Cessioni intracomunitarie di beni: requisiti necessari
È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 30 novembre il D.Lgs. 5 novembre 2021 n. 192, che entra in vigore il 1° dicembre 2021.
Il decreto integra e modifica alcune disposizioni del Dl 331/93 inerenti le cessioni e gli acquisti intra-Ue di beni.
Di primaria rilevanza è l’introduzione (art. 41 comma 2-ter) di due ferme condizioni affinché a una cessione di beni si possa riconoscere l’applicazione del regime di non imponibilità ai fini Iva, ossia che:
- il cessionario comunitario abbia comunicato al cedente nazionale il numero identificativo Iva attribuitogli da uno Stato membro diverso dall’Italia;
- il cedente nazionale abbia compilato l’elenco riepilogativo INTRASTAT (art. 50, comma 6) o ne abbia debitamente giustificato l’incompleta o mancata compilazione.
Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate aveva già da tempo riconosciuto l’applicazione del regime semplificativo in parola, seppure denominandolo “consignment stock” (R.M. nn. 235/96 e 44/2000).
Le disposizioni attribuiscono effetti sospensivi al trasferimento in altro Stato membro di beni propri per la costituzione di uno stock, fino a che il destinatario presso il quale detto stock è posto, prelevando le merci, non ne divenga proprietario.
Ne consegue che, al verificarsi di determinati presupposti, colui il quale trasferisce la giacenza non è tenuto a identificarsi ai fini Iva nello Stato di destinazione delle merci (come prescritto in via ordinaria dall’art. 41, comma 2, lett. c) del Dl 331/93).
Pertanto, ad esempio, con riferimento al citato art. 41-bis, il soggetto passivo Iva italiano pone in essere una cessione intra-Ue di beni se sono soddisfatte contemporaneamente le seguenti condizioni:
- i beni sono spediti o trasportati dal soggetto passivo nazionale (o da un terzo per suo conto) dall’Italia a destinazione di un altro Stato membro, in previsione del fatto che, dopo il loro arrivo, detti beni saranno ceduti a un altro soggetto passivo che ha diritto di acquistarli in conformità di un accordo preesistente tra le spesse parti;
- il soggetto passivo nazionale non ha la sede della propria attività o una stabile organizzazione nello Stato membro in cui i beni sono spediti;
- il soggetto comunitario destinatario è identificato ai fini Iva nello Stato membro in cui i beni sono spediti o trasportati e la sua identità e il numero di identificazione sono noti al soggetto passivo italiano nel momento in cui ha inizio la spedizione o il trasporto dei beni;
- il soggetto nazionale che spedisce o trasporta i beni annota detto trasferimento nel registro di cui all’art. 50, comma 5-bis del Dl 331/93 e inserisce l’identità e il numero identificativo Iva del soggetto destinatario negli elenchi INTRASTAT delle cessioni intra-Ue.
In ultimo, il nuovo art. 41-ter regola le cessioni a catena, ossia quelle cessioni successive di beni che sono oggetto di un’unica spedizione o trasporto – da uno Stato membro a un altro – direttamente dal primo cedente all’ultimo acquirente.
Per quelle cessioni successive il cui trasporto inizia in Italia ed è effettuato da un operatore intermedio (un cedente diverso dal primo cedente), l’operazione non imponibile è quella effettuata nei confronti di detto operatore intermedio, salvo che questi non comunichi al suo fornitore un numero di partita Iva italiano; in tal caso, ha natura di cessione intra-Ue non imponibile quella posta in essere dall’operatore intermedio.
Si ricorda che sono già efficaci, dal 1° gennaio 2020, le regole armonizzate in tema di prova del trasporto o della spedizione dei beni nelle cessioni intra-Ue, di cui all’art. 45-bis del regolamento 282/2011, istitutive di una presunzione relativa, essendo direttamente applicabili nell’ordinamento interno.
In chiusura, una notazione di natura terminologica sembra opportuna: il legislatore nazionale, probabilmente per ragioni sistematiche, continua a definire le operazioni “intracomunitarie” e non “intraunionali”, secondo la dizione adottata nelle direttive Ue da cui le norme promanano.
(MF/ms)