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“Trasparenza lavoro”: nuovi obblighi in materia di informazione ai dipendenti e prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro

Si segnala che nella Gazzetta Ufficiale n. 176 del 29 luglio 2022 è stato pubblicato il Decreto Legislativo 27 giugno 2022, n. 104, attuativo della Direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione Europea.
Il decreto in esame, che entra in vigore il 13 agosto 2022, prevede, in estrema sintesi:
  • nuovi oneri informativi nei confronti dei lavoratori subordinati e parasubordinati (capo II
  • prescrizioni minime in relazione alle condizioni di lavoro (capo III
  • una protezione contro i licenziamenti o le conseguenze sfavorevoli connessi all’esercizio dei diritti previsti dal decreto stesso (capo IV).
 
Ambito di applicazione
Il nuovo provvedimento legislativo si applica:
  • ai contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato e determinato, anche a tempo parziale;
  • al contratto di lavoro a scopo di somministrazione;
  • al contratto di lavoro intermittente;
  • ai rapporti di collaborazione con prestazione prevalentemente personale e continuativa organizzata dal committente, ai quali – ai sensi dell’art. 2, comma 1, del Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81 – si applica la disciplina del lavoro subordinato;
  • ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
  • al contratto di prestazione occasionale, di cui all’art. 54-bis del Decreto-Legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 giugno 2017, n. 96;
  • ai rapporti di lavoro domestico (ad eccezione delle disposizioni relative alla richiesta di transizione a rapporti più stabili e sicuri e alla formazione obbligatoria).
 
Sono invece esclusi dal campo di applicazione del decreto:
  • i rapporti di lavoro autonomo non integranti rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;
  • i rapporti di lavoro caratterizzati da un tempo di lavoro predeterminato ed effettivo di durata pari o inferiore a una media di tre ore a settimana in un periodo di riferimento di quattro settimane consecutive. E’ considerato nella media delle tre ore il tempo di lavoro prestato in favore di tutti i datori di lavoro che costituiscono uno stesso gruppo di imprese.
 
Informazioni sul rapporto di lavoro (articoli 4 e 5)
L’art. 4 ha modificato il Decreto Legislativo 26 maggio 1997, n. 152, relativo alle informazioni che il datore di lavoro è tenuto a comunicare al lavoratore.
Si premette che, in base a quanto indicato nell’art. 3, le informazioni sono comunicate in formato cartaceo oppure elettronico, sono conservate e rese accessibili al lavoratore ed il datore di lavoro ne conserva la prova della trasmissione o della ricezione per la durata di 5 anni dalla conclusione del rapporto di lavoro.
 
Finora le informazioni riguardavano:
  • l’identita’ delle parti;
  •  il luogo di lavoro e la sede o il domicilio del datore di lavoro;
  • la data di inizio del rapporto di lavoro;
  • la durata del rapporto di lavoro, precisando se si tratta di rapporto di lavoro a tempo determinato o indeterminato;
  • la durata del periodo di prova se previsto;
  • l’inquadramento, il livello e la qualifica attribuiti al lavoratore, oppure le caratteristiche o la descrizione sommaria del lavoro;
  • l’importo iniziale della retribuzione e i relativi elementi costitutivi, con l’indicazione del periodo di pagamento;
  • la durata delle ferie retribuite cui ha diritto il lavoratore;
  • l’orario di lavoro;
  • i termini del preavviso in caso di recesso.
 
Ora, invece, il Decreto Legislativo n. 152/1997 impone maggiori oneri di informazione.
L’art. 1, nel testo modificato dal Decreto Legislativo n. 104/2022, prevede infatti che i datori di lavoro pubblici e privati siano tenuti a comunicare al lavoratore le seguenti informazioni:
a) l’identità delle parti ivi compresa quella dei co-datori in caso di codatorialità;
b) il luogo di lavoro. In mancanza di un luogo di lavoro fisso o predominante, il datore di lavoro comunica che il lavoratore è occupato in luoghi diversi, o è libero di determinare il proprio luogo di lavoro;
c) la sede o il domicilio del datore di lavoro;
d) l’inquadramento, il livello e la qualifica attribuiti al lavoratore o, in alternativa, le caratteristiche o la descrizione sommaria del lavoro;
e) la data di inizio del rapporto di lavoro;
f) la tipologia di rapporto di lavoro, precisando in caso di rapporti a termine la durata prevista dello stesso;
g) nel caso di lavoratori dipendenti da agenzia di somministrazione di lavoro, l’identità delle imprese utilizzatrici, quando e non appena sia nota;
h) la durata del periodo di prova, se previsto;
i) il diritto a ricevere la formazione erogata dal datore di lavoro, se prevista;
l) la durata del congedo per ferie, nonché degli altri congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore o, se ciò non può essere indicato all’atto dell’informazione, le modalità di determinazione e di fruizione degli stessi. (Su questo specifico punto si ritiene particolarmente opportuno un chiarimento da parte del Ministero del Lavoro in ordine alla portata della previsione, stante l’ampio numero di congedi retribuiti attualmente in essere);
m) la procedura, la forma e i termini del preavviso in caso di recesso del datore di lavoro o del lavoratore;
n) l’importo iniziale della retribuzione o comunque il compenso e i relativi elementi costitutivi, con l’indicazione del periodo e delle modalità di pagamento;
o) la programmazione dell’orario normale di lavoro e le eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla sua retribuzione, nonché le eventuali condizioni per i cambiamenti di turno, se il contratto di lavoro prevede un’organizzazione dell’orario di lavoro in tutto o in gran parte prevedibile;
p) se il rapporto di lavoro, caratterizzato da modalità organizzative in gran parte o interamente imprevedibili, non prevede un orario normale di lavoro programmato, il datore di lavoro informa il lavoratore circa:
1) la variabilità della programmazione del lavoro, l’ammontare minimo delle ore retribuite garantite e la retribuzione per il lavoro prestato in aggiunta alle ore garantite (v. anche oltre, il paragrafo sulla prevedibilità minima del lavoro);
2) le ore e i giorni di riferimento in cui il lavoratore è tenuto a svolgere le prestazioni lavorative;
3) il periodo minimo di preavviso a cui il lavoratore ha diritto prima dell’inizio della prestazione lavorativa e, ove ciò sia consentito dalla tipologia contrattuale in uso e sia stato pattuito, il termine entro cui il datore di lavoro può annullare l’incarico;
q) il contratto collettivo, anche aziendale, applicato al rapporto di lavoro, con l’indicazione delle parti che lo hanno sottoscritto;
r) gli enti e gli istituti che ricevono i contributi previdenziali e assicurativi dovuti dal datore di lavoro e qualunque forma di protezione in materia di sicurezza sociale fornita dal datore di lavoro stesso;
 
Termini di adempimento
Le informazioni eventualmente non contenute nel contratto individuale di lavoro (lettera di assunzione) o nella copia della comunicazione obbligatoria di avvio del rapporto sono in ogni caso fornite per iscritto al lavoratore entro i 7 giorni successivi all’inizio della prestazione lavorativa (si ricorda, peraltro, che il patto di prova deve essere sottoscritto dal lavoratore prima dell’inizio della prestazione lavorativa).
Le informazioni di cui alle lettere g), i), l), m), q) e r) sopra riportate possono essere fornite al lavoratore entro un mese dall’inizio della prestazione lavorativa. In caso di estinzione del rapporto di lavoro prima della scadenza del termine di un mese dalla data del suo inizio, al lavoratore deve essere consegnata, al momento della cessazione del rapporto stesso, una dichiarazione scritta contenente le informazioni, ove tale obbligo non sia stato già adempiuto. In caso di utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati, le informazioni di cui al citato art. 1-bis (v. oltre) devono essere rese prima dell’inizio dell’attività lavorativa o prima dell’utilizzo di tali sistemi.
 
Applicazione ai rapporti di lavoro già in corso
Le disposizioni del decreto in commento valgono anche per i rapporti già in corso. Per quanto riguarda specificamente i nuovi obblighi di informazione, l’art. 16 dispone che il
datore di lavoro o il committente, su richiesta scritta del lavoratore già assunto alla data del 1° agosto 2022 (ma il
decreto entra in vigore il 13 agosto 2022), è tenuto a fornire, aggiornare o integrare le informazioni entro 60 giorni.
 
Sanzioni
Il nuovo testo dell’art. 4 del Decreto Legislativo n. 152/1997 e l’art. 5, comma 4, inaspriscono l’apparato sanzionatorio connesso alle violazioni delle disposizioni in materia di informazioni ai lavoratori. La sanzione amministrativa, ora stabilita in una somma tra 250 euro e 1.500 euro per ogni lavoratore interessato, non è più conseguente all’inottemperanza dell’ordine di comunicazione rivolto dall’Ispettorato del Lavoro al datore di lavoro o committente, ma èapplicata direttamente, dopo i necessari accertamenti, da parte dell’Ispettorato, al quale il lavoratore abbia denunciato il
mancato, ritardato, incompleto o inesatto assolvimento degli obblighi di cui al Decreto Legislativo n. 152/1997.
 
PRESCRIZIONI MINIME RELATIVE ALLE CONDIZIONI DI LAVORO (articoli 7-11)
 
Durata massima del periodo di prova
L’art. 7 prevede che:
  • nei casi in cui è previsto il periodo di prova, questo non possa essere superiore a sei mesi, salva la durata inferiore prevista dalle disposizioni dei contratti collettivi;
  • nel rapporto di lavoro a tempo determinato, il periodo di prova è stabilito in misura proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell’impiego;
  • nell’ipotesi di rinnovo di un contratto di lavoro per lo svolgimento delle stesse mansioni, il rapporto di lavoro non può essere soggetto ad un nuovo periodo di prova;
  • la malattia, l’infortunio, il congedo di maternità o paternità obbligatori prolungano il periodo di prova in misura corrispondente alla durata dell’assenza.
 
Cumulo di impieghi
Lart. 8 stabilisce che, fermo restando il divieto per il lavoratore di trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, e di divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo pregiudizievole per la stessa (art. 2105 del Codice civile), il datore di lavoro non può vietare al lavoratore lo svolgimento di altra attività lavorativa in orario esterno alla programmazione dell’attività lavorativa concordata, né per tale motivo riservargli un trattamento meno favorevole.
Il datore di lavoro, peraltro, può limitare o negare al lavoratore lo svolgimento di un altro e diverso rapporto di lavoro, qualora sussista una delle seguenti condizioni:
a) un pregiudizio per la salute e la sicurezza, ivi compreso il rispetto della normativa in materia di durata dei riposi;
b) la necessità di garantire l’integrità del servizio pubblico;
c) il caso in cui la diversa e ulteriore attività lavorativa sia in conflitto d’interessi con la principale, pur non violando il dovere di fedeltà di cui all’art. 2105 del Codice civile sopra richiamato.
Queste disposizioni si applicano anche ai rapporti di collaborazione coordinate e continuativa.
 
Formazione obbligatoria durante l’orario di lavoro
Secondo l’art. 11, quando il datore di lavoro è tenuto, in forza di previsioni di legge o di contratto individuale o collettivo, ad erogare ai lavoratori una formazione per lo svolgimento del lavoro per cui sono impiegati, tale formazione, da garantire gratuitamente a tutti i lavoratori, deve essere considerata come orario di lavoro e, ove possibile, deve svolgersi durante lo stesso. Tale prescrizione non riguarda la formazione professionale o la formazione necessaria al lavoratore per ottenere, mantenere o rinnovare una qualifica professionale, salvo che il datore di lavoro non sia tenuto a fornirla secondo la legge o la contrattazione collettiva.
Restano ferme le disposizioni di cui agli articoli 36 e 37 del Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, per quanto attiene all’informazione alla formazione e all’addestramento dei lavoratori e dei loro rappresentanti in tema di salute e sicurezza sul lavoro.
 
Risoluzione delle controversie e protezione dei lavoratori
Gli articoli 12, 13 e 14 stabiliscono:
  • la possibilità di rapida risoluzione delle controversie nascenti dall’applicazione dei diritti stabiliti dal decreto in commento, consentendo, in alternativa al ricorso alle autorità giudiziaria e amministrativa, l’accesso alle ordinarie forme di conciliazione stragiudiziale, quali ad esempio il tentativo di conciliazione avanti alla Commissione di conciliazione presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro o la conciliazione in sede sindacale, nella quale le parti sono assistite dalle rispettive associazioni di rappresentanza (art. 12
  • la tutela contro comportamenti ritorsivi o che, comunque, abbiano determinato effetti sfavorevoli nei confronti dei lavoratori o dei loro rappresentanti, che abbiano presentato un reclamo al datore di lavoro o che abbiano promosso un procedimento, anche non giudiziario, al fine di garantire il rispetto dei diritti previsti dal decreto in esame.
Ferma ogni conseguenza prevista dalla legge derivante dall’invalidità dell’atto ritorsivo, salvo che il fatto costituisca reato, è prevista l’applicazione, da parte dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro, della sanzione amministrativa da 250 euro a 1500 euro;
  • il divieto di licenziamento e di trattamenti pregiudizievoli del lavoratore conseguenti all’esercizio dei diritti previsti dal decreto in commento e in generale dal Decreto Legislativo n. 152/1997. I lavoratori estromessi dal rapporto o comunque destinatari di misure equivalenti al licenziamento adottate nei loro confronti dal datore di lavoro o dal committente possono fare espressa richiesta al medesimo dei motivi delle misure adottate. Il datore di lavoro (o il committente) deve fornire, per iscritto, tali motivi entro 7 giorni dall’istanza. Qualora il lavoratore faccia ricorso all’autorità giudiziaria competente, lamentando la violazione dei predetti divieti, incombe sul datore di lavoro o sul committente l’onere di provare che i motivi addotti a fondamento del licenziamento o degli altri provvedimenti equivalenti adottati a carico del lavoratore non siano riconducibili all’esercizio dei diritti garantiti dal Decreti Legislativi n. 104/2022 o n. 152/1997 come modificato dal primo.
 
Nell’allegarne alla presente nota il testo, si fa riserva di ulteriori approfondimenti, anche ad esito degli auspicati interventi di chiarimento da parte degli Enti competenti.
 
(FV/fv)