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Per gli utili deliberati fino al 2022 il regime transitorio rimane in vita

Con l’ingresso nel nuovo anno è opportuno richiamare l’attenzione su due norme suscettibili di orientare l’azione del professionista sulla deliberazione di dividendi straordinari o sull’esecuzione di delibere di distribuzione già assunte in passato.
Per iniziare, con l’entrata dal 1° gennaio nel terzo esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2021 (per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare) non sarà più necessario trattenere nel patrimonio le somme sulle quali è stata calcolata la deduzione di cui all’art. 19 comma 2 ss. del DL 73/2021 (c.d. “super ACE”), computata con il coefficiente agevolato del 15%; il beneficio, infatti, si doveva restituire (mediante proporzionale variazione in aumento del reddito, o riversamento del credito d’imposta) se l’incremento non si fosse mantenuto nel patrimonio della società per i due esercizi successivi a quello in cui ne è avvenuta la fruizione.
Perciò, i soggetti “solari” già dal 1° gennaio 2024 sono fuori dal biennio di osservazione e le distribuzioni di dividendi (nonché le ripartizioni di altre poste del patrimonio netto) che essi dovessero effettuare non sono più penalizzate ai sensi dell’art. 19 comma 5 del DL 73/2021 (peraltro, si ricorda che l’ACE è stata abrogata a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023 ad opera dell’art. 5 comma 1 DLgs. 216/2023).
La seconda disciplina che si richiama è quella che nasce dalla norma transitoria di cui all’art. 1 comma 1006 della L. 205/2017, che ha regolato le distribuzioni di utili effettuate dopo l’entrata in vigore della riforma di cui all’art. 1, commi 999-1005, della stessa L. 205/2017.
Questa, si ricorda, ha disposto l’estensione a tutte le distribuzioni di dividendi in favore di soci persone fisiche (che non detengono la partecipazione in regime di impresa) dell’obbligo di applicare la ritenuta a titolo di imposta del 26%, fatta salva la possibilità, in base al menzionato comma 1006, di applicare il regime previgente (che prevedeva la parziale imponibilità di quanto percepito, in misura variabile tra il 40% e il 58,14% a seconda dell’anno di produzione dell’utile) alle distribuzioni deliberate entro la data del 31 dicembre 2022, se aventi a oggetto utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017.
Oggi non saranno frequentissimi i casi in cui la disciplina transitoria può trovare ancora applicazione, poiché ciò presuppone che vi sia stata una delibera nel termine sopra individuato e che ad essa non sia ancora seguita la materiale corresponsione del dividendo.
Sul tema occorre fare alcune considerazioni. In primo luogo, non è formalmente richiesto che la delibera abbia data certa, ma si ritiene che eventuali dubbi in merito possano essere in qualche modo superati dalla constatazione che la delibera stessa, se effettuata nel termine richiesto, sarà stata recepita nel bilancio depositato nel 2023, il che verrebbe a costituire una sorta di certificazione che garantirebbe contro eventuali contestazioni.
Per le delibere assunte tempestivamente che non abbiano ancora trovato completa esecuzione, dal tenore letterale della norma di riferimento si rileva che non è apposta alcuna scadenza per il pagamento materiale dei dividendi; secondo l’AIDC di Milano (norma di comportamento n. 218), l’unico termine rilevante sarebbe quello di prescrizione quinquennale ex art. 2949 c.c.
Posizione restrittiva dell’Agenzia delle Entrate
Vi è però da segnalare, sul punto, la posizione assunta dall’Agenzia delle Entrate con il principio di diritto n. 3 del 6 dicembre 2022.
In particolare, in un passaggio che non ha avuto seguito né troppo risalto, si assume una posizione restrittiva circa le distribuzioni di dividendi “le cui condizioni di pagamento prevedono termini ultrannuali” (ovvero, in altre parole, che dovessero trovare attuazione oltre un anno dalla scadenza del termine), assumendo che esse darebbero luogo ad “un’impropria estensione del regime transitorio di tassazione degli utili accantonati in riserve formatisi fino al 31 dicembre 2017”.
Tale visione non appare fondata su di una precisa disposizione normativa e porterebbe avere conseguenze paradossali sulle società che erogano dividendi, in relazione alla loro responsabilità in qualità di sostituti d’imposta per le distribuzioni eseguite nel 2024.
Appare perciò preferibile un’impostazione per cui i poteri dell’Amministrazione finanziaria possono essere esercitati solo se, come pure espresso dal principio di diritto, la distribuzione deliberata al termine del 2022 ha natura simulata o può essere riqualificata sulla base degli scopi concretamente perseguiti; ciò, però, indipendentemente dal termine annuale che non sembra in sé idoneo a tracciare una linea di confine certa e inequivocabile a tali fini.

(MF/ms)




ACE: abrogata dal 2024

L’art. 5 del DLgs. approvato il 16 ottobre in via preliminare dal Consiglio dei Ministri prevede, nel contesto della ridefinizione degli incentivi alle imprese, l’abrogazione dell’agevolazione ACE con effetto dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023 (ovvero, dal 2024, per i soggetti con esercizio sociale coincidente con l’anno solare).

L’agevolazione dovrebbe essere idealmente sostituita da quella prevista dall’art. 6 comma 1 lettera a) della L. 111/2023, che si sostanzia in una riduzione dell’aliquota IRES per gli utili impiegati in nuovi investimenti o in nuove assunzioni, e che per il solo 2024 dovrebbe limitarsi alla extra-deduzione del 20% del costo del personale, decisa dall’art. 4 dello stesso decreto legislativo.

Dal punto di vista normativo, si provvede:

  • ad abrogare l’art. 1 del DL 201/2011, che regola in modo generale l’agevolazione ACE;
  • ad abrogare l’art. 1 commi 549 – 552 della L. 232/2016, i quali prevedono, per i soggetti IRPEF, una base fissa di calcolo rappresentata dalla differenza fra il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 e il patrimonio netto al 31 dicembre 2010;
  • a fare salvo il riporto delle eccedenze ACE maturate sino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2023.
    La stessa tecnica normativa era stata utilizzata dall’art. 1 comma 1080 della L. 145/2018 (legge di bilancio 2019), anch’esso finalizzato alla soppressione dell’agevolazione.
Le concrete conseguenze di quest’ultima norma, tuttavia, non si erano viste, in quanto con l’art. 1 comma 287 della L. 160/2019 (legge di bilancio 2020) si era proceduto a fare rivivere gli effetti dell’ACE, la quale si era quindi applicata a tutti i soggetti interessati senza soluzione di continuità.

L’abrogazione, se verrà confermata nella versione definitiva del decreto, comporterà di fatto la “perdita” degli incrementi di patrimonio netto che le società avevano registrato dal 2011 in poi, suscettibili in più casi di ridurre in modo significativo l’imponibile.

Nell’attesa di verificare quale sarà il testo definitivo della norma, si possono iniziare a fare due ordini di considerazioni riguardanti, rispettivamente, le ultime “code” della super ACE e i possibili riflessi delle clausole antielusive contenute nell’art. 10 del DM 3 agosto 2017.

Quanto al primo aspetto, l’art. 19 commi 4 e 5 del DL 73/2021 obbligano al riversamento della super ACE (sotto forma di restituzione del credito d’imposta o di variazione in aumento del reddito imponibile) se vi sono distribuzioni “eccedenti” sino al secondo periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2021 (ovvero, sino al 2023 compreso, per i soggetti “solari”): il meccanismo di recupero si conclude, quindi, prima dell’abrogazione dell’ACE, per cui l’impresa che procedesse entro la fine dell’anno a distribuire dividendi straordinari non controbilanciati da nuovi conferimenti o accantonamenti di utili a riserva dovrebbe essere soggetta al procedimento di recapture.

Il secondo tema è più complesso, ma può essere esemplificato con il caso di una società con incrementi patrimoniali al 31 dicembre 2023 per 15 milioni di euro e finanziamenti concessi a una controllata per 5 milioni di euro: il rendimento nozionale è calcolato partendo dal dato di 10 milioni, posto che il finanziamento va a ridurre la base di calcolo dell’agevolazione, e ammonta a 130.000 euro, dato il coefficiente dell’1,3%.

Ove il 2023 si chiuda in perdita, la società potrebbe riportare l’eccedenza non sfruttata di 130.000 euro alle annualità successive, ma a rigore l’eccedenza, essendo “fotografata” al 31 dicembre 2023, non potrebbe incrementarsi se, negli anni successivi, il finanziamento fosse restituito.

Il tema si era già posto all’atto dell’abrogazione della Dual Income Tax, tanto che la sentenza della Corte di Cassazione n. 21241/2017 aveva stabilito la legittimità dei comportamenti delle società che, anche nei periodi d’imposta successivi all’abrogazione dell’agevolazione, ne avevano incrementato la base di calcolo a seguito dei rimborsi dei finanziamenti.

Dal punto di vista sostanziale le situazioni sono similari, anche se, guardando alla tecnica normativa utilizzata, all’atto dell’abrogazione della DIT la società poteva continuare a usufruire dell’agevolazione, pur se l’ammontare degli incrementi era “congelato” al 30 giugno 2001, mentre le attuali disposizioni hanno ad oggetto le sole eccedenze che si formano alla del 2023, in quanto l’ACE non esiste più.

Si può però sostenere, in linea con la Cassazione, che se in vigenza dell’agevolazione questa era stata compressa in virtù della destinazione della liquidità ad altri fini (il finanziamento della partecipata), essa dovrebbe riespandersi anche nel periodo transitorio che inizia dopo la sua soppressione, in quanto con il rimborso del finanziamento viene semplicemente meno la condizione (l’utilizzo diretto dei fondi per il potenziamento dell’impresa) che avrebbe portato a un beneficio fiscale maggiore nei periodi d’imposta precedenti: ciò porterebbe, in pratica, al ricalcolo dell’eccedenza a 195.000 euro (l’1,3% di 15 milioni) dopo che il finanziamento viene rimborsato.
 

(MF/ms)




Al via le compensazioni del credito imposta “Super Ace”

Con la risoluzione 70/E/2021 dello scorso 10 dicembre l’Agenzia delle Entrate ha istituito il codice tributo per l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta derivante dalla conversione della “Super Ace” o “Ace innovativa”, introdotta dall’articolo 19, commi 2-7, Dl. 73/2021 (c.d. Decreto Sostegni-bis).

Il comma 3 della citata norma consente infatti la fruizione alternativa, tramite riconoscimento di un credito d’imposta, del rendimento nozionale Ace di cui all’articolo 1 Dl. 201/2011, per gli incrementi di capitale proprio effettuati nell’esercizio successivo a quello in corso al 31.12.2020.

La conversione dell’Ace in credito d’imposta si ottiene moltiplicando il rendimento nozionale, pari agli incrementi di capitale proprio effettuati nel 2021 entro un massimo di 5 milioni di euro e valutati al 15%, per l’aliquota Ires o Irpef in vigore nel periodo d’imposta in corso al 31.12.2020.

L’articolo 19, comma 6, Dl. 73/2021 offre tre modalità di fruizione alternative del credito d’imposta “Super Ace”:

  • l’utilizzo in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 D.lgs. 241/1997;
  • la richiesta a rimborso in dichiarazione dei redditi;
  • la cessione a terzi, che potranno usufruirne con le medesime modalità previste per il cedente, inclusa la facoltà di ulteriore e successiva cessione.
La conversione dell’Ace in credito d’imposta e la sua conseguente fruizione non sono automatiche, risultando subordinate all’invio di apposita Comunicazione all’Agenzia delle entrate, secondo modalità e termini di presentazione, contenuto e modalità attuative per l’eventuale cessione del credito definite dal provvedimento del Direttore delle Entrate prot. n. 238235/2021.

La finestra temporale per l’invio della Comunicazione decorre dal 20.11.2021 fino al termine ordinario per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2020.

La Comunicazione Ace può essere trasmessa anche con riferimento a singoli incrementi di capitale proprio ed eventuali incrementi di capitale proprio successivi sono oggetto di ulteriori Comunicazioni Ace in cui deve essere omesso il riporto degli incrementi indicati nelle Comunicazioni già validamente presentate.

L’istituzione del codice tributo per la compensazione in F24 consente dunque la fruizione a coloro che hanno già provveduto all’invio di anche solo una singola comunicazione all’Agenzia delle entrate e hanno ricevuto:

  • la conferma dall’Agenzia delle entrate di riconoscimento del credito, prevista entro al massimo 30 giorni dall’invio di ogni singola comunicazione;
  • in caso di crediti superiori a 150.000 euro, l’esito alle verifiche antimafia previste dal D.lgs. 159/2011.
La compensazione è possibile dal giorno successivo a quello di:
  • avvenuto versamento del conferimento in denaro;
  • ovvero dal giorno successivo alla rinuncia o alla compensazione di crediti;
  • ovvero dal giorno successivo alla delibera dell’assemblea di destinare, in tutto o in parte, a riserva l’utile di esercizio.
Il cessionario invece potrà utilizzare il credito d’imposta, con le stesse modalità previste per il soggetto cedente, dopo che:
  • il cedente abbia comunicato all’Agenzia delle entrate la cessione del credito;
  • il cessionario stesso ne abbia comunicato la relativa accettazione.
Il codice tributo da utilizzarsi in compensazione è il “6955” denominato “Credito d’imposta Ace – articolo 19, comma 3, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73”, da esporre nella sezione “Erario” in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a credito compensati”, ovvero, nei casi in cui il contribuente debba procedere al riversamento dell’agevolazione, nella colonna “importi a debito versati”.

Il campo “anno di riferimento” deve essere valorizzato con l’anno d’imposta a cui si riferisce il credito, dunque, per la generalità delle imprese con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, il 2021.

Come di consueto, il modello F24 che espone l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta deve essere presentato esclusivamente tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento.

Se l’importo compensato, anche tenuto conto dei precedenti utilizzi, eccede l’ammontare massimo spettante come risultante dalle comunicazioni validamente presentate e consultabile nel “Cassetto fiscale” del contribuente al link “Crediti Iva / Agevolazioni utilizzabili”, il relativo modello F24 è scartato.

(MF/ms)
 




Ace innovativa: alcuni esempi per la determinazione del credito d’imposta

Dopo l’emanazione del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 17 settembre 2021, n. 238235/2021, è possibile procedere al riconoscimento del credito d’imposta in alternativa al normale funzionamento dell’Ace.

 

Si ricorda che il decreto “Sostegni bis” (Dl. 25 maggio 2021, n. 73) introduce un regime transitorio straordinario della disciplina dell’Ace (aiuto alla crescita economica) per gli aumenti di capitale fino a 5 milioni di euro, che prevede anche la possibilità di trasformare il relativo beneficio fiscale in credito d’imposta compensabile per il 2021.
 
Sommario:

  • Premessa
  • Il decreto “Sotegni bis”
  • Credito d’imposta
  • Il provvedimento
  • Controlli
  • Esempio per una società di capitali
  • Esempio per un soggetto Irpef
 
Premessa
Si premette che l’art. 1 del Dl. 6 dicembre 2011, n. 201, ha introdotto l’ACE, con lo scopo di incentivare la capitalizzazione delle imprese, al fine di riequilibrare il trattamento fiscale tra le imprese che si finanziano con debito e quelle che si finanziano con capitale proprio.

 

Tra i soggetti che possono usufruire dell’ACE, oltre alle società di capitali, rientrano anche le persone fisiche e le società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria, per natura o per opzione.

Al fine di costituire un incentivo per la patrimonializzazione delle imprese, l’ACE consente di dedurre dal reddito delle società di capitale, di persone e delle ditte individuali in contabilità ordinaria un importo che corrisponde al rendimento figurativo degli incrementi di capitale.

Il calcolo dell’importo deducibile si effettua a partire dalla somma dei componenti che hanno inciso positivamente e negativamente sul capitale.

Il risultato viene confrontato con il patrimonio netto contabile risultante dal bilancio di esercizio, determinando l’incremento patrimoniale che costituisce la base di calcolo dell’ACE.

L’importo deducibile viene, quindi, individuato moltiplicando tale base per l’aliquota percentuale pari all’1,3 per cento.

In generale, gli elementi positivi che incidono sul capitale riguardano i conferimenti in denaro versati dai soci o partecipanti, nonché quelli versati per acquisire la qualificazione di soci o partecipanti e gli utili accantonati a riserva, ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili.

Hanno “efficacia”, come elementi negativi della variazione del capitale proprio, invece, le riduzioni del patrimonio netto con attribuzione, a qualsiasi titolo, ai soci o partecipanti.

Rilevano, quindi, sia la devoluzione di riserve di utili, come, per esempio, la distribuzione di dividendi, sia quella di capitale o riserve di capitale, quali la riduzione del capitale sociale o di voci del patrimonio assimilate al capitale, che riguardano, a titolo di esempio, la riserva di sovrapprezzo azioni e la riserva per versamenti di denaro a fondo perduto o in conto capitale.

 

INCREMENTI RILEVANZA DECREMENTI RILEVANZA
Conferimenti in denaro Rilevano dalla data di versamento Attribuzioni ai soci a qualsiasi titolo effettuate Rilevano a partire dall’inizio dell’esercizio in cui si sono verificate
Rinuncia ai crediti verso la società da parte dei soci Rileva dalla data dell’atto di rinuncia    
Compensazione dei crediti per aumento di capitale Rileva dalla data in cui ha effetto la compensazione    
Accantonamento di utili a riserva Rileva a partire dall’esercizio nel corso del quale l’assemblea delibera di destinare l’utile a riserva    
 
Il decreto “Sostegni bis”
 
L’art. 19, commi da 2 a 7, del Dl. 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla Legge 23 luglio 2021, n. 106, introduce delle modifiche alla disciplina ACE esaminata, da applicare per il periodo d’imposta 2021.

 

Nello specifico, il comma 2 del citato articolo stabilisce che, nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020 (per i soggetti solari il 2021), per la variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura del periodo d’imposta precedente (2020 per i soggetti solari), l’aliquota percentuale per il calcolo del rendimento nozionale del nuovo capitale è maggiorata al 15 per cento.

Nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020, gli incrementi del capitale proprio rilevano a partire dal primo giorno del periodo d’imposta.

Si fa notare che, rispetto all’ordinaria disciplina, laddove è previsto che gli incrementi rilevano, in genere, dalla data di effettuazione dell’operazione, con la novella, gli incrementi del capitale proprio rilevano a partire dal primo giorno del periodo d’imposta, con ciò allineandosi ai decrementi, che si computano a partire dall’inizio dell’esercizio in cui si sono verificati.
La variazione in aumento del capitale proprio rileva per un ammontare massimo di 5 milioni di euro, indipendentemente dall’importo del patrimonio netto risultante dal bilancio.
Credito d’imposta
Il comma 3 del menzionato art. 19 prevede un’opzione alternativa al normale funzionamento dell’ACE.

 

Più in dettaglio, può essere richiesto di riconoscere in via anticipata, sotto forma di credito d’imposta, la minore imposta corrispondente alla deduzione del rendimento nozionale relativo agli incrementi di capitale proprio effettuati nel 2021 e valutato con aliquota pari al 15 per cento.

Il credito d’imposta si determina applicando al rendimento nozionale le aliquote delle imposte sul reddito delle persone fisiche e delle società (artt. 11 e 77 del TUIR) in vigore nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020.

Il bonus può essere utilizzato, previa comunicazione all’Agenzia delle entrate, da effettuarsi:

  • dal giorno successivo a quello dell’avvenuto versamento del conferimento in denaro o
  • dal giorno successivo alla rinuncia o alla compensazione di crediti ovvero
  • dal giorno successivo alla delibera dell’assemblea di destinare l’utile di esercizio, in tutto o in parte, a riserva.
Il provvedimento
Per effetto delle previsioni contenute nel comma 7 del richiamato art. 19, è stato emanato il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate 17 settembre 2021, n. 238235/2021, recante la definizione delle modalità, dei termini di presentazione e del contenuto della comunicazione per la fruizione del credito d’imposta in esame, nonché delle modalità attuative per la cessione del credito.

 

Nello specifico, i soggetti aventi i requisiti previsti dal decreto “Sostegni bis” per accedere al credito d’imposta devono comunicare all’Agenzia delle entrate:

  • la variazione in aumento del capitale proprio nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020 (2021 per i solari) rispetto a quello esistente alla chiusura del periodo d’imposta precedente (2020 per i solari);
  • il rendimento nozionale calcolato sulla base dell’aliquota del 15 per cento;
  • il credito d’imposta, calcolato applicando al rendimento nozionale le aliquote di cui agli artt. 11 e 77 del TUIR.
Termini e invio della comunicazione

 

La comunicazione Ace deve essere inviata esclusivamente con modalità telematiche, direttamente dal beneficiario oppure avvalendosi di un soggetto incaricato della trasmissione delle dichiarazioni, mediante i canali telematici dell’Agenzia delle entrate, nel rispetto dei requisiti definiti dalle specifiche tecniche allegate al provvedimento.

A seguito della presentazione della comunicazione ACE, è rilasciata, entro 5 giorni, una ricevuta che ne attesta la presa in carico, ovvero lo scarto, con l’indicazione delle relative motivazioni.

La ricevuta viene messa a disposizione del soggetto che ha trasmesso la comunicazione ACE, nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate.

La comunicazione ACE può essere inviata dal 20 novembre 2021 fino alla scadenza del termine ordinario per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020 e, quindi, fino al 30 novembre 2022, salvo modifiche.

 

Per i soggetti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare, tale termine cade l’ultimo giorno dell’undicesimo mese successivo alla data indicata nel campo “Data fine periodo d’imposta” del modello relativo alla compilazione della comunicazione.

Da evidenziare che la comunicazione Ace può essere inviata con riferimento a uno o più incrementi di capitale proprio; in caso di incrementi successivi, vanno presentate ulteriori comunicazioni ACE distinte, senza riportare gli incrementi indicati nelle comunicazioni ACE già presentate.

 

Rettifica della comunicazione

Nel periodo che va dal 20 novembre 2020 alla scadenza del termine ordinario per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020, è possibile:

  1. rettificare una comunicazione Ace già inviata, inviando una nuova comunicazione Ace, con le stesse modalità suddette, che sostituisce integralmente quella precedentemente trasmessa. Restano validi gli utilizzi del credito d’imposta riconosciuto sulla base della comunicazione ACE oggetto di rettifica, fino a concorrenza del minore importo tra il credito risultante dalla predetta comunicazione ACE e quello risultante dalla comunicazione ACE rettificativa;
  2. presentare la rinuncia integrale al credito d’imposta precedentemente comunicato, con la stessa modalità attinente alla trasmissione della comunicazione ACE.
La competenza per gli adempimenti conseguenti alla gestione della comunicazione Ace è demandata al Centro operativo servizi fiscali di Cagliari.
Modalità di fruizione del credito di imposta

 

Entro trenta giorni dalla data di presentazione delle singole comunicazioni Ace, l’Agenzia delle entrate comunica ai richiedenti il riconoscimento ovvero il diniego del credito d’imposta.

Relativamente alle comunicazioni Ace per le quali l’ammontare del credito d’imposta fruibile sia superiore a 150.000 euro, il credito è utilizzabile in esito alle verifiche previste dal D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159. Trattasi dei soggetti sottoposti alla verifica antimafia.

È l’Agenzia delle entrate che comunica l’autorizzazione all’utilizzo del credito d’imposta, qualora non sussistano motivi ostativi. Il credito d’imposta può essere utilizzato, previa comunicazione del riconoscimento del credito:
  • dal giorno successivo a quello di avvenuto versamento del conferimento in denaro o
  • dal giorno successivo alla rinuncia o alla compensazione di crediti ovvero
  • dal giorno successivo alla delibera dell’assemblea di destinare, in tutto o in parte, a riserva l’utile di esercizio.
Il bonus fiscale può essere utilizzato in compensazione ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, oppure può essere chiesto a rimborso nella dichiarazione dei redditi nella quale il credito d’imposta va indicato.

 

In alternativa, il credito può essere ceduto, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, ed è usufruito dal cessionario con le stesse modalità previste per il soggetto cedente.

Ai fini dell’utilizzo in compensazione del credito d’imposta:

  • il modello F24 è presentato esclusivamente tramite i servizi telematici resi disponibili dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento;
  • nel caso in cui l’importo del credito utilizzato in compensazione risulti superiore all’ammontare massimo fruibile, anche tenendo conto di precedenti utilizzi, il relativo modello F24 è scartato. Lo scarto è comunicato al soggetto che ha trasmesso il modello F24 tramite apposita ricevuta, consultabile nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate;
  • con successiva risoluzione, saranno impartite le istruzioni per la compilazione del modello F24.
Cessione del credito

 

La comunicazione della cessione del credito d’imposta avviene esclusivamente a cura del soggetto cedente, con le funzionalità rese disponibili nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate.

La comunicazione della cessione del credito può avvenire a decorrere dal momento in cui lo stesso risulta utilizzabile da parte del cedente e, quindi, dopo la comunicazione con la quale l’Agenzia autorizza l’utilizzo del credito d’imposta.

Il cessionario è tenuto a comunicare l’accettazione del credito ceduto, utilizzando direttamente le funzionalità suddette (area riservata sul sito di Agenzia delle entrate).

Dopo l’accettazione, alle stesse condizioni applicabili al cedente e nei limiti dell’importo ceduto, il cessionario utilizza il credito d’imposta con le stesse modalità previste per il soggetto cedente.

In alternativa all’utilizzo diretto, i cessionari, primi acquirenti del credito, possono ulteriormente cedere i crediti d’imposta ad altri soggetti, tenendo presente che la comunicazione dell’ulteriore cessione del credito avviene esclusivamente da parte del soggetto cedente, con le funzionalità rese disponibili nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate.

L’ultimo cessionario utilizza il credito d’imposta secondo le stesse modalità e condizioni applicabili al cedente, dopo l’accettazione della cessione, da comunicare esclusivamente a cura dello stesso cessionario, con le medesime funzionalità indicate nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate.

Controlli
I soggetti cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo dei crediti d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto ai crediti ricevuti.

 

Pertanto, nello svolgimento dell’ordinaria attività di controllo, l’Amministrazione finanziaria verificherà:

  1. in capo al beneficiario originario, l’esistenza dei presupposti e delle condizioni, previste dal decreto “Sostegni bis”, per usufruire dell’agevolazione, la corretta determinazione dell’ammontare del credito e il suo esatto utilizzo. Nel caso in cui venga riscontrata la mancata sussistenza dei requisiti, si procederà al recupero del credito nei confronti del beneficiario originario;
  2. in capo ai cessionari, l’utilizzo del credito in modo irregolare o in misura maggiore rispetto all’ammontare ricevuto in sede di cessione.
Esempio per una società di capitali 
Si ipotizzi che una s.r.l., nel 2021, abbia avuto un incremento di capitale dovuto all’utile 2020 destinato a riserva nel 2021 per euro 45.000 e una rinuncia a un credito da finanziamento vantato da un socio per euro 20.000.

 

Come sopra specificato, per le società di capitali, il credito d’imposta si determina applicando al rendimento nozionale l’aliquota IRES attualmente del 24 per cento.

Considerando che l’importo complessivo degli incrementi effettuati nel 2021 è pari a euro 65.000, a cui si applica l’aliquota percentuale del 15 per cento, si ottiene un rendimento nozionale di euro 9.750 (65.000 * 15%).

Per determinare il credito d’imposta, occorre applicare al rendimento nozionale l’aliquota IRES del 24 per cento:

9.750 * 24% = credito d’imposta 2.340.

ALLEGATO 1
 

Esempio per un soggetto Irpef
La posizione del soggetto Irpef è diversa rispetto a coloro che applicano l’Ires.

 

Infatti, con riguardo all’incremento del patrimonio netto, mentre per le società di capitali rileva l’utile d’esercizio 2020 accantonato a riserva a seguito di delibera assembleare, per le società di persone e per gli imprenditori individuali, ai fini della super Ace, rileva l’utile “maturato” nel 2021, per effetto della regola stabilita dal comma 3 dell’art. 8 del Dm. 3 agosto 2017.

Ne deriva che solo a fine esercizio 2021 i soggetti Irpef saranno in grado di determinare l’utile d’esercizio da portare a incremento del patrimonio netto rilevante ai fini dell’Ace innovativa e, quindi, è molto difficile che al 20 novembre 2021 l’utile 2021 potrà concorrere come incremento del capitale proprio.

Orbene, come sopra evidenziato, è possibile che la comunicazione Ace possa essere inviata anche con riferimento a uno o più incrementi di capitale proprio.

Esemplificando: alla data del 20 novembre 2021 è stato eseguito un apporto di denaro da parte dell’imprenditore individuale in contabilità ordinaria (ma anche da parte di un socio di una società di persone) per euro 60.000.

Per determinare il credito d’imposta, è necessario applicare al rendimento nozionale le aliquote Irpef  per scaglione previste dall’art. 11 del TUIR, ossia:

  • fino a 15.000 euro, 23 per cento;
  • oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 27 per cento;
  • oltre 28.000 euro e fino a 55.000 euro, 38 per cento;
  • oltre 55.000 euro e fino a 75.000 euro, 41 per cento;
  • oltre 75.000 euro, 43 per cento.
Poiché l’incremento del capitale proprio al 20 novembre 2021 è di euro 60.000, a tale importo si applica l’aliquota del 15 per cento, ottenendo un rendimento nozionale pari a euro 9.000.

 

Per determinare il credito d’imposta, occorre applicare al rendimento nozionale le suddette aliquote IRPEF, per cui:

9.000 * 15% = 1.350.

ALLEGATO 2

(MF/ms)

 
 
 




Pubblicato il decreto attuativo della “super Ace”

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato il 17 settembre 2021, l’atteso provvedimento attuativo della disciplina della c.d. “super Ace” (art. 19 del Dl 73/2021), il quale regola le modalità, i termini e il contenuto della comunicazione preventiva che le imprese interessate sono tenute a effettuare all’Agenzia stessa al fine di utilizzare il credito d’imposta riveniente dalla trasformazione del rendimento nozionale del 2021.

L’agevolazione, come si ricorda, si sostanzia non solo in un diverso calcolo di criterio dell’Ace (con un coefficiente maggiorato del 15% in luogo dell’1,3%, e senza ragguagli ad anno per i versamenti in denaro e le rinunce dei soci ai crediti), ma anche nella possibilità di fruire il beneficio fiscale sotto forma di credito d’imposta utilizzabile nel modello F24. Nel contesto della “super Ace” gli incrementi rilevanti sono limitati a 5 milioni di euro (l’eccedenza è, invece, agevolata con l’Ace “ordinaria”) e il credito è calcolato applicando al rendimento nozionale le aliquote Irpef o Ires.

In termini generali, il provvedimento limita in modo considerevole le aspettative di più società che hanno effettuato nel 2021 incrementi del capitale, posticipando in modo significativo la data della possibile compensazione.

Mentre, infatti, la norma primaria (art. 19 comma 3 del Dl 73/2021), replicata dall’art. 4.2 del provvedimento attuativo, stabilisce che il credito d’imposta può essere utilizzato, previa comunicazione all’Agenzia delle Entrate, dal giorno successivo a quello in cui sono avvenuti il versamento del conferimento in denaro o la rinuncia ai crediti, o a quello in cui l’assemblea ha deliberato di destinare in tutto o in parte a riserva l’utile di esercizio, lo stesso provvedimento contiene due norme che, nei fatti, spingono in là nel tempo questo beneficio:

  • la prima (art. 3.3) consente di inviare le comunicazioni all’Agenzia delle Entrate (c.d. “comunicazioni Ace”) solo a decorrere dal 20 novembre 2021;
  • la seconda (art. 4.1) concede sino a 30 giorni all’Agenzia delle Entrate per comunicare il riconoscimento o il diniego del credito.
Essendo la compensazione nel modello F24 subordinata alla comunicazione del riconoscimento del credito, l’orizzonte temporale su cui si va a collocare il beneficio è individuabile nel dicembre del 2021, “saltando” così – a meno di comunicazioni Ace tempestive e di un rapido riscontro dell’Agenzia delle Entrate – anche la scadenza del 30 novembre 2021 per i secondi acconti delle imposte sui redditi e dell’Irap.

Venendo invece agli aspetti positivi, l’art. 3.3 del provvedimento precisa che la comunicazione Ace può essere inviata con riferimento a uno o più incrementi del capitale proprio (e non, quindi, alla totalità degli incrementi dell’anno). Quindi, per due versamenti dei soci effettuati nel 2021, la società può presentare una prima comunicazione Ace per il primo versamento, potendo compensare anticipatamente il credito d’imposta derivante da questo apporto, e così fare in modo distinto per il secondo versamento. Va da sé, però, che la fissazione del termine iniziale delle richieste al 20 novembre 2021 depotenzia di molto questa norma, la quale in sé aveva potenzialità di sicuro interesse per le imprese che si sono capitalizzate.

Nella comunicazione (da presentare esclusivamente in via telematica) i dati principali sono quelli della natura del soggetto d’imposta, della variazione in aumento del capitale proprio, del rendimento nozionale e del credito d’imposta.

Nella casella “Tipo soggetto” occorre segnare il codice “1” se il beneficiario è un soggetto Irpef, “2” se esso è un soggetto Ires ordinario o “3” se è un soggetto Ires tenuto al versamento della maggiorazione per gli intermediari finanziari (in tal caso, le istruzioni precisano che per il computo del credito si tiene conto anche della maggiorazione).

L’elencazione dei soggetti ammessi, in cui si fa riferimento anche alle snc e alle sas, sembrerebbe indicare che sono esse (e non, quindi, i soci) a beneficiare del credito; se questa interpretazione è corretta, il meccanismo di calcolo del credito d’imposta sarebbe quello che già le società di persone sperimentano al fine di trasformare le eccedenze Ace non utilizzate ai fini della compensazione con l’Irap.

Per quanto riguarda i successivi campi, se ad esempio una società di capitali ha accantonato a riserva l’utile del 2020 per 600.000 euro e ha ricevuto dai soci nell’agosto 2021 versamenti in conto capitale per 2 milioni di euro, occorre indicare nel campo “Variazione in aumento del capitale proprio” l’importo di 2,6 milioni di euro, nel campo “Rendimento nozionale” quello di 390.000 euro (il 15% degli incrementi) e nel campo “Credito d’imposta” il credito di 93.600 euro (il 24% del rendimento nozionale). Ove vi sia un altro versamento nel dicembre 2021, questo può essere oggetto di una seconda comunicazione Ace autonoma.

Da ultimo, il provvedimento attuativo precisa, all’art. 4.4, che il modello F24 per la compensazione deve essere presentato esclusivamente utilizzando i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate e che (indicazione non presente nella norma primaria), se il credito d’imposta eccede 150.000 euro, occorrono le attestazioni antimafia (quadro A del modello).

(MF/ms)




Super Ace 2021 anche come credito d’imposta

La maggiore appetibilità della Super Ace 2021, rispetto all’Ace “ordinaria”, discende non soltanto dal ben più elevato coefficiente di remunerazione della variazione in aumento del capitale proprio (15% contro 1,3%), ma anche dalla possibilità di fruire dell’agevolazione, in alternativa alle modalità “ordinarie”, nella forma di un credito di imposta che può essere (art. 19 comma 6 del Dl. 73/2019):
  • utilizzato, senza limiti di importo, in compensazione ai sensi dell’art. 17 del D.lgs. 241/97;
  • chiesto a rimborso;
  • ceduto a terzi, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti (in questo caso, sia il primo che i successivi cessionari fruiscono del credito di imposta con le stesse modalità previste per l’originario beneficiario).
L’opzione per la fruizione della Super Ace 2021 nella forma di credito di imposta compensabile senza limiti, rimborsabile o cedibile, deve essere esercitata mediante presentazione all’Agenzia delle Entrate di apposita comunicazione.

Ai sensi del comma 7 dell’art. 19 del Dl. 73/2021, le modalità, i termini di presentazione e il contenuto della comunicazione (nonché le modalità attuative per la cessione del credito) saranno approvate con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate che dovrà essere emanato entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del Dl. 73/2021.

Ai sensi dell’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 19 del Dl. 73/2021, il credito di imposta è utilizzabile già a partire dal giorno successivo a quello in cui si verifica un incremento rilevante del capitale proprio, fermo restando che deve venire previamente presentata l’apposita comunicazione all’Agenzia delle Entrate.

In particolare, ferma restando la previa presentazione della predetta comunicazione, il credito di imposta è utilizzabile a partire dal giorno successivo:

  • del versamento del conferimento in denaro;
  • della definitiva rinuncia da parte del socio al credito vantato verso la società (o del suo utilizzo in compensazione con il debito da sottoscrizione delle azioni o quote);
  • della delibera assembleare che destina a riserva, in tutto o in parte, l’utile dell’esercizio.
Se, a causa di eventi rilevanti successivi, la variazione in aumento del capitale proprio diviene inferiore di quella riconducibile agli incrementi rilevanti sui quali è stato calcolato e fruito il credito di imposta, il credito di imposta deve essere restituito in proporzione a tale minore importo.

Ai sensi del comma 3 dell’art. 19 del Dl. 73/2021, il credito di imposta spettante a titolo di super Ace 2021 si determina applicando sugli incrementi rilevanti, fermo restando il limite massimo di 5 milioni di euro, il coefficiente di remunerazione del 15% e le aliquote di imposta previste dagli artt. 11 (aliquote Irpef progressive per scaglioni) e 77 (aliquota Ires proporzionale del 24%) del Tuir.

Quanto precede implica che, nel caso di incrementi rilevanti per 1.000.000 di euro (cfr. circ. n. 21/2015, § 2.2):

  • se il beneficiario è un soggetto Ires, il credito di imposta super Ace 2021 è pari a 36.000 euro (= 1.000.000 x 15% x 24%);
  • se il beneficiario è un soggetto Irpef, il credito di imposta super Ace 2021 è pari a 63.475,50 euro [= 15% x (15.000 x 23% + 13.000 x 27% + 27.000 x 38% + 20.000 x 41% + 925.000 x 43%)].
Oltre che utilizzabile in compensazione ex art. 17 del D.lgs 241/97 senza limiti, richiedibile a rimborso e cedibile a terzi con facoltà di ulteriori cessioni, il credito di imposta super Ace 2021 (comma 6 dell’art. 19 del Dl. 73/2021):
  • non è produttivo di interessi;
  • non concorre alla formazione del reddito di impresa e della base imponibile Irap, né rileva ai fini del rapporto di cui all’art. 109 comma 5 del Tuir.
È inoltre previsto che “il credito di imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi”.

Ai sensi del secondo periodo del comma 6 dell’art. 19 del Dl. 73/2021, i soggetti che acquistano il credito di imposta dall’originario beneficiario della Super Ace 2021 (o che lo acquistano da altri che sono stati a loro volta cessionari del medesimo e non originari beneficiari dell’agevolazione) “rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito di imposta in modo irregolare o in misura maggiore al credito ricevuto”.

Il principio è lo stesso che vale, nell’ambito dell’art. 121 del Dl. 34/2020, per le cessioni dei crediti di imposta corrispondenti alle detrazioni “edilizie”.

(MF/ms)




Imprese: accantonamento di utile a riserva con sconto Super Ace

Per le società che hanno scelto di avvalersi della proroga dei termini di approvazione del bilancio ai sensi dell’art. 106 del DL 18/2020 nel mese di giugno si terranno le assemblee a tal fine convocate.

In detta occasione è necessario valutare con attenzione l’opzione introdotta dall’art. 19 del DL 73/2021 con riguardo alla c.d. super Ace, o Ace innovativa, diretta a stimolare la capitalizzazione delle imprese nel 2021 con un incentivo fiscale che, dal punto di vista qualitativo e quantitativo, appare di indubbio interesse.

Ai sensi del comma 3 del richiamato art. 19, infatti, dal giorno successivo a quello della delibera dell’assemblea di destinazione dell’utile d’esercizio a riserva è possibile beneficiare di un credito d’imposta calcolato applicando al rendimento nozionale l’aliquota IRES. In pratica, per ogni 10.000 euro di utile accantonato è possibile fruire di un credito d’imposta di 360 euro (10.000 x 15% x 24%) da utilizzare in compensazione ovvero cedibile a terzi.

In alternativa, resta ferma la possibilità di beneficiare dell’agevolazione sotto forma di deduzione dal reddito imponibile del rendimento nozionale della variazione del capitale proprio nel 2021.

Secondo l’impostazione tradizionale, derivata dalla relazione al primo decreto attuativo dell’agevolazione Ace, la formulazione normativa deve intendersi riferita a tutti gli utili di esercizio che risultano mantenuti nell’economia dell’impresa, a prescindere dall’accantonamento a riserva, rilevando, ad esempio, anche gli utili portati a nuovo e quelli destinati direttamente a copertura di perdite.

Nell’ipotesi in cui il progetto di bilancio sia già stato approvato dal consiglio di amministrazione, ma non dall’assemblea, potrebbe essere opportuno che, con nuova delibera, l’organo amministrativo modifichi, nel progetto di bilancio, la proposta di destinazione dell’utile.

In ogni caso, c’è da considerare che spetta all’assemblea decidere in ordine alla destinazione dell’utile, eventualmente, optando anche per l’accantonamento o per il reimpiego nell’interesse della società (Cass. n. 4522/2016). Per la massima cautela procedurale, si potrebbe verbalizzare che il consiglio di amministrazione esprime il proprio consenso alla delibera assembleare che decide di mantenere gli utili nell’economia dell’impresa.

Ove, invece, il bilancio fosse già stato approvato dall’assemblea, e fosse stata deliberata la distribuzione dei dividendi, il passaggio di tali somme dal patrimonio netto ai debiti rende più complicato sostenere che la mancata distribuzione dei dividendi, da sola, sia sufficiente a integrare il presupposto dell’agevolazione.

A tal riguardo, si potrebbe valutare una nuova assemblea che, revocando la precedente, modifichi la destinazione dell’utile.

Si tratta di un percorso non immediato in quanto richiederebbe il consenso di tutti i soci e comporterebbe complicazioni di natura gestionale e fiscale nell’ipotesi in cui i dividendi siano già stati materialmente pagati ai soci.

In particolare, quanto al consenso, occorre evidenziare che la delibera di revoca incide sui diritti acquisiti di tutti i soci, per cui non pare possibile assumerla a sola maggioranza (cfr. Trib. Monza 15 gennaio 2004 e Cass. n. 2335/1994).

Al netto di tali problematiche, non sembra però che un’eventuale revoca della delibera assembleare e la successiva decisione di accantonare gli utili a riserva possa essere censurata dal punto di vista dell’abuso del diritto, dal momento che, in ragione della modifica normativa intervenuta a valere sul periodo d’imposta in corso, il contribuente si limita a porre in essere quegli adempimenti necessari per accedere al beneficio disposto dal legislatore.

(MF/ms)