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“Split payment”: chiarimenti sul mancato incassato della fattura emessa

In caso di applicazione dello split payment, il cedente o prestatore che non abbia incassato l’importo fatturato può emettere una nota di variazione in diminuzione, anche se è decorso un anno dall’emissione della fattura, a condizione che il cessionario o committente non abbia optato per anticipare l’esigibilità dell’IVA.

Si tratta di quanto precisato dall’Agenzia delle Entrate nella risposta a interpello n. 210 pubblicata il 25 ottobre 2024.

Il caso esaminato riguarda una società che ha emesso una fattura nei confronti di un soggetto che rientra nell’ambito applicativo della scissione dei pagamenti (art. 17-ter del DPR 633/72).

L’importo non è stato incassato, pertanto, la società ha chiesto se è possibile emettere una nota di variazione in diminuzione, nonostante sia decorso più di un anno dalla suddetta fattura.

L’art. 26 comma 2 del DPR 633/72 stabilisce che il cedente o prestatore ha diritto di portare in detrazione l’IVA corrispondente alla variazione, se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza:

  • di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili;
  • dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente.
Ai sensi del successivo comma 3, la predetta disposizione:
  • non può essere applicata dopo il decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile, qualora gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti;
  • può essere applicata, entro lo stesso termine di un anno, anche in caso di rettifica di inesattezze della fatturazione che abbiano dato luogo all’applicazione dell’art. 21 comma 7 del DPR 633/72 (fatture emesse per operazioni inesistenti ovvero recanti corrispettivi o imposte in misura superiore a quella reale).
Secondo l’Agenzia delle Entrate, le citate disposizioni devono essere coordinate con quelle relative alla scissione dei pagamenti.

Questo meccanismo prevede che l’IVA addebitata dal cedente o prestatore nelle fatture debba essere versata dal cessionario o committente direttamente all’Erario, anziché al fornitore, scindendo il pagamento del corrispettivo da quello della relativa imposta (circ. Agenzia delle Entrate n. 1/2015).

Ai sensi dell’art. 3 del DM 23 gennaio 2015, l’imposta relativa alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi a cui si applica lo split payment diviene esigibile nel momento in cui il cessionario o committente effettua il pagamento dei corrispettivi pattuiti. In via facoltativa, tale soggetto può anticipare l’esigibilità dell’IVA:

  • al momento della ricezione della fattura,
  • oppure, al momento della registrazione del documento.
Nella risposta a interpello in esame è stato ribadito che, in caso di mancato pagamento in tutto o in parte del corrispettivo, l’IVA non diviene esigibile, seppure l’operazione sia stata fatturata. In sintesi, non trova applicazione il principio di cartolarità dell’imposta ex art. 21 comma 7 del DPR 633/72 secondo cui “se il cedente o prestatore (…) indica nella fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relative in misura superiore a quella reale, l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura” (risposte a interpello Agenzia delle Entrate nn. 436/2019 e 482/2023).

Nel caso di specie, quindi, l’IVA dovuta sull’operazione fatturata non è divenuta esigibile, assumendo che il cessionario o committente non si sia avvalso della facoltà di anticipare l’esigibilità dell’imposta al momento della ricezione della fattura o della sua registrazione. In caso contrario, invece, tornerebbe applicabile il limite annuale previsto dall’art. 26 comma 3 del DPR 633/72 per l’emissione delle note di credito.

La rettifica non incide sulla liquidazione IVA

Pertanto, nel presupposto che il corrispettivo non sia stato pagato e che il cessionario o committente non abbia optato per l’esigibilità anticipata dell’imposta:

  • il cedente o prestatore potrà emettere la nota di variazione in diminuzione limitandosi poi ad annotarla in rettifica nel registro delle fatture emesse (art. 23 del DPR 633/72), senza che si determini alcun effetto nella relativa liquidazione IVA;
  • il cessionario o committente dovrà stornare contabilmente l’operazione, senza effetti sostanziali sulla liquidazione periodica IVA e sui versamenti da eseguire nell’ambito dell’attività istituzionale.
 

(MF/ms)




Agenzia delle Entrate: chiarimenti su emissione nota di variazione iva nelle procedure concorsuali

Con la circolare 20/E/2021 l’Agenzia delle Entrate ha fornito gli attesi chiarimenti in relazione alle modifiche apportate dall’articolo 18 del c.d. Decreto Sostegni bis (DL. 73/2021 convertito nella L. 106/2021).

La principale novità, che ha determinato diversi interventi all’interno della previsione contenuta nell’articolo 26 del Decreto Iva, attiene sostanzialmente alla possibilità, in caso di procedure concorsuali, di operare la nota di variazione in diminuzione sin dal momento di apertura della procedura medesima.

Riprendendo le stesse parole adottate dalle Entrate nel documento in commento “il legislatore ha, quindi, voluto “anticipare” il dies a quo relativo all’emissione della nota di variazione in diminuzione da parte del creditore in relazione alle procedure concorsuali”.

Successivamente all’emanazione del citato documento di prassi, l’Agenzia – in occasione di uno dei recenti Forum tradizionalmente organizzati dalla stampa specializzata – ha fornito un ulteriore chiarimento che, se confermato, potrebbe avere un notevole impatto operativo circa la possibilità di accelerare i tempi di recupero dell’Iva assolta in situazioni dove il cliente incorre in una procedura concorsuale, ma, nel contempo fornisce una possibile “scappatoia” a quanti, per inerzia, potrebbero farsi sfuggire il primo termine entro il quale si ritiene possibile emettere la nota di variazione in diminuzione.

Vediamo pertanto di sintetizzare, in primis, i principali chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate con la circolare 20/E/2021 e, a seguire, il chiarimento “ufficioso” che pertanto attende una conferma ufficiale.
 
 
 
I chiarimenti della circolare AdE 20/E/2021
 

Non è più necessaria la preventiva insinuazione al passivo Si ritiene che l’emissione della nota di variazione in diminuzione (a decorrere dalla data di avvio della procedura concorsuale) e, conseguentemente, la detrazione dell’imposta non incassata, non risulti preclusa al cedente/prestatore (creditore) che non abbia effettuato l’insinuazione al passivo del credito corrispondente.
Deve, quindi, intendersi superata la posizione assunta in proposito con precedenti documenti di prassi, secondo cui la nota di variazione in diminuzione è emessa in subordine alla “necessaria partecipazione del creditore al concorso” (cfr. circolare 77/2000 par.2.a, risoluzione 155/E/2001, risoluzione 89/E/2002 e risoluzione 195/E/2008.
Esercizio a partire dal quale è consentita l’emissione della nota
(dies a quo)
La data a partire dalla quale sono consentiti l’emissione della nota di variazione in diminuzione e, conseguentemente, l’esercizio del diritto alla detrazione dell’Iva in capo al cedente/prestatore è quella in cui il cessionario/committente è assoggettato alla procedura stessa.
Esercizio nel quale emettere la nota di variazione
(primo dies a quem)
La data entro cui emettere la nota di variazione in diminuzione deve essere individuata nel termine per la presentazione della dichiarazione Iva relativa all’anno in cui si sono verificati entrambi i presupposti per operare la variazione in diminuzione.
Esercizio nel quale operare la detrazione
(secondo dies a quem)
La data entro cui esercitare il diritto alla detrazione deve essere individuata nella data della liquidazione periodica Iva relativa al mese o trimestre in cui la nota viene emessa o, al più tardi, in sede di dichiarazione Iva relativa all’anno di emissione della nota.
Nota di variazione in diminuzione nel concordato preventivo In caso di concordato preventivo, a differenza delle altre procedure concorsuali, la parte dei corrispettivi fatturati dai creditori che dovrà essere pagata dai debitori sottoposti a detta procedura (debiti falcidiati) è individuata in modo specifico fin dal decreto di ammissione.
Da ciò discende, quindi, che il creditore può emettere una nota di variazione in diminuzione solo per la quota di credito chirografario destinata a restare insoddisfatta, in base alle percentuali definite dalla procedura.
Obbligo di registrazione e riversamento negli accordi di ristrutturazione e piani attestati
 
L’obbligo di registrazione della variazione, in rettifica della detrazione originariamente operata, permane in capo al cessionario/committente, negli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182-bis L.F. e nei piani attestati ai sensi dell’articolo 67, comma 3, lettera d). L.F. Tali istituti, infatti, non sono qualificabili come procedure concorsuali in senso stretto, in quanto mancano sia del carattere della “concorsualità”, sia di quello dell’“ufficialità”.
Procedure concorsuali interessate
 
Le nuove previsioni trovano applicazione solo con riferimento alle procedure concorsuali avviate dal 26 maggio 2021, data di entrata in vigore del Decreto Sostegni-bis.
Se il debitore, quindi, è stato sottoposto a una procedura concorsuale in una data precedente al 26 maggio 2021, si dovrà fare ancora riferimento alla precedente disciplina recata dal previgente testo dell’articolo 26, attendendo l’esito infruttuoso della stessa per poter emettere una nota di variazione in diminuzione.
Strumenti alternativi alla nota di variazione in diminuzione
 
 
 
  • Non è possibile presentare una dichiarazione integrativa Iva a favore ai sensi dell’articolo 8 comma 6-bis, DPR 322/1998 per recuperare l’imposta versata, laddove non si riscontri la presenza di errori ed omissioni cui rimediare (presupposti necessari ai fini della sua presentazione).
  • Per quanto concerne l’istituto disciplinato dall’articolo 30-ter DPR 633/1972, si ritiene che, trattandosi di una norma residuale ed eccezionale, questo trovi applicazione ogni qual volta sussistano condizioni oggettive che non consentono di esperire il rimedio di ordine generale (l’emissione di una nota di variazione in diminuzione). Deve ritenersi, quindi, che tale istituto non possa essere utilizzato per ovviare alla scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del diritto alla detrazione qualora tale termine sia decorso per “colpevole” inerzia del soggetto passivo.
 
Il “momento” di emissione della nota di variazione

In occasione del recente Forum organizzato dal quotidiano Italia Oggi lo scorso 13 gennaio 2022 è stato posto il seguente quesito all’Agenzia delle entrate: la nota di variazione in diminuzione può essere emessa negli anni successivi all’apertura della procedura concorsuale ma durante lo svolgimento della stessa?

Con un chiarimento che attende di essere eventualmente recepito in un documento ufficiale di prassi l’Agenzia ha risposto quanto segue:
Ciò detto, si ritiene che, per coloro che abbiano deciso di attendere l’esito della procedura – non avvalendosi della facoltà di emettere la nota di variazione alla sua apertura – la definitività del piano di riparto infruttuoso, che attesta il definitivo mancato pagamento del corrispettivo, possa costituire un autonomo presupposto per operare la variazione in diminuzione ex comma 2 dell’articolo 26”.

In pratica, secondo tali indicazioni, la nota di variazione in diminuzione potrebbe essere alternativamente emessa in due distinti momenti:

  • all’apertura della procedura concorsuale (senza doversi, quindi, insinuarsi al passivo);
  • all’esito della infruttuosità della procedura concorsuale (in questo caso con l’obbligo di doversi insinuare nella medesima).
Parrebbe pertanto esclusa – in ipotesi di probabile durata pluriennale della procedura concorsuale – la possibilità di emettere la nota di variazione in diminuzione negli anni “intermedi” della procedura stessa.

(MF/ms)
 




Contributo automatico Decreto Sostegni-bis, al via gli accrediti

Dovrebbe partire dal 16 giugno 2021, l’erogazione dei contributi a fondo perduto “automatici” previsti dall’art. 1 commi 1-4 del Dl 73/2021 (c.d. decreto “Sostegni-bis”).
 
Stando a quanto annunciato durante un’audizione informale del Ministro dell’economia e delle finanze, Daniele Franco – ma non confermato, al momento, da alcun comunicato ufficiale – l’Agenzia delle Entrate dovrebbe iniziare dal 16 giugno a corrispondere i contributi a fondo perduto, con la stessa modalità scelta per il precedente (accredito diretto o credito d’imposta da utilizzare in compensazione nel modello F24), senza necessità di presentare alcuna istanza.
 
Il contributo è riconosciuto in misura pari a quello del Dl “Sostegni”.

Secondo il Ministro, “il 16 giugno l’Agenzia delle Entrate effettuerà un pagamento a tutti coloro che hanno beneficiato del primo intervento, dello stesso importo”.
 
Il numero delle domande relative all’agevolazione del decreto Sostegni è stato leggermente inferiore al previsto: le risorse non utilizzate sia nel Dl 41/2021, sia nell’intervento che ripete il Dl 41/2021 saranno poi utilizzate per rafforzare altri contributi a fondo perduto.
 
Nella medesima audizione il Ministero ha affermato che, accanto all’intervento che ripete quello del Dl 41/2021, si prevedono due misure integrative.
 
Una prima misura riguarda le partite Iva che possono chiedere un’integrazione basata sul calo medio mensile di fatturato 1° aprile 2020-31 marzo 2021 rispetto ai 12 mesi precedenti.
 
Secondo le valutazioni dell’Agenzia delle Entrate, riportate dal Ministro, circa 280.000 partite Iva dovrebbero ricevere un contributo maggiore con l’integrazione, mentre circa 360.000 partite Iva potrebbero ottenere un contributo per la prima volta (spostando il periodo di riferimento di tre mesi).

Per questi soggetti i coefficienti di calcolo previsti dal Dl Sostegni-bis sono più elevati rispetto a quelli del decreto precedente, secondo il Ministro, per compensarli del fatto che ricevono il contributo ora, una sola volta.
 
Stando a quanto affermato dal Ministro, il contributo integrativo potrà essere richiesto a partire dal 23 giugno e all’inizio di luglio verranno avviati i pagamenti.
 
La stima è che tali interventi valgano circa 3,4 miliardi.
 
La terza componente del fondo perduto si concentra sui risultati economici dei contribuenti, anziché sul fatturato.
 
Si prevede che i contribuenti (con fatturato inferiore a 10 milioni nel 2019) che hanno subito un peggioramento del risultato economico di esercizio possano chiedere un contributo.

Questo intervento verrà attuato tenendo conto per ciascun contribuente dei ristori già percepiti nel 2020 e nella prima parte del 2021; si cercherà quindi di perequare, come affermato dal Ministro, “guardando chi ha avuto di più e chi ha avuto meno”.
 
Tali contributi saranno distribuiti al termine dell’estate prossima, sulla base dei risultati di esercizio.
 
Sul tema, si segnala che il CNDCEC il 15 giugno, ha presentato una lettera al Ministro dell’Economia Daniele Franco per denunciare l’impossibilità di rispettare il termine del 10 settembre 2021 attualmente previsto per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020, a cui il legislatore ha inteso subordinare la presentazione dell’istanza per il riconoscimento del contributo “perequativo”.
 
Da qui la necessità, secondo il Consiglio nazionale, di prorogare tale termine al 31 ottobre 2021.

La difficoltà era già stata segnalata durante l’audizione sul decreto “Sostegni-bis” dalla Commissione Bilancio della Camera del 3 giugno. 
 
(MF/ms)
 




Nota credito estera: adempimenti

Può capitare di ricevere una nota di credito emessa da un soggetto non residente, a storno di una precedente operazione di acquisto di beni o di una prestazione di servizi.

Con la risposta n. 308 del 30 aprile 2021 l’Agenzia delle Entrate ha analizzato gli adempimenti che gravano sul cessionario/committente.

La società istante italiana ha acquistato nel mese di novembre 2020 una licenza di un software venduta da una società del Regno Unito.
Subito dopo l’acquisto il soggetto italiano, riscontrata un’anomalia tecnica nei propri sistemi, richiede il rimborso di quanto pagato: fornitore GB ed acquirente IT convengono nella risoluzione consensuale per sopravvenuto accordo fra le parti.

La società italiana riceve l’accredito delle somme pagate ma il fornitore non emette alcuna nota credito: pertanto, viene interpellata l’Agenzia per chiarire il corretto trattamento ai fini Iva dell’operazione, con particolare riferimento alle modalità di emissione della fattura elettronica, oltre all’eventuale necessità di includere l’operazione nella comunicazione delle operazioni transfrontaliere (esterometro).

Occorre preliminarmente ricordare che la cessione ad un soggetto passivo d’imposta stabilito nel territorio dello Stato della licenza d’uso di un software (personalizzato o standard) per via telematica rientra tra le prestazioni di servizi che si considerano effettuate in Italia da soggetti non residenti, ai sensi dell’articolo 7-ter Dpr. 633/1972.

Nel caso di prestazioni di servizi effettuate da un soggetto passivo stabilito in un altro stato membro dell’Unione europea (acquisto avvenuto ante effetti della Brexit) il cessionario o committente adempie gli obblighi di fatturazione e di registrazione secondo le disposizioni degli articoli 46 e 47 D.l 331/1993, convertito, con modificazioni, dalla L. 427/1993 (integrazione fattura con doppia registrazione nel registro Iva vendite e acquisti).

La nota di variazione è invece disciplinata dall’articolo 26 Dpr 633/1972 che, al comma 2, dispone quanto segue: “se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili […] il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25”.
La disposizione precedente non può essere applicata dopo il decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile qualora gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti.

Nel caso in cui il cedente o prestatore si avvalga della facoltà di cui al comma 2, il cessionario o committente, che abbia già registrato l’operazione, deve in tal caso registrare la variazione nei limiti della detrazione operata, salvo il suo diritto alla restituzione dell’importo pagato al cedente o prestatore a titolo di rivalsa (articolo 26, comma 5, Dpr. 633/1972).

Ricorrendo i presupposti sopra descritti, tale facoltà può essere esercitata “anche dai cessionari e committenti debitori dell’imposta ai sensi dell’articolo 17”.

Nel rispondere all’interpello l’Agenzia ricorda che, in linea generale, nelle ipotesi di cessioni di beni o di prestazioni di servizi effettuate da un soggetto passivo stabilito in un altro stato membro il cessionario/committente ha sempre la possibilità di variare in diminuzione l’imponibile/imposta dell’operazione.

In particolare:

  • l’esercizio di tale facoltà prescinde dalla natura del cedente/prestatore (soggetto passivo Ue o extra Ue), ma è legato alla sussistenza dei requisiti indicati nel richiamato articolo 26, commi 2 e 3, del decreto Iva
  • si tratta di una possibilità e non di un obbligo
Nel caso di specie, venuta meno l’operazione con la restituzione di quanto corrisposto – risoluzione per sopravvenuto accordo fra le parti – l’istante:

a) entro un anno dall’operazione (ossia entro novembre 2021) potrà emettere nota di variazione in diminuzione riferita alla stessa
b) la nota, se elettronica via Sdi, avrà come tipo documento “TD17 integrazione/autofattura per acquisto servizi dall’estero

Sul punto con la “Guida alla compilazione della fatturazione elettronica ed esterometro” l’Agenzia aveva già chiarito che per le note di credito finalizzate a rettificare una fattura trasmessa in cui non è indicata l’Iva, in quanto il debitore d’imposta è il cessionario/committente, quest’ultimo può integrare la nota di credito ricevuta con il valore dell’imposta, utilizzando la medesima tipologia di documento trasmessa allo Sdi per integrare la prima fattura ricevuta. Si tratta dei casi in cui è prevista la trasmissione allo Sdi di un documento integrativo o di un’autofattura con i codici da TD16 a TD19.

La relativa nota di credito richiederà l’invio di un file xml con medesimo tipo documento dell’operazione principale (nel nostro caso TD17), indicando gli importi con segno negativo. Pertanto, il contribuente non deve utilizzare il documento TD04. Infine, emessa la nota di variazione, si dovrà operare le conseguenti annotazioni nei registri Iva e non sarà necessario inserire tale operazione nell’esterometro.

Laddove invece si scelga di non gestire la variazione tramite Sdi, ma di procedere in via analogica, l’operazione andrà inserita nella comunicazione delle operazioni transfrontaliere.

Esiste, a nostro avviso, una terza strada non contemplata nella risposta dell’Agenzia.

Il committente italiano potrebbe decidere di dare solo rilevanza contabile all’operazione di storno (fuori campo Iva articolo 26), evitando tutti gli adempimenti connessi alla registrazione della nota sul registro Iva (esterometro o invio tramite Sdi).

(MF/ms)