1

Il diritto alla detrazione Iva e il tema della registrazione tardiva delle fatture

Il documento AIDC di settembre 2025 “Termine di registrazione delle fatture e dichiarazione integrativa” affronta una questione di rilevante impatto: se sia davvero preclusa al contribuente la possibilità di recuperare la detrazione IVA tramite dichiarazione integrativa nel caso di tardiva registrazione delle fatture passive, come recentemente espresso dall’Agenzia delle Entrate nelle risposte a interpello n. 479/2023 e n. 115/2025. Il lavoro ripercorre criticamente la posizione restrittiva dell’Amministrazione finanziaria, misurandola rispetto alla normativa unionale, nazionale e alla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE e della Cassazione.

L’orientamento dall’Agenzia delle Entrate: preclusione integrale? – L’Agenzia delle Entrate, nelle ultime indicazioni, sostiene che la detrazione IVA può essere esercitata tramite dichiarazione integrativa solo se la fattura era stata ricevuta e tempestivamente registrata nei termini ordinari. Qualora la registrazione sia effettuata oltre i termini, la detrazione sarebbe definitivamente preclusa, senza possibilità di recupero tramite le successive dichiarazioni integrative, anche entro i limiti dell’art. 57 D.P.R. n. 633/1972 (decadenza quinquennale).
L’analisi normativa e giurisprudenziale: prevalenza dei requisiti sostanziali – Secondo il documento AIDC, questa impostazione non è conforme al quadro normativo interno e sovranazionale. L’art. 168 della Direttiva IVA 2006/112/CE e l’art. 19 D.P.R. n. 633/1972 collegano il diritto alla detrazione ai soli requisiti sostanziali: soggettività passiva e inerenza degli acquisti. La giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, con sentenze costanti, ha stabilito che la detrazione non può essere negata in presenza dei requisiti sostanziali per la sola inosservanza di obblighi formali, salvo intento fraudolento o l’effettiva impossibilità di controllo da parte dell’Amministrazione (C-95/07 Ecotrade, C-272/13 Equoland, C-590/13 Idexx, C-653/18 Unitel).
La Cassazione si è allineata a questi principi, considerando la tardiva registrazione una violazione formale che può generare sanzioni, ma non la perdita automatica del diritto alla detrazione, purché sussistano i presupposti oggettivi e soggettivi. Questo punto era già stato accolto in prassi anche dall’Agenzia con la circolare n. 1/E/2018 e la storica n. 328/E/1997.

Il quadro operativo: tabella di sintesi delle differenze
La tabella seguente riassume le diverse conseguenze operative tra la posizione dell’Agenzia delle Entrate e quella fondata su normativa e giurisprudenza.
 

Fattispecie Agenzia Entrate
(interpelli 479/2023, 115/2025)
Normativa/giurisprudenza
Ricevuta e registrata entro anno Detrazione regolare entro liquidazioni periodiche o annuale Detrazione regolare entro liquidazioni/annuale
Ricevuta nel 2025, registrata 01/01-30/04/2026 Detrazione in dichiarazione 2026 (anno 2025) Detrazione fino a 31/12/2031 con integrativa
Ricevuta nel 2025 e registrata dopo 30/04/2026 Detrazione esclusa, integrativa non ammessa Detrazione fino a 31/12/2031 con integrativa
Ricevuta dicembre 2025, recapitata gennaio 2026 Detrazione liquidazioni 2026 o dichiarazione 2027 Detrazione in liquidazioni/dichiarazione o integrativa 2032
 
I precedenti di prassi e normativa nazionale – La norma nazionale (artt. 19, 25 e 57 D.P.R. n. 633/1972), interpretata già dalla circolare n. 1/E/2018, consente di esercitare il diritto alla detrazione tramite dichiarazione integrativa “a favore” entro il 31 dicembre del quinto anno successivo alla dichiarazione originaria, senza subordinare questa facoltà al fatto che la registrazione sia avvenuta nei termini dell’anno successivo alla ricezione. Anche la circolare n. 328/E/1997 aveva chiarito che l’obbligo di registrazione è presidio di controllo, non condizione dirimente per il diritto alla detrazione.
Natura e funzione dei termini di registrazione – La disposizione che impone la registrazione nel registro acquisti entro il termine della dichiarazione annuale dell’anno di ricezione è strumentale alle esigenze di controllo fiscale. Tuttavia, questo adempimento, nel sistema IVA, assume natura formale, non sostanziale rispetto al diritto di detrazione. Solo l’intento fraudolento o la impossibilità di esercitare un controllo effettivo, come ha più volte sottolineato la Corte di Giustizia, può giustificare la negazione della detrazione.
Termini di esercizio e decorrenza (“dies a quo”) – Interessante anche la sezione che distingue il momento da cui decorre il diritto alla detrazione tra acquisti interni (data ricezione SdI o presa visione) e importazioni (messa a disposizione del prospetto sul Portale Unico Dogane). Il dies a quo non si collega alla registrazione ma alla disponibilità della fattura o documento equivalente.
Implicazioni operative, rischi e comportamenti consigliati – Il contribuente che intenda seguire l’indirizzo restrittivo dell’Agenzia si vedrà preclusa ogni possibilità di recupero con dichiarazioni integrative in caso di tardiva registrazione. Tuttavia, seguendo la linea argomentativa della normativa e della giurisprudenza comunitaria e nazionale, la detrazione resta possibile tramite dichiarazione integrativa a favore fino al quinto anno successivo, purché il documento sia effettivamente ricevuto e vi sia l’inerenza all’attività imponibile, senza connotazioni fraudolente.
Di seguito una tabella riassuntiva delle tempistiche massime:
Caso Termine massimo per detrazione (interpretazione estensiva)
Fattura ricevuta/registrata in tempo Termine dichiarazione IVA (anno successivo)
Fattura registrata dopo 30 aprile 31 dicembre del quinto anno successivo (dichiarazione integrativa)
 
Considerazioni finali e questioni aperte – Il documento AIDC evidenzia il rischio di una interpretazione troppo formalistica e lesiva del principio comunitario di neutralità IVA e si auspica un chiarimento definitivo dell’Amministrazione, evitando incertezze operative che rischiano di penalizzare i comportamenti corretti ma poco “tempestivi” dei contribuenti. Solo l’accertamento di intenti fraudolenti o di ostacoli alla verifica del credito consentono, secondo un principio di proporzionalità, la negazione della detrazione su base formale.
Il suggerimento operativo è di curare comunque la tempestività della registrazione, ma di difendere il diritto alla detrazione con dichiarazione integrativa quando vi siano ragioni documentali solide e siano rispettati i requisiti sostanziali. Il confronto resta aperto in attesa di eventuali chiarimenti interpretativi dal legislatore o dall’Amministrazione.

(MF/am)




Diritto detrazione Iva: le regole per l’emissione della nota di accredito

Il diritto alla detrazione dell’Iva è subordinato all’esistenza di un duplice requisito: l’avvenuta esigibilità dell’imposta (presupposto sostanziale) e il possesso di una valida fattura di acquisto (presupposto formale).

L’esercizio del diritto può avvenire entro la data di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui si sono verificati entrambi i citati presupposti e con riferimento allo stesso periodo d’imposta (art. 19 comma 1 del Dpr 633/72).

Ciò significa, ad esempio, che è ancora possibile detrarre l’imposta relativa a una fattura di acquisto ricevuta nel 2021 (e relativa a tale anno), non annotata tempestivamente nel registro degli acquisti.

Come chiarito nella circ. Agenzia delle Entrate n. 1/2018, nel caso appena descritto, il diritto alla detrazione può quindi essere esercitato presentando una dichiarazione Iva integrativa “a favore”, il cui istituto è disciplinato dall’art. 8 comma 6-bis del Dpr 322/98.

Un ulteriore profilo connesso al recupero dell’Iva, decorso il termine di presentazione della dichiarazione annuale, concerne l’emissione delle note di variazione in diminuzione ex art. 26 comma 2 ss. del Dpr 633/72. La variazione in diminuzione può essere operata solo a fronte di una fattura emessa e regolarmente registrata ed è circoscritta a specifiche situazioni. Inoltre, non è ammessa sine die, ma sconta precisi limiti temporali (risposta a interpello n. 832/2021).

Sul tema, si è espressa la circ. dell’Agenzia n. 20/2021 (e, poi, la circ. n. 5/2022) precisando che:

  • l’emissione della nota deve avvenire entro il termine ordinario di presentazione della dichiarazione Iva relativa all’anno in cui si sono verificati i presupposti per operare la variazione in diminuzione;
  •  il termine entro cui esercitare il diritto alla detrazione è da individuarsi nella data della liquidazione periodica Iva relativa al mese o trimestre in cui la nota viene emessa o, al più tardi, nella dichiarazione annuale Iva riferita all’anno di emissione del documento.
A livello sistematico, la nota di credito è lo strumento principale (e generale) per porre rimedio agli errori compiuti in sede di fatturazione (risposte a interpello nn. 592/2020 e 762/2021). Può però accadere che il cedente o prestatore, a fronte di una precedente fattura per un’operazione imponibile, non riesca a emettere tempestivamente il documento rettificativo ex art. 26 comma 2 ss. del Dpr 633/72, mettendo “a rischio” la possibilità di esercitare il diritto alla detrazione.

Emblematico è il caso esaminato nella risposta a interpello n. 388, pubblicata il 26 luglio dall’Agenzia delle Entrate.

In tale contesto, il fornitore aveva erroneamente applicato una maggiore Iva per un’errata qualificazione di parte dell’operazione. Il cedente aveva applicato il regime di “aliquota zero” (esenzione con diritto alla detrazione dell’imposta “a monte”) per gli ecotomografi, come previsto, all’epoca, dall’art. 124 del Dl 34/2020, escludendo invece dal beneficio i beni accessori (es. pedaliera, licenze, software applicativo e sonde ecografiche), usati per operare a distanza nell’ottica di evitare il contatto con l’ecografo e minimizzare il rischio di infezioni.

Tali beni rispondevano alla ratio dell’agevolazione (il contrasto al Covid-19) e integravano i requisiti del nesso di accessorietà, come delineati dalla Corte Ue (tra le molte, causa C-463/16). Difatti, un’operazione è considerata accessoria a un’operazione principale “quando costituisce per la clientela non già un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore”.

La maggiore imposta erroneamente applicata non era stata rettificata mediante la nota di variazione in diminuzione, non essendo stato rispettato il termine di un anno dall’effettuazione dell’operazione, come previsto dall’art. 26 comma 3 del Dpr 633/72, nel caso di “inesattezze della fatturazione che abbiano dato luogo all’applicazione dell’art. 21 comma 7 del Dpr 633/72”. Il superamento del limite temporale previsto dal legislatore per l’emissione della nota (ovvero di quello per l’esercizio del diritto alla detrazione) non implica, in via generale, che il recupero dell’imposta non detratta possa avvenire, alternativamente, presentando, in una fase seguente, una dichiarazione Iva integrativa “a favore”, contenente la riduzione non operata dell’imposta, ovvero un’istanza di restituzione del tributo ex art. 30-ter del Dpr 633/72 (circolare n. 20/2021).

L’Agenzia ha, dunque, individuato le condizioni per il recupero dell’imposta mediante gli istituti c.d. “alternativi” alle note di variazione. Per quanto concerne il rimborso ex art. 30-ter del Dpr 633/72, si ribadisce che è possibile ricorrervi qualora sussistano condizioni oggettive che non consentono di emettere la nota di variazione. Viceversa, non ci si può avvalere dell’istituto qualora il termine per l’esercizio della detrazione sia decorso per “colpevole” inerzia del soggetto passivo. Invece, in merito alla dichiarazione Iva integrativa “a favore”, l’Agenzia ne esclude la presentazione nell’ipotesi in cui il termine per l’emissione della nota di variazione sia spirato, laddove non si riscontri la presenza di errori e omissioni cui rimediare (circ. n. 20/2021).

(MF/ms)