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Le nuove soglie di reddito concordato per le proposte di CPB per il biennio 2025-2026

Le nuove soglie per le proposte di concordato preventivo biennale (CPB) rivolte a contribuenti con elevato livello di affidabilità fiscale sono state introdotte dall’art. 14 del Decreto correttivo (D.Lgs. n. 81/2025), che modifica l’art. 9 del Decreto CPB.

Queste soglie definiscono limiti massimi di incremento del reddito concordato rispetto al reddito dichiarato nel periodo d’imposta precedente, rettificato secondo gli artt. 15 e 16 del Decreto CPB.

Queste modifiche, operative per i concordati sottoscritti a partire dal biennio 2025/2026, mirano a bilanciare gli incentivi per i contribuenti più affidabili con una maggiore prevedibilità del carico fiscale.

Soglie applicabili in base all’affidabilità fiscale – I limiti variano in funzione del punteggio ISA (Indice di Affidabilità Fiscale) conseguito dal contribuente nel periodo precedente:

  • 10% per un livello di affidabilità pari a 10;
  • 15% per un livello pari o superiore a 9 ma inferiore a 10;
  • 25% per un livello pari o superiore a 8 ma inferiore a 9.
Eccezioni alle soglie – Le soglie non si applicano se la proposta di reddito concordato, calcolata secondo la metodologia standard del CPB, risulta inferiore ai valori di riferimento settoriali derivanti dall’applicazione dell’art. 9, comma 1, del Decreto CPB. In tali casi, prevale il risultato della metodologia ordinaria.

Estensione all’IRAP – Le stesse regole sono estese al valore della produzione netta rilevante ai fini IRAP, come stabilito dal comma 3-quater dell’art. 9. Ciò garantisce coerenza tra la disciplina del reddito e quella del valore produttivo soggetto a tassazione regionale.

Esempio concreto
Situazione di partenza:

  • Contribuente: Impresa individuale con attività di commercio al dettaglio di abbigliamento.
  • Reddito dichiarato nel 2024: € 100.000 (periodo d’imposta antecedente al biennio 2025/2026).
  • Livello di affidabilità fiscale (ISA): 9,5 (quindi superiore a 9 ma inferiore a 10).
  • Rettifiche ai sensi degli artt. 15 e 16 del Decreto CPB: Nessuna rettifica applicabile.
Calcolo della proposta di reddito concordato

Soglia applicabile: Poiché il livello di affidabilità è 9,5, la soglia massima di incremento rispetto al reddito dichiarato rettificato è del 15%.

Calcolo della soglia massima: Soglia massima Reddito dichiarato rettificato × 1,15 = 100.000 × 1,15 = 115.000

Soglia massima = Reddito dichiarato rettificato × 1,15 = 100.000 × 1,15 = 115.000

Proposta di reddito concordatola proposta di reddito concordato per il biennio 2025/2026 non può superare € 115.000.

Eccezione: proposta inferiore ai valori di riferimento settoriali – Se, applicando la metodologia standard prevista dall’art. 9, comma 1, del Decreto CPB, il valore di riferimento settoriale per la stessa attività fosse, ad esempio, € 120.000, la soglia del 15% non si applicherebbe. In questo caso, la proposta di reddito concordato dovrebbe essere almeno pari al valore di riferimento settoriale, quindi € 120.000.

Estensione all’IRAP – Le stesse regole si applicano al valore della produzione netta rilevante ai fini IRAP. Quindi, se il valore della produzione netta dichiarato nel 2023 fosse, ad esempio, € 200.000, la proposta concordata per il biennio 2025/2026 non potrebbe superare € 230.000 (€ 200.000 × 1,15), salvo il caso in cui la metodologia ordinaria richieda un valore superiore.
 

Elemento Valore base (2023) Soglia massima (15%) Valore di riferimento settoriale (esempio)
Reddito concordato € 100.000 € 115.000 € 120.000
Valore produzione netta (IRAP) € 200.000 € 230.000
 
Se il valore di riferimento settoriale è superiore alla soglia percentuale, prevale il valore settoriale.
 

(MF/ms)




Affrancamento delle riserve: chiarimenti

Il Dipartimento delle Finanze ha pubblicato sul proprio sito internet il decreto del Vice Ministro del 27 giugno 2025, il quale reca le disposizioni attuative della disciplina dell’affrancamento delle riserve contenuta nell’art. 14 del DLgs. 192/2024.

Il DM conferma, in primo luogo, all’art. 2 comma 3 che l’affrancamento può avere ad oggetto una o più delle riserve in sospensione esistenti nel passivo, ovvero un importo parziale di una o più di esse.

Si conferma, altresì, all’art. 3 comma 1 che le riserve in sospensione devono sussistere sia nel bilancio 2023, sia nel bilancio 2024.

La Relazione illustrativa evidenzia che, se alcune delle riserve in sospensione sono state utilizzate per la copertura delle perdite (e sono, quindi, potenzialmente oggetto di ricostituzione), le stesse non possono essere affrancate in quanto non esistenti in bilancio (la Relazione, nel momento in cui evidenzia che è oggetto di affrancamento il minore tra gli importi evidenziati nei due bilanci, pare riferirsi alle operazioni di ricostituzione avvenute nel 2024).

L’affrancamento presuppone, in ogni caso, che non sia stata adottata una delibera di distribuzione ai soci con data anteriore al 1° gennaio 2025 (si fa riferimento, in questa sede, ai soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare).

La Relazione illustrativa al DM chiarisce che possono invece essere affrancate le riserve distribuite ai soci tra il 1° gennaio 2025 e la presentazione della dichiarazione, sempre alla condizione che la delibera di attribuzione ai soci non abbia data anteriore al 1° gennaio.

Quanto agli effetti fiscali, l’art. 3 comma 3 prevede che, in caso di affrancamento dei saldi attivi di rivalutazione, non spetta il credito d’imposta pari all’imposta sostitutiva a suo tempo versata; la questione, va da sé, deve essere attentamente valutata, posto che nei bilanci esistono riserve in sospensione a fronte delle quali l’onere fiscale a suo tempo assolto è stato basso – in certi casi nullo, come per la rivalutazione nei settori alberghiero e termale del 2020 – così come riserve in sospensione che hanno scontato alla loro costituzione un’imposizione significativa.

L’art. 4 del DM codifica in legge il principio, anticipato dalla Relazione illustrativa al DLgs. 192/2024, per cui l’affrancamento si perfeziona con l’indicazione delle riserve e dell’imposta sostitutiva nella dichiarazione del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024 (si tratta delle dichiarazioni REDDITI 2025, nel cui quadro RQ è presente un prospetto a ciò dedicato), non rilevando al contrario il versamento dell’imposta.

Quest’ultima – confermano le norme attuative – è versata obbligatoriamente in quattro rate di pari importo, delle quali la prima entro il termine di scadenza delle imposte dovute a saldo per il 2024.

L’art. 5 del DM attuativo riguarda i soggetti IRPEF, per i quali i vantaggi risultano particolarmente consistenti.

Si conferma, infatti, il principio contenuto nella circ. Agenzia delle Entrate n. 33/2005 (§ 3) per cui, per le società di persone, l’onere per l’imposta sostitutiva è posto a carico della società, ma l’importo oggetto di affrancamento si considera imputato per trasparenza in capo ai soci (con conseguente incremento del costo della partecipazione).

L’effetto concreto è quello per cui, all’atto della distribuzione della riserva (evento decrementativo dello stesso costo), i soci non scontano più alcuna tassazione: di fatto, l’imposta del 10% assorbe anche la tassazione dei soci, a differenza di quanto avviene per i soci delle società di capitali, per i quali la distribuzione rappresenta un evento imponibile.

L’art. 5 comma 3 precisa che i medesimi principi previsti per i soci delle società di persone valgono anche per i soci delle società di capitali che hanno esercitato le opzioni per la trasparenza fiscale di cui agli artt. 115 o 116 del TUIR.

Opzione possibile al cambio di regime contabile

Una norma di garanzia è poi contenuta nell’art. 5 comma 2, ed è volta a consentire l’affrancamento ai soggetti IRPEF in contabilità ordinaria che, però, transitano alla contabilità semplificata nel 2025: in assenza di tale previsione, infatti, le riserve in sospensione sconterebbero l’imposizione ordinaria in quanto non ricostituite in bilancio, quanto invece l’affrancamento “postumo” può chiudere i giochi con il 10%.

L’art. 6 del DM attuativo, da ultimo, detta regole specifiche per le società che si trasformano.

Si precisa, in sostanza, che le società di capitali che si sono trasformate in società di persone possono affrancare le riserve in sospensione d’imposta “ereditate” in regime IRPEF, con la conclusione (esplicitata nella Relazione illustrativa al DM) per cui la successiva distribuzione non genera oneri in capo ai soci.

Regole speculari operano per il caso inverso delle società di persone trasformate in società di capitali, per le quali l’affrancamento si considera operato in regime IRES e la successiva distribuzione è soggetta a imposizione in capo ai soci.
 

(MF/ms)




Valute estere maggio 2025

Art. I

Agli effetti delle norme dei titoli I e II del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, che vi fanno riferimento, le medie dei cambi delle valute estere calcolati a titolo indicativo dalla Banca d’Italia sulla base delle quotazioni di mercato sono accertate per il mese di maggio 2025 come segue:
 

  Per 1 Euro
Dinaro Algerino 149,6196
Peso Argentino 1295,3771
Dollaro Australiano 1,7521
Real Brasiliano 6,3953
Dollaro Canadese 1,5646
Corona Ceca 24,9229
Renminbi (Yuan)Cina Repubblica Popolare 8,1348
Corona Danese 7,46
Yen Giapponese 163,1443
Rupia Indiana 96,1427
Corona Norvegese 11,5968
Dollaro Neozelandese 1,8998
Zloty Polacco 4,2538
Sterlina Gran Bretagna 0,8435
Nuovo Leu Rumeno 5,0714
Rublo Russo 0
Dollaro USA 1,1278
Rand (Sud Africa) 20,4124
Corona Svedese 10,8812
Franco Svizzero 0,9356
Dinaro Tunisino 3,38
Hryvnia Ucraina 46,8453
Forint Ungherese 403,9386
 

 
Sul sito dell’Agenzia delle Entrate, al seguente link, cambi di maggio, sono a disposizione i dati sui cambi relativi alle restanti valute riportate nel decreto in oggetto.
 
(MF/ms)




Auto in uso promiscuo ai dipendenti: chiarimenti sul fringe benefit dal 30 giugno 2025

Il 30 giugno è il termine rilevante per la determinazione del fringe benefit per le auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti, senza che siano stati rilasciati chiarimenti ufficiali sulle nuove disposizioni, che presentano tuttavia alcuni profili critici.

L’art. 51 comma 4 lett. a) del TUIR, come modificato dall’art. 1 comma 48 della L. 207/2024, stabilisce che per gli autoveicoli, i motocicli e i ciclomotori di nuova immatricolazione, concessi in uso promiscuo con contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2025, si assume il 50% dell’importo corrispondente a una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle elaborate dall’ACI, al netto delle somme eventualmente trattenute al dipendente.

Tale percentuale è ridotta al 10% per i veicoli a batteria a trazione esclusivamente elettrica e al 20% per i veicoli elettrici ibridi plug in.

La clausola di salvaguardia prevista dall’art. 1 comma 48-bis della L. 207/2024, introdotta dall’art. 6 comma 2-bis del DL 19/2025 convertito (c.d. DL “Bollette”), dispone tuttavia che “Resta ferma l’applicazione della disciplina dettata dall’articolo 51, comma 4, lettera a)” del TUIR, “nel testo vigente al 31 dicembre 2024, per i veicoli concessi in uso promiscuo dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2024 nonché per i veicoli ordinati dai datori di lavoro entro il 31 dicembre 2024 e concessi in uso promiscuo dal 1° gennaio 2025 al 30 giugno 2025”.

Viene quindi concessa l’applicazione della previgente modalità di determinazione del fringe benefit, in base all’emissione di anidride carbonica, oltre che per le auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2024, anche per quella ordinate nel 2024 e concesse in uso promiscuo dal 1° gennaio al 30 giugno 2025.

Qualora le auto ordinate nel 2024 siano invece concesse in uso promiscuo ai dipendenti dal 1° luglio 2025, troverebbe applicazione la nuova regola di imposizione in base al tipo di alimentazione del veicolo.

In assenza di indicazioni, si rileva che la citata disposizione di salvaguardia fa riferimento ai veicoli “concessi in uso promiscuo” entro il 30 giugno 2025.

Facendo riferimento ai chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate nella ris. n. 46/2020, relativa alla previgente disciplina, potrebbe assumere rilevanza il momento della sottoscrizione dell’atto di assegnazione da parte del datore di lavoro e del lavoratore per l’assegnazione del benefit.

E’ stato osservato che il riferimento alla sola concessione in uso promiscuo (senza riferimento né alla “data di stipula del contratto” con il dipendente, né alla “data di immatricolazione” del veicolo) potrebbe essere riferito al momento in cui l’impresa abbia concesso il veicolo in uso ai dipendenti, senza necessità di “collegare” il veicolo stesso ad un determinato contratto di assegnazione stipulato con uno specifico dipendente. In quest’ottica, la clausola di salvaguardia dovrebbe garantire l’applicazione del vecchio regime in tutti i casi in cui, in relazione a veicoli ordinati dal datore di lavoro entro il 31 dicembre 2024, il mezzo sia stato destinato dall’azienda all’uso promiscuo da parte dei propri dipendenti tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2025.

Ciò dovrebbe comportare la continuità di applicazione del vecchio regime, per tutti i veicoli ordinati prima del 1° gennaio 2025 e concessi dall’azienda all’uso promiscuo da parte dei propri dipendenti nei primi sei mesi del 2025 e ciò sino a quando il veicolo rimanga (senza soluzione di continuità) destinato a tale funzione. In questa ottica, anche per i mesi successivi a giugno 2025, il vecchio regime continuerebbe a trovare applicazione:

– per i veicoli ordinati prima del 1° gennaio 2025 e concessi in uso ad un dato dipendente nel primo semestre del 2025;
– per i veicoli ordinati prima del 1° gennaio 2025, concessi in uso ad un dato dipendente nel primo semestre del 2025 e oggetto di proroga (es. alla prima scadenza del contratto di leasing/noleggio), anche se tale proroga sia avvenuta successivamente al 30 giugno 2025;
– per i veicoli ordinati prima del 1° gennaio 2025, concessi in uso ad un dato dipendente nel primo semestre del 2025 e oggetto di riassegnazione ad altro dipendente, anche se tale riassegnazione sia avvenuta successivamente al 30 giugno 2025.

Resta comunque ferma l’esigenza di un intervento chiarificatore da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Altra fattispecie che meriterebbe un chiarimento è quella delle auto immatricolate nel 2024 e concesse nel 2025.

Mutuando le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate nella ris. n. 46/2020 in relazione alla vecchia disciplina, potrebbe infatti trovare applicazione il criterio del valore normale ex art. 9 del TUIR, al netto dell’utilizzo nell’interesse del datore di lavoro.

In tal caso dovrebbe trovare applicazione il regime previgente.
 

(MF/ms)




Camisa a Governo: intervenire su nuova classificazione europea del piombo

Il Presidente, Cristian Camisa, ha scritto una lettera ai ministri Matteo Salvini, Adolfo Urso, Gilberto Pichetto Fratin e Tommaso Foti per esprimere l’estrema preoccupazione e le serie difficoltà che le Piccole e Medie Imprese industriali associate a Confapi, in particolare quelle attive nel comparto della lavorazione dei metalli, e specificamente nelle leghe contenenti piombo, si troveranno ad affrontare a causa di imminenti novità normative che rischiano di minare la loro operatività e competitività.

La nuova normativa europea, che entrerà in vigore il 1° settembre 2025, abbassa significativamente le soglie di concentrazione del piombo oltre le quali le leghe contenenti questo metallo, largamente utilizzate in innumerevoli applicazioni, saranno classificate come pericolose per l’ambiente acquatico.
La conseguenza più immediata e allarmante è l’automatica applicabilità delle stringenti norme dell’Accordo ADR (Accordo europeo relativo al trasporto internazionale su strada delle merci pericolose), senza alcun periodo transitorio per l’adeguamento dei trasporti. Ciò significa che, da un giorno all’altro, la movimentazione quotidiana di semilavorati, sfridi e scarti di leghe contenenti piombo dovrà sottostare a nuovi e onerosi obblighi.

Nell’immediato Confapi considera urgenti misure quali: la promozione di un Accordo Multilaterale a livello europeo per introdurre deroghe mirate al trasporto delle leghe metalliche contenenti piombo o, quantomeno, estendere significativamente i tempi di adeguamento per il settore; la concessione di una proroga all’entrata in vigore delle disposizioni ADR per le merci classificate come pericolose a seguito della nuova classificazione del piombo; l’avvio di un tavolo di confronto tecnico interministeriale, coinvolgendo le associazioni di categoria interessate, per valutare appieno l’impatto di tali normative sulle Pmi industriali e identificare soluzioni sostenibili. 




Iran. Camisa: chiusura Stretto Hormuz comporterebbe danno da 10 miliardi

“L’Iran minaccia di chiudere lo Stretto di Hormuz in seguito agli attacchi statunitensi contro gli impianti nucleari iraniani. Se ciò si verificasse si aggraverebbe ulteriormente l’isolamento internazionale del regime iraniano oltre a rappresentare un boomerang economico. Hormuz non è solo la vitale rotta di esportazione energetica dell’Iran, ma è anche fondamentale per la sicurezza nazionale dei Paesi del Golfo. La razionalità, dunque, suggerisce che la chiusura dello Stretto di Hormuz da parte di Teheran sia improbabile, ma tutti gli scenari devono essere presi in considerazione e la paventata chiusura non può essere esclusa a priori”. Lo evidenzia il presidente di Confapi Cristian Camisa commentando l’escalation militare in Medio Oriente.

“La chiusura di Hormuz – aggiunge – porterebbe il prezzo del petrolio oltre i 100 dollari a barile e del gas naturale oltre i 100 dollari per MWh. Secondo le nostre stime, uno shock energetico di questa entità rischierebbe di costare al nostro Paese oltre 10 miliardi di euro all’anno, colpendo in modo trasversale cittadini e imprese. L’aumento dei costi energetici potrebbe spingere l’inflazione oltre il 6%, erodendo il potere d’acquisto delle famiglie e comprimendo ulteriormente la domanda interna. La crescita economica nazionale, già fragile, rischierebbe una flessione che noi stimiamo intorno al -0,6% del Pil. E in questo momento l’Italia non può davvero permetterselo”.

“Attualmente – conclude Camisa – l’unica arma in mano alle aziende è quella di dotarsi di sistemi industriali di autoproduzione dell’energia elettrica a base fotovoltaica in abbinamento alle nuove batterie Bess. Al Governo chiediamo sempre di più un supporto a queste tecnologie soprattutto quando realizzate dalle aziende per autoproduzione e autoconsumo”.
 
 




Ilva. Camisa: sbagliato continuare a insistere su acciaio verde

“Mentre si insiste nel promuovere la decarbonizzazione dell’Ilva, nel resto del mondo il mito del green steel – l’acciaio “verde” prodotto senza emissioni – conosce la sua prima, prevedibile battuta d’arresto. I progetti annunciati in pompa magna rallentano, i costi esplodono, la domanda non decolla. Una dinamica tutt’altro che inaspettata per chi conosce davvero l’economia industriale e non si affida a slogan”. È quanto dichiara il presidente di Confapi Cristian Camisa. 
“La battaglia cruciale da combattere in Europa non era rincorrere modelli ancora economicamente insostenibili, ma garantire la sopravvivenza dell’altoforno. L’unico in grado, oggi, di assicurare volumi produttivi e competitività globale. Invece, ci si è illusi che bastasse invocare l’idrogeno per risolvere tutto. Così non è stato”.

“Dal prossimo anno, con l’obbligo di pagare per le emissioni di CO₂, il conto sarà ancora più salato. Anzi, tragicomico: o ridiamo o piangiamo. Anche perché, con gli attuali livelli di produzione al minimo storico, il problema sembra essersi “risolto da solo”: se non produco, non emetto. E se non emetto, non pago. Un paradosso perfetto, ma disastroso”.

“L’Ilva – conclude Camisa – rischia di diventare il simbolo di una transizione ecologica fatta senza industria, senza acciaio, senza futuro”.




“C’è grande instabilità, serve prestare attenzione”

Il Giornale di Lecco del 30 giugno 2025, intervista al presidente Enrico Vavassori. 




Sicurezza sul lavoro Corsa delle imprese per le nuove regole

La Provincia di mercoledì 25 giugno, servizio sul nuovo accordo Stato-Regioni.




Mancate polizze catastrofali: incerte le sanzioni da applicare al 30 giugno

Dal prossimo 30 giugno dovrebbero diventare operative le sanzioni per le grandi imprese (quelle che superano i limiti numerici di almeno due dei tre criteri costituti da 25 milioni di euro di stato patrimoniale, 50 milioni di ricavi netti delle vendite e delle prestazioni, 250 dipendenti) che non avranno adempiuto l’obbligo di assicurarsi contro i rischi catastrofali.

Per queste realtà, il termine per adeguarsi era il 31 marzo, ma l’art. 1 comma 3 del DL 39/2025, convertito con modificazioni dalla L. 78/2025, ha previsto che la disposizione in tema di sanzioni (l’art. 1 comma 102 della L. 213/2023) si applichi decorsi 90 giorni dalla data di decorrenza dell’obbligo assicurativo.

Proprio la norma sulle sanzioni, però, rappresenta un nodo ancora non risolto, per cui lo scenario che si prospetta a partire dal 30 giugno appare incerto.

L’art. 1 comma 102 della L. 213/2023, si ricorda, stabilisce che “dell’inadempimento dell’obbligo di assicurazione da parte delle imprese di cui al comma 101 si deve tener conto nell’assegnazione di contributi, sovvenzioni o agevolazioni di carattere finanziario a valere su risorse pubbliche, anche con riferimento a quelle previste in occasione di eventi calamitosi e catastrofali”; una formulazione che non chiarisce in modo univoco se la mancata stipula dei contratti determini l’esclusione dalle suddette misure o la loro fruizione in misura limitata, né individua puntualmente le agevolazioni interessate.

Nel tentare di chiarire il contenuto della norma, il MIMIT ha diffuso due FAQ in cui ha precisato che spetta a ciascuna Amministrazione titolare di misure di sostegno e agevolazione dare attuazione alla disposizione, “definendo e comunicando le modalità con cui intende tener conto del mancato adempimento all’obbligo assicurativo in argomento in relazione alle proprie misure coerentemente con le tempistiche recate dall’articolo 1 del decreto legge 31 marzo 2024, n. 39”.

In sostanza, ciascun Ministero (e più in generale ciascuna amministrazione) dovrebbe emanare un “provvedimento attuativo” che stabilisca quali sono le conseguenze della mancata stipula della polizza catastrofale sulle sovvenzioni di cui è titolare entro i termini per assicurarsi fissati dall’art. 1 del DL 39/2025.

Entro il 30 giugno (che è il primo momento in cui l’obbligo e le relative sanzioni diventano effettivamente operativi) dovrebbero arrivare, dunque, indicazioni sulle conseguenze dell’inadempimento per le singole misure; attualmente, non si hanno notizie in tal senso.

Fino a quando non si avranno i provvedimenti di adeguamento non sembra essere applicabile alcuna sanzione alle imprese inadempienti, posto che sempre il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha fatto sapere che la causa di esclusione opererà per le domande presentate a decorrere dalla data del provvedimento di adeguamento e di recepimento della previsione di cui alla legge n. 213 del 2023 nell’ambito della disciplina normativa della misura di agevolazione, o dalla diversa data ivi indicata.

Per le misure di propria competenza, il MIMIT ha anticipato che “è orientato a tener conto dell’inadempimento dell’obbligo assicurativo precludendo l’accesso agli incentivi di propria competenza alle imprese inadempimenti”.

In ogni caso, come precisato dalla stessa FAQ, questa indicazione dovrà essere recepita nella disciplina normativa relativa a ciascun incentivo.

Si segnala, da ultimo, uno schema di DLgs. recante il “Codice degli incentivi”, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri lo scorso ottobre, il quale ha previsto, all’art. 9, che, con riferimento ai bandi, “è sempre precluso l’accesso alle agevolazioni in caso di … f) inadempimento dell’obbligo di stipula di contratti assicurativi a copertura di danni previsto dall’articolo 1, comma 101 della legge 30 dicembre 2023, n. 213”. Lo schema, al momento, non risulta trasmesso alle Camere.

(MF/ms)