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Saldo IMU 2025: casi di riduzione della base imponibile

Entro il 16 dicembre 2025 va versata la seconda rata dell’IMU per il 2025, a saldo (al netto di quanto già versato con la prima rata di acconto).

Per gli enti non commerciali ex art. 1 comma 759 lett. g) della L. 160/2019, la seconda rata dell’IMU dovuta per il 2025, da versare entro il 16 dicembre, è invece pari al 50% dell’IMU corrisposta per il 2024 (analogamente alla prima rata già pagata); la terza rata, ad eventuale conguaglio dell’IMU complessivamente dovuta per il 2025, dovrà essere versata entro il 16 giugno 2026.

In vista di tali scadenze, giova ricordare le ipotesi di riduzione della base imponibile dell’IMU.

Anzitutto, l’art. 1 comma 747 della L. 160/2019 prevede la riduzione della base imponibile IMU del 50% per:

  • i fabbricati vincolati per motivi di interesse storico o artistico ex art. 10 del DLgs. 42/2004;
  • i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni.

Inoltre, sempre ai sensi dell’art. 1 comma 747 della L. 160/2019, beneficiano della riduzione della base imponibile IMU del 50% le unità immobiliari (non censite nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9), concesse in comodato a parenti in linea retta entro il primo grado (genitori o figli) che le utilizzano come abitazione principale, a condizione che, al contempo:

  • il contratto sia registrato;
  • il comodante risieda anagraficamente nonché dimori abitualmente nello stesso Comune in cui è situato l’immobile concesso in comodato;
  • il comodante possieda in Italia solo l’immobile concesso in comodato nonché, eventualmente, un altro immobile adibito a propria abitazione principale (purché anch’esso non sia censito nelle categorie catastali A/1, A/8 o A/9 e sia sito nel medesimo Comune dove si trova l’immobile concesso in comodato).

In aggiunta, sono previste delle ipotesi di riduzione:

  • per le abitazioni locate a canone concordato ex L. 431/98, per cui l’IMU, determinata applicando l’aliquota stabilita dal Comune per gli “altri immobili” ex art. 1 comma 754 della L. 160/2019, è ridotta al 75% (art. 1 comma 760 della L. 160/2019);
  • per una sola unità immobiliare a uso abitativo, non locata o data in comodato d’uso, posseduta in Italia a titolo di proprietà o usufrutto da soggetti non residenti nel territorio dello Stato che siano titolari di pensione maturata in regime di convenzione internazionale con l’Italia, nonché residenti in uno Stato di assicurazione diverso dall’Italia (la base imponibile dell’IMU è ridotta al 50% ex art. 1 comma 48 della L. 178/2020; per il solo 2022 la base imponibile dell’IMU era ridotta al 37,5%).

Va evidenziato che, in alcuni casi, sussistendo i presupposti, il soggetto passivo può fruire cumulativamente di più fattispecie di riduzione dell’IMU.

Ad esempio, la Corte di Cassazione ha riconosciuto che la riduzione per i fabbricati di interesse storico o artistico è cumulabile con la riduzione relativa ai fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, conseguendo dunque una riduzione complessiva al 25% della base imponibile (cfr. Cass. 2 marzo 2023 n. 6266 e Cass. 8 luglio 2020 n. 14279).

Le pronunce di legittimità evidenziano infatti che le due agevolazioni possono essere cumulate, in quanto perseguono finalità differenti: mentre la riduzione per gli immobili di interesse storico o artistico è prevista per tenere conto degli ingenti costi di ristrutturazione a cui sono assoggettati i possessori degli immobili vincolati, la riduzione per i fabbricati inagibili o inabitabili risponde alla finalità di agevolare i proprietari che non possono utilizzare i fabbricati per cause a loro non imputabili.

Con tale orientamento, la giurisprudenza di legittimità accantona pertanto la posizione contraria espressa dal Ministero dell’Economia e delle finanze durante la Videoconferenza del 31 maggio 2012.

Cumulabile anche la riduzione per il fabbricato in comodato al padre/figlio

D’altra parte, il Ministero dell’Economia e delle finanze, nel corso della Videoconferenza del 28 gennaio 2016, ha precisato che la riduzione della base imponibile IMU per l’immobile concesso in comodato al genitore o al figlio, che lo utilizza come abitazione principale:

  • è cumulabile, sussistendone i requisiti, con la riduzione per il fabbricato vincolato di interesse storico o artistico (purché non si tratti di immobile censito nelle categorie catastali A/1, A/8 o A/9);
  • mentre non è cumulabile con la riduzione per l’immobile inagibile o inabitabile, dal momento che il fabbricato concesso in comodato non può essere adibito ad abitazione presentando le predette caratteristiche.

In conclusione, dunque, dalle pronunce e dai chiarimenti ministeriali pare potersi estrapolare il principio per cui, in assenza di un’espressa disposizione contraria, le diverse fattispecie di riduzione della base imponibile IMU possono cumularsi, se presentano requisiti tra loro compatibili e sono correlate a finalità differenti.
 
(MF/ms)




IMU 2024: entro il 29 settembre 2025 il ravvedimento per l’omessa dichiarazione

Entro lunedì 29 settembre 2025 è possibile ravvedere l’omessa dichiarazione IMU per l’anno 2024 con un ritardo non superiore a 90 giorni, ai sensi dell’art. 13 comma 1 lett. c) del DLgs. 472/97 (il 90° giorno cade di domenica).

È scaduto infatti lo scorso 30 giugno il termine per presentare le dichiarazioni IMU (se dovute) o IMU ENC (obbligatorie per ciascun anno) riferite all’anno 2024.

A tale riguardo, occorre richiamare l’art. 13 comma 2-ter del DLgs. 472/97 (introdotto dal DLgs. 87/2024, c.d. DLgs. “Sanzioni”), ai sensi del quale “la riduzione della sanzione è, in ogni caso, esclusa nel caso di presentazione della dichiarazione con un ritardo superiore a novanta giorni”.

La disposizione preclude pertanto, per la generalità dei tributi (compresi quelli locali), la possibilità di perfezionare il ravvedimento dell’omessa dichiarazione se è decorso un ritardo superiore a 90 giorni.

L’art. 13 comma 2-ter del DLgs. 472/97 trova applicazione per le violazioni commesse dal 1° settembre 2024, come precisato dall’art. 5 del DLgs. 87/2024, e dunque certamente opera per l’omessa presentazione della dichiarazione IMU per l’anno 2024, che si è consumata il 30 giugno 2025 (termine per la presentazione della dichiarazione).

In forza del citato art. 13 comma 2-ter del DLgs. 472/97, devono pertanto intendersi superati i precedenti chiarimenti ministeriali che, invece, avevano riconosciuto la facoltà di ravvedere la tardiva dichiarazione IMU anche oltre il termine dei 90 giorni: detti chiarimenti evidenziavano che, in materia di tributi locali, non trova applicazione la qualifica della dichiarazione presentata con ritardo superiore a 90 giorni come “omessa”, prevista ai sensi degli artt. 2 comma 7 e 8 comma 6 del DPR 322/98 limitatamente alle dichiarazioni per imposte sui redditi, IRAP e IVA.

Dunque, con riguardo alle omesse dichiarazioni IMU e IMU ENC relative al 2024, è possibile perfezionare il ravvedimento, presentando una dichiarazione tardiva, solo entro il termine del 29 settembre 2025.

Resta in ogni caso fermo che, come per gli altri tributi locali, anche per l’IMU l’avvio di un controllo fiscale da parte del Comune preclude, in ogni caso, la possibilità del contribuente di ravvedersi (art. 13 comma 1-ter del DLgs. 472/97).

Con riferimento al trattamento sanzionatorio, per l’omessa dichiarazione IMU l’art. 1 comma 775 della L. 160/2019 prevede una sanzione che va dal 100% al 200% dell’imposta non versata, con un minimo di 50 euro (se il contribuente, pur avendo omesso la dichiarazione, ha corrisposto l’IMU dovuta, la sanzione è pari a 50 euro).

Peraltro, se la dichiarazione IMU viene presentata entro 30 giorni dal termine (quindi, se la dichiarazione IMU per il 2024 è già stata presentata entro il 30 luglio 2025), la sanzione di cui al citato comma 775 è ridotta a un terzo, ai sensi dell’art. 7 comma 4-bis del DLgs. 472/97 (nella versione post modifiche del DLgs. 87/2024, operante per le violazioni commesse dal 1° settembre 2024).

Alla sanzione per l’omessa dichiarazione IMU di cui all’art. 1 comma 775 della L. 160/2019 (eventualmente ridotta ex art. 7 comma 4-bis del DLgs. 472/97) va poi applicata la riduzione da ravvedimento operoso: perfezionando il ravvedimento (con non oltre 90 giorni di ritardo), la sanzione è di importo pari ad un decimo del minimoex art. 13 comma 1 lett. c) del DLgs. 472/97.

Per il perfezionamento del ravvedimento va ricordato che nel termine di 90 giorni occorre presentare la dichiarazione, nonché versare l’IMU eventualmente dovuta con i correlati interessi legali (che maturano giorno per giorno sull’imposta dovuta, ed il cui tasso fissato a partire dal 1° gennaio 2025 è pari al 2%) e la sanzione ridotta secondo i criteri sopra illustrati.

Ipotizzando che la dichiarazione venga presentata il 29 settembre 2025, per il ravvedimento è quindi necessario versare entro tale data anche l’IMU dovuta, con i relativi interessi legali, e la sanzione pari al 10% (1/10 del 100%) dell’IMU non versata (con una sanzione di importo minimo di 5 euro); se è già stata corrisposta l’IMU dovuta, va versata, ai fini del ravvedimento, la sanzione di 5 euro (1/10 di 50 euro).

Omessa dichiarazione anche se non viene dichiarato un singolo immobile

Va evidenziato, infine, che secondo la giurisprudenza di legittimità configura un’ipotesi di omessa dichiarazione (e non di dichiarazione infedele) anche la mancata indicazione, nella dichiarazione IMU, di un singolo immobile (così, tra le altre, Cass. 17 giugno 2021 n. 17298).
 

(MF/ms)




Pronti i coefficienti per l’Imu 2025 dei fabbricati “D” delle imprese

Con il decreto ministeriale 14 marzo 2025, pubblicato sulla G.U. n. 69 del 24 marzo 2025, il Ministero dell’Economia e delle finanze ha aggiornato, con riferimento all’anno 2025, i coefficienti per calcolare la base imponibile, ai fini dell’IMU, dei fabbricati classificabili nel gruppo catastale D (immobili “a destinazione speciale”, per esigenze produttive, industriali e commerciali, come fabbriche o alberghi) che risultano al contempo non iscritti in Catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati (art. 1 comma 746 della L. 160/2019).

Giova ricordare che, fino al momento della richiesta di attribuzione della rendita catastale, la base imponibile per l’IMU di tali fabbricati viene determinata, alla data di inizio di ciascun anno solare (ovvero, se successiva, alla data di acquisizione), prendendo a riferimento i costi “storici” di acquisto o di costruzione risultanti dalle scritture contabili.

Detti costi vanno considerati al lordo delle quote di ammortamento e devono ricomprendere, tra l’altro, il costo del terreno e le spese incrementative (cfr. ris. Ministero dell’Economia e delle finanze 28 marzo 2013 n. 6/DF).

Per calcolare la base imponibile per l’IMU, è peraltro necessario “attualizzare” detti costi “storici”, applicando i coefficienti annualmente aggiornati con decreto ministeriale (al fine di tenere conto dei dati ISTAT sull’andamento del costo di costruzione di un capannone).

In particolare, occorre fare riferimento all’anno di sostenimento dei costi di acquisto o di costruzione, e in base a tale anno va individuato il coefficiente ministeriale da applicare ai predetti costi.

Ad esempio, i costi di acquisto o costruzione sostenuti nel 2025 vanno moltiplicati per il coefficiente stabilito con riguardo al 2025 dal DM in commento.

Per i costi incrementativi deve invece farsi riferimento alla loro contabilizzazione al termine dell’esercizio, per cui quelli in corso d’anno rileveranno nell’esercizio successivo (e proprio con riferimento all’esercizio successivo andrà individuato il coefficiente ministeriale da applicare).

I coefficienti fissati con il decreto ministeriale in esame, per l’anno 2025, sono i seguenti:
anno 2025 = 1,00; anno 2024 = 1,00; anno 2023 = 1,02; anno 2022 = 1,14; anno 2021 = 1,19; anno 2020 = 1,19; anno 2019 = 1,20; anno 2018 = 1,22; anno 2017 = 1,22; anno 2016 = 1,23; anno 2015 = 1,23; anno 2014 = 1,23; anno 2013 = 1,24; anno 2012 = 1,27; anno 2011 = 1,30; anno 2010 = 1,32; anno 2009 = 1,34; anno 2008 = 1,39; anno 2007 = 1,44; anno 2006 = 1,48; anno 2005 = 1,52; anno 2004 = 1,61; anno 2003 = 1,66; anno 2002 = 1,72; anno 2001 = 1,76; anno 2000 = 1,82; anno 1999 = 1,85; anno 1998 = 1,87; anno 1997 = 1,92; anno 1996 = 1,98; anno 1995 = 2,04; anno 1994 = 2,11; anno 1993 = 2,15; anno 1992= 2,17; anno 1991 = 2,21; anno 1990 = 2,32; anno 1989 = 2,42; anno 1988 = 2,53; anno 1987 = 2,74; anno 1986 = 2,95; anno 1985 = 3,16; anno 1984 = 3,37; anno 1983 = 3,58 e anno 1982 = 3,79.

Tali criteri di determinazione della base imponibile ai fini IMU si applicano anche per gli immobili concessi in leasing.

In questa ipotesi, il comma 746 dell’art. 1 della L. 160/2019 specifica che “il valore è determinato sulla base delle scritture contabili del locatore, il quale è obbligato a fornire tempestivamente al locatario” (soggetto passivo IMU ex art. 1 comma 743 della L. 160/2019) “tutti i dati necessari per il calcolo”.

In ogni caso, a seguito della richiesta di attribuzione della rendita catastale, anche per i fabbricati del gruppo D vanno applicate, in luogo dei richiamati criteri di valorizzazione, le modalità “ordinarie” di determinazione della base imponibile ai fini IMU, da calcolare prendendo a riferimento la rendita catastale rivalutata del 5%, cui sono applicati i moltiplicatori stabiliti dall’art. 1 comma 745 della L. 160/2019 (il moltiplicatore è pari a 65 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale D, a eccezione dei fabbricati classificati nella categoria catastale D/5, per i quali è invece pari a 80).

I coefficienti si applicano anche per l’IMPi

Dal 2020 i coefficienti individuati dal decreto ministeriale in esame si applicano anche per determinare il valore delle piattaforme marine e dei rigassificatori, che costituisce la base imponibile ai fini dell’IMPi, ossia l’imposta immobiliare sulle piattaforme marine, ex art. 38 comma 2 del DL 124/2019 (tale articolo rinvia al previgente art. 5 comma 3 del DLgs. 504/92, attualmente sostituito dalle previsioni dell’art. 1 comma 746 della L. 160/2019 sopra illustrate).