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Il concordato preventivo biennale

Il D.Lgs. 12 febbraio 2024, n. 13, attuativo della legge delega fiscale (art. 17, Legge n. 111/2023), pubblicato in G.U. 21 febbraio 2024, n. 43 ed entrato in vigore il 22 febbraio 2024, contiene disposizioni in materia di accertamento tributario e di concordato preventivo biennale.

Il fine di tali norme è quello di favorire la razionalizzazione e la partecipazione del contribuente al procedimento accertativo.
 
Soggetti ammessi alla procedura

In particolare, il nuovo concordato preventivo biennale è un procedimento accertativo fondato su un patto tra professionisti/imprese e Fisco per concordare preventivamente i redditi ed il valore della produzione netta da assoggettare a tassazione, ricevendo in cambio un trattamento premiale.

Sotto il profilo soggettivo, possono accedere al concordato preventivo biennale i soggetti che applicano gli ISA e i contribuenti in regime forfetario, ad eccezione di precise esclusioni.

Sono esclusi i contribuenti che:

  • pur essendone obbligati, non hanno presentato le dichiarazioni dei redditi relative ai periodi di imposta 2021, 2022 e 2023;
  • sono stati condannati per reati tributari commessi nei periodi di imposta 2021, 2022 e 2023;
  • con riferimento al periodo d’imposta 2023, presentano debiti tributari di importo complessivamente pari o superiore a 5.000 euro. I debiti inclusi in sospensione o rateazione non rientrano nel limite.
Sono altresì esclusi i contribuenti in regime forfetario che hanno iniziato l’attività nel 2023 e che quindi non riceveranno la proposta di concordato.
 
Proposta di concordato

Il primo anno di applicazione del concordato sarà il 2024 e, nel caso di adesione, il ricalcolo dell’acconto delle imposte per effetto della intervenuta accettazione sarà soggetto a rideterminazione sulla seconda rata in scadenza, rimanendo inalterato il dovuto per il primo acconto delle imposte in scadenza per il mese di giugno/luglio 2024.

In particolare:

  • entro il 15 giugno 2024 verrà messa a disposizione dei contribuenti interessati una piattaforma informatica per l’invio dei dati necessari all’Agenzia delle Entrate per la formulazione della proposta;
  • entro il 15 ottobre 2024 i contribuenti potranno aderire o meno alla proposta formulata dall’Agenzia delle Entrate.
L’accettazione della proposta comporterà per il contribuente il fatto di dover assoggettare ad IRPEF ed eventualmente ad IRAP i redditi pre-concordati.

Gli eventuali maggiori o minori redditi effettivi percepiti dal contribuente rispetto a quelli concordati con il l’Amministrazione finanziaria non rilevano ai fini fiscali.

Un eventuale rifiuto della proposta dell’Agenzia potrebbe collocare il contribuente nelle liste dei soggetti su cui dovranno concentrarsi gli accertamenti, per effetto di quanto previsto dall’art. 34, comma 2, del decreto che prevede l’intensificarsi dell’attività di controllo “nei confronti dei soggetti che non aderiscono al concordato preventivo biennale o ne decadono”.
 

Attenzione: L’IVA è espressamente esclusa dal concordato preventivo e dovrà quindi essere gestita e versata secondo le consuete modalità.

I contribuenti che decidono di aderire alla proposta di concordato dovranno inoltre sempre e comunque adempiere agli obblighi previsti dalle normative, tra cui conservazione delle fatture, predisposizione delle dichiarazioni dei redditi, adempimento degli obblighi in qualità di sostituto d’imposta, ecc.

 
Decadenza dal concordato

In presenza di circostanze eccezionali, da individuarsi con Decreto del MEF, che generano minori redditi effettivi eccedenti il 50% rispetto a quello concordato, si genera la decadenza dal concordato stesso già a partire da tale periodo d’imposta.

In merito alle cause di cessazione del concordato, l’art. 32 prevede che il concordato cessa i propri effetti in due ipotesi:

  • modifica dell’attività svolta nel corso del biennio (2024 per la prima applicazione) rispetto a quella esercitata nel periodo d’imposta antecedente al biennio stesso (2023), a meno che tali attività rientrino in gruppi di settore ai quali si rendono applicabili gli stessi coefficienti di redditività previsti per la determinazione del reddito dei contribuenti forfetari;
  • cessazione dell’attività.
 
Attenzione: Per i contribuenti in regime forfetario la norma ha carattere sperimentale e prevede che la proposta di concordato non sia biennale, ma riguardi solo il periodo d’imposta 2024. I contribuenti forfetari avranno quindi l’opportunità di effettuare una scelta (entro il 15 ottobre 2024) limitata al 2024 e con a disposizione i dati a consuntivo di gran parte dell’anno stesso.
 
Per dare concreta attuazione all’istituto in esame sono ancora necessari i provvedimenti attuativi di MEF e Agenzia delle Entrate.
 

(MF/ms)




Fissato il calendario definitivo per il concordato preventivo biennale

Il debutto del concordato preventivo biennale “individuale” arriva a valle di un intenso dibattito parlamentare, che ha portato a diversi ritocchi alla disciplina originariamente prevista dall’Esecutivo, ancora prima della sua entrata in vigore, che dovrebbe avvenire a breve; la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del DLgs. che disciplina il nuovo istituto, firmato il 12 febbraio scorso dal Presidente della Repubblica, è infatti imminente.

Il concordato preventivo biennale ruota attorno alla proposta che l’Agenzia delle Entrate formulerà ai contribuenti interessati (in linea generale, soggetti ISA e contribuenti in regime forfetario) e che, salvo circostanze eccezionali, fisserà il reddito rilevante ai fini IRPEF e IRAP per i periodi di imposta 2024 e 2025 (per i contribuenti in regime forfetario la proposta avrà ad oggetto il solo periodo di imposta 2024, in via sperimentale).

All’entrata in vigore definitiva del DLgs. non corrisponde tuttavia la piena applicabilità del nuovo istituto; a tal fine, dovranno infatti essere emanati:

  • un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, che dovrà individuare i dati da comunicare telematicamente all’Amministrazione finanziaria da parte del contribuente, ai fini della formulazione della proposta di concordato;
  • un decreto del MEF, con cui verrà approvata la metodologia alla base del calcolo dei redditi concordati;
  • un decreto del MEF, che dovrà individuare le circostanze eccezionali al ricorrere delle quali è possibile disapplicare il concordato preventivo biennale (a fronte di redditi effettivi minori eccedenti la misura del 50% rispetto al reddito concordato).
I dati richiesti al contribuente (che costituiscono solo una parte di quelli già in possesso dell’Agenzia delle Entrate per la formulazione della proposta di concordato) dovranno essere comunicati all’Agenzia attraverso una piattaforma informatica ad hoc, che per il primo anno di applicazione verrà messa a disposizione entro il 15 giugno 2024 (entro il 15 aprile per il 2025, ed entro il 1° aprile a regime); la procedura che porterà alla formulazione (e all’eventuale accettazione) della proposta da parte dell’Agenzia delle Entrate avrà quindi inizio dal momento in cui i citati programmi informatici saranno disponibili.

A tal fine, vi sono due termini rilevanti; si tratta, in particolare:

  • del 15 giugno 2024, giorno entro cui verrà messa a disposizione la sopra citata piattaforma informatica;
  • del 15 ottobre 2024, termine ultimo entro cui il contribuente potrà accettare la proposta formulata da parte dell’Agenzia delle Entrate; per il 2024 tale termine coincide con quello relativo alla presentazione dei modelli REDDITI 2024 (periodo d’imposta 2023).
A differenza di quanto previsto dalla versione originaria, non sono attualmente previsti termini intermedi, né per quanto riguarda l’invio dei dati da parte del contribuente, né relativamente al momento in cui l’Agenzia delle Entrate formulerà la proposta, una volta ricevuti i dati inviati dal contribuente (nella versione del DLgs. presentata alle Commissioni parlamentari l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto elaborare e comunicare la proposta di concordato entro cinque giorni dall’invio dei dati da parte del contribuente).

Una delle maggiori perplessità riguardo al nuovo concordato preventivo biennale era costituita dalla serrata calendarizzazione della procedura che avrebbe portato alla definizione del reddito concordato; i termini previsti, ritenuti eccessivamente stringenti, mal si conciliavano con la necessità di valutare attentamente la proposta dell’Agenzia delle Entrate, considerato che l’eventuale accettazione ha effetto per un biennio, senza possibilità di ripensamenti (salvo limitate eccezioni).

Il legislatore delegato sembra aver tentato di risolvere la problematica, da un lato, concedendo più tempo ai fini dell’accettazione definitiva (il termine passa dal 31 luglio al 15 ottobre) e, dall’altro, richiedendo una maggiore responsabilità da parte del contribuente che, comunicando tempestivamente i dati all’Agenzia delle Entrate, potrebbe massimizzare il tempo a disposizione per analizzare la relativa proposta di concordato preventivo.

Non si esclude l’introduzione di ulteriori termini

Si rileva, infatti, che, sebbene allo stato attuale non vi siano termini espliciti entro cui il contribuente dovrà comunicare i dati all’Agenzia mediante il software che sarà messo a disposizione entro il 15 giugno 2024, né termini entro cui l’Agenzia dovrà formulare la proposta di concordato, è lecito ritenere che le disposizioni attuative individueranno termini specifici relativi alle fasi intermedie del procedimento.

Altrimenti, in base all’attuale disciplina potrebbe verificarsi la situazione paradossale in cui il contribuente invia i dati anche il 15 ottobre 2024 e la formulazione della relativa proposta di concordato dovrebbe avvenire lo stesso giorno, in modo da mettere tale soggetto nelle condizioni di accettarla.
 

(MF/ms)




Prevenzione della crisi d’impresa: laboratori e incontri sul territorio

Unioncamere Lombardia e le Camere di Commercio lombarde, con il supporto tecnico di Innexta scrl, organizzano una serie di incontri sul territorio e un ciclo di laboratori online nell’ottica di proseguire le attività di supporto alle imprese nell’accesso al credito, tenendo in considerazione fattori cruciali che si sono aggiunti alla valutazione “storica” della performance dell’impresa: la sostenibilità economica, ambientale e la capacità previsionale.

Gli incontri sul territorioSi svolgeranno in modalità ibrida, con possibilità di seguire i lavori sia presso le sedi delle Camere di Commercio sia online, e  coinvolgeranno i rappresentanti delle imprese, degli ordini professionali e delle banche che, guidati da un esperto, analizzeranno gli strumenti e i percorsi che le imprese hanno a disposizione per un’efficiente gestione finanziaria ed ambientale. Avranno luogo dal mese di ottobre 2023 al mese di marzo 2024.

I laboratori onlineSono rivolti a tutte le imprese ed evidenzieranno le connessioni tra sostenibilità economica, ambientale, monitoraggio finanziario ed accesso al credito. Si tratta di laboratori in cui si prevede una interazione tra gli esperti e gli imprenditori, a cui sarà dato un taglio  operativo.

Tutti i laboratori si terranno tra le 11:00 e le 13:00. Si riporta a seguire il calendario:

Nel corso dei laboratori verranno inoltre illustrati due strumenti messi a disposizione gratuitamente delle imprese lombarde dal sistema camerale:

  • Suite finanziaria, la piattaforma di autovalutazione dello stato di salute economico-finanziario dell’impresa, utile per cogliere eventuali criticità nella struttura finanziaria delle aziende e intervenire tempestivamente per prevenire possibili tensioni  finanziarie. A seguito dell’accesso alla Suite, è inoltre possibile richiedere gratuitamente un incontro individuale di un’ora per analizzare con un esperto gli output restituiti dalla piattaforma;
  • ESGpass, il tool che aiuta le imprese a quantificare il proprio score ESG e a individuare le azioni utili per migliorare le proprie performance di sostenibilità. Anche a seguito dell’utilizzo di ESGpass è possibile richiedere gratuitamente un incontro  individuale di un’ora per analizzare gli output ed avere un primo orientamento sulle opportunità di miglioramento della propria compliance ESG.
Per maggiori informazioni cliccare qui 

(MP/am)




Perdite su crediti deducibili in anni successivi al fallimento

Anche per i periodi d’imposta anteriori al 2015, sembra definitivamente risolta la questione dell’individuazione dell’esercizio di deducibilità delle perdite su crediti vantati verso debitori assoggettati alle procedure concorsuali o agli istituti assimilati elencati dall’art. 101 comma 5 del TUIR. 

È questo il principale effetto dell’ordinanza della Cassazione n. 27352, depositata il 26 settembre.

Per comprendere i termini del problema, si ricorda che, con riferimento ai crediti di modesta entità e a quelli verso debitori sottoposti a procedura concorsuale o istituti assimilati, l’art. 101 comma 5-bis del TUIR (inserito dall’art. 13 comma 1 lett. d) del DLgs. 147/2015) stabilisce che la deduzione della perdita è ammessa nel periodo di imputazione in bilancio, anche quando detta imputazione è eseguita in un periodo di imposta successivo a quello in cui:

  • sussistono gli elementi certi e precisi;
  • ovvero il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale.
Inoltre, viene previsto che la deduzione non è più consentita quando l’imputazione avviene in un periodo d’imposta successivo a quello in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si sarebbe dovuto procedere alla cancellazione del credito dal bilancio.

Ai sensi dell’art. 13 comma 2 del citato DLgs. 147/2015, tali criteri di imputazione temporale si applicano a partire dal periodo d’imposta in corso al 7 ottobre 2015 (2015, per i soggetti “solari”).

Tenuto conto di tale decorrenza, si discute se, per i periodi d’imposta fino al 2014, la deduzione debba avvenire obbligatoriamente nell’esercizio di apertura della procedura ovvero se tale evento rappresenti solo il termine iniziale (c.d. dies a quo) per la deducibilità.

Con la pronuncia in commento, la Cassazione attribuisce, di fatto, valenza interpretativa ai suddetti criteri.

Pertanto, anche prima del 2015, ove il debitore fosse assoggettato a fallimento o ad altre procedure concorsuali, la deduzione della perdita su crediti era ammessa nel periodo di imputazione a bilancio, entro la “finestra temporale” che andava dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento (o di avvio della procedura) al periodo d’imposta in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si doveva procedere alla cancellazione del credito stesso dal bilancio.

I giudici di legittimità non si limitano a dare continuità alle ordinanze n. 15218/2021 e n. 21958/2022 (che si erano già espresse in senso conforme), ma si discostano espressamente dall’ordinanza n. 775/2019, che aveva sostenuto la tesi opposta.

Sembra così definitivamente confermato l’orientamento dottrinale e giurisprudenziale prevalente (per tutte, Cass. nn. 12831/2002 e 22135/2010), secondo cui, anche prima del 2015 la perdita su crediti era considerata deducibile in esercizi successivi a quello dell’apertura della procedura, posto il tenore letterale del richiamato art. 101 comma 5, il quale afferma che “il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data (…)” (e non già alla data) in cui viene emanato il provvedimento (o decreto) che dà il via alla procedura stessa.

In linea con tale orientamento, la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 26/2013 (§ 6) aveva precisato che, una volta aperta la procedura, l’esercizio in cui dedurre la perdita su crediti deve essere identificato secondo le ordinarie regole di competenza.

Così, in ogni esercizio si considera deducibile la quota del credito che, in base allo “stato” della procedura, viene giudicata irrecuperabile, con il risultato, tra l’altro, che:

  • qualora l’irrecuperabilità del credito si manifesti interamente in un unico periodo d’imposta, la perdita risulta integralmente deducibile in detto periodo;
  • qualora, in un esercizio successivo a quello dell’avvenuta deduzione, intervengano nuovi elementi idonei a dimostrare che la perdita è maggiore di quella inizialmente rilevata e dedotta, anche l’ulteriore perdita, purché rilevata in bilancio e corredata da idonea documentazione, assume rilievo fiscale.
Appare, pertanto, definitivamente superato il filone minoritario, alimentato, da ultimo, da due pronunce (cfr. Cass. n. 8587/2020 e n. 1282/2020), secondo il quale le perdite su crediti vantati verso debitori soggetti a procedura concorsuale sarebbero deducibili esclusivamente nel periodo d’imposta di apertura della procedura.

In pratica, secondo tale orientamento ormai non più attuale, interpretando l’art. 101 comma 5 del TUIR nel senso che la deduzione della perdita sarebbe stata possibile anche in esercizi successivi, sarebbe stata rimessa all’arbitrio del contribuente la scelta del periodo più vantaggioso per operare la deduzione.

Sarebbe stato così snaturato il principio di competenza, che resta, invece, criterio inderogabile e oggettivo per la determinazione del reddito d’impresa.

(MF/ms)




Convegno: “Prevenire la crisi d’impresa. Novità e strumenti per l’azienda”

Mercoledì 19 aprile 2023 alle ore 16, presso la sede di Api Lecco Sondrio, si terrà il convegno: “Prevenire la crisi d’impresa. Novità e strumenti per l’azienda“.

Verranno trattati i seguenti argomenti dai dottori commercialisti Tobia Chiesurin e Denis Bozzetto:

  • Evoluzione normativa sulla crisi d’impresa
  • Le novità del Codice della crisi
  • Settore bancario: funzione degli adeguati assetti
  • Casi pratici
L’evento è riservato alle aziende associate ad Api Lecco Sondrio.
 
Per partecipare è necessaria la prenotazione CLICCANDO QUI

(MP/am)




Crisi di impresa: nota di variazione anche per la composizione negoziata

L’art. 38 comma 2 del Dl 13/2023, in vigore dal 25 febbraio 2023, ha esteso la possibilità di emettere le note di variazione Iva dalla data di pubblicazione nel Registro delle imprese dei contratti o accordi che concludono la composizione negoziata della crisi.

Si ricorda, a tal proposito, che l’art. 26 comma 3-bis del Dpr 633/72, introdotto dall’art. 18 del Dl 73/2021, per le sole procedure avviate dal 26 maggio 2021 compreso, legittima il cedente o prestatore a effettuare la variazione in diminuzione in caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, del cessionario o committente già dalla data in cui quest’ultimo è assoggettato alla procedura concorsuale.

L’ambito di applicazione dell’art. 26 comma 3-bis, anche mediante rinvio al successivo comma 10-bis, include le procedure concorsuali “tradizionali” come il fallimento (sostituito dal termine liquidazione giudiziale ex art. 349 del Dlgs. 14/2019), il concordato preventivo, la liquidazione coatta amministrativa o l’amministrazione straordinaria, oltre agli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis del Rd 267/42 (artt. 57, 60 e 61 del Dlgs. 14/2019) o ai piani attestati ex art. 67 comma 3 lett. f) del Rd 267/42 (art. 56 del Dlgs. 14/2019).

Sino all’intervento del Dl 13/2023, dall’ambito di applicazione dell’art. 26 del Dpr 633/72 restava, tuttavia, escluso il nuovo istituto della composizione negoziata, secondo alcuni giustificabile in ragione dell’assenza di natura concorsuale dell’istituto stesso. 

L’art. 38 comma 2 del richiamato decreto riconosce la possibilità di emettere note di variazione in diminuzione con efficacia dalla data di pubblicazione nel Registro delle imprese dei contratti o accordi che concludono la composizione negoziata nelle ipotesi di cui all’art. 23 comma 1 lett. a) e c) e comma 2 lett. b) del Dlgs. 14/2019.

Ai sensi dell’art. 23 comma 1 del Dlgs. 14/2019, concluse le trattative e individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di “squilibrio patrimoniale o economico-finanziario” che rende probabile la crisi o l’insolvenza, è possibile concludere, tra l’altro:

– un contratto, con uno o più creditori, che produce come effetto la riduzione alla misura legale degli interessi sui debiti tributari dell’imprenditore, quando lo stesso, secondo la relazione dell’esperto, è idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni (lett. a);
– ovvero un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto – i cui effetti sono l’esenzione dalla revocatoria e dai reati di bancarotta – ove l’esperto dà atto che il piano di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi o dell’insolvenza (lett. c).

Il cedente o prestatore dovrà prestare attenzione ai termini di emissione della nota di variazione, poiché il termine ultimo per emettere il documento è la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno in cui si sono verificati i presupposti per operare la variazione (art. 19 comma 1 e 26 comma 2 del Dpr 633/72).

Ad esempio, se è stipulato a marzo 2023 l’accordo conclusivo della composizione negoziata ed esso è pubblicato nel Registro delle imprese a maggio 2023, la nota di variazione IVA in diminuzione deve essere emessa entro il 30 aprile 2024 (termine per presentare la dichiarazione relativa al 2023).

A norma dell’art. 23 comma 2 del Dlgs. 14/2019, invece, è previsto che se all’esito delle trattative non è individuata una soluzione tra quelle di cui al comma 1, in alternativa, l’imprenditore può domandare l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli artt. 57, 60 e 61 del medesimo Dlgs.

Sotto quest’ultimo profilo, la novella del 2023 ha una portata forse minore rispetto alle note di variazione, se si considera che l’omologazione degli accordi già rientrava nella previsione di cui all’art. 26 comma 3-bis del Dpr 633/72, con effetto “dalla data del decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis del Rd 267/42”.

È possibile, però ritenere che la norma intenda, da un lato, chiarire che il dies a quo per l’emissione della nota di variazione è quello di pubblicazione nel Registro delle imprese e, dall’altro, dissipare i dubbi sulla circostanza che la variazione sia ammessa in tutte le fattispecie degli accordi di ristrutturazione dei debiti: non solo ai sensi dell’art. 57 del Dlgs. 14/2019 (vale a dire l’art. 182-bis del Rd 267/42 espressamente citato dalla normativa IVA), ma anche ai sensi degli artt. 60 e 61 del Dlgs. 14/2019 (quest’ultime, peraltro, già previste agli artt. 182-novies e 182-septies del Rd 267/42).

Pur nel silenzio del legislatore, invece, dovrebbe essere riconosciuta l’applicazione della disciplina delle note di variazione sia nel concordato semplificato sia nel (nuovo) piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (“PRO”) ex art. 64-bis del Dlgs. 14/2019. Nel primo caso il dies a quo potrebbe individuarsi nel decreto ex art. 25-sexies commi 3 e 4 del DLgs. 14/2019 (mancando la fase di ammissione alla procedura); nel secondo, potrebbe ragionevolmente applicarsi il dies a quo dettato per il concordato preventivo ossia la data in cui è pronunciato il decreto di cui al comma 4
dell’art. 64-bis del Dlgs. 14/2019.
 

(MF/ms)




Crisi di impresa: gli adempimenti richiesti dalla relativa legge di riforma

La riforma della crisi d’impresa (Dlgs. n. 14/2019) ha introdotto una serie di misure volte a sensibilizzare gli organi di amministrazione e di controllo delle società, obbligandoli ad attuare procedure codificate per la rilevazione tempestiva della crisi d’impresa.

In particolare l’art. 2086 c.c. pone a carico dell’imprenditore che operi in forma societaria o collettiva:

  • Il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi;
  • Il dovere di attivarsi per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale;
  • l’obbligo di mantenere adeguati assetti organizzativi, valutandone l’adeguatezza periodicamente.
 
Non esiste una precisa indicazione di quale sia l’assetto più adeguato per una impresa, sulla base della sua natura e dimensione. Normalmente si considera che l’obiettivo imposto dall’art. 2086 c.c. possa essere raggiunto attraverso le seguenti misure minime:
  • la stesura di un organigramma delle varie funzioni aziendali con la divisione delle mansioni e delle responsabilità;
  • l’istituzione di un’adeguata pianificazione finanziaria con previsioni degli incassi e pagamenti dei 6 mesi successivi;
  • la stesura di bilanci di previsione (budget mensili e piani triennali) per analizzare gli scostamenti con i consuntivi;
  • il calcolo degli indicatori patrimoniali, economici e finanziari sia consuntivi sia preventivi;
  • l’analisi dei principali rischi che incombono sull’impresa e che possono minare la continuità aziendale (risk management);
  • il monitoraggio del superamento delle soglie relative a eventuali mancati pagamenti nei confronti dei cosiddetti creditori istituzionali
  • il monitoraggio della Centrale Rischi Banca d’Italia;
  • la formalizzazione di reporting interni da conservare agli atti anche ai fini di prova.
 
Le attività da porre in essere sono diverse e potrebbero apparire molto impegnative per realtà quali micro o piccole imprese.

In particolare, anche nelle imprese più piccole, è ritenuto necessario adottare, per esempio, adeguati strumenti a supporto del controllo di gestione, tra cui:

  • la predisposizione di bilanci infrannuali;
  • la costruzione di un budget di cassa;
  • la costruzione di un budget economico.
 
Con la redazione delle situazioni di verifica infrannuali l’impresa potrà verificare i principali scostamenti rispetto alla situazione periodica relativa al corrispondente periodo dell’esercizio precedente, determinare alcuni indicatori chiave del risultato aziendale (key performance indicators), verificandone l’andamento storico, e verificare il superamento degli indicatori settoriali di crisi introdotti dalla riforma sulla crisi di impresa (ove necessario il calcolo).

Con il budget di cassa (o di tesoreria), l’impresa redige un piano finanziario che evidenzia i flussi finanziari prospettici, rappresentando le entrate e le uscite finanziarie attese dell’impresa e quindi la capacità di far fronte ai propri impegni finanziari pianificati.

Il Codice della crisi specifica che la verifica della sostenibilità del debito debba essere effettuata per almeno i 6 mesi successivi e in tal senso il budget di tesoreria consente all’imprenditore di verificare l’evoluzione delle disponibilità liquide (o deficit di cassa) mese per mese e consente altresì la determinazione del DSCR (debt service coverage ratio), uno dei principali e più utilizzati indici di bancabilità di un’impresa.

Il budget annuale è infine lo strumento che guida l’imprenditore al raggiungimento degli obiettivi prefissati di gestione.

Le situazioni di verifica infrannuali consentiranno poi l’analisi degli scostamenti rispetto alle previsioni iniziali di budget, suggerendo eventuali interventi. Questo approccio consente di adeguare velocemente gli obiettivi da raggiungere, le azioni/correzioni da intraprendere, i fabbisogni finanziari necessari a sostenere la crescita.
 
Il Codice prevede, sempre a carico degli amministratori, anche l’obbligo di mantenere adeguati assetti organizzativi, valutandone l’adeguatezza almeno ogni sei mesi.

Per effetto di tale obbligo anche gli amministratori delegati delle S.r.l. hanno oggi il dovere di “Riferire al Consiglio di amministrazione (e al Collegio sindacale ove presente) con la periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso almeno ogni 6 mesi, sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche effettuate dalla società (o delle sue controllate).”.

Dal punto di vista operativo, l’informativa relativa al secondo semestre di ciascun anno potrà essere fornita nella relazione sulla gestione del bilancio annuale (in caso di bilancio abbreviato, con esonero della relazione sulla gestione, l’informativa potrà essere fornita nel verbale del Consiglio di amministrazione che approva il progetto di bilancio annuale), mentre l’informativa relativa al primo semestre di ciascun anno va formalizzata con verbale apposito da trascrivere sul libro delle adunanze del Consiglio di amministrazione generalmente entro il 30 settembre di ogni anno.
 
Ricordiamo che se gli amministratori non operano al fine di predisporre gli adeguati assetti si è in presenza di un grave inadempimento.

Gli amministratori potrebbero dover rispondere col proprio patrimonio per il mancato pagamento dei debiti dell’impresa in quanto, non avendo adottato adeguati assetti, non hanno vigilato sull’arrivo della crisi e non si sono pertanto attivati per affrontarla.
 
Alleghiamo, come esempio e spunto di riflessione, l’estratto di un verbale di Consiglio di amministrazione per una piccola società a responsabilità limitata con organizzazione contabile autonoma (il modello è adattabile ad ogni tipo di impresa).

(MF/ms)
 


 
 




Webinar: “La composizione negoziata della crisi: come utilizzare gli strumenti a disposizione?”

Unioncamere Lombardia organizza per giovedì 5 marzo, ore 10.30, il webinar dedicato al nuovo diritto della crisi d’impresa  (D.LGS. n. 118/2021 – L.147/2021). 
 
L’evento, dal titolo “La Composizione Negoziata della crisi: come utilizzare gli strumenti a disposizione?”, è in programma online.

Per maggiori informazioni cliccare qui.

Per partecipare è necessario iscriversi cliccando qui.

 
(MP/am)