ACE: abrogata dal 2024
L’agevolazione dovrebbe essere idealmente sostituita da quella prevista dall’art. 6 comma 1 lettera a) della L. 111/2023, che si sostanzia in una riduzione dell’aliquota IRES per gli utili impiegati in nuovi investimenti o in nuove assunzioni, e che per il solo 2024 dovrebbe limitarsi alla extra-deduzione del 20% del costo del personale, decisa dall’art. 4 dello stesso decreto legislativo.
Dal punto di vista normativo, si provvede:
- ad abrogare l’art. 1 del DL 201/2011, che regola in modo generale l’agevolazione ACE;
- ad abrogare l’art. 1 commi 549 – 552 della L. 232/2016, i quali prevedono, per i soggetti IRPEF, una base fissa di calcolo rappresentata dalla differenza fra il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 e il patrimonio netto al 31 dicembre 2010;
- a fare salvo il riporto delle eccedenze ACE maturate sino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2023.
La stessa tecnica normativa era stata utilizzata dall’art. 1 comma 1080 della L. 145/2018 (legge di bilancio 2019), anch’esso finalizzato alla soppressione dell’agevolazione.
L’abrogazione, se verrà confermata nella versione definitiva del decreto, comporterà di fatto la “perdita” degli incrementi di patrimonio netto che le società avevano registrato dal 2011 in poi, suscettibili in più casi di ridurre in modo significativo l’imponibile.
Nell’attesa di verificare quale sarà il testo definitivo della norma, si possono iniziare a fare due ordini di considerazioni riguardanti, rispettivamente, le ultime “code” della super ACE e i possibili riflessi delle clausole antielusive contenute nell’art. 10 del DM 3 agosto 2017.
Quanto al primo aspetto, l’art. 19 commi 4 e 5 del DL 73/2021 obbligano al riversamento della super ACE (sotto forma di restituzione del credito d’imposta o di variazione in aumento del reddito imponibile) se vi sono distribuzioni “eccedenti” sino al secondo periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2021 (ovvero, sino al 2023 compreso, per i soggetti “solari”): il meccanismo di recupero si conclude, quindi, prima dell’abrogazione dell’ACE, per cui l’impresa che procedesse entro la fine dell’anno a distribuire dividendi straordinari non controbilanciati da nuovi conferimenti o accantonamenti di utili a riserva dovrebbe essere soggetta al procedimento di recapture.
Il secondo tema è più complesso, ma può essere esemplificato con il caso di una società con incrementi patrimoniali al 31 dicembre 2023 per 15 milioni di euro e finanziamenti concessi a una controllata per 5 milioni di euro: il rendimento nozionale è calcolato partendo dal dato di 10 milioni, posto che il finanziamento va a ridurre la base di calcolo dell’agevolazione, e ammonta a 130.000 euro, dato il coefficiente dell’1,3%.
Ove il 2023 si chiuda in perdita, la società potrebbe riportare l’eccedenza non sfruttata di 130.000 euro alle annualità successive, ma a rigore l’eccedenza, essendo “fotografata” al 31 dicembre 2023, non potrebbe incrementarsi se, negli anni successivi, il finanziamento fosse restituito.
Il tema si era già posto all’atto dell’abrogazione della Dual Income Tax, tanto che la sentenza della Corte di Cassazione n. 21241/2017 aveva stabilito la legittimità dei comportamenti delle società che, anche nei periodi d’imposta successivi all’abrogazione dell’agevolazione, ne avevano incrementato la base di calcolo a seguito dei rimborsi dei finanziamenti.
Dal punto di vista sostanziale le situazioni sono similari, anche se, guardando alla tecnica normativa utilizzata, all’atto dell’abrogazione della DIT la società poteva continuare a usufruire dell’agevolazione, pur se l’ammontare degli incrementi era “congelato” al 30 giugno 2001, mentre le attuali disposizioni hanno ad oggetto le sole eccedenze che si formano alla del 2023, in quanto l’ACE non esiste più.
Si può però sostenere, in linea con la Cassazione, che se in vigenza dell’agevolazione questa era stata compressa in virtù della destinazione della liquidità ad altri fini (il finanziamento della partecipata), essa dovrebbe riespandersi anche nel periodo transitorio che inizia dopo la sua soppressione, in quanto con il rimborso del finanziamento viene semplicemente meno la condizione (l’utilizzo diretto dei fondi per il potenziamento dell’impresa) che avrebbe portato a un beneficio fiscale maggiore nei periodi d’imposta precedenti: ciò porterebbe, in pratica, al ricalcolo dell’eccedenza a 195.000 euro (l’1,3% di 15 milioni) dopo che il finanziamento viene rimborsato.
(MF/ms)