Ai sensi dell’art. 138, Direttiva Ue n. 2006/112, alle cessioni intra Ue può essere applicato il regime di non imponibilità solo al ricorrere congiunto delle seguenti condizioni:
- il cedente / acquirente devono essere soggetti passivi d’imposta
- la cessione deve essere a titolo oneroso
- la cessione deve determinare il trasferimento della proprietà sul bene ceduto
- i beni devono essere spediti / trasportati da uno Stato UE ad un altro
A livello nazionale, il citato art. 138 è stato recepito dall’art. 41, comma 1, lett. a), Dl n. 331/93, in base al quale le cessioni di beni effettuate da operatori italiani nei confronti di operatori Ue sono considerate operazioni non imponibili Iva in quanto alle stesse è applicabile il regime di tassazione nello Stato Ue di destinazione dei beni.
Affinché la cessione possa considerarsi “intra Ue”, è necessario che sussistano i seguenti requisiti:
1. soggettività passiva dell’acquirente in un altro Stato Ue (o ivi identificato)
2. onerosità dell’operazione
3. trasferimento della proprietà / altro diritto reale sul bene
4. destinazione dei beni in un altro Stato Ue
Essendo necessario il trasferimento dei beni in un altro Stato Ue, in quanto ciò consente di considerare non imponibile la cessione nello Stato di partenza ed imponibile nello Stato di destinazione dei beni, assume un ruolo rilevante la prova da parte del cedente del trasporto / spedizione dei beni.
La Direttiva UE n. 2018/1910 ha modificato il citato art. 138 attribuendo rilevanza sostanziale:
- al fatto che il cedente / acquirente siano dotati di un numero identificativo IVA e siano iscritti al Vies
- alla corretta compilazione dell’elenco riepilogativo (mod. Intra) da parte del cedente
Tali disposizioni, che dovevano trovare applicazione dall’1.1.2020, sono in corso di recepimento nell’ordinamento nazionale nell’ambito della c.d. “Legge europea 2019-2020” (il “ritardo” è stato oggetto di una specifica procedura di infrazione 2020/0070).
Prova dell’uscita dei beni
Tra le condizioni per la non imponibilità di una cessione intra Ue è richiesto il possesso di adeguate prove documentali in grado di attestare che i beni oggetto della cessione siano stati effettivamente trasferiti in un altro Stato Ue.
In materia di prove da fornire per giustificare la non imponibilità, l’art. 131, Direttiva n. 2006/112/Ce lascia ai singoli Stati membri la facoltà di disciplinare le condizioni per l’applicazione del regime stesso (il legislatore nazionale non si è avvalso di tale facoltà).
Regolamento Ue Nr. 2018/1912
A decorrere dall’1.1.2020 è entrato in vigore il Regolamento Ue n. 2018/1912 contenente il regime probatorio del trasferimento dei beni delle cessioni intra Ue.
In particolare il citato regolamento Ue ha introdotto il nuovo art. 45-bis al regolamento n. 282/2011 che individua le “prove” al verificarsi delle quali si presume che i beni siano stati spediti / trasportati dal territorio di uno Stato Ue di partenza diverso da quello di destinazione e pertanto consente l’applicazione della non imponibilità alle cessioni intra Ue.
Il citato art. 45-bis prende in considerazione le seguenti fattispecie:
- i beni sono spediti / trasportati dal cedente / da un terzo per suo conto;
- i beni sono spediti / trasportati dall’acquirente / da un terzo per suo conto.
Trasporto / spedizione da parte del cedente
Il trasporto / spedizione si presume effettuato se il cedente è in possesso di:
- almeno 2 degli elementi di prova di cui alla Tabella A rilasciati da due diverse parti indipendenti, dal cedente e dell’acquirente
- un elemento di cui alla Tabella A in combinazione con uno di quelli previsti dalla Tabella B, che confermano la spedizione o il trasporto rilasciato da due diverse parti indipendenti, dal cedente e dall’acquirente.
Trasporto / spedizione da parte dell’acquirente
ll trasporto / spedizione si considera effettuato se il cedente è in possesso di:
- una dichiarazione scritta dall’acquirente che certifica che i beni sono stati trasportati / spediti dall’acquirente, o da un terzo per conto dello stesso acquirente e che identifica lo Stato Ue di destinazione dei beni. In particolare la dichiarazione in esame, che l’acquirente deve fornire al cedente entro il decimo giorno successivo alla cessione, deve contenere i seguenti elementi:
- data di rilascio
- nome e indirizzo dell’acquirente
- quantità e natura dei beni
- data e luogo di arrivo dei beni
- numero di identificazione del mezzo di trasporto nel caso di cessione di mezzi di trasporto
- identificazione della persona che accetta i beni per suo conto
e
- almeno 2 degli elementi di prova di cui alla Tabella A rilasciati da due diverse parti indipendenti dal cedente o dall’acquirente
o
- un elemento di cui alla Tabella A in combinazione con uno di quelli previsti dalla Tabella B, che confermano la spedizione / trasporto, rilasciati da due diverse parti indipendenti, dal cedente e dall’acquirente.
Tabella A
- crm firmato
- polizza di carico
- fattura di trasporto aereo
- fattura emessa dallo spedizioniere
Tabella B
- polizza assicurativa relativa alla spedizione / trasporto di beni o documenti bancari attestanti il pagamento della spedizione / trasporto dei beni
- documenti ufficiali rilasciati da una Pubblica Autorità che confermano l’arrivo dei beni nello Stato Ue di destinazione
- ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato Ue di destinazione
Posto che gli elementi di prova devono essere rilasciati da due diverse parti indipendenti l’una dall’altra, dal cedente e dall’acquirente, la predetta disposizione non è applicabile alle cessioni per le quali il trasporto è effettuato in conto proprio dal cedente / acquirente.
La questione legata alle prove idonee a “garantire” la non imponibilità delle cessioni intra Ue è stata oggetto di diversi interventi da parte dell’Agenzia delle Entrate.
In particolare l’operatività della citata disposizione è stata esaminata dall’Agenzia delle Entrate con la circolare 12.5.2020, n. 12/E, nell’ambito della quale sono richiamati innanzitutto i chiarimenti forniti prima dell’entrata in vigore del citato art. 45-bis nei seguenti documenti di prassi:
- risoluzioni 25.3.2013, n. 19/E, 15.12.2008, n. 477/E, 28.11.2007, n. 345/E e 24.7.2014, n. 71/E
- risposta interpello 8.4.2019, n. 100.
Dopo aver confermato che le nuove disposizioni introdotte dal legislatore comunitario rappresentano una
presunzione relativa circa l’avvenuto trasporto / spedizione dei beni in ambito Ue, l’Agenzia evidenzia che la stessa può essere riconosciuta anche con riferimento alle operazioni poste in essere anteriormente all’1.1.2020 (data di entrata in vigore della citata disposizione) a condizione che “
il contribuente possieda un corredo documentale integralmente coincidente con le indicazioni” ivi richieste, con conseguente dimostrazione dell’avvenuto arrivo dei beni in un altro Stato Ue.
L’Agenzia conferma inoltre che è esclusa l’operatività della presunzione della movimentazione dei beni da uno Stato Ue ad un altro Stato Ue nel caso in cui il trasporto / spedizione sia effettuato direttamente dal cedente / acquirente senza l’intervento di altri soggetti (ad esempio, spedizioniere / trasportatore).
Ciò è stato evidenziato nell’ambito delle note esplicative “quick fixes 2020″ emanate dalla commissione Ue nel mese di dicembre 2019. Infatti, in tale contesto,
“gli elementi di prova non contradditori richiesti ai fini dell’applicazione della presunzione … devono … provenire da due parti indipendenti tra loro, dal venditore e dall’acquirente“.
Richiamando i chiarimenti forniti dalla commissione Ue nelle citate note esplicative, l’Agenzia specifica che non è possibile considerare due parti “indipendenti” quando le stesse fanno parte del medesimo soggetto giuridico. Ciò si riscontra, ad esempio, in presenza di stabile organizzazione e casa madre ovvero di soggetti legati da vincoli familiari o altri stretti legami personali, gestionali, associativi, proprietari, finanziari o giuridici (ad esempio, amministratore delegato e società amministrata, società legate da rapporti di controllo ex art. 2359, c.c).
In merito al rapporto tra le presunzioni di cui all’art. 45-bis e la prassi nazionale in materia di prova del trasporto / spedizione di una cessione intra Ue, l’Agenzia evidenzia che le autorità fiscali dei singoli Stati Ue conservano comunque la facoltà di superare la presunzione dell’avvenuta movimentazione dei beni.
A tal fine l’Agenzia rappresenta le seguenti fattispecie:
- l’amministrazione finanziaria entra in possesso di elementi che dimostrano che il trasporto intra Ue non è stato effettuato (a titolo esemplicativo nel corso di un controllo si riscontra che i beni sono ancora presenti nel magazzino del cedente o la distruzione dei beni durante il trasporto)
- l’amministrazione finanziaria dimostra che uno o più documenti contengono informazioni non corrette o addirittura false
In ogni caso anche nelle predette situazioni, il contribuente conserva la possibilità di dimostrare con altri elementi oggettivi di prova che l’operazione sia realmente avvenuta.
Conclude, così, l’Agenzia affermando che nel caso in cui non sia applicabile la presunzione di cui all’art. 45-bis, continua a trovare applicazione la prassi nazionale, emanata anche prima dell’entrata in vigore del citato art. 45-bis.
Dichiarazione di ricezione dei beni rilasciata dal destinatario
La sopra descritta questione è stata oggetto di un nuovo intervento dell’Agenzia delle Entrate. Con la risposta 3.3.2021, n. 141 è stato affrontato il caso di una società italiana esercente attività di sviluppo di soluzioni tecnologiche avanzate che effettua cessioni intra Ue sia con clausola “franco fabbrica” (la consegna dei beni è effettuata al vettore incaricato dall’acquirente Ue, presso la sede dell’operatore italiano) sia con clausola “franco destino” (rischi e spese di spedizione a carico del fornitore).
In caso di trasporto effettuato dal cedente / da un terzo per suo conto, la società intende “provare”, il trasporto dei beni in un altro Stato Ue sulla base del seguente “set documentale”:
- fattura di vendita all’acquirente Ue;
- mod. Intra relativo alle cessioni intra Ue effettuate;
- rimessa bancaria dell’acquirente relativa al pagamento dei beni;
- copia del contratto o dell’ordine / conferma di vendita o di acquisto relativi agli impegni assunti con l’acquirente o accordi presi per corrispondenza con indicazione della destinazione dei beni;
- fattura del vettore incaricato con evidenza delle consegne effettuate e documentazione attestante il pagamento della fattura;
- ddt con indicazione della destinazione dei beni, firmato dal trasportatore per presa in carico dei beni;
- documento di trasporto internazionale “cmr” firmato dal trasportatore per presa in carico dei beni e dal destinatario per ricevuta.
In caso di trasporto effettuato dall’acquirente Ue / da un terzo per suo conto, la società intende “provare” il trasporto dei beni in un altro Stato Ue sulla base del seguente “set documentale”:
- fattura di vendita all’acquirente Ue;
- mod. Intra relativo alle cessioni intra Ue effettuate;
- rimessa bancaria dell’acquirente relativa al pagamento dei beni;
- copia del contratto o dell’ordine / conferma di vendita o di acquisto relativi agli impegni assunti con l’acquirente o accordi presi per corrispondenza con indicazione della destinazione dei beni;
- ddt con indicazione della destinazione dei beni, firmato dal trasportatore per presa in carico dei beni;
- documento di trasporto internazionale “cmr” firmato dal trasportatore per presa in carico dei beni e dal destinatario per ricevuta.
Considerata la difficoltà di recuperare il “cmr” firmato anche dal destinatario dei beni, quale prova di ricezione degli stessi, la società, in conformità a quanto specificato nella citata risoluzione n. 19/E e nella citata risposta n. 100, intende richiedere all’acquirente un’attestazione che conferma l’avvenuta ricezione dei beni nel proprio Stato Ue, contenente tra l’altro:
- identificativo dell’acquirente;
- numero di partita Iva dell’acquirente;
- numero e data della fattura di vendita;
- importo della fattura di vendita;
- indicazione del peso del materiale oggetto della fattura;
- dichiarazione dell’acquirente di ricezione dei beni (“il sottoscritto conferma la ricezione e la consegna dei beni relativi alla sopra menzionata fattura“);
- timbro e firma dell’acquirente.
Nella risposta in esame l’Agenzia richiama innanzitutto i chiarimenti forniti nelle citate note esplicative “quick fixes 2020″ emanate dalla commissione Ue evidenziando in particolare che:
- il contribuente conserva la possibilità di dimostrare con altri elementi oggettivi di prova che l’operazione sia realmente avvenuta;
- l’art. 45-bis non preclude agli Stati membri l’applicazione di norme / prassi nazionali ulteriori in materia di prova delle cessioni intra Ue, “eventualmente più flessibili della presunzione prevista dal regolamento Iva”.
Confermando quanto precisato nella citata circolare n. 12/E nel caso in cui non sia applicabile la presunzione di cui all’art. 45-bis, ossia che continua a trovare applicazione la prassi nazionale, emanata anche prima dell’entrata in vigore del citato art. 45-bis, l’Agenzia conclude affermando che le indicazioni contenute nella citata risoluzione n. 19/E riguardanti la conservazione della documentazione attestante la prova del trasporto / spedizione del bene da parte del fornitore, la sua esibizione e la tempistica di acquisizione, sono ancora valide. In ogni caso, sottolinea l’Agenzia che, l’idoneità dei documenti individuati dalla prassi nazionale “
è comunque soggetta alla valutazione, caso per caso, dell’amministrazione finanziaria”.
(MF/ms)