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Per gli utili deliberati fino al 2022 il regime transitorio rimane in vita

Con l’ingresso nel nuovo anno è opportuno richiamare l’attenzione su due norme suscettibili di orientare l’azione del professionista sulla deliberazione di dividendi straordinari o sull’esecuzione di delibere di distribuzione già assunte in passato.
Per iniziare, con l’entrata dal 1° gennaio nel terzo esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2021 (per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare) non sarà più necessario trattenere nel patrimonio le somme sulle quali è stata calcolata la deduzione di cui all’art. 19 comma 2 ss. del DL 73/2021 (c.d. “super ACE”), computata con il coefficiente agevolato del 15%; il beneficio, infatti, si doveva restituire (mediante proporzionale variazione in aumento del reddito, o riversamento del credito d’imposta) se l’incremento non si fosse mantenuto nel patrimonio della società per i due esercizi successivi a quello in cui ne è avvenuta la fruizione.
Perciò, i soggetti “solari” già dal 1° gennaio 2024 sono fuori dal biennio di osservazione e le distribuzioni di dividendi (nonché le ripartizioni di altre poste del patrimonio netto) che essi dovessero effettuare non sono più penalizzate ai sensi dell’art. 19 comma 5 del DL 73/2021 (peraltro, si ricorda che l’ACE è stata abrogata a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023 ad opera dell’art. 5 comma 1 DLgs. 216/2023).
La seconda disciplina che si richiama è quella che nasce dalla norma transitoria di cui all’art. 1 comma 1006 della L. 205/2017, che ha regolato le distribuzioni di utili effettuate dopo l’entrata in vigore della riforma di cui all’art. 1, commi 999-1005, della stessa L. 205/2017.
Questa, si ricorda, ha disposto l’estensione a tutte le distribuzioni di dividendi in favore di soci persone fisiche (che non detengono la partecipazione in regime di impresa) dell’obbligo di applicare la ritenuta a titolo di imposta del 26%, fatta salva la possibilità, in base al menzionato comma 1006, di applicare il regime previgente (che prevedeva la parziale imponibilità di quanto percepito, in misura variabile tra il 40% e il 58,14% a seconda dell’anno di produzione dell’utile) alle distribuzioni deliberate entro la data del 31 dicembre 2022, se aventi a oggetto utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017.
Oggi non saranno frequentissimi i casi in cui la disciplina transitoria può trovare ancora applicazione, poiché ciò presuppone che vi sia stata una delibera nel termine sopra individuato e che ad essa non sia ancora seguita la materiale corresponsione del dividendo.
Sul tema occorre fare alcune considerazioni. In primo luogo, non è formalmente richiesto che la delibera abbia data certa, ma si ritiene che eventuali dubbi in merito possano essere in qualche modo superati dalla constatazione che la delibera stessa, se effettuata nel termine richiesto, sarà stata recepita nel bilancio depositato nel 2023, il che verrebbe a costituire una sorta di certificazione che garantirebbe contro eventuali contestazioni.
Per le delibere assunte tempestivamente che non abbiano ancora trovato completa esecuzione, dal tenore letterale della norma di riferimento si rileva che non è apposta alcuna scadenza per il pagamento materiale dei dividendi; secondo l’AIDC di Milano (norma di comportamento n. 218), l’unico termine rilevante sarebbe quello di prescrizione quinquennale ex art. 2949 c.c.
Posizione restrittiva dell’Agenzia delle Entrate
Vi è però da segnalare, sul punto, la posizione assunta dall’Agenzia delle Entrate con il principio di diritto n. 3 del 6 dicembre 2022.
In particolare, in un passaggio che non ha avuto seguito né troppo risalto, si assume una posizione restrittiva circa le distribuzioni di dividendi “le cui condizioni di pagamento prevedono termini ultrannuali” (ovvero, in altre parole, che dovessero trovare attuazione oltre un anno dalla scadenza del termine), assumendo che esse darebbero luogo ad “un’impropria estensione del regime transitorio di tassazione degli utili accantonati in riserve formatisi fino al 31 dicembre 2017”.
Tale visione non appare fondata su di una precisa disposizione normativa e porterebbe avere conseguenze paradossali sulle società che erogano dividendi, in relazione alla loro responsabilità in qualità di sostituti d’imposta per le distribuzioni eseguite nel 2024.
Appare perciò preferibile un’impostazione per cui i poteri dell’Amministrazione finanziaria possono essere esercitati solo se, come pure espresso dal principio di diritto, la distribuzione deliberata al termine del 2022 ha natura simulata o può essere riqualificata sulla base degli scopi concretamente perseguiti; ciò, però, indipendentemente dal termine annuale che non sembra in sé idoneo a tracciare una linea di confine certa e inequivocabile a tali fini.

(MF/ms)




Chiarimenti su tassazione e dividendi

Con la risposta a interpello n. 454, pubblicata il 16 settembre, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta sull’applicazione del regime transitorio relativo ai dividendi su partecipazioni qualificate ex art. 1 comma 1006 della L. 205/2017.

In particolare, viene ufficializzata l’impostazione già indicata in un interpello della Direzione centrale secondo il quale i dividendi derivanti da partecipazioni qualificate incassati dal 1° gennaio 2023 sono soggetti a ritenuta del 26% ex art. 27 del Dpr 600/73 anche se la delibera di distribuzione è stata adottata entro il 31 dicembre 2022.

A seguito della riforma del regime dei dividendi operata dalla L. 205/2017, gli utili rivenienti da partecipazioni qualificate (così come, da sempre, quelli derivanti dal possesso di partecipazioni non qualificate) sono assoggettati alla ritenuta a titolo d’imposta del 26% dal 1° gennaio 2018.

La disciplina transitoria della L. 205/2017 conserva però, per gli utili maturati sino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2017, il previgente regime impositivo, facendoli concorrere parzialmente alla formazione del reddito imponibile del contribuente (nel limite del 40%49,72% o 58,14%, a seconda del periodo di formazione). Tale regime si applica a condizione che la delibera di distribuzione degli utili sia formalizzata entro il 31 dicembre 2022.

In sostanza, quindi, la norma transitoria dispone il mantenimento del previgente regime in materia di partecipazioni qualificate ai dividendi:

  • che promanano da utili formatisi fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017;
  • la cui delibera sia intervenuta prima del 31 dicembre 2022.
Riguardo alle distribuzioni di utili effettuate a partire dal 1° gennaio 2023, la risposta in commento richiama un passaggio della ris. Agenzia delle Entrate 6 giugno 2019 n. 56, secondo cui il regime transitorio previsto dall’art. 1 comma 1006 della L. 205/2017 deriva dalla volontà del legislatore di salvaguardare, per un periodo di tempo limitato (1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2022), il regime fiscale degli utili formati in periodi di imposta precedenti rispetto all’introduzione del nuovo regime fiscale.

Si ritiene, infatti, che l’arco temporale individuato dalla norma transitoria e l’applicazione del criterio di cassa per la tassazione dei dividendi conducano alla conclusione che i dividendi percepiti a partire dal 1° gennaio 2023 relativi a partecipazioni qualificate si applica comunque la ritenuta a titolo d’imposta o l’imposta sostitutiva con aliquota del 26%.

Tuttavia, la risposta ad interpello in commento non sembra considerare che ai fini dell’individuazione dell’intervallo temporale relativo alla disciplina transitoria la norma fa riferimento alle distribuzioni “deliberate dal 1º gennaio 2018 al 31 dicembre 2022” e non al periodo di imposta in cui il socio percepisce il dividendo. In altri termini, la risposta interpello n. 454/2022 non sembra considerare che la norma lega il regime transitorio alla data della delibera e non all’anno di percezione del provento.

A questo si aggiunge anche una considerazione che riguarda il principio di cassa ed il funzionamento delle norme sui dividendi nel nostro sistema.

Infatti, il momento dell’incasso del dividendo rappresenta per il percipiente non imprenditore il presupposto impositivo che individua l’anno di tassazione, mentre il regime impositivo applicabile si collega all’aliquota IRES che è stata liquidata sugli utili realizzati dalla società di capitali che li ha prodotti. Proprio su questo meccanismo si basa la concorrenza parziale al reddito del 40%, del 49,72% e del 58,14% che corrisponde ad utili che hanno scontato l’IRES rispettivamente con aliquota del 33%, del 27,50% e del 24%.

Finora il principio è stato quello di mantenere stabile il prelievo società + socio a prescindere dal momento in cui viene incassato il provento.

Si rischia di penalizzare gli utili più vecchi

Ne consegue che non è coerente con questo sistema legare il criterio di cassa per la tassazione del dividendo con il regime impositivo applicabile al socio.

La stessa ris. Agenzia delle Entrate 6 giugno 2019 n. 56 ha affermato che, se l’obiettivo è quello di tutelare gli utili formatisi prima dell’introduzione del nuovo regime fiscale, il regime della concorrenza parziale al reddito IRPEF dei dividendi su partecipazioni qualificate si applica anche “alle distribuzioni di utili deliberate entro il 31 dicembre 2017” nonostante la norma faccia riferimento quelle deliberate “dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2022”.

L’impostazione indicata nella risposta n. 454/2022, invece, si pone in senso opposto, mettendo in secondo piano la ratio del regime transitorio della L. 205/2017 che è quella di non penalizzare gli utili prodotti prima del 2017.

(MF/ms)