che l’art. 51 comma 4 lettera a) del TUIR disciplina esclusivamente la determinazione forfetaria del valore da assoggettare a tassazione del veicolo nell’ipotesi in cui lo stesso sia concesso in uso promiscuo al dipendente, ancorandola al costo chilometrico d’esercizio individuato in base alle tabelle ACI.

Nella determinazione di tali valori, l’ACI tiene conto dei costi annui non proporzionali alla percorrenza, ovvero di tutti i costi che in ogni caso l’automobilista deve sostenere, indipendentemente dal grado di utilizzazione del veicolo, e dei costi annui proporzionali alla percorrenza, ovvero dei costi che direttamente o indirettamente sono connessi al grado di utilizzazione del veicolo stesso.

Al riguardo, l’Agenzia rappresenta che nelle “Considerazioni metodologiche” predisposte dall’ACI a supporto dell’elaborazione delle citate tabelle, ivi incluse quelle relative agli autoveicoli elettrici e ibridi plugin, risulta che le stime sul calcolo del carburante sono effettuate per le seguenti tipologie di carburante: benzina senza piombo, gasolio, GPL, metano ed elettricità.

Ai fini del calcolo del costo chilometrico d’esercizio dei veicoli elettrici e plugin, le tabelle ACI considerano, quindi, anche il costo dell’energia elettrica.

L’Agenzia afferma quindi che nell’ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca l’energia elettrica per la ricarica dei veicoli concessi in uso promiscuo ai propri dipendenti, la stessa non genera reddito imponibile, in quanto già considerata ai fini della determinazione del valore forfetario riportato nelle tabelle ACI.

Venendo al caso di specie, in relazione alla possibilità di attribuire ai dipendenti una card per effettuare la ricarica elettrica della vettura assegnata in uso promiscuo presso colonnine pubbliche, con addebito del costo a carico della società, l’Agenzia delle Entrate ritiene che tali ricariche, riconosciute entro un certo limite annuo, non costituiscono fringe benefit tassabile in capo al dipendente, a prescindere dall’utilizzo aziendale o privato del veicolo assegnato.

La società ha fatto poi presente che ciascun dipendente sarà tenuto a comunicare i chilometri effettuati per uso aziendale, così da poter individuare, per differenza, i chilometri percorsi per ragioni private e che, nell’ipotesi in cui sia superato il limite massimo di chilometri per anno per ragioni private riconosciuto dalla società, la stessa provvederà ad addebitare al dipendente, tramite fattura, l’importo del costo chilometrico dell’energia elettrica relativo all’uso privato della vettura, per la parte corrispondente al superamento del suddetto limite.

Sul punto, l’Agenzia ribadisce che l’art. 51 comma 4 lettera a) del TUIR prevede una determinazione forfetaria del valore da assoggettare a tassazione per i veicoli concessi in uso promiscuo e che, come chiarito nella C.M. n. 326/97, è del tutto irrilevante che il dipendente sostenga a proprio carico tutti o taluni degli elementi che sono nella base di commisurazione del costo di percorrenza fissato dall’ACI, dovendosi comunque fare riferimento, ai fini della determinazione dell’importo da assumere a tassazione, al totale costo di percorrenza esposto nelle relative tabelle.

Ne consegue che le somme addebitate al dipendente in relazione all’energia elettrica per l’uso privato del veicolo non potranno essere portate in diminuzione del valore forfetariamente determinato in base alle tabelle ACI, al fine di abbattere il valore del fringe benefit da assoggettare a tassazione ai sensi dell’art. 51 comma 4 lettera a) del TUIR.

Eventuali somme corrisposte dal dipendente per la ricarica elettrica per l’uso privato del veicolo assegnato dovranno quindi essere trattenute dall’importo netto corrisposto in busta paga.
 

(MF/ms)




Fringe benefit auto aziendali: ulteriore chiarimenti tramite FAQ all’Agenzia delle Entrate

Con la risposta a interpello n. 192, pubblicata il 22 luglio 2025, l’Agenzia delle Entrate è tornata a occuparsi dei criteri di determinazione del fringe benefit relativo alle auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti, alla luce della nuova disciplina, già oggetto di chiarimenti con la recente circ. n. 10/2025.

In particolare, con la risposta in commento, l’Agenzia ha ribadito che ai veicoli aziendali ordinati e concessi in uso promiscuo con contratti stipulati entro il 31 dicembre 2024, ma assegnati in data successiva al 30 giugno 2025, si applica il criterio di tassazione del fringe benefit basato sul “valore normale” al netto dell’utilizzo aziendale.

In questo caso, infatti, non può trovare applicazione né la nuova disciplina di cui all’art. 51 comma 4 lett. a) del TUIR, introdotta dall’art. 1 comma 48 della L. 207/2024, né la disciplina transitoria di cui al successivo comma 48-bis, introdotto dall’art. 6 comma 2-bis del DL 19/2025 (c.d. DL “Bollette”).

Si ricorda che l’art. 51 comma 4 lett. a) del TUIR, come modificato dalla L. 207/2024, stabilisce che, ai fini della determinazione del fringe benefit, per gli autoveicoli, i motocicli e i ciclomotori di nuova immatricolazione, concessi in uso promiscuo con contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2025, si assume il 50% dell’importo corrispondente a una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle elaborate dall’ACI.

Tale percentuale è ridotta al 10% per i veicoli a batteria a trazione esclusivamente elettrica e al 20% per i veicoli elettrici ibridi plug-in.

Con la circ. n. 10/2025 (§ 1.1), l’Agenzia ha chiarito che la nuova disciplina si applica ai veicoli che rispettano congiuntamente i seguenti requisiti:

  • sono immatricolati a decorrere dal 1° gennaio 2025;
  • sono concessi in uso promiscuo ai lavoratori dipendenti con contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2025;
  • sono assegnati (cioè consegnati) ai lavoratori dipendenti a decorrere dal 1° gennaio 2025.
La nuova disciplina non è quindi applicabile nel caso rappresentato nell’istanza di interpello, in quanto i requisiti previsti dall’art. 51 comma 4 lett. a) del TUIR della sottoscrizione del contratto, dell’immatricolazione del veicolo e della consegna al dipendente non si verificano tutti nel 2025.

Quanto alla disciplina transitoria, l’art. 1 comma 48-bis della L. 207/2024 stabilisce che resta ferma la disciplina vigente sino al 31 dicembre 2024 per i veicoli concessi in uso promiscuo dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2024, nonché per i veicoli ordinati dai datori di lavoro entro il 31 dicembre 2024 e concessi in uso promiscuo dal 1° gennaio 2025 al 30 giugno 2025.

Sul punto, l’Agenzia ha chiarito che, in base alla “prima parte” del citato comma 48-bis, il regime di tassazione vigente al 31 dicembre 2024 si applica ai veicoli immatricolati, oggetto di concessione in uso promiscuo e consegnati al dipendente dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2024, fino alla naturale scadenza dei contratti (cfr. circ. n. 10/2025, § 1.2).

La “prima parte” dell’art. 1 comma 48-bis della L. 207/2024 non è quindi applicabile nel caso esaminato nella risposta a interpello in quanto la consegna dei veicoli è prevista non prima del 1° luglio 2025.

La “seconda parte” dell’art. 1 comma 48-bis della L. 207/2024 consente di applicare il regime di tassazione previgente anche nell’ipotesi in cui il veicolo sia stato ordinato dal datore di lavoro entro il 31 dicembre 2024 e sia stato consegnato al dipendente dal 1° gennaio al 30 giugno 2025.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, affinché la norma trovi applicazione, è necessario che, nel periodo compreso tra il 1° luglio 2020 e il 30 giugno 2025, sussistano anche gli ulteriori requisiti di immatricolazione e stipulazione del contratto (cfr. circ. n. 10/2025, § 1.2).

Nel caso di specie, considerato che i veicoli vengono assegnati ai dipendenti in data successiva al 30 giugno 2025, neppure la “seconda parte” del citato comma 48-bis può trovare applicazione.

Stante l’assenza dei requisiti richiesti per l’applicazione della nuova disciplina (art. 51 comma 4 lett. a) del TUIR) e dei requisiti richiesti per l’applicazione della disciplina transitoria (art. 1 comma 48-bis della L. 207/2024), l’Agenzia ha concluso che ai veicoli aziendali ordinati e concessi in uso promiscuo con contratti stipulati entro il 31 dicembre 2024, ma assegnati in data successiva al 30 giugno 2025, si applica il criterio di tassazione del fringe benefit basato sul “valore normale” al netto dell’utilizzo effettuato nell’interesse del datore di lavoro (si veda anche la circ. n. 10/2025, § 1.3).
 

(MF/ms)




Fringe benefit auto dipendenti: ulteriori chiarimenti dall’Agenzia delle Entrate

Con la circolare n. 10 del 3 luglio, l’Agenzia delle Entrate ha fornito le attese indicazioni per la determinazione del fringe benefit relativo alle auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti alla luce della nuova disciplina, con un’interpretazione in linea di massima favorevole al contribuente.

L’art. 51 comma 4 lett. a) del TUIR, modificato dall’art. 1 comma 48 della L. 207/2024, stabilisce che per gli autoveicoli, i motocicli e i ciclomotori di nuova immatricolazione, concessi in uso promiscuo con contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2025, si assume il 50% dell’importo corrispondente a una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle elaborate dall’ACI, al netto delle somme eventualmente trattenute al dipendente.

Tale percentuale è ridotta al 10% per i veicoli a batteria a trazione esclusivamente elettrica e al 20% per i veicoli elettrici ibridi plug in.

L’Agenzia chiarisce che la nuova disciplina è quindi applicabile ai veicoli che, a decorrere dal 1° gennaio 2025, siano immatricolati, oggetto di contratti di concessione in uso promiscuo e consegnati al dipendente.

Numerose indicazioni vengono inoltre fornite con riguardo alla disciplina transitoria prevista dall’art. 1 comma 48-bis della L. 207/2024, introdotta dall’art. 6 comma 2-bis del DL 19/2025 (c.d. DL “Bollette”).

Secondo l’Agenzia, tenuto conto che il comma 48-bis fa esclusivo riferimento alla “concessione in uso promiscuo” del veicolo e non anche alla stipulazione del relativo contratto, ai fini in esame, rileva la data di consegna del veicolo al dipendente.

Considerato, altresì, che il medesimo comma 48-bis prevede che “resta ferma” la disciplina vigente sino al 31 dicembre 2024, con riferimento sia ai “veicoli concessi in uso promiscuo dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2024”, sia a quelli “ordinati dai datori di lavoro entro il 31 dicembre 2024 e concessi in uso promiscuo dal 1° gennaio 2025 al 30 giugno 2025”, il comma 48-bis va applicato, per quanto compatibile, in combinato disposto con quanto stabilito dall’art. 51, comma 4 lettera a) del TUIR, nella versione in vigore fino al 31 dicembre 2024.

In altri termini, ai veicoli immatricolati, oggetto di contratti di concessione in uso promiscuo e consegnati al dipendente, dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2024, si applica – fino alla naturale scadenza dei predetti contratti – il regime di tassazione vigente al 31 dicembre 2024.

La citata disposizione consente inoltre di applicare il regime di tassazione previgente anche nell’ipotesi in cui il veicolo sia stato ordinato dal datore di lavoro (rilevando la data dell’ordine di acquisto o noleggio del veicolo) entro il 31 dicembre 2024 e sia stato consegnato al dipendente dal 1° gennaio al 30 giugno 2025.

L’Agenzia rileva che, affinché la norma trovi applicazione, è necessario che, nel periodo compreso tra il 1° luglio 2020 e il 30 giugno 2025, sussistano anche gli ulteriori requisiti, di immatricolazione e stipulazione del contratto.

Ad esempio, nel caso in cui un veicolo sia stato ordinato il 10 luglio 2024, concesso in uso con un contratto stipulato il 20 dicembre 2024, immatricolato e consegnato al dipendente a febbraio 2025, il regime di tassazione da applicare al fringe benefit è quello vigente al 31 dicembre 2024.

Il regime previgente è applicabile anche al caso in cui un veicolo sia stato ordinato il 10 luglio 2024, concesso in uso con un contratto stipulato il 5 febbraio 2025, immatricolato e consegnato al dipendente a maggio 2025.

Laddove il veicolo, ordinato entro il 31 dicembre 2024, in relazione al quale i requisiti di immatricolazione, stipulazione del contratto e consegna si siano verificati dal 1° gennaio al 30 giugno 2025, rientri nella tipologia dei veicoli che godono delle percentuali di agevolazione più elevate per effetto delle nuove disposizioni, l’Agenzia ritiene applicabile, in ogni caso, la più favorevole disciplina introdotta dal comma 48, considerando che i requisiti previsti per la nuova disciplina si sono comunque tutti verificati nel 2025.

Viene inoltre rilevato che il criterio di tassazione del fringe benefit, basato sul “valore normale” al netto dell’utilizzo aziendale (cfr. ris. n. 46/2020), trova applicazione nel caso in cui si tratti di veicoli, ordinati entro il 31 dicembre 2024, concessi in uso promiscuo ai lavoratori dipendenti, con contratti stipulati nel 2024, immatricolati nel 2025 e consegnati al lavoratore a luglio 2025.

In merito all’ipotesi di proroga del contratto di concessione in uso promiscuo, l’Agenzia ritiene applicabile la disciplina fiscale relativa al momento della sottoscrizione dell’originario contratto, fino alla naturale scadenza, purché alla data della stipula risultino soddisfatti i requisiti normativamente previsti.

In caso di riassegnazione del veicolo a un altro dipendente, la disciplina fiscale applicabile va individuata sulla base delle disposizioni vigenti al momento della riassegnazione.
 

(MF/ms)




Auto in uso promiscuo ai dipendenti: chiarimenti sul fringe benefit dal 30 giugno 2025

Il 30 giugno è il termine rilevante per la determinazione del fringe benefit per le auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti, senza che siano stati rilasciati chiarimenti ufficiali sulle nuove disposizioni, che presentano tuttavia alcuni profili critici.

L’art. 51 comma 4 lett. a) del TUIR, come modificato dall’art. 1 comma 48 della L. 207/2024, stabilisce che per gli autoveicoli, i motocicli e i ciclomotori di nuova immatricolazione, concessi in uso promiscuo con contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2025, si assume il 50% dell’importo corrispondente a una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle elaborate dall’ACI, al netto delle somme eventualmente trattenute al dipendente.

Tale percentuale è ridotta al 10% per i veicoli a batteria a trazione esclusivamente elettrica e al 20% per i veicoli elettrici ibridi plug in.

La clausola di salvaguardia prevista dall’art. 1 comma 48-bis della L. 207/2024, introdotta dall’art. 6 comma 2-bis del DL 19/2025 convertito (c.d. DL “Bollette”), dispone tuttavia che “Resta ferma l’applicazione della disciplina dettata dall’articolo 51, comma 4, lettera a)” del TUIR, “nel testo vigente al 31 dicembre 2024, per i veicoli concessi in uso promiscuo dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2024 nonché per i veicoli ordinati dai datori di lavoro entro il 31 dicembre 2024 e concessi in uso promiscuo dal 1° gennaio 2025 al 30 giugno 2025”.

Viene quindi concessa l’applicazione della previgente modalità di determinazione del fringe benefit, in base all’emissione di anidride carbonica, oltre che per le auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2024, anche per quella ordinate nel 2024 e concesse in uso promiscuo dal 1° gennaio al 30 giugno 2025.

Qualora le auto ordinate nel 2024 siano invece concesse in uso promiscuo ai dipendenti dal 1° luglio 2025, troverebbe applicazione la nuova regola di imposizione in base al tipo di alimentazione del veicolo.

In assenza di indicazioni, si rileva che la citata disposizione di salvaguardia fa riferimento ai veicoli “concessi in uso promiscuo” entro il 30 giugno 2025.

Facendo riferimento ai chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate nella ris. n. 46/2020, relativa alla previgente disciplina, potrebbe assumere rilevanza il momento della sottoscrizione dell’atto di assegnazione da parte del datore di lavoro e del lavoratore per l’assegnazione del benefit.

E’ stato osservato che il riferimento alla sola concessione in uso promiscuo (senza riferimento né alla “data di stipula del contratto” con il dipendente, né alla “data di immatricolazione” del veicolo) potrebbe essere riferito al momento in cui l’impresa abbia concesso il veicolo in uso ai dipendenti, senza necessità di “collegare” il veicolo stesso ad un determinato contratto di assegnazione stipulato con uno specifico dipendente. In quest’ottica, la clausola di salvaguardia dovrebbe garantire l’applicazione del vecchio regime in tutti i casi in cui, in relazione a veicoli ordinati dal datore di lavoro entro il 31 dicembre 2024, il mezzo sia stato destinato dall’azienda all’uso promiscuo da parte dei propri dipendenti tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2025.

Ciò dovrebbe comportare la continuità di applicazione del vecchio regime, per tutti i veicoli ordinati prima del 1° gennaio 2025 e concessi dall’azienda all’uso promiscuo da parte dei propri dipendenti nei primi sei mesi del 2025 e ciò sino a quando il veicolo rimanga (senza soluzione di continuità) destinato a tale funzione. In questa ottica, anche per i mesi successivi a giugno 2025, il vecchio regime continuerebbe a trovare applicazione:

– per i veicoli ordinati prima del 1° gennaio 2025 e concessi in uso ad un dato dipendente nel primo semestre del 2025;
– per i veicoli ordinati prima del 1° gennaio 2025, concessi in uso ad un dato dipendente nel primo semestre del 2025 e oggetto di proroga (es. alla prima scadenza del contratto di leasing/noleggio), anche se tale proroga sia avvenuta successivamente al 30 giugno 2025;
– per i veicoli ordinati prima del 1° gennaio 2025, concessi in uso ad un dato dipendente nel primo semestre del 2025 e oggetto di riassegnazione ad altro dipendente, anche se tale riassegnazione sia avvenuta successivamente al 30 giugno 2025.

Resta comunque ferma l’esigenza di un intervento chiarificatore da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Altra fattispecie che meriterebbe un chiarimento è quella delle auto immatricolate nel 2024 e concesse nel 2025.

Mutuando le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate nella ris. n. 46/2020 in relazione alla vecchia disciplina, potrebbe infatti trovare applicazione il criterio del valore normale ex art. 9 del TUIR, al netto dell’utilizzo nell’interesse del datore di lavoro.

In tal caso dovrebbe trovare applicazione il regime previgente.
 

(MF/ms)




Auto aziendali: chiarimenti sui termini di applicazione della nuova tassazione

Arriva la tanto attesa proroga per le auto aziendali benzina e diesel.

Nell’ambito delle novità introdotte alla Camera sul Decreto “bollette”, sul cui ddl di conversione in legge il Governo ha ottenuto la fiducia il 15 aprile 2025, viene infatti esclusa la stretta introdotta dalla Legge di Bilancio 2025 per le autovetture ordinate entro il 31 dicembre 2024 e concesse in uso promiscuo ai dipendenti dal 1° gennaio al 30 giugno 2025.

La nuova disciplina per la tassazione delle auto aziendali

L’art. 1, comma 48 della Legge di Bilancio 2025 (Legge n. 207/2024) ha apportato importanti novità in materia auto aziendali date in utilizzo promiscuo ai lavoratori dipendenti. Con una modifica all’art. 51, comma 4, lett. a) del TUIR, infatti, si prevede che:

  • per i veicoli di nuova immatricolazione,
  • concessi in uso promiscuo ai dipendenti a decorrere dal 1° gennaio 2025,
  • il fringe benefit imponibile sia calcolato come segue:
    • generalità dei veicoli: si assume il 50% dell’importo corrispondente a una percorrenza convenzionale di 15.000 km calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle Tabelle nazionali dell’ACI, al netto degli ammontari eventualmente trattenuti al dipendente;
    • veicoli elettrici ibridi plug-in: la percentuale è pari al 20%;
    • veicoli a batteria a trazione esclusivamente elettrica: la percentuale scende fino al 10%.

Viene quindi superata la disciplina introdotta dall’art. 1, comma 632, della Legge n. 160/2019 che si basava sulle emissioni di anidride carbonica.
 

Regole tassazione fringe benefit fino al 2024
Emissioni anidride carbonica Fino al 2019 2020 2021-2024
≤ 60 g/Km  
                                                            30% (senza verificare le emissioni)
25% 25%
Da 61 a 160 g/Km 30% 30%
Da 161 a 190 g/Km 40% 50%
Oltre 190 g/Km 50% 60%

 

 

Tassazione fringe benefit dal 2025
Tipologia di veicolo Fringe benefit
Veicoli elettrici ibridi plug-in 20%
Veicoli a batteria a trazione esclusivamente elettrica 10%
Altri veicoli (diversi dai precedenti) 50%

Anche in seguito alle novità della Legge di Bilancio 2025, resta fermo che l’importo del fringe benefit indicato nelle Tabelle ACI e calcolato con le nuove percentuali deve intendersi comprensivo di IVA.

La misura del fringe benefit tassabile è determinata in maniera forfetaria, in base ad una presunzione “assoluta” dei chilometri attribuiti all’uso personale del veicolo per il lavoratore e prescinde dalla reale percorrenza del mezzo stesso e dai costi sostenuti.

È del tutto irrilevante che il lavoratore sostenga a proprio carico taluni degli elementi che sono già stati considerati nella base di commisurazione del costo fissato dall’ACI, ad esempio il carburante.

Considerato che la percorrenza convenzionale è determinata su base annua, ai fini dell’imposizione fiscale e contributiva, il valore del fringe benefit imponibile deve essere:

  • ragguagliato in caso di concessione per periodi inferiori all’anno, nello specifico dividendo per 365 il valore annuo espresso nelle Tabelle ACI e moltiplicando il risultato per i giorni di assegnazione del veicolo;
  • suddiviso e assoggettato per quote mensili (o per i periodi interessati, se diversi dal mese), unitamente alle altre competenze del mese.

L’importo e le modalità di valorizzazione sono riportati nelle annotazioni alla Certificazione unica (c.d. modello CU) rilasciata ogni anno al dipendente.

Venendo all’entrata in vigore della “stangata” sulle auto aziendali si evidenzia la mancata previsione da parte della manovra 2025 di una disciplina transitoria per regolare il passaggio da vecchio a nuovo regime.

Applicando i chiarimenti forniti in passato dal Fisco, si dovrebbe ritenere pertanto che:

  • il nuovo regime si applica per tutte le assegnazioni avvenute dal 1° gennaio 2025,
  • a nulla rilevando la data dell’ordine (risoluzione n. 46/E/2020).

Per blindare il “vecchio” regime collegato alle emissioni occorre che la stipula del contratto (nel quale è opportuno specificare che l’obbligo del datore di lavoro si riferisce alla consegna del veicolo secondo le condizioni generali concordate con il fornitore) con il dipendente fosse avvenuta entro il 31 dicembre 2024.

Di qui l’invito al legislatore a valutare soluzioni correttive che non penalizzino il legittimo affidamento di contribuenti che ben potrebbero aver ordinato a fine 2024 autovetture aziendali effettivamente consegnate, immatricolate e quindi assegnate al dipendente solo nel 2025 con una importante penalizzazione a livello fiscale.
 
L’emendamento al Decreto “bollette”

Tali considerazioni sembrano essere state colte dal Governo con un emendamento al ddl di conversione in legge al Decreto “bollette”, firmato dai relatori Gianluca Caramanna di Fratelli d’Italia e Andrea Barabotti, della Lega e approvato definitivamente dalla Camera il 15 aprile 2025, che reca la tanto attesa clausola di salvaguardia per gli ordini 2024.

Nel dettaglio viene previsto che la versione dell’art. 51, comma 4, lett. a) del TUIR vigente al 31 dicembre 2024 continui ad essere applicata:

  • sia ai veicoli concessi in uso promiscuo dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2024;
  • che a quelli ordinati dai datori di lavoro entro il 2024 ma concessi in uso promiscuo tra il 1° gennaio 2025 ed il 30 giugno 2025.

Sei mesi di tempo in più quindi per l’entrata in vigore delle nuove norme nel caso di ordini 2024, tali da garantire che anche i tempi di consegna più lunghi non compromettano la validità della valutazione fiscale effettuata al momento dell’ordine.

La norma valuta gli oneri del rinvio per le casse dello Stato in misura pari a:

  • 8,3 milioni di euro per il 2025;
  • 9,5 milioni annui per il biennio 2026-2027;
  • 1,2 milioni per il 2028.

Conseguenze per il datore di lavoro e documentazione

Per il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 164 del TUIR il costo delle auto concesse ai dipendenti è deducibile al 70% (in luogo del 20%) senza limitazioni di importo (in luogo del tetto a 18.075,99), purché:

  • l’utilizzo del veicolo sia promiscuo, ossia attribuito da parte del datore di lavoro al dipendente per uso ai fini sia aziendali che personali;
  • risulti l’utilizzo del veicolo da parte del dipendente per la maggior parte del periodo d’imposta, ovvero per la metà più uno dei giorni che compongono il periodo d’imposta.

È inoltre necessario che:

  • l’utilizzo da parte del dipendente sia provato con certezza, ad esempio, mediante l’apposizione di una specifica clausola del contratto di lavoro del dipendente o da un contratto con data certa, da cui risulti l’assegnazione del veicolo (si veda fac simile lettera di assegnazione riportato di seguito);
  • l’utilizzo del veicolo rientri tra le mansioni del lavoratore

in allegato facsimile lettera di assegnazione autovettura aziendale uso promiscuo

(MF/ms)
 




Tassazione rimborsi ricarica auto elettriche ai dipendenti

L’Agenzia delle Entrate, nelle risposte del 5 febbraio, ha ribadito che sono tassati i rimborsi per la ricarica di auto elettriche concesse in uso promiscuo ai dipendenti.

La questione posta riguarda la tassazione “forfetaria” per le auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti, determinata sulla base delle Tabelle ACI ai sensi dell’art. 51 comma 4 lett. a) del TUIR, da ultimo modificato dall’art. 1 comma 48 della L. 207/2024.

In relazione alla citata disposizione, nella domanda posta, è stato rilevato che l’Agenzia delle Entrate ha più volte affermato che è del tutto irrilevante che il dipendente sostenga a proprio carico tutti o taluni degli elementi che sono nella base di commisurazione del costo di percorrenza fissato dall’ACI. Pertanto, qualora il datore di lavoro sostenga a proprio carico (direttamente o mediante rimborso) taluni dei costi inclusi nelle tariffe ACI (es. carburante) relativamente alle auto assegnate a uso promiscuo ai propri lavoratori dipendenti, non emergerebbe ulteriore imponibile (eccedente il valore forfetario) in capo a questi ultimi.

Al riguardo, è stata quindi chiesta conferma del fatto che, avendo l’Agenzia più volte equiparato l’energia elettrica al carburante (es. risposta a interpello n. 477/2023), il sostenimento diretto/rimborso (puntualmente e analiticamente documentato anche con riferimento alle ricariche domestiche) da parte del datore di lavoro dei costi sostenuti dai lavoratori dipendenti per la ricarica delle auto aziendali elettriche/ibride assegnate a uso promiscuo non generi ulteriore imponibile, così come avverrebbe per il carburante delle auto aziendali a motore endotermico.

L’Agenzia delle Entrate conferma tuttavia l’orientamento già espresso nella risposta a interpello 25 agosto 2023 n. 421, considerando tassati i suddetti rimborsi spese.

In particolare l’Agenzia ha rilevato che, riguardo alla tassazione del rimborso delle ricariche elettriche dei veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti, sono stati forniti chiarimenti con la risposta pubblicata il 25 agosto 2023 n. 421, la quale, nel rinviare in via preliminare alla C.M. 23 dicembre 1997, n. 326, ha ribadito che:

– la modalità di determinazione forfetaria del valore dei veicoli ad uso promiscuo da assoggettare a tassazione “prescinde da qualunque valutazione degli effettivi costi di utilizzo del mezzo e anche dalla percorrenza che il dipendente effettua realmente. È del tutto irrilevante, quindi, che il dipendente sostenga a proprio carico tutti o taluni degli elementi che sono nella base di commisurazione del costo di percorrenza fissato dall’ACI”;
–  “il datore di lavoro, oltre a concedere la possibilità di utilizzare il veicolo in modo promiscuo, può fornire, gratuitamente o meno, altri beni o servizi, ad esempio, l’immobile per custodire il veicolo, etc., beni e servizi che andranno separatamente valutati al fine di stabilire l’importo da assoggettare a tassazione in capo al dipendente”.

In linea con la predetta circolare, nella citata risposta n. 421/2023 è stato, quindi, chiarito che “l’installazione delle infrastrutture (wallbox, colonnine di ricarica e contatore a defalco) effettuata presso l’abitazione del dipendente rientri tra i beni che vanno separatamente valutati al fine di stabilire l’importo da assoggettare a tassazione in capo al dipendente e, pertanto, da assoggettare a tassazione come reddito di lavoro dipendente” e che il consumo di energia “non rientra tra i beni e servizi forniti dal datore di lavoro (cd. fringe benefit), ma costituisce un rimborso di spese sostenuto dal lavoratore”.

Riguardo al rimborso spese, nella citata risposta è stato precisato che “in generale, le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore a titolo di rimborso spese costituiscono, per quest’ultimo, reddito di lavoro dipendente, ad eccezione delle spese rimborsate nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, anticipate dal dipendente per snellezza operativa, (…) e fatte salve specifiche deroghe previste dal medesimo articolo 51, comma 5, del Tuir per il rimborso analitico delle spese per trasferte”.

Coerentemente con tali conclusioni, nella medesima risposta è stato sostenuto che “anche i rimborsi erogati dal datore di lavoro al proprio dipendente per le spese di energia elettrica finalizzata alla ricarica degli autoveicoli assegnati in uso promiscuo costituiscono reddito di lavoratore dipendente da assoggettare a tassazione”.

L’Agenzia ha inoltre rilevato che la risposta n. 477/2023 citata nel quesito posto riguarda una fattispecie diversa, relativa alla deducibilità del costo delle ricariche elettriche dal reddito d’impresa prodotto dall’agente di commercio, senza considerare quindi il principio di equiparazione della ricarica elettrica al carburante.

(MF/ms)




Fringe benefit dipendenti: necessaria autodichiarazione per accedere alla soglia dei 2000 euro

Per fruire della soglia di non imponibilità incrementata a 2.000 euro per i soli dipendenti con figli fiscalmente a carico, riconosciuta ai sensi dell’art. 1 commi 390 – 391 della L. 207/2024 anche per il 2025, 2026 e 2027, occorre un’apposita dichiarazione del lavoratore dipendente.

Il comma 391 del citato art. 1 subordina, infatti, l’applicazione della misura agevolativa alla previa dichiarazione da parte del lavoratore dipendente al datore di lavoro di avervi diritto, indicando il codice fiscale dei figli fiscalmente a carico (o dell’unico figlio).

Secondo quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella circ. n. 23/2023 (§ 3) con riferimento alla precedente disciplina, nel caso in cui manchi la dichiarazione del lavoratore dipendente l’agevolazione in commento non è applicabile.

In assenza di tale autodichiarazione, quindi, sarà applicabile il limite “ordinario” di 1.000 euro anche in presenza di figli a carico.

L’Agenzia ha inoltre precisato che, non essendo prevista per norma una forma specifica, si ritiene che la mera dichiarazione, con indicazione dei figli fiscalmente a carico, possa essere effettuata secondo modalità concordate fra datore di lavoro e lavoratore.

In ogni caso è necessario conservare la documentazione (anche firmata digitalmente) comprovante l’avvenuta dichiarazione, ai fini di un eventuale controllo da parte degli organi competenti.

Si evidenzia che la condizione di figlio fiscalmente a carico ex art. 12 comma 2 del TUIR (figli che non abbiano un reddito superiore a 2.840,51 euro, ovvero a 4.000 euro in caso di età non superiore a 24 anni) deve essere verificata con riferimento al periodo d’imposta specifico, ad esempio 2025, appurando, in particolare, il superamento o meno del limite reddituale alla data del 31 dicembre 2025.

La circolare n. 23/2023 ha inoltre affermato che, fermo restando che i sostituti d’imposta riconoscono l’agevolazione in base alle informazioni acquisite con la predetta dichiarazione del dipendente, i lavoratori per i quali sono venuti meno i presupposti per il riconoscimento del beneficio (ad esempio perché i figli hanno, successivamente alla predetta dichiarazione, conseguito redditi di ammontare superiore ai limiti normativamente previsti per essere considerati fiscalmente a carico nell’anno 2025) sono tenuti a darne prontamente comunicazione al sostituto d’imposta.

Quest’ultimo recupererà il beneficio non spettante dagli emolumenti corrisposti nei periodi di paga successivi a quello nel quale è resa la comunicazione e, comunque, entro i termini di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno o di fine rapporto, nel caso di cessazione dello stesso nel corso del 2025.

In generale, al venir meno di una (o più) delle condizioni stabilite per l’agevolazione in esame il sostituto d’imposta ha tempo fino al termine stabilito dall’art. 23 comma 3 del DPR 29 settembre 1973 n. 600 per operare i conguagli relativi al periodo d’imposta 2025.

Informativa alle RSU per tutti

L’ultimo periodo del comma 390 dell’art. 1 della L. 207/2024, analogamente alle precedenti disposizioni, stabilisce altresì che i datori di lavoro provvedono all’attuazione dell’agevolazione in commento previa informativa alle rappresentanze sindacali unitarie, laddove presenti.

Tale condizione è richiesta sia per l’incremento “base” a 1.000 euro, sia per quello a 2.000 euro previsto per i soli dipendenti con figli a carico.

In presenza delle rappresentanze sindacali unitarie, il beneficio può, pertanto, essere riconosciuto dal sostituto d’imposta dopo l’effettuazione di tale informativa.

Si rileva inoltre che in ordine agli oneri documentali per il datore di lavoro e/o per il dipendente in relazione all’estensione alle somme erogate o rimborsate relative alle utenze domestiche di acqua, luce e gas, sono applicabili, per quanto compatibili, le specifiche indicazioni fornite in precedenza dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 35/2022, § 2.1 (così circ. Agenzia delle Entrate n. 5/2024, § 1.1).

Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 17/2025, ha precisato che la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà comprovante le utenze domestiche può essere acquisita dalla società con sottoscrizione in originale e allegata copia del documento di identità del sottoscrittore, senza che risulti necessaria l’autenticazione della sottoscrizione.
 

(MF/ms)




Fringe benefit 2025: veicoli aziendali

Pubblicate in GU n. 304 del 30.12.2024, S.O., le tabelle ACI 2025, che devono essere utilizzate per individuare il reddito in natura dei veicoli aziendali concessi in uso promiscuo ai dipendenti.

Le tabelle recepiscono tra l’altro la nuova modalità di calcolo del fringe benefit, prevista dalla legge di Bilancio 2025.

L’art. 1 comma 48 della Manovra, infatti, prevede la modifica all’art. 51, comma 4, lett. a) del TUIR. 

Per effetto del comma 48, ai fini della determinazione del reddito da lavoro dipendente, per le autovetture, autoveicoli per trasporto promiscuo e autocaravan indicati nell’art. 54, comma 1, lettere a), c) e m) del Codice della strada, di cui al D.Lgs. n. 285/1992, i motocicli e i ciclomotori di nuova immatricolazione, concessi in uso promiscuo con contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2025si assume il 50% dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico convenzionale, con effetto dal periodo d’imposta successivo, al netto dell’ammontare eventualmente trattenuti al dipendente. 

CONTRATTI STIPULATI DAL 1° GENNAIO 2025
Valori di emissione di CO2 del veicolo Percentuale per la determinazione
del fringe benefit
Non superiori a 60g/km
Veicoli a trazione elettrica
Veicoli plug-in
50%
10%
20%
La predetta percentuale è ridotta al 10% per i veicoli a batteria a trazione esclusivamente elettrica ovvero al 20% per i veicoli elettrici ibridi plug-in. 

In sostanza, la nuova disposizione:

  • sostituisce il criterio alla base della determinazione del fringe benefit, passando dal livello di emissione di anidride carbonica alla tipologia di veicolo in base all’alimentazione;
  • varia le percentuali da applicare al costo chilometrico ACI.
Prima delle modifiche, infatti, il fringe benefit era calcolato in misura pari al 25% per i veicoli con emissioni di CO2 fino a 60 g/km, 30% con emissioni tra 60 e 160 g/km, 50% con emissioni tra 160 e 190 g/km e al 60% con emissioni superiori a 190 g/km.

Esempio: l’assegnazione di una Fiat Panda 1.0, stando alle tabelle ACI 2025 il costo chilometrico è pari a 0,3797 e il fringe benefit tassato sarebbe pari a 2.847,75 euro, con percentuale del 50%. 

In base alla formulazione della norma, infatti, tale autovettura rientrerebbe nella tassazione del fringe benefit al 50%, in quanto non sembrano esserci deroghe per le autovetture Mild e Full Hybrid (in tal senso sembrano anche le tabelle ACI).

Regole invariate se assegnate entro il 2024 – 
La mancanza di una disciplina transitoria nell’art. 1, comma 48 della Legge di Bilancio 2025, obbliga i datori di lavoro ad applicare il nuovo regime a partire dal primo gennaio 2025, per gli autoveicoli, i motocicli e i ciclomotori di nuova immatricolazione, concessi in uso promiscuo, a nulla rilevando la data dell’ordine.

La concessione dell’auto in uso promiscuo non è da considerarsi un atto unilaterale, da parte del datore di lavoro, dato che il lavoratore deve accettare il benefit, sottoscrivendo le condizioni previste per l’utilizzo del veicolo stesso (R.M. n. 46/2020). Si tratta di un contratto, ex art. 1321 c.c. Il contratto o la lettera di assegnazione viene redatta e firmata dalle parti:

  • al momento della concessione dei benefit, e dunque quando il veicolo è disponibile,
  • o in un momento antecedente.
Il datore di lavoro può stipulare un contratto con il dipendente entro il 31 dicembre 2024, prevedendo che le parti accettano che venga concesso l’uso dell’autovettura aziendale “modello auto e tipo auto”, secondo quanto indicato nel modulo d’ordine, appena il veicolo sarà reso disponibile dal fornitore (noleggiatore o concessionaria.

Così facendo il contratto è efficace sin dalla firma, nonostante l’obbligo di esecuzione a carico del datore di lavoro sia vincolato alla realizzazione del presupposto contrattuale, cioè della consegna del veicolo da parte del fornitore.

Il datore di lavoro si fa carico di un obbligo cui deve adempiere e, al contempo, il valore del fringe benefit è collegato all’effettiva disponibilità del veicolo aziendale: l’erogazione del compenso in natura decorre da tale data e la relativa imponibilità avviene in base al principio di cassa allargato.

Le aziende che si attivano entro il 2024 potranno tutelare i lavoratori che si trovano in queste situazioni.

È anche utile specificare nel contratto che l’obbligo del datore di lavoro si riferisce alla consegna del veicolo secondo le condizioni generali concordate con il fornitore. Il dipendente, inoltre, è tenuto ad accettare il veicolo alternativo proposto dal noleggiatore qualora quello ordinato non sia disponibile.

La stipula del contratto nel 2024 esclude l’applicazione del nuovo regime.
 
(MF/ms)




Fringe benefit dipendenti: chiarimenti sul concetto di “interesse esclusivo del datore di lavoro”

sacchetti di caffè ed eventuali prodotti di merchandising (quali tazze con logo aziendale e spille) omaggiati ai dipendenti dalla società che produce e commercializza caffè per promuovere la propria immagine non sono tassati soltanto se rientrano nel limite di esenzione dei fringe benefit di cui all’art. 51 comma 3 del TUIR; se il limite viene superato, tali beni concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente sulla base del valore normale ex art. 9 comma 3 del TUIR. Lo ha affermato l’Agenzia delle Entrate, nella risposta a interpello n. 89 dell’11 aprile.

Nel caso di specie, la società istante rappresenta di far parte di un gruppo quotato presso il mercato statunitense con punti vendita in diversi Paesi nel mondo e di operare nel campo della produzione e la commercializzazione all’ingrosso e al dettaglio di caffè, the, e loro prodotti derivanti, affini e complementari, nonché di prodotti alimentari e bevande in genere e accessori, sia nel mercato interno che in quello internazionale, con le attività industriali necessarie e conseguenti, gestione della proprietà di ristoranti, bar e caffè, negozi, chioschi e punti vendita al dettaglio in tutti i settori.

Secondo quanto rappresentato, nell’ambito di un’articolata serie di benefit previsti dalla “Partner Guide”, la società “omaggia” mensilmente i propri dipendenti di un sacchetto di caffè selezionato e di una bevanda gratuita al giorno, da consumare durante la pausa al lavoro, evidenziando che scopo dell’offerta è diffondere la conoscenza approfondita dei prodotti e la capacità dei dipendenti di trasmettere l’eccellenza degli stessi alla clientela, nell’ambito della strategia aziendale.

La società rappresenta, inoltre, che “potrebbe capitare che la Società istante omaggi i Partners con alcuni beni che hanno natura di merchandise (es.: tazze con il logo aziendale, spillette)” e afferma che, “in questi casi, tali beni sono appositamente caratterizzati per rappresentare l’identità aziendale (ad esempio, attraverso l’utilizzo del logo o di esclusivi elementi di design) e il motivo principale per la concessione di tali beni è la volontà che i Partner diffondano l’immagine aziendale al di fuori delle mura della [caffetteria] con finalità di business, di marketing e di promozione e diffusione dell’immagine aziendale”.

La società chiede quindi se, in considerazione del prevalente interesse datoriale, i descritti beni erogati ai dipendenti possano considerarsi irrilevanti ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente ai sensi dell’art. 51 del TUIR, alla luce della risoluzione 9 settembre 2003 n. 178, con la quale è stato precisato che non concorrono alla formazione del reddito imponibile:

  • le somme che non costituiscono un arricchimento per il lavoratore;
  • le erogazioni effettuate per un esclusivo interesse del datore di lavoro.
L’Agenzia delle Entrate, anche in base alla circolare n. 37/2013, afferma, in via generale, che i beni assegnati ai dipendenti costituiscono reddito di lavoro dipendente e, solo nella particolare ipotesi in cui il dipendente abbia un obbligo contrattuale di utilizzo del bene e successiva restituzione dello stesso, si può considerare prevalente l’interesse del datore di lavoro e, quindi, escludere il valore dei predetti beni dalla tassazione in capo al dipendente.

Nel caso di specie, i beni descritti sono offerti, rispettivamente, con cadenza mensile e giornaliera, a tutti i dipendenti in organico a prescindere dalle vendite effettuate e dalla prestazione lavorativa svolta. I dipendenti, inoltre, potrebbero utilizzare i predetti omaggi per soddisfare esigenze personali o potrebbero anche decidere di non fruirne, stante l’assenza di obblighi contrattuali specifici.

Non si configura l’interesse esclusivo del datore di lavoro

Gli omaggi in questione, per quanto utili alla strategia aziendale, in concreto, soddisfano un’esigenza propria del singolo lavoratore (ad es. prendere un caffè al bisogno) e rappresentano, comunque, un arricchimento del lavoratore (ad es. i sacchetti di caffè e i prodotti di merchandising) e, pertanto, non possono considerarsi erogati nell’esclusivo interesse del datore di lavoro.

Di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate ritiene che, nel caso in esame, qualora il valore dei beni assegnati dalla società ai propri dipendenti superi il limite previsto dalla prima parte del terzo periodo del comma 3 dell’art. 51 del TUIR (258,23 euro) e successive integrazioni, lo stesso costituisca reddito di lavoro dipendente concorrendo alla relativa formazione quale bene in natura determinato ai sensi del comma 3 dell’art. 9 del TUIR (cfr. ris. 29 ottobre 2003 n. 202).

Nell’ambito della risposta l’Agenzia ha inoltre ricordato che, ai sensi dell’art. 1 comma 16 della L. 213/2023 (legge di bilancio 2024), limitatamente al periodo d’imposta 2024, il suddetto limite di esenzione è incrementato a 1.000 euro e, per i dipendenti con figli a carico, a 2.000 euro.
 

(MF/ms)