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Sterilizzate anche le perdite 2021

Un emendamento al Ddl. di conversione del Dl 228/2021 (c.d. decreto “Milleproroghe”) – approvato dalle Commissioni riunite in sede referente Bilancio e Affari costituzionali della Camera – stabilisce che per le perdite civilistiche emerse nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2021 “non si applicano gli articoli 2446, secondo e terzo comma, 2447, 2482-bis, quarto, quinto e sesto comma, e 2482-ter del codice civile e non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545-duodecies del codice civile”.

Gli adempimenti ivi previsti sono posticipati all’assemblea che approva il bilancio 2026.

L’emendamento non fa altro che sostituire, nel primo comma dell’art. 6 del Dl 23/2020 convertito, l’attuale riferimento al 31 dicembre 2020 con quello al 31 dicembre 2021. 

Rispetto a tale ultima disposizione appare rimasta isolata la posizione assunta dalla circ. Assonime n. 3/2021, § 4, secondo la quale, a prescindere dalla lettera della norma, sarebbe preferibile una interpretazione che ritenga qualsiasi eventuale incremento delle perdite negli esercizi successivi al 2020, sia esso autonomamente rilevante o meno, assorbito dalla disciplina di posticipazione delle misure di riduzione e ricapitalizzazione dettata dall’art. 6, determinando l’attivazione dei rimedi a tutela del capitale soltanto alla chiusura del quinto esercizio successivo.

A favore di tale soluzione deporrebbe, a giudizio dell’Associazione, il fatto che la previsione intende attribuire alle società un idoneo percorso temporale per uscire dallo stato di difficoltà, non affidando la tutela del ceto creditorio e il potenziale recupero di redditività della gestione ad una meccanica applicazione della disciplina del codice, ma ad una attività gestionale sì ordinaria, ovvero non meramente conservativa, ma responsabilizzata anche alla luce dei nuovi obblighi sanciti dal riformato art. 2086 c.c.

Come segnalato dalla dottrina in modo quasi unanime, invece, la disciplina di cui all’art. 6 del Dl 23/2020 convertito, così come ancora attualmente disegnata, non troverebbe applicazione alle perdite maturate nel 2021 (e negli esercizi successivi), con la conseguenza che le perdite maturate nel 2021 e che “autonomamente” portano il capitale sotto il minimo, devono essere ripianate “senza indugio”, mentre quelle che non intacchino il capitale sociale avrebbero il 2022 come anno di grazia, con obbligo di ripianamento nel 2023.

Si veda, ad esempio, la massima T.A.7 del Comitato Triveneto dei Notai che afferma: “verificandosi negli esercizi successivi a quello 2020 perdite che, da sole o sommate a quelle di esercizi precedenti all’esercizio 2020 (dovendosi sempre escludere dal calcolo il risultato negativo dell’esercizio che comprende il 31 dicembre 2020 se il loro ripianamento è stato rinviato), eccedono di oltre un terzo il capitale sociale riducendolo al di sotto del minimo legale, troveranno piena applicazione le disposizioni contenute negli artt. 2447, 2482-ter e 2484, comma 1, n. 4, c.c.”.

Tutto ciò, si sottolineava, in assenza di un nuovo intervento normativo.

Intervento che è ora in procinto di concretizzarsi e che, se dovesse trovare conferma definitiva, comporterebbe tutte le conseguenze indicate dal citato art. 6 del Dl 23/2020 convertito.

E, quindi, il termine entro il quale la perdita 2021 dovrà risultare diminuita a meno di un terzo, ex artt. 2446 comma 2 e 2482-bis comma 4 c.c., sarà posticipato al quinto esercizio successivo (esercizio 2026); l’assemblea che approverà il bilancio di tale esercizio dovrà ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate (art. 6 comma 2 del Dl 23/2020 convertito).

Nelle ipotesi previste dagli artt. 2447 o 2482-ter c.c. l’assemblea convocata senza indugio dagli amministratori, in alternativa all’immediata riduzione del capitale e al contemporaneo aumento del medesimo a una cifra non inferiore al minimo legale, potrà deliberare di rinviare tali decisioni alla chiusura del quinto esercizio successivo (esercizio 2026).

L’assemblea che approverà il bilancio di tale esercizio dovrà procedere alle deliberazioni di cui agli artt. 2447 o 2482-ter c.c. Fino alla data di tale assemblea, non opererà la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484 comma 1 n. 4 e 2545-duodecies c.c. (art. 6 comma 3 del Dl 23/2020 convertito).

Le perdite in questione dovranno essere distintamente indicate nella Nota integrativa con specificazione, in appositi prospetti, della loro origine nonché delle movimentazioni intervenute nell’esercizio (art. 6 comma 4 del Dl 23/2020 convertito).

Si tenga presente, infine, che le perdite da considerare saranno quelle emerse “nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2021”.

L’arco temporale preso in considerazione dalla norma, per quanto coincidente per tutte le società con un unico esercizio sociale, non è uguale per ciascuna di esse, ma dipende dalle scelte statutarie individuali sulla data di chiusura dell’esercizio (cfr. la massima Comitato Triveneto dei Notai T.A.2).

Saranno, di conseguenza, da considerare non solo gli esercizi che hanno chiuso al 31 dicembre 2021, ma anche quelli a cavallo d’anno che comprendano la suddetta data (in primis 1 luglio 2021 – 30 giugno 2022).

(MF/ms)