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Riforma agevolazioni energivori dal 2024 : adempimenti delle green conditionalities e modalità di recupero delle agevolazioni

Informiamo le aziende interessate che, con delibera n. 378/2024/R/eel, l’Autorità di Regolazione Reti, Energia e Ambiente Autorità per l’energia (Arera), ha definito le modalità di dichiarazione da parte delle imprese energivore della condizionalità green e le modalità per il recupero di agevolazioni percepite in caso di inadempienze.

Di seguito una sintesi dei principali contenuti della delibera.

Per l’anno di competenza 2024, la scelta di una delle tre condizionalità green (cfr. circ. n. 375 del 18.07.2024) viene effettuata sul portale della Csea in occasione dell’apertura della sessione ordinaria relativa alla dichiarazione per l’accesso all’energivorità per il 2025. Se una impresa energivora nel 2024 non presenta la richiesta per il 2025, riceverà dalla Csea un apposito modulo per indicare la modalità scelta, da inviare compilato entro il 31.12.2024.
A partire dall’annualità di competenza 2025, la scelta della condizionalità green per l’annualità n viene effettuata sul portale della CSEA in occasione dell’apertura della sessione ordinaria relativa alla dichiarazione per l’accesso all’energivorità per il medesimo anno n. La condizionalità scelta può poi essere modificata entro il 31 dicembre dell’annualità n di riferimento dell’agevolazione mediante rettifica della dichiarazione con apposito processo predisposto dalla Csea.
Se si sceglie la condizionalità green 1 (cfr. circ. n. 375 del 18.07.2024), l’impresa è tenuta ad effettuare investimenti corrispondenti ad almeno un terzo del valore degli interventi nell’anno n di riferimento dell’agevolazione e poi completare gli investimenti e realizzare gli interventi entro la fine del secondo anno successivo a quello dell’agevolazione (n+2).

  1. Se l’impresa non effettua nessun investimento entro l’anno n cui si riferisce l’agevolazione, la Csea procede alla revoca totale dell’agevolazione e all’esclusione dall’elenco energivori;
  2. Se l’impresa effettua solo una parte degli investimenti previsti entro il primo anno, incorre in una inadempienza parziale e Csea richiede un rimborso (da riconoscere entro 45 giorni) pari al doppio della differenza tra la quota di un terzo degli investimenti previsti e l’investimento effettivamente sostenuto
  3. Se l’impresa non completa gli investimenti entro la fine dell’anno n+2, deve corrispondere un rimborso alla Csea (da riconoscere entro 45 giorni) pari al doppio della differenza tra gli investimenti previsti e l’investimento effettivamente sostenuto, ridotto dell’eventuale quota versata ai sensi del punto precedente
Pagamenti dei rimborsi parziali o non effettuati entro 60 giorni comportano la perdita della qualifica di cliente energivoro e la restituzione di tutte le agevolazioni percepite.

Restiamo comunque a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti dovessero necessitare.

(RP/rp)
 




Bonus investimenti beni immateriali 4.0: riduzione beneficio dal 2024

Per gli investimenti in beni immateriali “4.0”, nel 2024 la misura del credito d’imposta ex L. 178/2020 scende dall’attuale 20% al 15%.

Entro fine anno occorre quindi effettuare le necessarie valutazioni di convenienza.

In relazione ai beni immateriali “4.0”, ai sensi dell’art. 1 comma 1058 della L. 178/2020, come modificato dall’art. 1 comma 44 lett. c) della L. 234/2021, “Alle imprese che effettuano investimenti aventi ad oggetto beni compresi nell’allegato B annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, a decorrere dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2023, ovvero entro il 30 giugno 2024, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2023 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione, il credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 20 per cento del costo, nel limite massimo annuale di costi ammissibili pari a 1 milione di euro”.

L’art. 21 comma 1 del DL 50/2022 convertito ha inoltre stabilito che “per gli investimenti aventi ad oggetto beni compresi nell’allegato B annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, effettuati a decorrere dal 1° gennaio 2022 e fino al 31 dicembre 2022, ovvero entro il 30 giugno 2023, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2022 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione, la misura del credito d’imposta […] è elevata al 50 per cento”.

Per effetto del combinato disposto delle citate disposizioni, il credito d’imposta in esame era quindi pari al 50% soltanto con riferimento agli investimenti effettuati nel 2022 (o nel termine “lungo” del 30 giugno 2023), restando ferma l’aliquota del 20% per gli investimenti effettuati nel restante periodo sopra citato.

L’agevolazione al 20%, oltre che per gli investimenti 2023, è riconosciuta anche nel caso in cui gli investimenti in beni immateriali “4.0” siano effettuati nel termine “lungo” del 30 giugno 2024, qualora entro il 31 dicembre 2023 sia effettuata la c.d. “prenotazione”, con accettazione dell’ordine da parte del venditore e versamento dell’acconto minimo del 20%.

Tale indicazione appare particolarmente rilevante, considerando che per gli investimenti in beni immateriali “4.0” effettuati (senza “prenotazione”) dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024, il credito d’imposta è invece riconosciuto nella misura del 15% del costo, sempre nel limite massimo di costi ammissibili pari a un milione di euro (comma 1058-bis dell’art. 1 della L. 178/2020).

La medesima misura del 15% è inoltre prevista qualora i suddetti investimenti siano effettuati entro il termine “lungo” del 30 giugno 2025 a condizione che entro il 31 dicembre 2024 sia stata effettuata la c.d. “prenotazione”.

Nel 2025 la misura di tale agevolazione scenderà poi ulteriormente, essendo fissata in misura pari al 10%.

La tabella in calce all’articolo riepiloga la variazione della misura dell’agevolazione per i beni immateriali “4.0”.

Resta ferma la misura per i beni materiali 4.0

Nessuna modifica, invece, per gli investimenti in beni materiali “4.0”. In tal caso la misura dell’agevolazione resta infatti la medesima rispetto a quella già operativa per il 2023.

L’art. 1 comma 1057-bis della L. 178/2020 dispone infatti che, alle imprese che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi indicati nell’allegato A alla L. 232/2016, a decorrere dal 1° gennaio 2023 e fino al 31 dicembre 2025 (ovvero entro il 30 giugno 2026, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2025 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione), il credito d’imposta sia riconosciuto nella misura del:

  • 20%, per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro;
  • 10%, per la quota di investimenti superiori a 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro;
  • 5%, per la quota di investimenti superiori a 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi complessivamente ammissibili pari a 20 milioni di euro;
  • 5% per “investimenti inclusi nel PNRR diretti alla realizzazione di obiettivi di transizione ecologica”, che dovrebbero essere individuati con DM, tra 10 e 50 milioni di euro (art. 10 del DL 4/2022).
In merito alle agevolazioni per le imprese che effettuano investimenti “5.0”, il Viceministro Leo, nella conferenza stampa dello scorso 16 ottobre, ha affermato che il Ministro Urso starebbe lavorando a un provvedimento, del quale tuttavia al momento non si hanno notizie.

Da ultimo, si ricorda che, allo stato attuale, non è comunque prevista alcuna agevolazione per i beni strumentali “ordinari”.

(MF/ms)
 

Variazione della misura dell’agevolazione per i beni immateriali “4.0”
 
Investimenti 1° gennaio 2023-31 dicembre 2023
(o termine “lungo” 30 giugno 2024)
 
1° gennaio 2024-31 dicembre 2024 (o termine “lungo” 30 giugno 2025) 1° gennaio 2025-31 dicembre 2025 (o termine “lungo” 30 giugno 2026)
Beni immateriali “4.0” (Allegato B alla L. 232/2016)
 
Credito d’imposta 20%.
Costi ammissibili max un milione di euro annuale.
 
Credito d’imposta 15%.
Costi ammissibili max un milione di euro.
Credito d’imposta 10%.
Costi ammissibili max un milione di euro.



Comunicazione beni strumentali per “Formazione e Ricerca 4.0” entro il 30 novembre

Il 30 novembre 2023 scade il termine per l’invio al Ministero dello Sviluppo Economico della comunicazione dei dati degli investimenti con caratteristiche 4.0 effettuati nel 2022.

Al solo fine di consentire al Ministero delle imprese e del Made in Italy di acquisire le informazioni necessarie per valutare l’andamento, la diffusione e l’efficacia delle misure agevolative riferite agli investimenti con caratteristiche 4.0 in beni strumentali, formazione e ricerca e sviluppo, le imprese devono inviare al Mimit un’apposita comunicazione, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi riferito a ciascun periodo d’imposta di effettuazione degli investimenti.

Tale comunicazione, le cui disposizioni attuative sono state definite con decreto 6 ottobre 2021 , non costituisce presupposto per l’applicazione della disciplina agevolativa.

Il modello di comunicazione (vedi allegato alla presente), firmato digitalmente dal legale rappresentante dell’impresa, va trasmesso:

  • in formato elettronico tramite PEC all’indirizzo benistrumentali4.0@pec.mise.gov.it (o, in caso di problemi tecnici, all’indirizzo dgpiipmi.dg@pec.mise.gov.it);
  • con riferimento agli investimenti ricadenti nell’ambito della disciplina di cui all’art. 1 comma 189  e 190 della Legge n. 160/2019, entro il 31 dicembre 2021;
  • per gli investimenti ricadenti nell’ambito di applicazione della disciplina di cui all’art. 1 comma 1056 -1058 della Legge n. 178/2020, entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi riferita a ciascun periodo d’imposta di effettuazione degli investimenti.
Con riferimento agli investimenti effettuati l’anno scorso, quindi, si dovrà provvedere entro il prossimo 30 novembre 2023.
 

(MF/ms)




Per gli investimenti in beni prenotati nel 2022 c’è tempo fino al 30 novembre

Scade il prossimo 30 novembre il termine “lungo” per effettuare gli investimenti in beni materiali e immateriali “ordinari” e materiali “4.0” prenotati nel 2022, per fruire del credito d’imposta ex L. 178/2020 nella misura prevista per il 2022. Il termine è stato così prorogato, da ultimo, ad opera del DL 198/2022 (c.d. decreto “Milleproroghe”).

L’art. 1 comma 1055 della L. 178/2020 dispone che per gli investimenti in nuovi beni strumentali “ordinari” (diversi da quelli 4.0) effettuati dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022 (in assenza di precedente “prenotazione”), il credito d’imposta spetti nella misura del 6% del costo, nel limite massimo dei costi agevolabili pari a 2 milioni di euro per i beni materiali e a 1 milione per quelli immateriali.

Tale agevolazione spetta anche nel caso in cui gli investimenti vengano effettuati nel termine “lungo” del 30 novembre 2023 (come modificato dall’art. 12 comma 1-bis del DL 198/2022), qualora entro il 31 dicembre 2022 il relativo ordine sia stato accettato dal venditore e sia stato effettuato il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione. In tal modo, infatti, si verifica la c.d. “prenotazione”, che incardina l’agevolazione nella disciplina prevista dall’art. 1 comma 1055 della L. 178/2020 (sul tema della “prenotazione” si vedano, ex multis, risposte a interpello Agenzia delle Entrate nn. 62/2022, 355/2022, 473/2022 e 537/2022).

Si ricorda che per gli investimenti in beni “ordinari” effettuati nel 2023 – senza alcuna “prenotazione” – non è invece previsto alcun credito d’imposta.

Quanto ai beni materiali “4.0”, ai sensi dell’art. 1 comma 1057 della L. 178/2020, per gli investimenti in beni strumentali nuovi indicati nell’Allegato A alla L. 232/2016 effettuati nel 2022, o nel termine “lungo” del 30 novembre 2023 (come modificato dall’art. 12 comma 1-ter del DL 198/2022) in caso di “prenotazione” entro il 31 dicembre 2022, il credito d’imposta spetta nella misura del 40%, 20% e 10%, rispettivamente per le quote di investimenti fino a 2,5 milioni di euro, tra 2,5 e 10 milioni e tra 10 e 20 milioni.

Nel caso in cui tali investimenti vengano effettuati oltre il 30 novembre ma sempre nel 2023, l’agevolazione applicabile sarebbe quella prevista per il 2023, vale a dire la misura inferiore del 20%, 10% e 5% (art. 1 comma 1057-bis della L. 178/2020, che riguarda, sulla base dell’attuale disciplina, gli investimenti fino al 2025).

Per i beni immateriali “4.0” prenotati nel 2022 il termine “lungo” per l’effettuazione dell’investimento è scaduto lo scorso 30 giugno.

Indicazione già nel modello REDDITI 2023

L’agevolazione relativa agli investimenti in beni materiali e immateriali “ordinari” e in beni materiali “4.0” prenotati nel 2022, ma effettuati entro il 30 novembre 2023, deve essere indicata nel modello REDDITI 2023.

Le istruzioni per la compilazione del quadro RU di tali modelli prevedono infatti che nella colonna 2 del rigo RU5 (rigo denominato “credito d’imposta spettante nel periodo”) vada indicato l’importo del credito d’imposta maturato per investimenti effettuati successivamente alla chiusura del periodo d’imposta oggetto della dichiarazione ed entro il 30 novembre 2023 (30 giugno 2023 per il codice “3L”) per i quali entro il 31 dicembre 2022 si sia proceduto all’ordine vincolante e sia stato versato l’acconto del 20% del prezzo di acquisto.

Viene altresì precisato che “tale importo, qualora utilizzato in compensazione, non può essere riportato nel rigo RU6 della presente dichiarazione in quanto compensato nel periodo d’imposta successivo a quello oggetto della presente dichiarazione”.

Per i beni in esame occorre inoltre compilare il rigo RU140, denominato “Investimenti beni strumentali 2022 (effettuati dopo la chiusura del periodo d’imposta)”.

Le istruzioni per la compilazione del modello REDDITI SC 2023 prevedono infatti che, ai fini del monitoraggio della misura agevolativa nell’ambito del PNRR, per poter misurare il raggiungimento da parte dell’Italia degli obiettivi previsti nel piano, fermi restando i termini di utilizzo del credito d’imposta previsti dalla legge, vadano indicati anche i dati degli investimenti effettuati entro il 30 novembre 2023 (o entro il 30 giugno 2023 per il credito “3L” ) per i quali entro il 31 dicembre 2022 si sia proceduto alla “prenotazione”, anche se non ricompresi nel periodo d’imposta di riferimento della
presente dichiarazione.

Sulla base di alcuni chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate (FAQ Agenzia delle Entrate 5 giugno 2023, ancorché con riguardo al modello REDDITI 2023), nel successivo modello REDDITI 2024, nel rigo RU130 andranno indicati soltanto gli investimenti effettuati nel periodo d’imposta oggetto di tale dichiarazione (vale a dire il 2023) ma diversi da quelli già esposti nel rigo RU140 del modello REDDITI 2023, per evitare la duplicazione dei dati.

(MF/ms) 




Esterometro e fatturazione elettronica: quali dati trasmettere e relativi termini

Le operazioni effettuate da soggetti passivi IVA italiani nei confronti di controparti non stabilite in Italia richiedono la trasmissione dei relativi dati al Sistema di Interscambio (SdI) nell’ambito del c.d. “esterometro”, ai sensi dell’art. 1 comma 3-bis del DLgs. 127/2015.

L’emissione di una “autentica” fattura elettronica non è, infatti, dovuta laddove la controparte non sia stabilita in Italia.

Il discrimine tra i due diversi adempimenti, tuttavia, è molto sottile e la principale differenza si concretizza sotto il profilo sanzionatorio.

La tardiva/omessa fatturazione è soggetta alle sanzioni di cui all’art. 6 del DLgs. 471/97, mentre nel caso in cui le medesime violazioni siano commesse con riguardo all’esterometro, trovano applicazione le più miti disposizioni ex art. 11 comma 2-quater del DLgs. 471/97.

Nella sostanza, in entrambi i casi la trasmissione dei dati avviene con un documento in formato XML trasmesso al SdI (per le comunicazioni transfrontaliere, dal 1° luglio 2022).

Per quanto concerne le operazioni attive, risultano allineati anche i termini di emissione, posto che, secondo l’art. 1 comma 3-bis lett. a) del DLgs. 127/2015, “la trasmissione telematica dei dati relativi alle operazioni svolte nei confronti di soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato è effettuata entro i termini di emissione delle fatture o dei documenti che ne certificano i corrispettivi”.

Ciò non significa, peraltro, che l’emissione dell’una (fattura) e l’invio dell’altro (esterometro) debbano necessariamente realizzarsi in una data coincidente (cfr. circolare Agenzia delle Entrate n. 26/2022).

Si pensi alle cessioni intracomunitarie (per le quali non sussiste obbligo di fatturazione elettronica).

In tal caso la fattura va emessa entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione, “con l’indicazione, in luogo dell’ammontare dell’imposta, che si tratta di operazione non imponibile (…)” (art. 46 comma 2 del DL 331/93). Medesimo è il termine per trasmettere i dati delle operazioni transfrontaliere.

Tuttavia se, ad esempio, la cessione fosse effettuata il 2 ottobre 2023 e la fattura fosse emessa, in formato analogico, il 31 ottobre, l’invio dei dati per l’esterometro potrebbe avvenire – regolarmente – il 10 novembre.

La perfetta coincidenza fra i due adempimenti potrebbe non sussistere neppure con riguardo ai dati da indicare nei file.

L’Amministrazione finanziaria ha infatti chiarito che nel caso in cui per la predisposizione dell’esterometro venga utilizzato un software differente da quello che si usa per generare le fatture elettroniche da emettere verso controparti non stabilite in Italia, “il campo 2.2.1.4 <Descrizione> potrà essere valorizzato – in via semplificativa – riportando la parola «BENI» ovvero la parola «SERVIZI» o, se nella fattura sono riportati sia beni che servizi, le parole «BENI E SERVIZI», rinviando, altresì, alla descrizione contenuta nella fattura emessa” (si veda ancora circ. n. 26/2022).

Nondimeno, al fine di ridurre gli adempimenti contabili, la comunicazione transfrontaliera potrebbe essere sostituita, su base facoltativa, dall’emissione di una fattura elettronica via SdI ex art. 1 comma 3 del DLgs. 127/2015.

In questo senso, occorre porre particolare attenzione ad alcuni aspetti di carattere operativo.

In ipotesi di fattura emessa verso soggetti non stabiliti in Italia e inviata al SdI, nel campo “Codice Destinatario”, va riportato il valore “XXXXXXX”, al fine di trasmettere i dati ex art. 1 comma 3-bis del DLgs. n. 127/2015; in tal caso “il sistema controlla che il campo IdPaese del cessionario/committente contenga un valore diverso da «IT»: diversamente il file viene scartato con codice errore 00313” (cfr. Specifiche tecniche allegate sub A al provv. n. 433608/2022).

Quanto all’indicazione dei dati del cessionario o committente, il campo “IdFiscaleIVA” va valorizzato:

  • con la partita IVA italiana per i soggetti esteri operanti in Italia e identificati direttamente o mediante un rappresentante fiscale o
  • con l’identificativo fiscale assegnato dall’autorità del Paese per i soggetti non residenti e non identificati.
Nell’esterometro anche le operazioni territorialmente rilevanti

Nel novero delle operazioni con soggetti non stabiliti in Italia sono comprese sia quelle rilevanti ai fini IVA nel territorio dello Stato ex art. 7 ss. del DPR 633/72 che quelle prive del presupposto territoriale.

In entrambi i casi, la comunicazione al SdI è dovuta (circ. Agenzia delle Entrate n. 26/2022 e risposta a interpello n. 85/2019). Si ricorda, tuttavia, che alle prime dovrà essere applicata l’imposta (salvo il sussistere di un titolo di non imponibilità o di esenzione), mentre per le cessioni e prestazioni carenti del requisito di territorialità, in assenza dell’imposta, nel file XML si indicherà il codice “N2.1” (“Non soggette a IVA ai sensi degli artt. da 7 a 7-septies del DPR 633/72”).
 

(MF/ms)




Credito imposta per investimenti immateriali 4.0 prenotati nel 2022: aliquota al 50% se effettuati entro il 30 giugno 2023

Scade il 30 giugno 2023 il termine “lungo” per effettuare gli investimenti in beni immateriali “4.0” prenotati nel 2022, al fine di fruire del credito d’imposta del 50%.

Ai sensi dell’art. 1 comma 1058 della L. 178/2020 (come modificato dall’art. 1 comma 44 lett. c) della L. 234/2021), alle imprese che effettuano investimenti aventi a oggetto beni compresi nell’allegato B alla L. 11 dicembre 2016 n. 232, a decorrere dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2023 (ovvero entro il 30 giugno 2024, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2023 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione), il credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 20% del costo, nel limite massimo annuale di costi ammissibili pari a un milione di euro.

L’art. 21 del Dl 50/2022 (c.d. Dl “Aiuti”) ha tuttavia stabilito che “Per gli investimenti aventi ad oggetto beni compresi nell’allegato B annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, effettuati a decorrere dal 1° gennaio 2022 e fino al 31 dicembre 2022, ovvero entro il 30 giugno 2023, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2022 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione, la misura del credito d’imposta prevista dall’articolo 1, comma 1058, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, è elevata al 50 per cento”.

Per effetto del combinato disposto delle citate disposizioni, il credito d’imposta è quindi pari al 50%, nel limite massimo di costi ammissibili pari a un milione di euro, per gli investimenti in beni immateriali “4.0” non solo effettuati nel 2022, ma anche per quelli effettuati entro il 30 giugno 2023 qualora siano stati “prenotati” entro il 31 dicembre 2022.

Si rileva che, a differenza di quanto disposto per i beni materiali “4.0”, per i quali il termine “lungo” è stato prorogato dapprima al 30 settembre 2023 dalla legge di bilancio 2023 (art. 1 comma 423 della L. 197/2022) e poi al 30 novembre 2023 dal c.d. Dl “Milleproroghe” (art. 12 comma 1-ter del Dl 198/2022), nessuna modifica è stata invece prevista per il termine “lungo” di effettuazione degli investimenti in beni immateriali “4.0” prenotati nel 2022.

Per tali beni resta quindi fermo il termine “lungo” del 30 giugno 2023.

In tal senso anche le istruzioni ai modelli REDDITI 2023, in cui viene confermato il diverso termine del 30 giugno per i soli beni con codice credito “3L”.

Nel caso in cui gli investimenti vengano effettuati oltre tale termine ma sempre nel 2023, la misura dell’agevolazione applicabile sarebbe quella del 20% prevista per il 2023.

La misura del beneficio si riduce progressivamente

Con riferimento alle misure previste per i periodi successivi, allo stato attuale i commi 1058-bis e 1058-ter dell’art. 1 della L. 178/2020 prevedono un’ulteriore riduzione della misura agevolativa per i beni in esame.

In particolare, è previsto che (cfr. anche circ. Agenzia delle Entrate n. 14/2022):

  • per gli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2024 e fino al 31 dicembre 2024 (ovvero entro il 30 giugno 2025, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2024 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione) il credito d’imposta sia riconosciuto nella misura del 15% del costo, nel limite massimo di costi ammissibili pari a un milione di euro;
  • per gli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2025 e fino al 31 dicembre 2025 (ovvero entro il 30 giugno 2026, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2025 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione) il credito d’imposta sia riconosciuto nella misura del 10% del costo, nel limite massimo di costi ammissibili pari a un milione di euro.
Si ricorda che il credito d’imposta per gli investimenti in beni immateriali “4.0” è utilizzabile in compensazione nel modello F24, in tre quote annuali di pari importo, a decorrere dall’anno di avvenuta interconnessione, utilizzando il codice tributo “6937”.
 

(MF/ms)




Esterometro: chiarimenti sulle operazioni esenti e relativa fatturazione

La generalità delle operazioni la cui controparte non è stabilita in Italia richiede la presentazione del c.d. “esterometro” o, in alternativa, la produzione di un documento in formato elettronico trasmesso via Sistema di Interscambio.

La certificazione dell’operazione – mediante l’una o l’altra modalità – avviene, dal 1° luglio 2022, secondo lo stesso schema operativo (compilazione di un file XML in base alle specifiche tecniche della fattura elettronica).

Ciò in cui l’adempimento del c.d. “esterometro” si diversifica rispetto alla fatturazione sono, essenzialmente, le conseguenze sanzionatorie derivanti da omissioni o errori.

Fatte queste premesse, è da rilevare come siano escluse dall’obbligo comunicativo alcune operazioni transfrontaliere fuori campo IVA.

L’art. 12 del Dl 73/2022, infatti, modificando l’art. 1 comma 3-bis del Dlgs. 127/2015, ha escluso il c.d. “esterometro” per ciascun acquisto di beni e servizi non rilevante territorialmente ai fini IVA in Italia ai sensi degli artt. da 7 a 7-octies del Dpr 633/72, qualora di importo non superiore a 5.000 euro.

Nessuna deroga è prevista per le prestazioni esenti da imposta, come quelle a carattere finanziario.

Per quanto concerne le prestazioni finanziarie in regime di esenzione, rese da un soggetto passivo italiano nei confronti di privati consumatori non stabiliti in Italia, ai fini della presentazione del c.d. “esterometro”, bisogna distinguere a seconda che il committente sia:

  • domiciliato o residente nell’Unione europea;
  • domiciliato e residente al di fuori dell’Ue.
Se il fornitore è un soggetto passivo italiano, le prestazioni di servizi finanziari B2C sono in via ordinaria, rilevanti ai fini IVA in Italia, ai sensi dell’art. 7-ter comma 1 lett. b) del Dpr 633/72.

A questo criterio generale si deroga quando il committente è domiciliato e residente al di fuori dell’Unione europea: in tal caso, infatti, il servizio non è rilevante in Italia (art. 7-septies lett. d) del Dr 633/72).

Nell’ipotesi più generale (dunque, quando il cliente “privato consumatore” è domiciliato o residente nell’Ue) la comunicazione da parte del prestatore è sempre obbligatoria, a prescindere dall’importo della transazione e dalla natura esente del servizio.

È stato chiarito, infatti, che la trasmissione dei dati deve “avere ad oggetto tutte le operazioni con soggetti esteri, ivi compresi i consumatori” (circ. Agenzia delle Entrate n. 26/2022, § 1.1).

La fattura, però, non è obbligatoria se il servizio finanziario rientra tra le prestazioni esenti di cui all’art. 10 nn. 1), 2), 3), 4), 5) o 9) del DPR 633/72, né vi è l’obbligo di trasmissione telematica dei corrispettivi (art. 2 comma 1 lett. m) e n) del DPR 696/96 e art. 1 comma 1 lett. a) del DM 10 maggio 2019).

Nella diversa ipotesi in cui il cliente sia domiciliato e residente al di fuori dell’Ue, l’operazione è, come detto, fuori campo IVA, ma risulta comunque dovuta la presentazione del c.d. “esterometro”. È, inoltre, richiesta l’emissione della fattura con l’annotazione “operazione non soggetta” ex art. 21 comma 6-bis del DPR 633/72 (o, in caso di fattura elettronica, il codice natura “N2.1”).

Diverse considerazioni valgono, invece, per i servizi finanziari in ambito B2B.

Se il servizio è reso da un soggetto passivo italiano nei confronti di un soggetto stabilito al di fuori del territorio dello Stato, la prestazione non rileva ai fini IVA in Italia (art. 7-ter comma 1 lett. a) del Dpr 633/72).

Tale elemento non comporta l’obbligo di emissione della fattura se il servizio è esente ex art. 10 nn. 1), 2), 3), 4) o 9) del DPR 633/72 ed è reso a un soggetto passivo Ue, ma richiede la compilazione del c.d. “esterometro”.

Anche nel caso dei servizi esenti che un soggetto passivo nazionale riceve da un soggetto non residente, non è contemplata alcuna esclusione dal c.d. “esterometro”. Sono, quindi, comunicati anche i dati dei servizi ricevuti di importo inferiore o pari a 5.000 euro: detti servizi sono territorialmente rilevanti ai fini IVA in Italia, ancorché esenti quando rivestono carattere finanziario ex art. 10 del DPR 633/72.

In merito all’obbligo di presentazione del c.d. “esterometro” per l’acquisto di servizi in regime di esenzione, una conferma espressa è stata fornita dalla risposta a interpello Agenzia delle Entrate n. 91/2020, avente a oggetto i servizi di pagamento elettronici forniti da una società del Regno Unito a una società italiana, addebitando a quest’ultima specifiche fee sulle transazioni elettroniche effettuate.

L’acquisto effettuato dal soggetto passivo nazionale richiede comunque, ai sensi dell’art. 17 comma 2 del DPR 633/72, l’“integrazione” della fattura ricevuta (se il fornitore è Ue) o l’emissione di un’autofattura (se il fornitore è extra Ue), indicando il titolo di esenzione e annotando il documento sia nel registro degli acquisti che nel registro delle vendite (circ. Agenzia delle Entrate n. 12/2010, § 3.1).

A livello gestionale, il file XML relativo all’acquisto effettuato, in quanto riferito a un’operazione esente, dovrà essere compilato con il codice “N4”.
 

(MF/ms)




Esterometro: sanzioni per omessa presentazione o errori

Ove il professionista o il contribuente si accorga successivamente della mancata registrazione in contabilità di una fattura estera, uno dei problemi a cui si dovrà porre rimedio riguarda sicuramente il mancato inserimento della stessa nella comunicazione delle operazioni transfrontaliere (c.d. “esterometro”). Come procedere allora per sanare la situazione?

Al riguardo si ricorda in primo luogo che la disciplina sanzionatoria del c.d. “esterometro” è stata riformata dalla Legge n. 178/2020 (Legge di Bilancio 2021) con efficacia dal 1° luglio 2022 (l’art. 13 del D.L. n. 73/2022 ha infatti posticipato l’entrata in vigore delle modifiche dal 1° gennaio 2022 al 1° luglio 2022).

Il novellato art. 11, comma 2-quater, del D.Lgs. n. 471/1997 prevede, quindi, nel caso di omessa o di errata comunicazione dei dati delle operazioni transfrontaliere, l’applicazione di una sanzione amministrativa pari a 2 euro per ciascuna fattura, entro il nuovo limite massimo di 400 euro mensili.

La sanzione si riduce alla metà, entro il limite massimo di 200 euro per ciascun mese, qualora la trasmissione sia effettuata entro i quindici giorni successivi alle scadenze stabilite dall’art. 1, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 127/2015, o laddove, nel medesimo termine, sia effettuata la trasmissione corretta dei dati.

Quindi l’invio dei dati deve avvenire:

  • per le operazioni attive (nei confronti di soggetti non stabiliti in Italia), entro il termine di emissione delle fatture o dei documenti che certificano i corrispettivi;
  • per le operazioni passive (da soggetti non stabiliti in Italia), entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione o del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.
Per quanto concerne le sanzioni relative alla comunicazione delle operazioni con l’estero, dovrebbe comunque essere applicabile l’istituto del ravvedimento operoso (art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997), al pari di quanto avviene per le sanzioni in tema di fatturazione (ovvero autofatturazione).

Sebbene la prassi non si sia pronunciata espressamente in tema di “esterometro”, si ritiene valido quanto era stato indicato nella risoluzione n. 87/E/2017 in tema di comunicazione dei dati delle fatture (adempimento ormai abolito). L’istituto del ravvedimento operoso consente, tra l’altro, la riduzione della sanzione a 1/8 del minimo, se la regolarizzazione avviene entro il “termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall’omissione o dall’errore” (art. 13, comma 1, lett. b, del D.Lgs. n. 472/1997).

Al riguardo, la risoluzione n. 104/E/2017 precisa che il termine finale per il ravvedimento va computato con riferimento al termine di presentazione della dichiarazione IVA.
 

(MF/ms)




Adempimenti semplificati per le erogazioni pubbliche percepite nel 2022

Nell’adempimento degli obblighi di informativa relativi alle erogazioni pubbliche percepite nel 2022 occorre tenere in considerazione per la prima volta le novità introdotte dal Dl n. 73/2022 conv. L. n. 122/2022 (c.d. Dl “Semplificazioni fiscali”).

Tale provvedimento ha concesso una rilevante semplificazione.

Letteralmente è stato disposto, all’art. 3 comma 6-bis, che, “fermo restando il termine del 30 giugno di ogni anno, previsto ai fini dell’adempimento degli obblighi pubblicitari di cui all’articolo 1, commi 125 e 125-bis, della legge 4 agosto 2017, n. 124, per gli enti che provvedono nell’ambito della nota integrativa del bilancio d’esercizio o di quello consolidato, il termine entro il quale provvedere all’adempimento è quello previsto per l’approvazione del bilancio dell’anno successivo”.

Pur in mancanza di chiarimenti ufficiali sul punto, che si auspicavano sin dall’emanazione del decreto, si può affermare che, in sostanza, la norma prevede l’alternatività tra l’adempimento sul sito internet, in relazione al quale resta fermo il termine del 30 giugno (per le erogazioni percepite nel 2022, il termine scade, quindi, il 30 giugno 2023), e l’adempimento nella Nota integrativa.

Sotto il profilo soggettivo, la semplificazione sembra applicabile, dato il rinvio all’art. 1 comma 125 della L. n. 124/2017, agli enti non commerciali (in particolare, alle associazioni di protezione ambientale, alle associazioni dei consumatori, alle associazioni, alle ONLUS e alle fondazioni, alle cooperative sociali che svolgono attività a favore degli stranieri), sempre che gli stessi predispongano la Nota integrativa.

In riferimento alle imprese, invece, la semplificazione sembra riferibile ai soggetti che redigono il bilancio in forma abbreviata, che sono obbligati a predisporre la Nota integrativa, seppur la stessa abbia un contenuto limitato rispetto al bilancio ordinario (art. 2435-bis comma 4 c.c.).

Sembrerebbe, poi, logico riferire la semplificazione alle micro imprese, ancorché le stesse siano esonerate dalla redazione della Nota integrativa, quando, in calce allo Stato patrimoniale, risultino l’informativa sugli impegni, le garanzie e le passività potenziali non risultanti dallo Stato patrimoniale e l’informativa sui compensi, le anticipazioni e i crediti concessi agli amministratori e ai sindaci (art. 2435-ter comma 2 c.c.).

In tal caso, l’informativa potrebbe essere inserita in calce allo Stato patrimoniale, nell’apposito campo testuale previsto dalla tassonomia XBRL PCI 2018-11-04 (sezione “Bilancio micro, altre informazioni”).

La semplificazione non sembra, invece, riferibile a imprenditori individuali e società di persone, data la carenza dell’obbligo di redazione della Nota integrativa.

Alcune incertezze interpretative sono sorte in ordine al termine per l’adempimento, in quanto, come riportato, l’art. 3 comma 6-bis del Dl n. 73/2022 convertito stabilisce che, “per gli enti che provvedono nell’ambito della nota integrativa … il termine … è quello previsto per l’approvazione del bilancio dell’anno successivo”.

Tuttavia, sembra logico adempiere, in caso di inserimento delle informazioni nella Nota integrativa, nel termine previsto per l’approvazione del bilancio relativo all’esercizio durante il quale sono percepite le erogazioni, così come provvedono le imprese obbligate all’iscrizione nel Registro delle imprese, per le quali l’art. 1 comma 125-bis della L. 124/2017 prevede ordinariamente la pubblicazione nella Nota integrativa del bilancio d’esercizio e dell’eventuale bilancio consolidato.

Per le erogazioni percepite nel 2022, l’obbligo informativo deve, quindi, essere adempiuto in sede di approvazione dei bilanci relativi all’esercizio 2022.

A tal riguardo, può essere utile ricordare che, posto che, per le imprese che inseriscono le informazioni nella Nota integrativa, l’adempimento “segue” la tempistica del bilancio (documento CNDCEC marzo 2019), ove lo stesso sia approvato nel termine di 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale ai sensi degli artt. 2364 comma 2 e 2478-bis comma 2 c.c., anche la pubblicazione delle erogazioni pubbliche viene conseguentemente differita.

Si ricorda, da ultimo, che il Dl n. 198/2022 conv. L. n. 14/2023 (c.d. decreto “Milleproroghe”) ha prorogato al 1° gennaio 2024 il termine per l’applicazione delle sanzioni irrogabili in caso di inadempimento degli obblighi in esame per l’anno 2023 (cioè in relazione alle erogazioni percepite nel 2022, da rendicontare nel 2023).

I soggetti che inseriscono l’informativa sul sito internet sembrerebbero, quindi, poter beneficare della concessione di maggior tempo per adempiere all’obbligo informativo.
 

(MF/ms)




Esterometro: alcuni chiarimenti dall’Agenzia delle Entrate

Con la circolare n. 26, pubblicata il 13 luglio, l’Agenzia delle Entrate ha fornito gli attesi chiarimenti relativi alla comunicazione delle operazioni transfrontaliere (c.d. “esterometro”), la cui disciplina ha subito significative modifiche a decorrere dallo scorso 1° luglio.

Innanzitutto viene precisato che gli obblighi di integrazione ed autofatturazione per l’applicazione dell’Iva in regime di reverse charge e l’invio dei dati con le nuove modalità restano due adempimenti distinti ed autonomi, ferma restando la possibilità, in alcuni casi, di eseguire un unico adempimento

L’Agenzia delle Entrate traccia poi la rotta interpretativa esplicitando che la finalità dell’esterometro non è più ravvisabile nel mero controllo delle operazioni rilevanti ai fini IVA, ma è di più ampio respiro e ricomprende il monitoraggio di tutte le operazioni in cui la controparte del soggetto passivo IVA residente in Italia è “estera”.

Ne segue che, seppure in assenza di espressa previsione normativa, la trasmissione dei dati deve riferirsi non solo alle operazioni in cui la controparte è un operatore economico, ma anche a quelle poste in essere con privati consumatori.

Un’ulteriore declinazione del principio del monitoraggio omnicomprensivo è relativa all’ambito “qualitativo” del perimetro di osservazione nel quale ricadono tutte le operazioni, prescindendo dalla natura delle stesse ed in particolare dal fatto che rilevino territorialmente in Italia ai fini del tributo.

La sola limitazione concerne gli acquisti di beni e servizi non rilevanti territorialmente ai fini IVA in Italia (ai sensi degli articoli da 7 a 7-octies del DPR 633/72), i quali costituiscono oggetto di comunicazione solamente se il loro importo è di superiore a 5.000 euro.

L’invio dei dati delle operazioni transfrontaliere prevede che, per ogni operazione, venga trasmesso allo Sdi un  file xml conforme alle Specifiche Tecniche versione 1.7 sul quale verranno effettuati gli usuali controlli formali, tra cui la verifica della compilazione di tutti i campi obbligatori della fattura (ai sensi dell’articolo 21 Dpr 633/1972).

Tra i dubbi emersi in sede di prima applicazione del “nuovo” esterometro, si segnalano le incertezze in merito alla compilazione del campo deputato ad accogliere i dati descrittivi dell’operazione e su quale grado di dettaglio fornire.

Si pensi, ad esempio, alle cessioni di beni verso clienti esteri documentate da una fattura composta da svariate pagine, in presenza di più consegne effettuate nel mese nei confronti della medesima controparte, ovvero con diversi articoli/codici prodotto elencati nel corpo della fattura.

La problematica può riguardare, allo stesso modo, gli acquisti di beni da fornitore UE (Tipo documento TD18) oppure i servizi ricevuti dall’estero (TD17) e così via.

L’Agenzia delle Entrate interpellata circa la necessità di far coincidere i dati esposti nelle fatture cartacee estere (vendite e acquisti) con quelli trasmessi via SdI, introduce, sul punto, un’importante semplificazione 

In un primo momento, sembrava che il soggetto passivo nazionale dovesse inserire una descrizione dettagliata (in esecuzione dell’articolo 21, comma 2, lett. g), Dpr 633/1972), mentre l’Agenzia, richiamando l’esempio della compilazione della fattura differita (in cui è sufficiente il richiamo al documento di trasporto), ritiene sufficiente l’indicazione della parola “beni” o “Servizi” (o entrambe) in funzione dell’oggetto dell’operazione, rinviando altresì alla descrizione contenuta nella fattura emessa/ricevuta

Resta possibile allegare all’xml il pdf della fattura emessa ed inviata al cliente estero oppure allegare al Tipo documento TD17, TD18, TD19 il pdf della fattura del fornitore estero, incrementando la base informativa di dati a disposizione dell’Amministrazione finanziaria; in tal caso, chi usufruisce del servizio di conservazione messo a disposizione dall’Agenzia può considerare assolto l’obbligo di conservazione sostitutiva di tutti i documenti transitati tramite SdI (xml e fatture pdf, si rimanda ai paragrafi da 3.1 a 3.3, della citata circolare 26/E/2022).

Tra i vari chiarimenti forniti  spiccano quelli relativi ai termini di effettuazione dell’adempimento.

A differenza di quanto previsto dalla precedente comunicazione (valida per le operazioni sino al 30 giugno 2022), riprendendo le parole dell’Agenzia, “non vi è dunque un termine unico, fisso, ma mobile, legato a quello di emissione dei documenti che certificano i corrispettivi delle operazioni o, comunque, per gli acquisti, laddove tali documenti manchino oppure non siano tempestivi, a quello in cui le operazioni stesse si considerano effettuate”.

Per le operazioni attive, dunque, la trasmissione dei dati allo SdI deve avvenire entro l’ordinario termine di emissione della fattura ex art. 21 comma 4 del Dpr 633/72.

A tal fine, risulta irrilevante la circostanza che la fattura sia stata eventualmente emessa in via anticipata. Non è stata riconosciuta la possibilità di riferirsi al termine di annotazione dei documenti nel registro Iva delle vendite.

Nel caso delle cessioni intracomunitarie, ad esempio, l’invio dei dati al SdI nell’ambito dell’esterometro è da effettuarsi comunque “entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione” (art. 46 del Dl 331/93), anche qualora la fattura sia emessa in un momento diverso, purché nei limiti di legge (è consentito l’invio il 15 novembre 2022 dei dati riferiti a una cessione intracomunitaria effettuata il 1° ottobre 2022, la cui fattura è emessa il 31 dello stesso mese).

Il termine di emissione della fattura deve essere rispettato anche per la trasmissione dei dati delle cessioni di beni e prestazioni di servizi non soggette a Iva in quanto effettuate al di fuori dell’Ue. Nella fattispecie, vige il termine ordinario di 12 giorni dall’emissione della fattura (prevista ai sensi dell’art. 21 comma 6-bis del Dpr 633/72).

Qualora, invece, si sia in presenza di acquisti di servizi ricevuti da un soggetto extra Ue, l’invio dei dati al SdI dovrà avvenire entro il giorno quindici del mese successivo all’effettuazione dell’operazione, determinata secondo i criteri ordinari. Nel caso di specie, se si tratta di un servizio “generico”, si guarda al momento in cui le prestazioni sono ultimate (ovvero, se di carattere periodico o continuativo, alla data di maturazione dei corrispettivi), secondo quanto previsto dall’art. 6 comma 6 del Dpr 633/72.

(MF/ms)