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Entro il 30 aprile 2024 la dichiarazione annuale Iva

Entro il prossimo 30 aprile dovrà essere presentato il modello IVA 2024, relativo al 2023, come dispone l’art. 8 comma 1 del DPR 322/98.

Il termine di presentazione della dichiarazione annuale IVA rappresenta altresì il limite temporale per l’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta, posto che, ai sensi dell’art. 19 comma 1 del DPR 633/72, esso è esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui tale diritto è sorto.

Come illustrato nella circ. Agenzia delle Entrate n. 1/2018, il predetto anno è da individuarsi sulla base del momento in cui si è verificato il duplice presupposto:

  • dell’esigibilità dell’imposta;
  • del possesso della fattura d’acquisto da parte del cessionario o committente.
Per gli acquisti di beni e/o servizi il cui diritto alla detrazione dell’IVA è sorto nel 2023 (poiché in tale anno si è realizzata l’esigibilità dell’imposta ed è stata ricevuta la fattura), dunque, il diritto medesimo può essere esercitato presentando la dichiarazione IVA riferita al 2023 – senza sanzioni – entro il 30 aprile 2024.

A tal proposito, può essere utile ricordare che il documento che non sia stato registrato nel corso del 2023, non concorrendo alla liquidazione periodica relativa al mese di ricezione, né a quelle successive (entro il mese di dicembre), potrà ancora essere annotato nel periodo tra il 1° gennaio 2024 e il 30 aprile 2024 in un’apposita sezione del registro IVA degli acquisti, riferita alle fatture ricevute nell’anno precedente (si veda la menzionata circ. Agenzia delle Entrate n. 1/2018).

Esemplificando, il soggetto passivo che paghi un compenso per una prestazione di servizi a ottobre del 2023 e, nello stesso mese, riceva la fattura emessa dal fornitore senza procedere alla sua registrazione entro dicembre 2023, avrà ancora tempo fino al prossimo 30 aprile per esercitare la detrazione.

Allo stesso modo, l’IVA relativa a una fornitura di beni consegnati a novembre 2023, documentati con fattura differita emessa il 15 dicembre 2023 e ricevuta nella stessa data dall’acquirente (che non ha ancora provveduto alla sua annotazione), potrà comunque essere portata in detrazione nel quadro VF della dichiarazione annuale che dovrà essere presentata a breve.

Nel caso in cui il documento ricevuto venga annotato, ma non sia esercitato il diritto alla detrazione entro il termine anzidetto, il recupero dell’imposta potrà avvenire esclusivamente presentando una dichiarazione IVA integrativa “a favore” (art. 8 comma 6-bis del DPR 322/98), entro il 31 dicembre 2029.

Quanto esposto non vale per le fatture che siano state ricevute a inizio 2024, relative a operazioni la cui esigibilità si è verificata nel 2023.

In questa evenienza l’esercizio del diritto alla detrazione è possibile sino alla dichiarazione IVA relativa al 2024 (vale a dire l’anno in cui si è verificata la contemporanea presenza dei due presupposti: sostanziale, già presente nel 2023, e formale) e, pertanto, entro il 30 aprile 2025.

Una particolare circostanza su cui si è espressa l’Amministrazione finanziaria è relativa al mancato ricevimento della fattura d’acquisto per un problema legato al canale telematico del soggetto passivo. In tal caso, la fattura elettronica viene messa a disposizione del destinatario nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate e il fornitore, avvisato dal Sistema di Interscambio, ne dà comunicazione al cliente. 

Nella risposta a interpello n. 435/2023 è stato chiarito che, nella fattispecie, la data di ricezione del documento corrisponde al momento in cui il cessionario o committente ne prende visione, ma che tale azione non può essere arbitrariamente procrastinata, posto che ciò comporterebbe un indebito rinvio dei termini per l’esercizio del diritto alla detrazione.

Criteri specifici per le importazioni

Alcune precisazioni si rendono opportune quanto al termine ultimo per l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA riferita alle importazioni.

In merito al requisito del possesso del documento d’acquisto, dopo la soppressione del DAU (c.d. bolletta doganale), la prassi amministrativa ha reso noto che:

  • il documento idoneo a esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA assolta all’importazione è il prospetto di riepilogo ai fini contabili, reso disponibile accedendo al servizio “Gestione documenti – Dichiarazioni doganali” del sito dell’Agenzia delle Dogane (circ. Agenzia delle Dogane e dei Monopoli n. 22/2022);
  • non è possibile avvalersi, per l’esercizio del diritto alla detrazione, del documento di cortesia rilasciato dagli spedizionieri, essendo il relativo contenuto di carattere discrezionale (risposta a interpello n. 417/2022).
Mutuando i principi già affermati per l’individuazione del possesso delle fatture d’acquisto “interne”, è possibile concludere che il termine a decorrere dal quale esercitare il diritto alla detrazione venga a coincidere con il momento in cui è generato il menzionato prospetto di riepilogo ai fini contabili, della cui messa a disposizione l’importatore nazionale è a conoscenza.

 

(MF/ms)




Saldo IVA 2023

Il prossimo 18 marzo scade il termine ordinario per il versamento in un’unica soluzione, senza maggiorazioni, del saldo IVA che emerge dalla dichiarazione annuale per il 2023.

È possibile, peraltro, versare quanto dovuto avvalendosi anche di altre modalità.

Il saldo IVA relativo all’intero periodo d’imposta è determinato attraverso la liquidazione annuale effettuata nel quadro VL della dichiarazione.

Quest’ultimo riepiloga le operazioni che sono confluite nelle liquidazioni periodiche tenuto conto, fra l’altro, dei versamenti e delle compensazioni operate, dell’utilizzo dei crediti riportati dall’anno precedente e dei rimborsi infrannuali chiesti.

Il versamento deve essere effettuato se d’importo superiore a 10,33 euro (art. 3 del DPR 126/2003).

In linea generale, il saldo IVA a debito deve essere versato, in unica soluzione, entro il 16 marzo di ciascun anno ovvero entro il primo giorno lavorativo successivo, se il 16 marzo cade di sabato o in un giorno festivo (art. 6 del DPR 542/99).

Ai sensi della stessa disposizione, il versamento si può effettuare anche entro il termine stabilito per le imposte sui redditi (30 giugno ex art. 17 comma 1 del DPR 435/2001), maggiorando le somme da versare dello 0,4% di interessi per ogni mese o frazione di mese successivo al 16 marzo.

Il pagamento può essere ulteriormente differito al trentesimo giorno successivo, rispetto al termine di versamento senza interessi relativo alle imposte sui redditi, corrispondendo la maggiorazione dello 0,4% da applicare sull’importo dovuto, al netto delle compensazioni, già precedentemente maggiorato (art. 17 comma 2 del DPR 435/2001).

In sintesi, quindi, il saldo IVA per il 2023 può essere versato entro:

  • il 18 marzo 2024 (in quanto il 16 marzo è sabato), termine ordinario;
  • il 1° luglio 2024 (poiché il 30 giugno è domenica), con la maggiorazione dello 0,4% di interessi per ogni mese o frazione di mese successivo al termine ordinario (quindi maggiorazione pari all’1,6%);
  • il 31 luglio 2024, con l’ulteriore maggiorazione dello 0,4%, calcolata anche sulla precedente (maggiorazione complessiva pari al 2,0064%).
In caso di versamento in un’unica soluzione, il modello F24 è compilato indicando:
  • con il codice tributo “6099”, l’ammontare dell’imposta dovuta, aumentato dell’eventuale maggiorazione prevista per il differimento dei versamenti;
  • nel campo relativo alla rateazione, il codice “0101”, tenuto conto che le prime due cifre indicano il numero della rata oggetto del pagamento e le altre due cifre sono riferite al numero di rate complessivo.
Il versamento del saldo IVA può essere anche rateizzato, in rate mensili di pari importo, completando la rateazione entro il 16 dicembre dell’anno in cui è presentata la dichiarazione (art. 20 comma 1 del DLgs. 241/97, come recentemente modificato dall’art. 8 del DLgs. 1/2024).

Con riguardo al versamento del saldo IVA per il 2023, dunque, il numero delle rate non può essere superiore a:

  • 10 rate, per pagamenti iniziati entro il 18 marzo 2024;
  • 7 rate, per pagamenti iniziati entro il 1° luglio 2024;
  • 6 rate, per pagamenti iniziati entro il 31 luglio 2024.
Sono dovuti gli interessi mensili (0,33%) a partire dalla seconda rata (art. 5 comma 1 del DM 21 maggio 2009).

Si ricorda che il computo dei giorni è effettuato in base all’anno commerciale (tutti i mesi si considerano di 30 giorni) e che l’eventuale pagamento anticipato, rispetto alla scadenza della rata, non riduce l’interesse dovuto.

Qualora il giorno di versamento della rata cada di sabato o in un giorno festivo, nel calcolo degli interessi non deve essere considerato l’eventuale differimento al primo giorno lavorativo successivo (circ. Agenzia delle Entrate nn. 48/2001 e 50/2002).

Termine ad hoc per il concordato preventivo biennale

Ai sensi dell’art. 37 del DLgs. 13/2024, per il primo anno di applicazione del concordato preventivo biennale, i soggetti esercenti attività per le quali sono stati approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA) e che dichiarano ricavi o compensi non superiori al limite stabilito possono effettuare i versamenti risultanti dalla dichiarazione IVA, che scadrebbero in data 30 giugno 2024 (rectius 1° luglio 2024), entro il 31 luglio 2024 senza alcuna maggiorazione.

La disposizione, relativa anche ai versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi e IRAP, si applica altresì:

  • ai soggetti che presentano cause di esclusione dagli ISA, compresi quelli che adottano il regime di vantaggio (art. 27 comma 1 del DL 98/2011, conv. L. 111/2011) e quelli che applicano il regime forfetario (art. 1 comma 54-86 della L. 190/2014);
  • ai soggetti che partecipano a società, associazioni e imprese, i quali dichiarano redditi “per trasparenza” ai sensi degli artt. 5, 115 e 116, del TUIR.
Per l’IVA sembra comunque dovuta la maggiorazione dell’1,6% di interessi per il periodo che intercorre dal 18 marzo al 30 giugno 2024. 
 

(MF/ms)




Credito Iva 2023: regole per utilizzo

Qualora dalla dichiarazione IVA per il 2023 emerga un credito, è essenziale valutarne tempestivamente la destinazione al fine di porre in essere gli adempimenti necessari. In determinate circostanze, infatti, può non essere sufficiente la mera presentazione del modello se esso non viene accompagnato dal visto di conformità da parte di un soggetto abilitato (o dalla sottoscrizione alternativa da parte dell’organo deputato alla revisione legale dei conti ex art. 2409-bis c.c.).

In presenza di debiti relativi ad altri tributi o contributi, può essere conveniente destinare il credito IVA annuale alla compensazione “orizzontale” nell’ambito del modello F24.

Se il credito IVA che s’intende compensare è di importo pari o inferiore a 5.000 euro annui, non sono previsti particolari vincoli.

Se, invece, l’importo annuo destinato alla compensazione “orizzontale” supera i 5.000 euro, l’art. 10 del DL 78/2009 (conv. L. 102/2009) impone la preventiva presentazione, in via telematica, del modello IVA dal quale emerge il credito, munito del visto di conformità (o della sottoscrizione alternativa), al fine di attestare:

  • la verifica della regolare tenuta e conservazione delle scritture contabili ai fini IVA;
  • la verifica della corrispondenza dei dati esposti in dichiarazione alle risultanze delle scritture contabili e di queste ultime alla relativa documentazione.
Inoltre, la compensazione “orizzontale” è ammessa solo a decorrere dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione IVA (art. 17 comma 1, ultimo periodo, del DLgs. 241/97).

Per cui, ad esempio, per compensare “orizzontalmente” il credito IVA relativo al 2023 (per un importo superiore a 5.000 euro annui) con i debiti tributari e contributivi in scadenza il 18 marzo 2024, la dichiarazione munita del visto di conformità dovrà essere presentata entro l’8 marzo 2024.

La soglia per l’obbligo di apposizione del visto di conformità in alcuni casi può essere elevata 50.000 euro annui (rispetto all’importo base pari a 5.000 euro).

È questo il caso delle “start up innovative” di cui all’art. 25 del DL 179/2012, limitatamente al periodo di iscrizione nella sezione speciale del Registro delle imprese.

A livello più generale, si applica la soglia di 50.000 euro annui per i soggetti passivi che hanno raggiunto specifici livelli di affidabilità ISA.

Per il credito IVA maturato nel 2023, detti livelli sono stati definiti dal provv. Agenzia delle Entrate n. 140005/2023 e sono pari a 8 (per il 2022) oppure a 8,5 (media semplice dei livelli per il 2021 e il 2022).

Il richiamato limite di 50.000 euro, per i soggetti che soddisfano determinati livelli di affidabilità secondo gli ISA, è stato innalzato a 70.000 euro annui, ai sensi dell’art. 14 del DLgs. 1/2024 (c.d. DLgs. “Adempimenti”).

Come rilevato anche da Assonime nella recente circolare n. 3/2024, tuttavia, l’operatività della soglia di 70.000 euro, rilevante ai fini dell’obbligo di apposizione del visto di conformità, è subordinata a un provvedimento attuativo dell’Agenzia delle Entrate, che definisca i livelli di affidabilità fiscale al ricorrere dei quali il nuovo importo è applicabile.

Per queste ragioni, le istruzioni al modello IVA per il 2023 continuano a riferirsi alla soglia di 50.000 euro annui e ai livelli di affidabilità definiti nel predetto provv. Agenzia delle Entrate n. 140005/2023.

Alternativamente alla compensazione “orizzontale”, il credito IVA emergente dalla dichiarazione per il 2023 può essere chiesto a rimborso.

Per i rimborsi, il limite al di sopra del quale è dovuto il visto di conformità sulla dichiarazione è, in via ordinaria, pari a 30.000 euro annui (ma, come per le compensazioni, la soglia è innalzata a 50.000 euro se sono soddisfatti i menzionati livelli di affidabilità ISA).

Nel caso dei rimborsi, il visto di conformità può essere sostituito dalla prestazione di un’apposita garanzia patrimoniale (di durata pari a 3 anni o al periodo mancante alla decadenza dell’accertamento).

Soltanto per le domande di rimborso, si rende necessaria anche una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante il possesso di specifici requisiti, ossia che:

  • il patrimonio netto non è diminuito, rispetto all’ultimo periodo d’imposta, di oltre il 40% e che la consistenza degli immobili non si è ridotta di oltre il 40%; l’attività non è cessata né si è ridotta per effetto di cessioni di aziende;
  • non sono state cedute azioni o quote per un importo superiore al 50% del capitale sociale (nel caso di rimborsi chiesti da società di capitali non quotate);
  • sono stati eseguiti i versamenti dei contributi previdenziali e assicurativi.
Si segnala, in ultimo, che, al ricorrere di determinate condizioni “di rischio”, l’esecuzione del rimborso è comunque vincolata alla prestazione della garanzia patrimoniale. Trattasi delle domande presentate in sede di cessazione dell’attività oppure da soggetti che esercitano attività d’impresa da meno di 2 anni (eccetto le c.d. “start up innovative”) o da coloro che, nei 2 anni antecedenti alla richiesta, hanno ricevuto la notifica di avvisi di accertamento al di sopra di specifiche soglie.

(MF/ms)