Per effetto dell’art. 37 comma 49-
quinquies del DL 4 luglio 2006 n. 223 (introdotto dalla L. 213/2023), “per i contribuenti che abbiano iscrizioni a ruolo per
imposte erariali e relativi accessori o accertamenti esecutivi affidati agli agenti della riscossione per importi complessivamente superiori ad
euro centomila, per i quali i termini di pagamento siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione, è esclusa la facoltà di avvalersi della compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
La previsione di cui al periodo precedente cessa di applicarsi a seguito della completa rimozione delle violazioni contestate. Si applicano le disposizioni dei commi 49-ter e 49-quater ai meri fini della verifica delle condizioni di cui al presente comma”.
Il divieto opera dal 1° luglio 2024.
Ove siano presenti carichi di ruolo per un importo superiore a 100.000 euro e a differenza di quanto può dirsi per il divieto di compensazione di cui all’art. 31 del DL 78/2010:
Considerato che, in base al dato normativo, il divieto “cessa di applicarsi a seguito della completa rimozione delle violazioni contestate”, si evidenzia come potrebbe ritenersi
non ammesso un pagamento
parziale dei ruoli in modo da scendere sotto la soglia dei 100.000 euro.
Su questo punto, a nostro avviso la norma potrebbe essere oggetto di una differente lettura, quantomeno ove i ruoli siano più di uno. Ipotizziamo che un contribuente abbia due carichi di ruolo per IVA dichiarata e non pagata ex art. 54-bis del DPR 633/72 e sia stato notificatario di due cartelle di pagamento del valore complessivo di 110.000 euro, una decaduta per decorrenza dei termini dell’art. 25 del DPR 602/73 (ruolo di valore pari a 90.000 euro), l’altra no (ruolo di valore pari a 20.000 euro).
Egli ben può pagare la cartella di 20.000 euro per intero, notando che non è possibile contestarla in sede giudiziale, e il divieto di compensazione non può operare essendo il debito sceso sotto il limite dei 100.000 euro, allo stesso modo di come non potrebbe operare qualora il giudice, accogliendo parzialmente il ricorso del contribuente, faccia scendere la soglia sotto i 100.000 euro.
La locuzione “La previsione di cui al periodo precedente cessa di applicarsi a seguito della completa rimozione delle violazioni contestate” può essere letta nel senso che occorre estinguere completamente il debito iscritto a ruolo, ma sempre a condizione che questo sia superiore a 100.000 euro.
A ogni modo “questa opzione interpretativa andrebbe attentamente valutata in quanto comporta in non pochi casi una reazione – quella della preclusione alla compensazione orizzontale – non molto proporzionata rispetto all’interesse tutelato”.
Un altro punto dolente riguarda il fatto che, se interpretata rigorosamente, la norma fa sì che il divieto di compensazione rimanga quand’anche il contribuente abbia ottenuto la dilazione dei ruoli ai sensi dell’art. 19 del DPR 602/73.
Una siffatta tesi potrebbe essere in linea con una interpretazione letterale della norma, ma si auspica un chiarimento ufficiale in senso opposto. Non è un caso che in dottrina si sia prospettato che, siccome pagata la prima rata in sostanza il debitore è considerato adempiente, alcun divieto di compensazione dovrebbe sussistere.
Dilazione dei ruoli irrilevante
Infine, bisogna valutare quale sanzione sia irrogabile al contribuente che violi il divieto in esame.
Se la delega di pagamento viene scartata dal sistema (che ha evidentemente “intercettato” i ruoli scaduti), ci potrà essere un omesso versamento delle imposte che il contribuente ha tentato di pagare mediante compensazione.
Se però l’indebita compensazione viene effettivamente commessa, a nostro avviso si tratta di indebita compensazione di credito non spettante sanzionata nella misura del 30% dall’art. 13 comma 4 del DLgs. 471/97.
Sebbene la circolare non parli espressamente di ciò, si potrebbe sostenere che l’Agenzia delle Entrate, nella misura in cui il credito sia esistente, possa solo irrogare la sanzione del 30% senza il contestuale recupero del credito.
Recupero che, ove come detto il credito sia esistente, sarebbe inutile e contrario all’economia procedimentale, visto che verrebbe nuovamente compensato in costanza dei requisiti di legge.