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Il registro dei titolari effettivi rimane in stand by

A quasi un anno dalla prima sospensione del Registro dei titolari effettivi (a opera del TAR del Lazio) rimangono ancora senza risposta i dubbi relativi alle comunicazioni da effettuare allo stesso, sollevati da diverse associazioni fiduciarie.

Infatti, in considerazione delle numerose incertezze interpretative attinenti alla normativa europea in materia e alla relativa declinazione nazionale nell’ambito del DLgs. 231/2007, il Consiglio di Stato, da cui si aspettava proprio in questi giorni una decisione – a fronte della sospensione del Registro dello scorso 17 maggio – ha diffuso il 15 ottobre un’ordinanza (la n. 8248) con cui, “stante la delicatezza delle questioni involte”, ha sospeso il giudizio, rimettendo sei questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia europea.

dubbi interpretativi riguardano:

  • la nozione di “istituti giuridici” di cui alla direttiva (Ue) 2015/849, come modificata dalla direttiva (Ue) 2018/843;
  • la portata normativa o ricognitiva dell’individuazione degli istituti giuridici affini effettuata dal legislatore nazionale e verificata dalla Commissione europea;
  • l’affinità dell’assetto e delle funzioni del mandato fiduciario stipulato dalle società fiduciarie a quelli del trust;
  • la proporzionalità della ricomprensione del mandato fiduciario tra gli istituti giuridici affini per assetto o funzioni al trust;
  • l’invalidità di alcune disposizioni della direttiva (Ue) 2015/849 per contrarietà agli artt. 114 e 288, § 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (“TFUE”) e al “principio dell’effetto utile”;
  • la conformità degli artt. 21 comma 4 lett. d-bis) del DLgs. 231/2007 e 7 comma 2 del DM 55/2022 alla direttiva (Ue) 2015/849, alla luce delle indicazioni fornite dalla sentenza della Corte di Giustizia Ue del 22 novembre 2022, cause riunite C-37/20 e C-601/20.
Con riguardo al primo punto viene chiesto se la nozione di “istituiti giuridici” debba essere “interpretata nel senso che essa si riferisce, in conformità a quanto evincibile dalle altre versioni linguistiche principali e dal contesto e dalle finalità della direttiva, alla sussistenza di una unione organica delle norme e dei principi che regolano un fenomeno sociale, o, invece, a una concreta e specifica operazione economico-giuridica o, ancora, a tipologie di operazioni economico-giuridiche valutate secondo le loro caratteristiche sostanziali, che abbiano, in ogni caso, assetto o funzioni affini a quelli dei trust”.

Sul secondo punto il Consiglio di Stato chiede se l’art. 31 § 10 della direttiva (Ue) 2015/849 debba essere interpretato nel senso che le notifiche effettuate dagli Stati membri e la relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio non abbiano valenza normativa vincolante, ma siano da considerarsi atti meramente ricognitivi degli istituti giuridici affini ai trust presenti nei vari ordinamenti. In tal caso, non potendosi ritenere tali atti integrativi del diritto unionale vincolante, spetterebbe al giudice nazionale e alla Corte di Giustizia Ue verificare, in caso di contestazione, la sussistenza di tale affinità rispetto ai trust dell’assetto o delle funzioni di tali istituti alla luce delle sole disposizioni della direttiva.

Con riferimento al terzo e al quarto quesito si chiede se specifici articoli e considerando delle direttive (Ue) 2015/849 e 2018/843 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano alle norme del DLgs. 231/2007 che ricomprendono tra gli istituti giuridici che hanno un assetto e funzioni affini a quelli dei trust i mandati fiduciari delle società fiduciarie; ciò sebbene l’attività di tali società sia sottoposta a una serie di obblighi e soggetta alla vigilanza di varie autorità nazionali (secondo il Consiglio di Stato, in contrasto con quanto prospettato dalle fiduciarie, non vi sarebbe alcun conflitto con la disciplina europea).

Con l’ultimo quesito viene, infine, chiesto se il consentire l’accesso ai dati dei titolari effettivi dei trust (e degli istituti giuridici affini) ai soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi diffusi, titolari di un interesse giuridico non solo rilevante e differenziato, ma anche corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata, sia conforme alla normativa europea, anche alla luce della citata sentenza della Corte di Giustizia Ue (secondo il Consiglio di Stato anche in tal caso, in contrasto con quanto prospettato dalle fiduciarie, l’attuale versione della disciplina nazionale non sarebbe in conflitto con la normativa europea).

A chiusura della decisione in esame, infine, il Consiglio di Stato, nel richiedere il “procedimento accelerato”, evidenzia come:

  • l’efficacia dei provvedimenti nazionali sia stata sospesa per la delicatezza della questione e in ragione del fatto che la mancata sospensione avrebbe obbligato tutte le società fiduciarie a rendere informazioni sui titolari effettivi in una situazione nella quale la sussistenza di tale obbligo non poteva essere affermata con certezza;
  • la decisione sulla sospensione abbia “limitato i propri effetti alle sole Società fiduciarie, sebbene i rappresentanti delle Amministrazioni appellate e della Camera di Commercio di Roma abbiano esposto … che questa situazione riguarderebbe l’intero sistema di attuazione della Direttiva del 2018”.
(MF/ms)



Registro dei titolari effettivi: operatività sospesa fino al 19 settembre

Con le ordinanze pubblicate il 17 maggio (nn. 1849, 1850, 1851, 1852 e 1853), il Consiglio di Stato ha accolto le richieste cautelari presentate da diverse associazioni fiduciarie contro le sentenze del TAR dello scorso 9 aprile, sospendendone l’esecutività, e ha fissato per la trattazione del merito dei ricorsi in appello le udienze pubbliche del 19 settembre 2024.

Come si ricorderà, una prima sospensione del Registro era avvenuta a pochi giorni dalla scadenza originaria fissata all’11 dicembre 2023, a causa dell’ordinanza n. 8083/2023, emessa il 7 dicembre dalla sezione quarta del TAR del Lazio, che aveva accolto l’istanza cautelare di sospensione presentata da diverse associazioni fiduciarie nei confronti del MIMIT, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’Economia e delle finanze, nonché dell’Unione italiana delle Camere di commercio.

Il Tribunale amministrativo aveva successivamente dichiarato infondati tali ricorsi con le sentenze pubblicate il 9 aprile 2024.

Sulla questione Assofiduciaria era intervenuta con un comunicato diffuso il 24 aprile, dove rendeva noto di aver ricevuto la notizia che diverse Camere di Commercio, “in modo disorganico tra di loro”, dopo aver ricevuto la pratica telematica della titolarità effettiva in relazione a mandati fiduciari “standard” nella sezione speciale del Registro dei trust e degli istituti giuridici affini, avevano risposto comunicando il preavviso di rifiuto ai sensi dell’art. 10-bis della L. n. 241/1990, ovvero invitando a regolarizzare la comunicazione.

Nelle ordinanze pubblicate si sottolinea come le questioni prospettate dalle parti risultino di particolare complessità ed esigano “l’approfondimento proprio della fase di merito, in specie in relazione alle tematiche di conformità della normativa interna al diritto unionale”.

Inoltre, si legge nei documenti, in difetto di misura cautelare, i soggetti appellanti sarebbero onerati “del complesso di adempimenti previsti dalla normativa in questione e della rilevazione dei dati, attività che, all’esito della fase di merito, potrebbero risultare non legittimamente imposte”.

Le ordinanze del Consiglio di Stato in esame hanno importanti ricadute sotto il profilo strettamente operativo.

In primo luogo, è noto a tutti che in costanza della precedente sospensiva disposta dal TAR molte Camere di commercio territoriali hanno continuato ad accettare sia le pratiche di comunicazione che quelle di variazione della titolarità effettiva, consentendo in tal modo l’ulteriore popolamento del Registro.

È altrettanto noto che, a seguito della sentenza di rigetto emessa dal TAR lo scorso 9 aprile, il MIMIT ha fissato all’11 aprile 2024 la scadenza del termine per la trasmissione delle pratiche del titolare effettivo, di fatto creando i presupposti per l’applicazione delle sanzioni in misura ridotta per coloro i quali avessero effettuato la comunicazione nei 30 giorni successivi alla predetta scadenza.

La nuova sospensiva disposta dal Consiglio di Stato interviene dunque a termini scaduti.

È lecito chiedersi, di conseguenza, se le Camere di commercio siano legittimate ad accettare comunicazioni in pendenza del termine previsto per la decisione nel merito da parte del Consiglio di Stato oppure, come già avrebbero dovuto fare nelle more della precedente sospensiva, sospendere qualsivoglia operatività relativa al Registro.

Non va dimenticato, infatti, che la decisione pendente ha ad oggetto l’operatività stessa del Registro che, nel frattempo, continua però a popolarsi.

Quanto appena detto introduce un ulteriore tema di discussione in merito all’accreditamento per la consultazione, già attivo anche per alcune categorie professionali come, ad esempio, quella dei commercialisti: sotto questo aspetto ci si interroga sulla valenza assunta, pendente iudicio, dalle risultanze di un Registro a supporto degli adempimenti di adeguata verifica della clientela. Di conseguenza, è verosimile attendersi nell’immediato un’interruzione degli accessi al Registro.

Da ultimo, non sarà sfuggito ad aziende e commercialisti impegnati nelle attività di deposito dei bilanci che la possibilità di confermare i dati del titolare effettivo in tale occasione non è ancora operativa, in quanto non risulta disponibile il tasto “conferma” nell’applicativo DIRE. A parere di Infocamere ciò è coerente con la circostanza che la conferma contestuale al deposito del bilancio, che è una possibilità e non un obbligo, deve in ogni caso rispettare il termine dei 12 mesi dalla prima comunicazione o dall’ultima comunicazione di variazione o conferma.

Ne discende che laddove tale termine non sia rispettato le Camere di commercio potranno applicare la sanzione per deposito tardivo. In assenza del tasto “conferma”, il relativo adempimento può essere assolto facoltativamente con apposita pratica in DIRE, ovviamente previo pagamento dei diritti di segreteria.
 

(MF/ms)




Pile e accumulatori: comunicazione annuale quantità immesse nel 2023 entro il 31 marzo 2024

Dal 1° febbraio 2024 è attivo il portale per la presentazione della Comunicazione annuale sulle quantità di pile e accumulatori immesse sul mercato nel corso del 2023 da parte dei produttori iscritti al Registro Nazionale Pile e Accumulatori.

La scadenza per la presentazione della comunicazione, prevista dal D.lgs. 188 del 2008, è il 31 marzo 2024.

L’accesso alla “scrivania” deve essere effettuato mediante CNS o SPID intestati al legale rappresentante o altro soggetto precedentemente delegato; la funzione da selezionare è Comunicazione Pile.

Le informazioni richieste nonché le modalità di compilazione e trasmissione, sono rimaste immutate rispetto al 2023. Non è previsto il versamento di alcun diritto di segreteria. La comunicazione va presentata anche se l’impresa non ha immesso alcuna quantità sul mercato, indicando valori pari a zero.

Per approfondimenti, consultare l’informativa di Ecocamere.

(SN/am)




Bonus pubblicità 2023: entro il 9 febbraio 2024 l’invio della dichiarazione sostituiva

Ai fini del credito d’imposta per investimenti pubblicitari, i soggetti che hanno inviato la comunicazione per l’accesso, dovranno presentare la dichiarazione sostitutiva relativa agli investimenti pubblicitari realizzati nell’anno 2023 dal 9 gennaio al 9 febbraio 2024.

Le istruzioni per la compilazione del modello, nonché il sito dell’Agenzia delle Entrate nella sezione dedicata all’agevolazione, prevedono infatti che la dichiarazione sostitutiva relativa agli investimenti effettuati debba essere trasmessa dal 9 gennaio al 9 febbraio dell’anno successivo a quello agevolato, cioè a quello per il quale è stata presentata la comunicazione per l’accesso al credito d’imposta.

Per il 2023, la comunicazione doveva essere presentata a marzo 2023.

In linea generale, si ricorda che possono beneficiare del credito d’imposta le imprese (a prescindere dalla natura giuridica, dalla dimensione aziendale e dal regime contabile adottato), i lavoratori autonomi (ivi incluse quindi le professioni regolamentate) e gli enti non commerciali che effettuino i suddetti investimenti.

Quanto alla procedura per il riconoscimento del credito d’imposta per gli investimenti in campagne pubblicitarie (art. 57-bis del DL 50/2017 e successive modifiche; DPCM 16 maggio 2018 n. 90), i soggetti che hanno presentato la “comunicazione per l’accesso” al bonus pubblicità per l’anno 2023, per confermare la “prenotazione”, devono inoltrare la “dichiarazione sostitutiva relativa agli investimenti effettuati” nel suddetto periodo 9 gennaio-9 febbraio 2024.

Resta invariata la modalità per la presentazione del modello di dichiarazione sostitutiva telematica, che deve essere inviato tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, attraverso l’apposita procedura disponibile nella sezione dell’area riservata “Servizi per” alla voce “Comunicare”, accessibile con Sistema pubblico di identità digitale (SPID), Carta nazionale dei servizi (CNS) o Carta d’identità elettronica (CIE).

Quanto alla misura dell’agevolazione, dal 2023, il credito d’imposta spetta nella misura del 75% del valore incrementale degli investimenti effettuati in campagne pubblicitarie esclusivamente sulla stampa quotidiana e periodica, anche on line, nel limite massimo di spesa di 30 milioni di euro in ragione d’anno (art. 57-bis comma 1-quinquies del DL 50/2017, introdotto dall’art. 25-bis del DL 17/2022).

È stato infatti ripristinato il “regime agevolativo ordinario”, con il credito d’imposta concesso nella misura del 75% del valore incrementale degli investimenti effettuati e il presupposto dell’incremento minimo dell’1% dell’investimento pubblicitario, rispetto all’investimento dell’anno precedente, quale requisito per accedere all’agevolazione.

Tuttavia, non sono più agevolati gli investimenti pubblicitari effettuati sulle emittenti televisive e radiofoniche, analogiche o digitali.

Utilizzo in F24 dopo la pubblicazione dell’elenco degli ammessi

L’ammontare del credito d’imposta effettivamente fruibile da ciascun richiedente è poi stabilito con provvedimento del Dipartimento per l’informazione e l’editoria, pubblicato sul sito istituzionale del Dipartimento stesso.

Il credito d’imposta riconosciuto è utilizzabile esclusivamente in compensazione mediante il modello F24 (codice tributo “6900”), da presentare tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate a partire dal quinto giorno lavorativo successivo alla pubblicazione dell’elenco dei soggetti ammessi.

L’agevolazione spetta comunque nel rispetto del regime de minimis.
 

(MF/ms)




Operativo il registro dei titolari effettivi

È ufficialmente operativo il Registro dei titolari effettivi di imprese dotate di personalità giuridica e di persone giuridiche private (sezione autonoma), nonché di trust produttivi di effetti giuridici rilevanti a fini fiscali e di istituti giuridici affini al trust (sezione speciale). 

È stato, infatti, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 236 del 9 ottobre, il decreto del MIMIT 29 settembre 2023 che attesta l’operatività del sistema.

Ai sensi dell’art. 3 comma 6 ultimo periodo del DM 55/2022, le comunicazioni dei dati e delle informazioni sulla titolarità effettiva sono effettuate entro i sessanta giorni successivi alla pubblicazione del provvedimento attestante l’operatività del sistema.

Il termine, quindi, scadrebbe l’8 dicembre 2023, ma, trattandosi di giorno festivo, seguìto da un sabato e una domenica, slitta a lunedì 11 dicembre 2023.

Ciò in base all’art. 3 comma 2 del DPR 558/99, ai sensi del quale la presentazione delle domande al Registro delle imprese il cui termine cade di sabato o di giorno festivo è reputata tempestiva se effettuata il primo giorno lavorativo successivo.

Per comunicare i dati del titolare effettivo (ovvero della persona fisica alla quale, in ultima istanza, è attribuibile la proprietà diretta o indiretta dell’ente ovvero il relativo controllo) è possibile utilizzare l’applicativo DIRE (o le altre soluzioni di mercato) aggiornato con la modulistica ministeriale per la compilazione e l’invio delle istanze.

Occorre avere sottoscritto un contratto per l’utilizzo del servizio Telemaco, essere titolari di un dispositivo di firma digitale e di un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC).

La pratica di comunicazione della titolarità effettiva, firmata digitalmente dall’obbligato (ovvero, ad esempio, dagli amministratori di società di capitali), deve essere trasmessa da un soggetto abilitato all’invio telematico, che potrà essere l’obbligato stesso o un intermediario abilitato. Non è prevista la possibilità di delegare la firma dell’adempimento ad un professionista (che, comunque, potrà supportare l’obbligato nella compilazione e nell’invio della pratica).

L’omessa comunicazione delle informazioni sul titolare effettivo al Registro delle imprese è punita (ai sensi dell’art. 2630 c.c.) con la sanzione amministrativa da 103 a 1.032 euro (in capo a ciascun soggetto obbligato ex art. 5 della L. 689/1981). Se la comunicazione avviene nei trenta giorni successivi alla scadenza dei termini prescritti, la sanzione amministrativa pecuniaria è ridotta ad un terzo.

Si ricorda, inoltre, che l’art. 3 comma 6 del DM 55/2022 ha subordinato l’operatività del sistema alla predisposizione dei seguenti provvedimenti:

  • da parte di InfoCamere S.C.p.A., un disciplinare per definire misure tecniche e organizzative idonee a garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio, ai sensi dell’art. 32 del Regolamento 2016/679/Ue (o GDPR) e della vigente normativa nazionale in materia di protezione dei dati personali (ex art. 11 comma 3 del DM 55/2022). Disciplinare che risulta avere ricevuto il parere favorevole del Garante per la protezione dei dati personali (parere 14 settembre 2023 n. 397);
  • da parte del MIMIT, un decreto sui diritti di segreteria (ex art. 8 comma 1 del DM 55/2022). Si tratta del decreto 20 aprile 2023 (pubblicato sulla G.U. n. 149/2023);
  • sempre da parte del MIMIT, un decreto sulle specifiche tecniche del formato elettronico della comunicazione unica d’impresa, da utilizzare per le comunicazioni in questione (ex art. 3 comma 5 del DM 55/2022). Si tratta del decreto 12 aprile 2023 (pubblicato sulla G.U. n. 93/2023).
Inoltre, seppure non espressamente indicato tra i provvedimenti cui è subordinata l’operatività del sistema, è intervenuto anche il decreto MIMIT 16 marzo 2023 (pubblicato anch’esso sulla G.U. n. 149/2023), di approvazione dei modelli per il rilascio di certificati e copie anche digitali relativi alle informazioni sulla titolarità effettiva (ex art. 8 comma 3 del DM 55/2022).

Saranno da comunicare, con le medesime modalità ricordate, anche eventuali variazioni di dati e informazioni, entro trenta giorni dal compimento dell’atto che dà luogo alla variazione.

Inoltre, dati e informazioni comunicati saranno da confermare annualmente: entro dodici mesi dalla data della prima comunicazione o dall’ultima comunicazione di variazione o dall’ultima conferma. La conferma potrà essere presentata, per le società di capitali, contestualmente all’adempimento del deposito del bilancio, allegata alla relativa pratica.

Si tenga presente, infine, che i soggetti obbligati agli adempimenti antiriciclaggio, ivi inclusi i commercialisti, sono tenuti a segnalare tempestivamente alla Camera di Commercio territorialmente competente, mediante autodichiarazione resa ai sensi degli artt. 46 e 47 del DPR 445/2000, le eventuali difformità tra le informazioni sulla titolarità effettiva ottenute per effetto dalla consultazione del Registro delle imprese e quelle acquisite in sede di adeguata verifica della clientela (art. 6 comma 5 primo periodo del DM 55/2022). Tali segnalazioni sono consultabili dalle Autorità competenti garantendo, in ogni caso, l’anonimato dei soggetti obbligati segnalanti (art. 6 comma 5 secondo periodo del DM 55/2022).
 

(MF/ms)




Bonus edilizi: chiarimenti in merito allo sconto in fattura e cessione del credito

L’Agenzia delle Entrate il 7 settembre 2023 ha pubblicato la circolare n. 27/E con la quale ha fornito alcune precisazioni sulle novità apportate dal D.L. n. 11/2023 (cosiddetto decreto “Blocca cessioni”), con riferimento alla disciplina riguardante lo sconto in fattura, la cessione dei crediti d’imposta e altre disposizioni su bonus edilizi.
 
La nuova normativa
Il decreto “Blocca cessioni” (D.L. 16 febbraio 2023, n. 11, convertito con modifiche dalla Legge 11 aprile 2023, n. 38), ha previsto a decorrere dal 17 febbraio 2023, salvo le deroghe tassative disposte, che i beneficiari del Superbonus e degli altri bonus edilizi potranno fruire esclusivamente della detrazione ripartita su più anni d’imposta in sede di dichiarazione dei redditi, non potendo più esercitare l’opzione per lo sconto in fattura o per la cessione del credito.
 
Le deroghe previste

La circolare 7 settembre 2023, n. 27/E è quindi intervenuta chiarendo l’ambito applicativo delle ipotesi di deroga che il decreto ha previsto, a fronte del generale divieto di opzione.

Lo sconto in fattura e la cessione del credito risultano pertanto ancora possibili:

  • per le spese sostenute e documentate dal 1° gennaio 2022 per gli interventi relativi al superamento ed eliminazione delle barriere architettoniche;
  • per le spese sostenute per gli interventi ammessi al superbonus per i quali, alla data del 16 febbraio 2023, risulti:
    • presentata la Cila, per interventi diversi da quelli effettuati dai condomìni;
    • adottata la delibera assembleare di approvazione dei lavori e risulti presentata la Cila, nei casi d’interventi effettuati dai condomìni;
    • presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo, per gli interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici.
La circolare fornisce anche chiarimenti in merito all’applicazione della deroga nei casi di varianti alla Cila o di interventi iniziati in data antecedente all’introduzione dell’obbligo di presentazione della Cila, precisando che il rispetto delle condizioni richieste deve essere effettuato con riferimento alle sole opere trainanti:
  • per le spese relative ai bonus diversi dal superbonus, per i quali alla data del 16 febbraio 2023:
    • risulti presentata la richiesta del titolo abilitativo, ove necessario;
    • siano già iniziati i lavori là dove non sia previsto il titolo abilitativo oppure, nel caso in cui non siano ancora iniziati, sia già stato stipulato un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori;
    • risulti presentata la richiesta di titolo abilitativo per l’esecuzione degli specifici interventi di cui all’art. 16-bis, comma 1, lett. d) e comma 3, del TUIR e all’art. 16, comma 1-septies, del D.L. n. 63/2013;
  • per gli Iacp e assimilati, cooperative di abitazione a proprietà indivisa, Onlus, nonché Odv e Aps iscritte nei relativi registri;
  • per gli interventi effettuati su immobili danneggiati dagli eventi sismici verificatisi dal 1° aprile 2009 in comuni per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza nonché quelli danneggiati dagli eventi meteorologici verificatisi nelle Marche dal 15 settembre 2022 per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza.
 
Responsabilità solidale del cessionario del credito

Viene poi chiarito il perimetro della responsabilità solidale del cessionario del credito, analizzando le ipotesi al ricorrere delle quali il fornitore o il cessionario del credito non concorrono nella violazione per colpa grave e nelle quali, quindi, non si configura la responsabilità in solido con il beneficiario della detrazione, nei casi di carenza dei presupposti costitutivi della stessa.

Al riguardo viene chiarito che non ricorre l’elemento soggettivo della colpa grave e, quindi, è esclusa la responsabilità in solido del fornitore o del cessionario del credito d’imposta laddove questi dimostri congiuntamente:

  • di aver acquisito il credito d’imposta;
  • di essere in possesso di una specifica documentazione a sostegno della legittimità dell’agevolazione, relativa alle opere edilizie dalle quali si è originato il credito.
Il mancato possesso della predetta documentazione non comporta, di per sé, la sussistenza di dolo o colpa grave del cessionario, in quanto detti elementi soggettivi non sono desumibili dalla sola mancanza di detta documentazione conservando il cessionario la possibilità di “fornire, con ogni mezzo, prova della propria diligenza o della non gravità della negligenza”.
 
Le nuove ipotesi di remissione in bonis

Vi sono due ipotesi in cui il contribuente può avvalersi della remissione in bonis:

  1. mancata presentazione nei termini dell’asseverazione di efficacia degli interventi per la riduzione del rischio sismico. La remissione in bonis si perfeziona mediante la presentazione dell’asseverazione, che deve avvenire entro il termine di presentazione della prima dichiarazione dei redditi, nella quale deve essere esercitato il diritto a beneficiare della detrazione della prima quota costante dell’agevolazione. Qualora, invece, il contribuente intenda optare per lo sconto in fattura o per la cessione del credito d’imposta, l’asseverazione può essere presentata prima della presentazione della comunicazione di opzione;
  2. comunicazione per l’esercizio dell’opzione di cessione del credito nel caso in cui il contratto di cessione del credito d’imposta non sia stato concluso entro il 31 marzo 2023. In tal caso, per le spese sostenute nel 2022 e per le rate residue non fruite riferite alle spese sostenute nel 2020 e 2021, il contribuente può avvalersi della remissione in bonis inviando la comunicazione entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile, ossia il 30 novembre 2023.
La circolare detta le istruzioni, inoltre, su modalità e tempistiche per il versamento dell’importo pari a 250 euro per ciascuna comunicazione tardiva previsto ai fini del perfezionamento della remissione in bonis.
 
La circolare ribadisce che la possibilità di avvalersi della remissione in bonis è subordinata al fatto che:
  • sussistano tutti i requisiti sostanziali per usufruire della detrazione di imposta relativa alle spese dell’anno di riferimento;
  • i contribuenti abbiano tenuto un comportamento coerente con l’esercizio dell’opzione, in particolare, nelle ipotesi in cui tale esercizio risulti da un accordo o da una fattura precedenti al termine di scadenza per l’invio della comunicazione;
  • non siano già state poste in essere attività di controllo in ordine alla spettanza del beneficio fiscale che si intende cedere o acquisire sotto forma di sconto sul corrispettivo;
  • sia versato l’importo corrispondente alla misura minima della sanzione (250 euro). Si noti che il contribuente deve versare un importo pari a 250 euro per ciascuna comunicazione di cessione del credito non effettuata nel termine del 31 marzo 2023. Qualora il contribuente abbia inviato diverse comunicazioni di cessione del credito oltre il termine del 31 marzo 2023, versando un unico importo di 250 euro, in luogo del versamento di 250 euro per ciascuna comunicazione tardiva, ai fini del perfezionamento della remissione in bonis, il versamento delle ulteriori somme dovute può avvenire anche successivamente alla presentazione delle comunicazioni, purché lo stesso avvenga entro la predetta data del 30 novembre 2023, sempreché, come detto, sussistano i presupposti sostanziali per godere delle agevolazioni richieste.
 
Ripartizione in 10 rate della quota annua del credito non utilizzata

È prevista la facoltà di ripartire la “quota annuale di credito d’imposta residuo” in 10 rate annuali di pari importo, per agevolare i cessionari che non hanno – o che prevedono di non avere – la capienza per utilizzare in compensazione tramite modello F24, entro il 31 dicembre, la quota annuale del credito d’imposta acquistato. La facoltà può essere esercitata:

  • in relazione ai crediti d’imposta di cui:
    • all’art. 119 del D.L. n. 34/2020 (superbonus);
    • all’art. 119-ter del D.L. n. 34/2020 (superamento ed eliminazione delle barriere architettoniche);
    • all’art. 16, commi da 1-bis a 1-septies, del D.L. n. 63/2013 (interventi antisismici e di riduzione del rischio sismico, c.d. sismabonus);
  • a condizione che derivino dalle comunicazioni di cessione o di sconto in fattura inviate all’Agenzia delle Entrate entro il 31 marzo 2023.
 

(MF/ms)




Domicilio digitale: invito dalla Camera Commercio Como-Lecco a regolarizzare la propria posizione

Mancata comunicazione al registro imprese del domicilio digitale dell’impresa – attribuzione d’ufficio e conseguente sanzione

Tutte le Imprese, iscritte al Registro Imprese in forma societaria o individuale, attive e non soggette a procedura concorsuale, che non avessero ancora comunicato il proprio indirizzo PEC (ora domicilio digitale) o che lo stesso sia stato cancellato d’ufficio o che, sebbene dichiarato, risulti inattivo, cioè non rinnovato con il gestore di riferimento, sono tenute a regolarizzare, il prima possibile, la propria posizione nei confronti del registro imprese, in esenzione dall’imposta di bollo e dai diritti di segreteria.

L’obbligo di depositare al Registro Imprese la propria PEC – riconducibile all’Azienda – era già stato introdotto nel 2008 per le Società e nel 2012 per le Ditte Individuali.  

La mancata comunicazione al Registro Imprese del proprio domicilio digitale – valido ed attivo – comporta, pertanto, l’attribuzione d’ufficio del domicilio digitale – reso disponibile tramite il Cassetto digitale dell’Imprenditore – e congiuntamente, l’irrogazione di una sanzione amministrativa. 

Il domicilio digitale (PEC) è prerequisito essenziale per l’iscrizione al Registro delle imprese delle Camere di commercio e tutte le imprese già iscritte al Registro, che non hanno ancora comunicato il proprio domicilio digitale, devono regolarizzare la propria posizione tramite apposita comunicazione da presentare al Registro delle Imprese competente per territorio.
 

La mancata comunicazione al Registro Imprese di un domicilio digitale valido ed attivo comporterà quindi l’assegnazione d’ufficio di un domicilio digitale e contemporaneamente l’irrogazione della sanzione amministrativa prevista dall’art. 2630 c.c., in misura raddoppiata, per le società (cioè da 206,00 a 2.064,00 euro) e prevista dall’art. 2194 c.c., in misura triplicata, per le imprese individuali (cioè da 30,00 a 1.548,00 euro). Lo prevede l’art. 37 del Decreto Legge 16 luglio 2020, n. 76, recante “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”, convertito nella legge n. 120/2020.

La CCIAA di Como-Lecco avvierà nelle prossime settimane la procedura prevista dalla legge per l’assegnazione del domicilio digitale a tutte le imprese lariane che ancora non l’avessero comunicato al Registro Imprese.
Verrà pubblicato sul sito istituzionale  il relativo provvedimento con l’elenco delle aziende risultanti sprovviste di PEC.  
Deve essere cura di ogni azienda verificare la presenza del proprio nominativo nell’elenco e regolarizzare la propria posizione entro 45 gg dalla pubblicazione.
Decorso tale periodo ci sarà un ulteriore aggiornamento dell’ elenco e alle aziende risultanti ancora scoperte si assegnerà d’ufficio il domicilio digitale presso il quale verranno comunicate le relative sanzioni amministrative.

Attenzione: Il domicilio digitale assegnato d’ufficio dalla Camera di Commercio consentirà il solo ricevimento in entrata di comunicazioni e notifiche, e non anche la trasmissione in uscita di messaggi e documenti.
 
Per verificare la regolarità della propria posizione, per scoprire come comunicare la propria PEC e per maggiori informazioni consulta la pagina informativa della CCIAA di Lecco al seguente link: DOMICILIO DIGITALE CCIAA

(MF/ms)




Bonus pubblicità 2023: invio della comunicazione di accesso entro domani

C’è tempo fino al prossimo 31 marzo per presentare la comunicazione di accesso al credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari relativi al 2023.

Ferma restando la procedura per la presentazione della comunicazione, occorre però considerare le nuove regole previste per l’agevolazione in esame.

Dal 2023 il bonus pubblicità spetta, infatti, soltanto per gli investimenti pubblicitari (incrementali) effettuati sulla stampa, non più anche su radio e TV.

L’art. 25-bis del Dl 17/2022, introdotto in sede di conversione in legge, è infatti intervenuto sull’art. 57-bis del Dl 50/2017, da un lato modificando il comma 1-bis (che non prevede più una disciplina “a decorrere dal 2019” ma “per l’anno 2019”), e dell’altro introducendo una nuova versione dell’agevolazione mediante l’inserimento del comma 1-quinquies.

Per effetto di tale comma, “a decorrere dall’anno 2023, il credito d’imposta di cui al comma 1 è concesso, alle stesse condizioni e ai medesimi soggetti ivi contemplati, nella misura unica del 75 per cento del valore incrementale degli investimenti effettuati in campagne pubblicitarie esclusivamente sulla stampa quotidiana e periodica, anche on line, nel limite massimo di spesa di 30 milioni di euro in ragione d’anno, che costituisce tetto di spesa”.

Pertanto, come evidenziato anche dal Dipartimento per l’Informazione e l’editoria (notizia del 24 febbraio 2023), rispetto all’anno 2022 viene ripristinato il “regime agevolativo ordinario”, con il credito d’imposta concesso nella misura del 75% del valore incrementale degli investimenti effettuati e il presupposto dell’incremento minimo dell’1% dell’investimento pubblicitario, rispetto all’analogo investimento effettuato sullo stesso mezzo di informazione nell’anno precedente, quale requisito per accedere all’agevolazione.

Considerando la reintroduzione del vincolo degli investimenti incrementali, non potranno quindi più godere dell’agevolazione (in tal senso le FAQ del Dipartimento per l’informazione e l’editoria del 23 ottobre 2019, in relazione alla versione originaria dell’agevolazione):

  • i soggetti che programmano investimenti inferiori rispetto a quelli effettuati nell’anno precedente (vale a dire nel 2022);
  • i soggetti che nell’anno precedente a quello per il quale si richiede il beneficio (vale a dire nel 2022) non abbiano effettuato investimenti pubblicitari;
  • i soggetti che hanno iniziato la loro attività nel corso dell’anno per il quale si richiede il beneficio (2023).
Restano comunque fermi i limiti dei regolamenti dell’Unione europea in materia di aiuti “de minimis”.

In linea generale, si ricorda che possono beneficiare del credito d’imposta, come in passato, le imprese (a prescindere dalla natura giuridica, dalla dimensione aziendale e dal regime contabile adottato), i lavoratori autonomi (ivi incluse quindi le professioni regolamentate) e gli enti non commerciali che effettuano i suddetti investimenti.

Dichiarazione sostitutiva nel 2024

Dal 9 gennaio al 9 febbraio 2024 i soggetti che hanno inviato la “Comunicazione per l’accesso” dovranno poi inviare la “Dichiarazione sostitutiva relativa agli investimenti effettuati”, attestante gli investimenti effettivamente realizzati nel 2023.

Successivamente alla presentazione delle “Dichiarazioni sostitutive relative agli investimenti effettuati”, sarà pubblicato sul sito del Dipartimento per l’Informazione e l’editoria l’elenco dei soggetti ammessi alla fruizione del credito di imposta.

Ai fini della concessione dell’agevolazione, non rileva l’ordine cronologico di presentazione delle domande. In caso di insufficienza delle risorse disponibili, infatti, è prevista la ripartizione percentuale tra tutti i soggetti che, nel rispetto dei requisiti e delle condizioni di ammissibilità, hanno presentato nei termini la comunicazione telematica.

(MF/ms)




Titolare effettivo società di capitale: individuazione e criteri

Assonime, nel caso n. 1/2023, affronta alcune questioni di natura applicativa in materia di individuazione del titolare effettivo delle società di capitali.

Al riguardo, si ricorda, innanzitutto, che per i clienti diversi dalle persone fisiche, ai sensi dell’art. 20 comma 1 del Dlgs. 231/2007, il titolare effettivo coincide con la persona fisica o le persone fisiche alle quali è attribuibile la proprietà, diretta o indiretta, o il controllo.

Inoltre, secondo il successivo comma 2, nel caso in cui il cliente sia una società di capitali:

  • costituisce indicazione di proprietà diretta la titolarità di una partecipazione superiore al 25% del capitale del cliente, detenuta da una persona fisica;
  • costituisce indicazione di proprietà indiretta la titolarità di una percentuale di partecipazioni superiore al 25% del capitale del cliente, posseduto per il tramite di società controllate, società fiduciarie o per interposta persona.
In tale ambito, di particolare interesse sono le considerazioni di Assonime con riferimento dell’individuazione del titolare effettivo attraverso la proprietà indiretta, che continua a rappresentare uno dei temi più dibattuti tra gli addetti ai lavori e che ha portato alla definizione di tre criteri interpretativi per il calcolo della soglia del 25%, a seconda che si tenga in considerazione:
  • il capitale del cliente, risalendo nella catena partecipativa in base al criterio del controllo;
  • il capitale del cliente attraverso l’applicazione del c.d. criterio del moltiplicatore;
  • il capitale sociale del cliente e di qualsiasi entità lungo la catena partecipativa.
Per meglio evidenziare i diversi risultati a cui portano i diversi criteri, nel documento viene considerato il caso di una società cliente Alfa, partecipata dalla società Beta per il 30% e dalla società Gamma per il restante 70%. Si ipotizza, inoltre, che Beta sia partecipata da tre persone fisiche (P1, P2 e P3) con una partecipazione, rispettivamente, pari al 53%, 26% e 21%, e Gamma da altre due persone fisiche (P4 e P5), con quote pari al 70% e al 30%.

Con il primo criterio si deve procedere all’identificazione della persona fisica o delle persone fisiche che hanno il controllo delle società Beta e Gamma, che coincidono con P1 e P4.

Applicando, invece, il secondo criterio, la quota di partecipazione indiretta si ottiene con la moltiplicazione delle partecipazioni detenute lungo la catena partecipativa. In tal caso, verrebbe indicato quale titolare effettivo la persona fisica P4, essendo l’unica ad avere una partecipazione superiore al 25% (70% x 70% = 49%).

Con la terza soluzione, infine, si valuta la partecipazione del 25% al capitale della società cliente per poi risalire la catena al fine dell’identificazione di tutte le persone fisiche che detengono più del 25% del capitale sociale di qualsiasi entità che detenga a sua volta una partecipazione superiore al 25%.

Sulla base dell’esempio sopra riportato, sarebbero identificate come titolari effettivi le persone fisiche che partecipano nella società Beta con la quota del 26% e del 53% (P1 e P2) e le persone fisiche che partecipano nella società Gamma con la quota del 70% e del 30% (P4 e P5).

Tre criteri interpretativi per il calcolo della soglia del 25%

Nel documento si osserva come, nonostante dal tenore letterale della norma sembrerebbe che la soglia superiore al 25% debba essere considerata in relazione al capitale del cliente e, pertanto, la risalita nella catena partecipativa potrebbe essere interpretata sulla base di un rapporto di controllo di cui all’art. 2359 c.c., la questione interpretativa appare ancora non risolta dal momento che “nella prassi, adottata da parte degli intermediari obbligati ad effettuare l’adeguata verifica del titolare effettivo, si registra ancora un orientamento incline a considerare la soglia partecipativa del 25% in relazione al capitale sociale del cliente e di qualsiasi entità lungo la catena partecipativa”.

Tale criterio, peraltro, risulta essere quello scelto nella Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, in cui viene esplicitato (nel considerando n. 65) che il controllo attraverso una partecipazione superiore al 25% “dovrebbe essere valutato a ogni livello di proprietà, il che significa che tale soglia dovrebbe applicarsi a ogni legame nell’assetto proprietario e che ogni legame nell’assetto proprietario e la combinazione di tali legami dovrebbero essere adeguatamente esaminati”.

Detta proposta, pur non definitiva, attesta un indirizzo preciso da parte delle autorità europee e, di conseguenza, l’Associazione ne consiglia, in via prudenziale, l’applicazione.
 

(MF/ms)




Credito imposta energia e gas: i termini per il ricevimento della comunicazione dai propri fornitori

Entro il 29 gennaio 2023 le imprese non energivore e non gasivore possono ricevere, ove richiesta, la comunicazione dai propri fornitori con i dati relativi al calcolo del credito d’imposta per l’acquisto di energia elettrica e gas relativi ai mesi di ottobre e novembre 2022.

Con riguardo ai crediti relativi al mese di dicembre 2022, la comunicazione andrà invece fornita entro il termine più lungo del 1° marzo 2023.

Lo ha stabilito la delibera ARERA n. 669/2022, che in attuazione dei Dl “Aiuti-ter” e “Aiuti-quater” – in continuità con le precedenti delibere nn. 373/2022 e 474/2022 – ha definito i contenuti minimi della comunicazione che i venditori devono inviare alle imprese di vendita richiedenti in tema di credito d’imposta nonché le sanzioni in caso di mancata ottemperanza, confermando altresì che le comunicazioni tra venditori e imprese avvengono mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata (PEC) ovvero altra modalità con caratteristica di tracciabilità individuata dal venditore.

L’art. 1 comma 5 del Dl 144/2022 (c.d. DL “Aiuti-ter”), riprendendo in sostanza la medesima formulazione dell’art. 2 comma 3-bis del DL 50/2022 e dell’art. 6 comma 5 del Dl 115/2022, ha disposto che “ai fini della fruizione dei contributi straordinari, sotto forma di credito d’imposta, (…) ove l’impresa destinataria del contributo, nel terzo trimestre dell’anno 2022 e nei mesi di ottobre e novembre 2022, di energia elettrica o di gas naturale dallo stesso venditore da cui si riforniva nel terzo trimestre dell’anno 2019, il venditore, entro sessanta giorni dalla scadenza del periodo per il quale spetta il credito d’imposta, invia al proprio cliente, su sua richiesta, una comunicazione nella quale sono riportati il calcolo dell’incremento di costo della componente energetica e l’ammontare del credito d’imposta spettante per i mesi di ottobre e novembre 2022”.

Pertanto, a seguito di richiesta dell’impresa che rispetta i requisiti previsti, il venditore che riforniva l’impresa sia nel terzo trimestre dell’anno 2019 che nel terzo trimestre dell’anno 2022 che nei mesi di ottobre e novembre 2022, deve inviare, entro 60 giorni dalla scadenza del periodo per il quale spetta il credito d’imposta, vale a dire entro il 29 gennaio 2023 (come precisato dalla delibera), una comunicazione riportante:

  • il calcolo dell’incremento di costo della componente energetica;
  • l’ammontare del credito d’imposta spettante per i mesi di ottobre e novembre del 2022.
Il Dl “Aiuti-quater” (Dl 176/2022), nel definire le disposizioni relative al credito d’imposta con riferimento al mese di dicembre 2022, ha poi disposto:
  • all’art. 1 comma 1, che i contributi straordinari sotto forma di credito d’imposta siano riconosciuti alle medesime condizioni previste dal Dl “Aiuti-ter”, anche in relazione alla spesa sostenuta nel mese di dicembre 2022 per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale;
  • all’art. 1 comma 5, che in relazione a tali contributi si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni dell’art. 1 del Dl 144/2022.
Ne consegue che con riferimento al credito d’imposta relativo alla spesa del mese di dicembre 2022, in attuazione a quanto disposto dall’art. 1 comma 5 del Dl 176/2022, il venditore che riforniva l’impresa sia nel terzo trimestre dell’anno 2019 che nel terzo trimestre dell’anno 2022 che nel mese di dicembre 2022 è altresì tenuto a inviare, entro 60 giorni dalla scadenza del periodo per il quale spetta il credito d’imposta, vale a dire entro il 1° marzo 2023, la comunicazione riportante: il calcolo dell’incremento di costo della componente energetica; l’ammontare del credito d’imposta spettante per il mese di dicembre 2022.

Comunicazione entro il 1° marzo 2023 per dicembre

Fermo restando quanto sopra esposto, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che i venditori sono comunque tenuti, con la dovuta diligenza, alla comunicazione anche qualora la richiesta da parte dell’impresa sia avvenuta posteriormente ai 60 giorni normativamente previsti (circ. Agenzia delle Entrate n. 36/2022, § 3, e comunicato ARERA 7 ottobre 2022).

L’Agenzia ha inoltre precisato che la comunicazione fornita dal venditore rappresenta un mero calcolo semplificato dell’incremento di costo e dell’ammontare del contributo, finalizzato a semplificare la determinazione del credito d’imposta fruibile in capo al beneficiario. Il fatto che un utente abbia cambiato fornitore e non possa, quindi, accedere all’opportunità di chiedere allo stesso l’anzidetto calcolo semplificato non pregiudica la spettanza dei crediti d’imposta in commento laddove ricorrano i presupposti normativamente previsti.

La responsabilità sotto il profilo fiscale è comunque del contribuente fruitore del credito d’imposta, sia in caso di accertata insussistenza dei presupposti, sia in caso di utilizzo del credito d’imposta in misura eccedente rispetto a quella spettante.

In tema di crediti energia e gas, si segnala che con la ris. n. 73 del 13 dicembre l’Agenzia delle Entrate ha istituito i codici tributo per la cessione dei crediti relativi ai mesi di ottobre e novembre 2022.

(RP/mf)