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Slittano al 21 luglio 2025 i versamenti per contribuenti Isa e forfetari

Il decreto legge fiscale, approvato il 12 giugno dal Consiglio dei Ministri, contiene anche la proroga dal 30 giugno al 21 luglio del termine per i versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi, IRAP e IVA dei contribuenti interessati dall’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA), compresi quelli aderenti al regime forfetario o dei c.d. “minimi”.

I versamenti dovranno quindi essere effettuati:

  • entro il 21 luglio 2025 (poiché il 20 luglio cade di domenica), invece che entro il 30 giugno, senza alcuna maggiorazione;
  • oppure dal 22 luglio al 20 agosto 2025, invece che entro il 30 luglio, con la maggiorazione dello 0,4% a titolo di interesse corrispettivo.
Per quanto riguarda i contribuenti interessati, è confermato, analogamente agli scorsi anni, che la proroga si applica ai soggetti che rispettano entrambe le seguenti condizioni:
  • esercitano attività economiche per le quali sono stati approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA), di cui all’art. 9-bis del DL 50/2017;
  • dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito, per ciascun indice, dal relativo decreto di approvazione del Ministro dell’Economia e delle Finanze (pari a 5.164.569 euro).
Viene inoltre espressamente previsto che possono beneficiare della proroga anche i contribuenti che:
  • applicano il regime forfetario di cui all’art. 1 commi 54-89 della L. 190/2014;
  • applicano il regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità di cui all’art. 27 comma 1 del DL 98/2011 (c.d. “contribuenti minimi”);
  • presentano altre cause di esclusione dagli ISA (es. inizio o cessazione attività, non normale svolgimento dell’attività, determinazione forfetaria del reddito, ecc.).
Devono invece ritenersi esclusi dalla proroga i contribuenti che svolgono attività agricole e che sono titolari solo di redditi agrari ai sensi degli artt. 32 ss. del TUIR (cfr. risposta a interpello Agenzia delle Entrate 2 agosto 2019 n. 330).

La proroga si estende ai soggetti che:

  • partecipano a società, associazioni e imprese che presentano i suddetti requisiti;
  • devono dichiarare redditi “per trasparenza”, ai sensi degli artt. 5, 115 e 116 del TUIR.
La proroga riguarda i “versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi”, quindi:
  • il saldo 2024 e l’eventuale primo acconto 2025 dell’IRPEF e dell’IRES;
  • il saldo 2024 dell’addizionale regionale IRPEF;
  • il saldo 2024 e l’eventuale acconto 2025 dell’addizionale comunale IRPEF;
  • il saldo 2024 e l’eventuale primo acconto 2025 della “cedolare secca sulle locazioni”, dell’imposta sostitutiva (15% o 5%) dovuta dai contribuenti forfetari e dell’imposta sostitutiva del 5% dovuta dai c.d. “contribuenti minimi”;
  • le altre imposte sostitutive (es. quella sul maggior reddito concordato), le addizionali (es. la c.d. “tassa etica”) e le maggiorazioni (es. per le società “di comodo”) che seguono gli stessi termini previsti per le imposte sui redditi;
  • il saldo 2024 e l’eventuale primo acconto 2025 dell’IVIE, IVAFE e imposta sulle cripto-attività.
La proroga si applica anche al versamento:
  • del saldo 2024 e dell’eventuale primo acconto 2025 dell’IRAP;
  • dell’IVA dovuta sui maggiori ricavi o compensi dichiarati per migliorare il proprio profilo di affidabilità in base agli ISA.
La proroga riguarda anche i versamenti derivanti dalla dichiarazione IVA. Pertanto, qualora il versamento del saldo IVA 2024 non sia stato effettuato entro la scadenza ordinaria del 17 marzo 2025 (in quanto il 16 marzo era domenica), potrà essere effettuato entro il prossimo 21 luglio, con applicazione della maggiorazione dello 0,4% di interessi per ogni mese o frazione di mese successivo al 17 marzo (artt. 6 e 7 del DPR 542/99) e fino al 30 giugno 2025.

Alle previste condizioni, la proroga è applicabile anche al versamento del saldo 2024 e del primo acconto 2025 dei contributi INPS dovuti dagli artigiani, commercianti e professionisti iscritti alle apposite Gestioni (cfr. messaggio INPS 27 luglio 2021 n. 2731 e FAQ Agenzia Entrate 26 luglio 2024).
La proroga deve ritenersi applicabile anche al diritto annuale per l’iscrizione o l’annotazione nel Registro delle imprese, in quanto deve essere versato entro il termine previsto per il pagamento del primo acconto delle imposte sui redditi.

La proroga non riguarda invece i soggetti IRES che hanno termini ordinari di versamento successivi al 30 giugno 2025 per effetto della data di:

  • approvazione del bilancio o rendiconto (es. società di capitali “solari” che approvano il bilancio 2024 entro 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio, dopo il 31 maggio 2025);
  • chiusura del periodo d’imposta (es. società di capitali con esercizio 1° luglio 2024 – 30 giugno 2025).
 
(MF/ms)



Chiarite le modalità di calcolo dell’acconto 2025 per il CPB

In vista della prima scadenza relativa al versamento delle imposte dirette e IRAP in caso di adesione al concordato preventivo biennale (saldo 2024 e primo acconto 2025), attualmente fissata al prossimo 30 giugno, l’Agenzia delle Entrate ha diffuso nuovi chiarimenti mediante risposte a FAQ.

La prima questione verte sull’interpretazione dell’art. 20 comma 1 del DLgs. 13/2024, secondo cui l’acconto dovuto su imposte dirette e IRAP relativo ai periodi di imposta in cui il CPB è efficace “è determinato secondo le regole ordinarie tenendo conto dei redditi e del valore della produzione netta concordati”.

Tale disposizione è in realtà valida solamente per il secondo anno del biennio concordato, considerato che per il primo periodo d’imposta di adesione valgono le specifiche regole dettate dal successivo comma 2.

Come anticipato da un comunicato di Assosoftware, non erano state del tutto chiarite le modalità di calcolo dell’acconto IRPEF/IRES in caso di adesione al CPB 2024-2025.

Intervenendo sul tema, in risposta a una FAQ del 28 maggio 2025, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che, considerato il dato letterale della disposizione in commento, in caso di adesione al CPB 2024-2025, l’acconto per il periodo di imposta 2025 calcolato con il metodo storico deve essere determinato facendo riferimento alle imposte dirette e IRAP dovute per il 2024.

Viene evidenziato che non si tiene conto della parte di reddito concordato assoggettata a imposta sostitutiva, la quale resta confinata nel quadro CP e non partecipa alla base imponibile delle imposte dirette.

Tale soluzione è in linea con quanto attualmente previsto dalle istruzioni dei modelli REDDITI 2025, che non prevedono regole particolari ai fini del calcolo dell’acconto 2025 in presenza di CPB 2024-2025. In caso di utilizzo del metodo storico, quindi, l’acconto è determinato sulla base del c.d. “rigo differenza” del quadro RN, al pari degli scorsi anni.

Trattandosi dell’acconto dovuto per il secondo periodo d’imposta del biennio concordato, non sarà inoltre dovuta la maggiorazione del 10% (3% per l’IRAP), applicabile solo per l’acconto dovuto sul primo periodo d’imposta (in questo caso, il 2024).

L’inapplicabilità delle citate maggiorazioni e l’utilizzo del reddito concordato 2024 ai fini del calcolo dell’acconto 2025 con il metodo storico potrebbe portare a un aumento degli importi che dovranno essere versati nel 2026 a titolo di saldo 2025.

Il reddito concordato 2025 è infatti maggiore del reddito concordato 2024, per effetto di quanto previsto dall’art. 7 del DM 14 giugno 2024, che aveva accordato, nel calcolo del reddito concordato 2024, una riduzione del 50% rispetto al reddito concordato 2025, il quale, diversamente, è stato determinato senza applicazione di sconti. Questo per far raggiungere la piena affidabilità fiscale in due anni.

Quanto sopra illustrato non vale per i contribuenti che decidono di aderire al CPB con il modello REDDITI 2025, relativamente al biennio 2025-2026; in tal caso, se si utilizza il metodo storico, è necessario applicare la specifica disciplina di cui all’art. 20 comma 2 del DLgs. 13/2024, per cui l’acconto è calcolato prendendo a riferimento il reddito 2024 (non concordato) e applicando anche la maggiorazione in sede di versamento della seconda rata di acconto.

Con una seconda FAQ del 28 maggio, viene esclusa l’applicabilità della causa di cessazione di cui all’art. 21 comma 1 lett. a) del DLgs. 13/2024 alla luce delle novità introdotte con la nuova classificazione ATECO 2025.

Secondo la disposizione citata, il CPB cessa di produrre effetti nel caso in cui il contribuente modifichi l’attività svolta nel corso del biennio concordatario rispetto a quella esercitata nel periodo d’imposta precedente il biennio stesso, salvo il caso in cui la nuova attività rientri nel campo di applicazione del medesimo ISA.

Aggiornamento ATECO 2025 senza conseguenze

In merito, l’Agenzia delle Entrate chiarisce preliminarmente che il cambio di codice ATECO non è di per sé idoneo a provocare la cessazione del CPB, nel caso in cui il contribuente continui ad applicare il medesimo ISA.

La cessazione non si verifica nemmeno nel caso in cui, per effetto dell’entrata in vigore della classificazione ATECO 2025, il contribuente si ritrovi ad applicare un ISA diverso; in tal caso, infatti, la variazione non è conseguente a una modifica sostanziale dell’attività esercitata, venendo quindi meno il presupposto fondamentale ai fini dell’applicazione della causa di cessazione.
 

(MF/ms)




Acconto Iva 2024 pagamento entro il 27 dicembre 2024

Il tema del versamento dell’acconto IVA rappresenta un appuntamento cruciale per i soggetti passivi IVA, chiamati, entro il prossimo 27 dicembre 2024, a calcolare e, se necessario, versare quanto dovuto.

Questo adempimento, che chiude l’anno fiscale sotto il profilo della liquidazione periodica dell’imposta, assume particolare rilevanza sia per la corretta gestione della posizione IVA, sia per l’ottimizzazione della liquidità aziendale. 

È importante sottolineare che, per il calcolo e il versamento dell’acconto IVA, il legislatore offre diverse opzioni operative, lasciando al contribuente la possibilità di scegliere il metodo più conveniente. In particolare, i soggetti interessati potranno optare tra il metodo storico, il metodo previsionale e il metodo analitico.

Ciascuna modalità presenta specifiche peculiarità che permettono di adattare il calcolo dell’acconto alle esigenze finanziarie e operative dell’impresa o del professionista.

  • Ambito soggettivo per il versamento dell’acconto IVA 2024
  • Le diverse metodologie di calcolo dell’acconto IVA 2024
  • Analisi del metodo storico
  • Variazioni dei regimi di liquidazione e di versamento dell’imposta
  • Esercizio di più attività (art. 36 del D.P.R. n. 633/1972)
  • Fusioni, incorporazioni e scissioni
  • Modalità di versamento dell’acconto
  • Sanzioni
In allegato le specifiche per ogni caso.

(MF/ms)




Scadenza imminente per la dichiarazione Imu per l’anno 2023

Entro lunedì 1° luglio 2024 va presentata le dichiarazioni IMU per l’anno 2023 (il termine ordinario del 30 giugno cade di domenica).

Per la generalità dei soggetti passivi, la dichiarazione va presentata, qualora dovuta, utilizzando il modello IMU/IMPi, secondo quanto prescritto dall’art. 1 comma 769 della L. 160/2019.

In deroga alle disposizioni “ordinarie”, il successivo comma 770 prevede regole specifiche per la dichiarazione IMU degli enti non commerciali che possiedono almeno un immobile esente, in quanto utilizzato per lo svolgimento, con modalità non commerciali, delle proprie attività istituzionali, ex art. 1 comma 759 lett. g) della L. 160/2019.

Tali enti devono adottare un apposito modello dichiarativo (modello IMU ENC), da presentare ogni anno.

Già per le dichiarazioni riferite all’anno 2023, occorre adottare i nuovi modelli dichiarativi IMU/IMPi e IMU ENC approvati con il DM 24 aprile 2024.

In vista della scadenza del 1° luglio, può essere utile riassumere la disciplina degli obblighi dichiarativi per l’IMU.

La dichiarazione IMU “ordinaria” (modello IMU/IMPi) va presentata entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di riferimento.

È obbligatorio presentare la dichiarazione “ordinaria” solo se nell’anno oggetto di dichiarazione si sono verificate delle circostanze che hanno determinato un differente importo dell’IMU dovuta, e tali circostanze non sono autonomamente conoscibili dal Comune (ad esempio, mediante consultazione catastale).

Nelle istruzioni al modello dichiarativo IMU/IMPi ex DM 24 aprile 2024 vengono peraltro elencate le circostanze che devono obbligatoriamente essere oggetto di dichiarazione.

Vanno dichiarate, tra l’altro, l’acquisto o la perdita dei requisiti per l’esenzione dall’IMU o la riduzione della base imponibile. 

A tal proposito, richiamando l’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità (si veda, tra le altre, Cass. 21 dicembre 2022 n. 37385), le istruzioni alle dichiarazioni IMU/IMPi e IMU ENC precisano che, al di là di un’espressa previsione di decadenza, il mancato adempimento dell’obbligo dichiarativo determina, in via generale, per tutti i casi in cui è previsto detto onere, la decadenza dall’agevolazione riconosciuta ex lege.

La dichiarazione IMU/IMPi può essere trasmessa alternativamente in forma cartacea (con consegna a mano al Comune destinatario, oppure invio con raccomandata o a mezzo PEC) o con modalità telematica (utilizzando i servizi telematici Entratel o Fisconline, secondo le specifiche tecniche allegate al DM 24 aprile 2024, direttamente dal contribuente oppure da un soggetto abilitato incaricato ex art. 3 comma 3 del DPR 322/98).

Se, tuttavia, la dichiarazione IMU “ordinaria” riguarda l’esenzione per gli immobili occupati abusivamente da terzi ex art. 1 comma 759 lett. g-bis) della L. 160/2019, questa va trasmessa obbligatoriamente con modalità telematica.

Per quanto riguarda, invece, la dichiarazione IMU ENC, si ribadisce anzitutto che tale modello va adottato dai soli enti non commerciali che possiedono, nel Comune di riferimento, almeno un immobile esente, in quanto impiegato per lo svolgimento:

  • con modalità non commerciali (da riscontrare applicando i criteri degli artt. 3 e 4 del DM 200/2012);
  • delle attività istituzionali ex art. 7 comma 1 lett. i) del DLgs. 504/92 (ossia delle attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive, religiose e di culto ex art. 16 lett. a) della L. 222/85).
Per la verifica dei requisiti per tale esenzione (e degli obblighi dichiarativi che ne derivano), vanno tenute in considerazione anche le norme di interpretazione autentica recate dall’art. 1 comma 71 della L. 213/2023 per gli immobili concessi in comodato ad altro ente non commerciale o temporaneamente inutilizzati.

Anche gli enti non commerciali che possiedono un immobile a “utilizzo misto” (poiché impiegato solo in parte per lo svolgimento delle attività istituzionali con modalità non commerciali) devono presentare la dichiarazione IMU ENC (tali immobili godono di un’esenzione parziale, secondo il criterio proporzionale di cui all’art. 5 del DM 200/2012).

Gli enti non commerciali tenuti a presentare la dichiarazione IMU ENC devono indicare nella dichiarazione tutti gli immobili che possiedono nel Comune di riferimento (e non soltanto quelli esenti in quanto impiegati per le proprie attività istituzionali).

Dichiarazione IMU ENC da presentare ogni anno

A differenza della dichiarazione “ordinaria”, la dichiarazione IMU ENC va presentata ogni anno (indipendentemente da variazioni che influiscano sulla determinazione dell’IMU dovuta), entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello oggetto della dichiarazione.

La dichiarazione IMU ENC va presentata esclusivamente con modalità telematica.
 

(MF/ms)




Imu: la rendita catastale

Per la determinazione della base imponibile dei fabbricati ai fini IMU occorre utilizzare la rendita iscritta in Catasto al 1° gennaio dell’anno di riferimento, secondo quanto stabilito dall’art. 1 comma 745 L. 160/2019.

 

Tuttavia, in caso di nuova edificazione oppure di interventi edilizi sui fabbricati, la nuova rendita (attribuita a seguito dell’obbligo di aggiornamento catastale) dovrà essere impiegata a partire dalla data di ultimazione dei lavori o, se antecedente, dalla data del loro utilizzo.

Infatti, in base al DM 19 aprile 1994 n. 701, i proprietari, al termine dei lavori, attraverso la procedura informatica DOCFA, formulano una “proposta di rendita” che, ai sensi dell’art. 1 comma 3 del citato decreto, rimane negli atti catastali come “rendita proposta” fino a quando l’ufficio non provvede con mezzi di accertamento informatici o tradizionali, anche a campione, e comunque entro dodici mesi dalla data di presentazione della dichiarazione di variazione, alla determinazione della rendita catastale definitiva.

Occorre innanzitutto premettere che la data di fine lavori viene indicata nel modello DOCFA nel campo “Data in cui la variazione si è verificata (ultimazione dei lavori)” del quadro B, ma nella visura catastale dell’immobile compare esclusivamente la data, successiva, di presentazione della pratica.

Pertanto, spetterà al contribuente valutare se, ai fini del calcolo dell’imposta, utilizzare correttamente la data di fine lavori oppure, per semplicità far coincidere la data della variazione con quella, successiva, di presentazione del modello indicata in Catasto.

In caso di rettifica da parte dell’Agenzia delle Entrate, l’atto modificativo della rendita definitiva, affinché abbia efficacia, dovrà essere ritualmente notificata ai soggetti intestatari della partita catastale e da tale data decorrerà il termine di 60 giorni per la proposizione di un eventuale ricorso (art. 74 della L. 342/2000).

Poiché tale rettifica può essere effettuata anche decorsi i 12 mesi previsti dall’art. 1 comma 3 del DM 701/94 (stante l’interpretazione fornita dalla circ. Agenzia delle Entrate 17 marzo 2022 n. 7, sulla non perentorietà di tale termine) si pone il problema, per il contribuente, della sostituzione della rendita proposta con quella accertata.

Al riguardo il contribuente potrà verificare l’iter accertativo in quanto l’Agenzia delle Entrate, una volta completato l’accertamento, se non vi sono rilievi riporta nelle “annotazioni” presenti nella visura catastale l’indicazione “Classamento e rendita validati”. Purtroppo, ad oggi, non è prevista alcuna comunicazione del termine del procedimento di determinazione della rendita definitiva al contribuente, il quale dovrà periodicamente effettuare tale verifica accedendo alla consultazione delle rendite catastali nella propria area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate.

Diversamente, fino a quando il processo di accertamento non è completato, nelle annotazioni risulterà la seguente frase: “Classamento e rendita proposti (D.M. 701/94)” mentre, nel caso il cui l’Agenzi delle Entrate rettifichi la rendita proposta, nel campo annotazioni verrà riportata la dicitura ”Classamento e rendita rettificati”.

Rendita rettificata utilizzabile retroattivamente per le annualità ancora accertabili

Una volta notificata, tuttavia, la nuova rendita dovrà essere utilizzata retroattivamente ai fini impositivi anche per le annualità “sospese” in quanto ancora suscettibili di accertamento.

Infatti, in base anche a quanto affermato dalla Corte di Cassazione, dalla data della notifica decorre il termine per l’impugnazione dell’atto, ma la rendita rettificata risulta applicabile anche ai periodi d’imposta antecedenti ancora passibili di accertamento e/o di liquidazione e/o di rimborso (si vedano, tra le altre, le ordinanze della Corte di Cassazione 24 marzo 2023 n. 8550 e 10 febbraio 2023 n. 4204).

Pertanto, dal punto di vista operativo, la rendita proposta deve essere utilizzata ai fini IMU a partire dalla data della variazione ma, in caso di rettifica, verrà sostituita da quella accertata con la possibilità che il Comune recuperi la differenza d’imposta.

Risulta tuttavia dubbia la possibilità per l’ente locale di richiedere anche le sanzioni. Al riguardo, in assenza di un chiarimento di prassi, si ritiene che le sanzioni non siano dovute in quanto l’art. 74  della L. 342/2000 prevede che gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati siano efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione.

In ogni caso tutte le variazioni attinenti alle rendite catastali (sia proposte che accertate) non occorre che siano indicate nella dichiarazione IMU in quanto tali dati sono disponibili nella banca dati catastale.

(MF/ms)




Acconto Imu 2024: scadenza lunedì 17 giugno

Lunedì 17 giugno 2024 scade il termine per versare la prima rata dell’IMU per il 2024 (il 16 giugno è domenica).

Si ricorda che, per l’anno in corso, il tributo locale va corrisposto in due rate:

  • la prima, con scadenza fissata per lunedì 17 giugno 2024, è pari all’IMU dovuta per il primo semestre del 2024 applicando l’aliquota e la detrazione dei dodici mesi dell’anno precedente, ossia del 2023;
  • la seconda va versata entro il 16 dicembre 2024, a saldo di quanto ancora dovuto per l’anno 2024 (al netto degli importi già versati con la prima rata), applicando le aliquote deliberate per l’anno in corso, ossia per il 2024 (art. 1 comma 762 della L. 160/2019).
    Peraltro, il contribuente può decidere di corrispondere l’IMU per l’intero 2024 in un’unica soluzione, entro il 17 giugno 2024.
Per la determinazione dell’acconto, va richiamato che, limitatamente alle delibere di approvazione delle aliquote e dei regolamenti IMU per l’anno 2023, è stata disposta una proroga dei termini di inserimento e pubblicazione, ex art. 1 comma 72 della L. 213/2023, in forza della quale dette delibere andavano inserite nell’apposita sezione del Portale del federalismo fiscale entro il 30 novembre 2023 e pubblicate sul sito internet del Dipartimento delle Finanze entro il 15 gennaio 2024.

Se i predetti termini sono stati rispettati, le delibere sono efficaci per l’anno 2023: tali delibere dovranno pertanto tenersi in considerazione anche per determinare la prima rata dell’IMU per il 2024.

Invece, se non sono state pubblicate delibere per il 2023 (secondo i termini e le modalità prescritti), per tale anno andavano applicate le aliquote in vigore nel 2022: dette aliquote, di conseguenza, vanno applicate anche per determinare l’acconto IMU per il 2024 (art. 1 comma 767 della L. 160/2019).

Una disciplina dei versamenti ad hoc riguarda gli enti non commerciali che possiedono almeno un immobile esente ex art. 1 comma 759 lett. g) della L. 160/2019.

Tali enti devono versare l’IMU riferita a ciascun anno in tre rate, ex art. 1 comma 763 della L. 160/2019:

  • le prime due, di importo pari al 50% dell’imposta corrisposta per l’anno precedente, devono essere versate entro il 16 giugno e il 16 dicembre;
  • la terza rata, a conguaglio dell’imposta complessivamente dovuta, deve essere versata entro il 16 giugno dell’anno successivo (sulla base delle aliquote deliberate per l’anno di riferimento).
Pertanto, entro lunedì 17 giugno 2024 i predetti enti non commerciali devono versare:
  • la terza ed ultima rata per il 2023, ad eventuale conguaglio di quanto ancora dovuto in base alle aliquote deliberate per tale anno, al netto dei versamenti già effettuati con le prime due rate già corrisposte nel 2023;
  • la prima rata dell’IMU dovuta per il 2024, pari al 50% dell’imposta complessivamente corrisposta per il 2023.
In ogni caso, i Comuni possono disporre il differimento dei termini di versamento dell’IMU in presenza di “situazioni particolari”, con riferimento alle entrate di propria competenza (art. 1 comma 777 lett. b) della L. 160/2019; cfr. ris. Min. Economia e Finanze 8 giugno 2020 n. 5/DF).

Quanto alla liquidazione dell’imposta, l’IMU è dovuta per anni solari, proporzionalmente alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto lo stesso (art. 1 comma 761 della L. 160/2019).

Per determinare l’imposta dovuta, va conteggiato per intero il mese durante il quale il possesso si è protratto per più della metà dei giorni di cui il mese stesso è composto. 

A tal fine, va calcolato in capo all’acquirente dell’immobile:

  • il giorno di trasferimento del possesso;
  • l’intero mese del trasferimento se i giorni di possesso risultano uguali a quelli del cedente.
IMU da liquidare in proporzione ai mesi di possesso

Quindi, se un immobile è stato ceduto il 15 aprile 2024, l’intero mese va conteggiato in capo all’acquirente.

Ai fini del versamento, l’importo da pagare deve essere arrotondato all’unità di euro per difetto, se la frazione è inferiore o uguale a 0,49 euro, o per eccesso, se la frazione è superiore a 0,49 euro.

In ogni caso, il versamento dell’IMU non è dovuto se l’importo complessivamente spettante al Comune per l’intero anno è inferiore a 12 euro, salvo che sia stabilito diversamente dall’ente locale (artt. 25 della L. 289/2002 e 1 comma 168 della L. 296/2006).

In relazione alle modalità di pagamento, è possibile provvedervi mediante modello F24 (con i codici tributi e secondo le indicazioni della ris. Agenzia delle Entrate 29 maggio 2020 n. 29), bollettino postale o piattaforma PagoPA (con le modalità che saranno stabilite da apposito DM).

I soggetti titolari di partita IVA sono tenuti ad effettuare i versamenti esclusivamente con modalità telematiche (provv. Agenzia delle Entrate 26 maggio 2020 n. 214429).
 

(MF/ms)




Imu 2023: in scadenza la prima rata

Anche quest’anno la prima rata dell’IMU per l’anno 2023 deve essere versata entro il 16 giugno e, relativamente alle modalità di computo dell’imposta, occorre riferirsi alle disposizioni contenute nell’art. 1 commi 739 e ss. della L. 160/2019.

Si ricorda anzitutto che l’imposta è dovuta per anni solari proporzionalmente alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso.

A tal fine:

  • il mese durante il quale il possesso si è protratto per più della metà dei giorni di cui il mese stesso è composto è computato per intero;
  • il giorno di trasferimento del possesso si computa in capo all’acquirente e l’imposta del mese del trasferimento resta interamente a suo carico nel caso in cui i giorni di possesso risultino uguali a quelli del cedente.
Ad esempio, se un immobile viene ceduto il 16 aprile 2023, l’intero mese di aprile (composto da 30 giorni) è a carico dell’acquirente.

Entro il 16 giugno 2023, pertanto, il venditore (ove l’immobile non sia esente da IMU, ad esempio perché destinato ad abitazione principale) dovrà versare l’acconto dell’IMU per i primi tre mesi dell’anno 2023, mentre l’acquirente (sempre che a sua volta non gli competa l’esenzione) dovrà farsi carico dell’IMU per i rimanenti nove mesi dell’anno 2023.

L’IMU per l’anno 2023, infatti, dovuta in generale per i fabbricati, le aree edificabili e i terreni agricoli (le modalità di determinazione della base imponibile dell’IMU variano in funzione della tipologia di bene immobile interessata), deve essere versata in due rate:

  • la prima entro il 16 giugno 2023, pari all’imposta dovuta per il primo semestre applicando l’aliquota e la detrazione deliberata per il 2022;
  • la seconda entro il 18 dicembre 2023 (in quanto il 16 cade di sabato), a saldo dell’imposta dovuta per l’intero anno 2023 e a conguaglio sulla base delle aliquote risultanti dal prospetto delle aliquote per il 2023, secondo quanto precisato dalla ris. Min. Economia e finanze 18 febbraio 2020 n. 1/DF e dalla circ. Min. Economia e finanze 18 marzo 2020 n. 1/DF. Il contribuente, tuttavia, può decidere di effettuare il versamento dell’imposta dovuta in un’unica soluzione annuale, entro la data del 16 giugno 2023.
Facoltà dei Comuni di differire i termini di versamento dell’IMU

Con riguardo ai termini di versamento dell’IMU si ricorda che nella ris. 8 giugno 2020 n. 5/DF il Min. Economia e finanze ha precisato che i Comuni possono differire autonomamente i termini di versamento dei tributi locali di propria competenza ai sensi degli artt. 52 del DLgs. 446/97 e 6 comma 3 della L. 212/2000.

Tale facoltà può essere esercitata, tuttavia, con riferimento alle entrate di esclusiva competenza dell’ente locale. Quest’ultimo, pertanto, non può prevedere interventi (nemmeno il semplice differimento dei versamenti) che riguardano la quota IMU di competenza statale che deve essere versata per gli immobili a destinazione produttiva del gruppo “D” (art. 1 comma 753 della L. 160/2019).

Per gli immobili a uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, quindi, la quota pari allo 0,76% riservata allo Stato deve in ogni caso essere versata entro il 16 giugno 2023 (per l’acconto) ed entro il 18 dicembre 2023 (per il saldo).

(MF/ms)




Acconto Iva 2022: versamento entro il 27 dicembre 2022

I soggetti passivi Iva, entro il prossimo 27 dicembre 2022, saranno chiamati al calcolo, nonché all’eventuale versamento dell’acconto Iva.

Si ricorda che, per il versamento dell’acconto Iva, è possibile utilizzare, a seconda della convenienza economica del contribuente, i metodi previsionale, storico oppure analitico.

In allegato esaminiamo i tre metodi.
 

(MF/ms)

 




Versamento acconti di imposta: la scelta del metodo di calcolo

Gli acconti Irpef, Ires e Irap relativi al 2022 continuano ad essere dovuti secondo le consuete modalità.

Innanzitutto, ferma restando la necessità che sussista la qualifica di soggetto passivo d’imposta sia nel 2021, sia nel 2022 (cfr. C.M. 31 ottobre 1977 n. 96/13/3983), la sussistenza dell’obbligo di versamento va vagliata altresì sulla base dei consueti importi indicati in dichiarazione.

Ad esempio, l’acconto Irpef 2022 non va corrisposto se l’importo del rigo “Differenza” (RN34 o RN61 colonna 4, se sussistono obblighi di ricalcolo) del modello REDDITI 2022 PF è pari o inferiore a 51 euro, mentre l’acconto IRES non è dovuto se l’ammontare indicato nel rigo RN17 (“IRES dovuta o differenza a favore del contribuente”) del modello REDDITI 2022 SC è pari o inferiore a 20 euro. Neppure l’acconto IRAP è dovuto se il rigo IR21 del modello IRAP 2022 è pari o inferiore a 51 euro (per le società di persone e i soggetti equiparati) o 20 euro (per i soggetti IRES).

Appurata la sussistenza dell’obbligo di versamento, occorre scegliere il metodo di calcolo tra i due consueti, storico e previsionale.

In base al metodo storico, il calcolo è effettuato sulla base dell’imposta dovuta per l’anno precedente (al netto di detrazioni, crediti d’imposta e ritenute subite), risultante da specifici righi dei modelli REDDITI e IRAP.

Con il metodo previsionale, invece, il calcolo è effettuato sulla base dell’imposta che si presume dovuta per l’anno in corso (al netto di detrazioni, crediti d’imposta e ritenute subite).

È possibile adottare differenti metodologie di determinazione dell’acconto per i diversi tributi (es. IRPEF/IRES, da un lato, e IRAP, dall’altro). Così, ad esempio, è possibile scegliere il metodo storico per l’IRPEF/IRES e quello previsionale per l’IRAP (o viceversa).

Ugualmente, il metodo storico e quello previsionale possono essere adoperati in maniera non uniforme, nel senso che, per esempio:

  • in sede di versamento della prima rata, può essere adottato il metodo c.d. “storico”;
  • in sede di versamento della seconda rata, può essere adottato il metodo c.d. “previsionale”.
Naturalmente, in questo caso, occorre che i versamenti in acconto risultino congrui rispetto ad almeno uno dei suddetti criteri.

In linea di principio, il metodo previsionale è conveniente se si prevede una riduzione dell’imposta relativa al 2022 rispetto a quella dovuta per il 2021, anche se espone al rischio dell’applicazione delle sanzioni nell’ipotesi in cui il versamento si riveli, a posteriori, insufficiente.

Scelto il metodo di calcolo, occorre ricordare che, se l’importo della prima rata non supera 103 euro, l’acconto è versato in un’unica soluzione entro il termine per il versamento della seconda rata (30 novembre 2022, per i soggetti “solari”).

Inoltre, dal 2020, l’art. 58 del DL 124/2019, ha fissato, a regime, al 50% la misura della prima e seconda rata dei suddetti acconti, dovuti dai contribuenti soggetti agli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA), come di seguito definiti. Per i contribuenti estranei agli ISA, resta ferma la consueta bipartizione (prima rata al 40% e seconda rata al 60%).

Ai fini in esame, rientrano tra i soggetti ISA i contribuenti che esercitano attività economiche per le quali sono stati approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale o che dichiarano “per trasparenza” redditi di tali soggetti (di cui all’art. 12-quinquies commi 3 e 4 del DL 34/2019).

In pratica, si tratta di quei contribuenti che, contestualmente (ris. Agenzia delle Entrate nn. 93/2019 e 64/2019):

  • esercitano attività d’impresa o di lavoro autonomo per le quali sono stati approvati gli ISA, a prescindere dal fatto che tale metodologia statistica sia stata concretamente applicata;
  • dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito, per ciascun ISA, dal relativo decreto ministeriale di approvazione (attualmente pari a 5.164.569 euro).
Ricorrendo tali condizioni, risultano interessati dalla modifica anche i contribuenti che:
  • partecipano a società, associazioni e imprese con i suddetti requisiti e devono dichiarare redditi “per trasparenza”, ai sensi degli artt. 5, 115 e 116 del TUIR;
  • applicano il regime forfetario di cui all’art. 1 commi 54 ss. della L. 190/2014;
  • applicano il regime di vantaggio di cui all’art. 27 commi 1 e 2 del DL 98/2011;
  • determinano il reddito con altre tipologie di criteri forfetari;
  • ricadono nelle altre cause di esclusione dagli ISA.
(MF/ms)
 



Acconto Imu 2022: scadenza al 16 giugno

Si avvicina il termine, fissato al 16 giugno 2022, entro cui deve essere versato l’acconto dell’Imu per l’anno 2022.

Relativamente alle modalità di computo dell’imposta, dal 1° gennaio 2020 occorre riferirsi alle disposizioni contenute nell’art. 1 commi 739 e ss. della L. 160/2019.

Si ricorda anzitutto che l’imposta in argomento è dovuta per anni solari proporzionalmente alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso.

A tal fine:

  • il mese durante il quale il possesso si è protratto per più della metà dei giorni di cui il mese stesso è composto è computato per intero;
  • il giorno di trasferimento del possesso si computa in capo all’acquirente e l’imposta del mese del trasferimento resta interamente a suo carico nel caso in cui i giorni di possesso risultino uguali a quelli del cedente.
Ad esempio, se un immobile viene ceduto il 16 aprile 2022, l’intero mese di aprile (composto da 30 giorni) è a carico dell’acquirente.

Entro il 16 giugno 2022, pertanto, il venditore (ove l’immobile non sia esente da IMU, ad esempio perché destinato ad abitazione principale) dovrà versare l’acconto dell’IMU per i primi tre mesi dell’anno 2022, mentre l’acquirente (sempre che a sua volta non gli competa l’esenzione) dovrà farsi carico dell’IMU per i rimanenti nove mesi dell’anno 2022.

L’IMU per l’anno 2022, infatti, dovuta in generale per i fabbricati, le aree edificabili e i terreni agricoli (le modalità di determinazione della base imponibile dell’IMU variano in funzione della tipologia di bene immobile interessata), deve essere versata in due rate:

  • la prima entro il 16 giugno 2022, pari all’imposta dovuta per il primo semestre applicando l’aliquota e la detrazione deliberata per il 2021;
  • la seconda entro il 16 dicembre 2022, a saldo dell’imposta dovuta per l’intero anno 2022 e a conguaglio sulla base delle aliquote risultanti dal prospetto delle aliquote per il 2022, secondo quanto precisato dalla ris. Min. Economia e finanze 18 febbraio 2020 n. 1/DF e dalla circ. Min. Economia e finanze 18 marzo 2020 n. 1/DF.
Il contribuente, tuttavia, può decidere di effettuare il versamento dell’imposta dovuta in un’unica soluzione annuale, entro la data del 16 giugno 2022.

Facoltà dei Comuni di differire i termini di versamento dell’Imu

Con riguardo ai termini di versamento dell’IMU si ricorda che nella ris. 8 giugno 2020 n. 5/DF, il Min. Economia e finanze ha precisato che i Comuni possono differire autonomamente i termini di versamento dei tributi locali di propria competenza ai sensi degli artt. 52 del DLgs. 446/97 e 6 comma 3 della L. 212/2000.

Tale facoltà può essere esercitata, tuttavia, con riferimento alle entrate di esclusiva competenza dell’ente locale. Quest’ultimo, pertanto, non può prevedere interventi (nemmeno il semplice differimento dei versamenti) che riguardano la quota IMU di competenza statale che deve essere versata per gli immobili a destinazione produttiva del gruppo “D” (art. 1 comma 753 della L. 160/2019).

Per gli immobili a uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, quindi, la quota pari allo 0,76% riservata allo Stato deve in ogni caso essere versata entro il 16 giugno 2022 (per l’acconto) ed entro il 16 dicembre 2022 (per il saldo).

(MF/ms)