In vista della prima scadenza relativa al versamento delle imposte dirette e IRAP in caso di adesione al concordato preventivo biennale (saldo 2024 e primo acconto 2025), attualmente fissata al prossimo 30 giugno, l’Agenzia delle Entrate ha diffuso nuovi
chiarimenti mediante risposte a FAQ.
La prima questione verte sull’interpretazione dell’art. 20 comma 1 del DLgs. 13/2024, secondo cui l’acconto dovuto su imposte dirette e IRAP relativo ai periodi di imposta in cui il CPB è efficace “è determinato secondo le regole ordinarie tenendo conto dei redditi e del valore della produzione netta concordati”.
Tale disposizione è in realtà valida solamente per il secondo anno del biennio concordato, considerato che per il primo periodo d’imposta di adesione valgono le specifiche regole dettate dal successivo comma 2.
Come anticipato da un comunicato di Assosoftware, non erano state del tutto chiarite le modalità di calcolo dell’acconto IRPEF/IRES in caso di adesione al CPB 2024-2025.
Intervenendo sul tema, in risposta a una FAQ del 28 maggio 2025, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che, considerato il dato letterale della disposizione in commento, in caso di adesione al CPB 2024-2025, l’acconto per il periodo di imposta 2025 calcolato con il metodo storico deve essere determinato facendo riferimento alle imposte dirette e IRAP dovute per il 2024.
Viene evidenziato che non si tiene conto della parte di reddito concordato assoggettata a imposta sostitutiva, la quale resta confinata nel quadro CP e non partecipa alla base imponibile delle imposte dirette.
Tale soluzione è in linea con quanto attualmente previsto dalle istruzioni dei modelli REDDITI 2025, che non prevedono regole particolari ai fini del calcolo dell’acconto 2025 in presenza di CPB 2024-2025. In caso di utilizzo del metodo storico, quindi, l’acconto è determinato sulla base del c.d. “rigo differenza” del quadro RN, al pari degli scorsi anni.
Trattandosi dell’acconto dovuto per il secondo periodo d’imposta del biennio concordato, non sarà inoltre dovuta la maggiorazione del 10% (3% per l’IRAP), applicabile solo per l’acconto dovuto sul primo periodo d’imposta (in questo caso, il 2024).
L’inapplicabilità delle citate maggiorazioni e l’utilizzo del reddito concordato 2024 ai fini del calcolo dell’acconto 2025 con il metodo storico potrebbe portare a un aumento degli importi che dovranno essere versati nel 2026 a titolo di saldo 2025.
Il reddito concordato 2025 è infatti maggiore del reddito concordato 2024, per effetto di quanto previsto dall’art. 7 del DM 14 giugno 2024, che aveva accordato, nel calcolo del reddito concordato 2024, una riduzione del 50% rispetto al reddito concordato 2025, il quale, diversamente, è stato determinato senza applicazione di sconti. Questo per far raggiungere la piena affidabilità fiscale in due anni.
Quanto sopra illustrato non vale per i contribuenti che decidono di aderire al CPB con il modello REDDITI 2025, relativamente al biennio 2025-2026; in tal caso, se si utilizza il metodo storico, è necessario applicare la specifica disciplina di cui all’art. 20 comma 2 del DLgs. 13/2024, per cui l’acconto è calcolato prendendo a riferimento il reddito 2024 (non concordato) e applicando anche la maggiorazione in sede di versamento della seconda rata di acconto.
Con una seconda FAQ del 28 maggio, viene esclusa l’applicabilità della causa di cessazione di cui all’art. 21 comma 1 lett. a) del DLgs. 13/2024 alla luce delle novità introdotte con la nuova classificazione ATECO 2025.
Secondo la disposizione citata, il CPB cessa di produrre effetti nel caso in cui il contribuente modifichi l’attività svolta nel corso del biennio concordatario rispetto a quella esercitata nel periodo d’imposta precedente il biennio stesso, salvo il caso in cui la nuova attività rientri nel campo di applicazione del medesimo ISA.
Aggiornamento ATECO 2025 senza conseguenze
In merito, l’Agenzia delle Entrate chiarisce preliminarmente che il cambio di codice ATECO non è di per sé idoneo a provocare la cessazione del CPB, nel caso in cui il contribuente continui ad applicare il medesimo ISA.
La cessazione non si verifica nemmeno nel caso in cui, per effetto dell’entrata in vigore della classificazione ATECO 2025, il contribuente si ritrovi ad applicare un ISA diverso; in tal caso, infatti, la variazione non è conseguente a una modifica sostanziale dell’attività esercitata, venendo quindi meno il presupposto fondamentale ai fini dell’applicazione della causa di cessazione.