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Somministrazione lavoro: obbligo comunicazione periodica contratti

In vista della consueta comunicazione riassuntiva periodica dei contratti di somministrazione lavoro attivati nell’anno solare precedente, ricordiamo che la scadenza è prevista entro il prossimo 31 gennaio 2021.
Il contenuto della predetta comunicazione dovrà riguardare: il riepilogo del numero di contratti di somministrazione attivati e conclusi nell’anno 2020, la loro durata, il numero e qualifica dei lavoratori interessati.
A tal fine, riteniamo utile proporre alle aziende associate un possibile schema di compilazione come di seguito indicato: 

Oggetto:    Comunicazione annuale di dati relativi ai contratti di somministrazione (D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, art. 36, comma 3) 

La scrivente Società ________________________________ in conformità alla normativa richiamata in oggetto, rende noto quanto segue:

  1. Nel periodo temporale 01/01/2020 – 31/12/2020 (per gli anni successivi analogamente dall’1/1/….. al 31/12/….), sono stati stipulati n_____ contratti di somministrazione di lavoro
  2. Per quanto riguarda gli ulteriori elementi di dettaglio da comunicare con riferimento alla stipula di ogni singolo contratto di somministrazione di lavoro, vale quanto segue (indicare per ogni contratto di somministrazione stipulato):
  • ·           motivo _______
  • ·           durata ________
  • ·           n___ lavoratori interessati
  • ·           qualifica dei lavoratori interessati _______

 

Ricordiamo che la comunicazione periodica e le informazioni sopra indicate, devono essere inoltrate alle RSU aziendali oppure RSA o, dove assenti, alle OO.SS organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul territorio.
In caso di mancato o non corretto adempimento della comunicazione sopra indicata, l’art. 40, comma 1) del D.Lgs. n. 81/2015 prevede una sanzione amministrativa da € 250,00 a € 1.250,00.

N.B.: i contenuti del D.Lgs. 81/2015, l’art. 55, comma d) dispongono l’abrogazione dell’altra tipologia di comunicazione, ovvero quella preventiva, da inoltrare alle rappresentanze sindacali prima di ogni attivazione di contratti relativi a somministrazione lavoro.

(FP/tm) 




Fondapi: variazioni aliquote anno 2021

Si comunicano le variazioni delle aliquote contributive FONDAPI a carico azienda con decorrenza 1°gennaio 2021 per i seguenti settori:

Chimica (concia e settori accorpati)

L’aliquota contributiva a carico dell’azienda, viene elevata all’1,46%.Resta invariata la quota minima a carico del lavoratore con aliquota pari all’1,06%.

Gomma-Plastica

L’aliquota contributiva a carico dell’azienda, viene elevata all’1,80%. Resta invariata la quota minima a carico del lavoratore con aliquota pari all’1,60%.

Ceramica

L’aliquota contributiva a carico dell’azienda, viene elevata al 2,10%. Resta invariata la quota minima a carico del lavoratore con aliquota pari all’1,70%. 

Vetro

L’aliquota contributiva a carico dell’azienda, viene elevata all’1,80%. Resta invariata la quota minima a carico del lavoratore con aliquota pari all’1,40%.

Abrasivi

L’aliquota contributiva a carico dell’azienda, viene elevata al 2,05%. Resta invariata la quota minima a carico del lavoratore con aliquota pari all’1,20%.

Tessile Abbigliamento, Calzature, Pelli e Cuoio, Penne, Spazzole e Pennelli, Occhiali, Giocattoli

L’aliquota contributiva a carico dell’azienda, viene elevata all’1,90%. Resta invariata la quota minima a carico del lavoratore con aliquota pari all’1,60%.

 

(FP/tm) 




Nozze FCA-Peugeot: cauto ottimismo tra i subfornitori

La Provincia di Lecco, 19 gennaio 2020, parla la nostra associata Rapitech.




Il Prefetto in visita all’Api: “Un dialogo proficuo”

La Provincia di Lecco, 16 gennaio 2021, visita del Prefetto Castrese De Rosa in Api.




Conai: scadenze di inizio anno

Ad inizio anno la presente circolare intende raccomandare la rilettura delle circolari di fine 2020 che contenevano alcune novità rilevanti e informare le Aziende associate che, sul sito Conai, è riportata la tabella aggiornata degli importi del Contributo Ambientale Conai (Cac), che ha subito delle variazioni già annunciate. Come noto, su carta e plastica è vigente una diversificazione contributiva, che va applicata in base alle tipologia di materiali.

Si ricordano inoltre i due adempimenti periodici principali di inizio anno:

Scadenza 20 gennaio 2021
Riguarda i produttori di imballaggi e gli importatori di merci imballate (o “imballaggi pieni”). Essi devono inoltrare a Conai la dichiarazione periodica del contributo ambientale Conai (mensile, trimestrale o annuale). Se l’importo dovuto è inferiore alle soglie di esenzione, non occorre pagare nulla. Consultare le tabelle del sito internet alla pagina “dichiarazione e versamento”. Chi risultasse “esente” per la prima volta deve comunicarlo, chi invece confermasse di appartenere alla classe “esente” non deve fare comunicazione, ma conservare l’evidenza dei calcoli a supporto dell’esenzione.

Scadenza 28 febbraio 2021
Coloro che esportano merce imballata possono ottenere il “rimborso” del contributo pagato sugli imballaggi acquistati in Italia ma venduti su territorio estero. Entro la scadenza sopra indicata, possono calcolare il plafond di esenzione e fare richiesta di applicazione della percentuale ai propri fornitori e a Conai (attraverso il mod. 6.5).
Entro la stessa data si può fare la richiesta di rimborso per le esportazioni del 2019 (mod. 6.6). Consultare la pagina dedicata “esenzioni per export”.

Adesione a Conai
Si ricorda che sono tenuti ad aderire a Conai non solo i produttori di imballaggi ma anche gli utilizzatori.
Ogni nuova azienda che svolge il ruolo di “utilizzatore” di imballaggi di qualsiasi tipo è tenuta ad effettuare l’adesione al consorzio Conai (consultare la sezione dedicata del sito). L’adesione si effettua una tantum e non ha scadenza.

(SN/bd)




CCNL Unionmeccanica – Confapi: erogazione welfare gennaio 2021 piattaforma Api

In accordo con quanto previsto dalla dichiarazione comune firmata in data 12 gennaio 2021 da Unionmeccanica Confapi e Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil e in considerazione di quanto previsto dall’art. 90 del Ccnl per le lavoratrici ed i lavoratori addetti alla piccola e media industria metalmeccanica, orafa ed alla installazione di impianti sottoscritto in data 3 luglio 2017, si comunica che a partire dal 15 gennaio 2021 le aziende dovranno mettere a disposizione dei lavoratori gli strumenti di welfare per un valore complessivo di 150,00 € secondo le modalità previste dall’art. 52 del sopracitato Ccnl.
A tal proposito segnaliamo che Api offre ai propri associati un utile strumento di gestione in materia di welfare: nella fattispecie si tratta di una piattaforma telematica che consente all’azienda di adempiere agli obblighi previsti dalla contrattazione collettiva massimizzando la libertà di scelta di ogni singolo dipendente. La medesima piattaforma sarà in grado di gestire anche specifici piani di welfare aziendale, così che le aziende possano liberamente attivare delle politiche incentivanti per i propri dipendenti beneficiando di tutti gli ingenti vantaggi fiscali disponibili.
Per avere maggiori informazioni in merito alle attività legate al servizio welfare è possibile consultare il sito internet (http://api-welfare.it/) e compilare il modulo richiesta servizio piattaforma oppure contattare telefonicamente l’Ufficio Relazioni Industriali (0341.282822).
(FV/fv)




Reach e rifiuti: nuova banca dati Scip dal 5 gennaio 2021

Scip sta per “Substances of Concern in articles as such or in complex objects (Products)”. Si tratta di una banca dati destinata a contenere informazioni relative a “sostanze preoccupanti, Svhc Substances of very high concern” in articoli in quanto tali o in oggetti complessi (prodotti). Nella banca devono essere convogliate le informazioni sulle sostanze incluse nella Candidate List (normativa Reach), affinchè siano disponibili durante l’intero ciclo di vita dei prodotti e dei materiali, anche nella fase di trattamento dei rifiuti.

Sul sito dell’Echa una infografica mostra cosa si intende per articoli e oggetti complessi.

L’obbligo di notifica, dal 5 gennaio 2021, riguarda le aziende che immettono nel mercato dell’Ue articoli contenenti sostanze preoccupanti ovvero quelle che, pur non essendo soggette a registrazione Reach, sono presenti in concentrazione superiore allo 0,1% p/p e sono elencate nella Candidate list. L’obbligo non si applica ai rivenditori al dettaglio che forniscono articoli direttamente al consumatore.
Da febbraio 2021, le informazioni presenti nel database Scip sul sito dell’Echa sono a disposizione degli operatori impegnati nelle attività di recupero e nella produzione di beni ottenuti da materiali riciclati e saranno accessibili ai consumatori. 

La banca dati Scip concretizza una misura prevista dalla normativa europea sui rifiuti, in particolare la Direttiva 2008/98/Ce all’art. 9 Prevenzione dei rifiuti come modificata dalla Dir. (Ue) 2018/851. La direttiva quadro sui rifiuti stabilisce misure per affrontare gli effetti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti sull’ambiente e sulla salute umana e per migliorare l’uso efficiente delle risorse essenziali per il passaggio a un’economia circolare. Molte altre informazioni si possono trovare sullapagina specifica di Echa.

(SN/bd)




Brexit: cosa cambia per le aziende

Brexit è il nome che ha preso iprocesso di uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea (Britain exitdopo la decisione del referendum consultivo del 23 giugno 2016, che ha poi causato l’uscita ufficiale dall’Unione Europea del 31 gennaio 2020.

Pertanto, dal 1 Gennaio 2021 la Gran Bretagna, dopo 47 anni, è fuori dall’Unione Europea, diventando, di fatto, il primo paese a lasciare la UE da quando l’organizzazione internazionale è stata fondata.

Di conseguenza, lo status extracomunitario dell’UK ha prodotto immediatamente per le imprese una serie di adeguamenti e di adempimenti   in materia doganale, di IVA, di accise e di regole extratributarie, anche per le operazioni che si andranno a realizzare a cavallo dell’anno.

Si pensi all’impatto finanziario del pagamento dell’IVA in Dogana per chi importa da UK, salvo la possibilità di poter emettere dichiarazione di intento se esportatore abituale.

Le regole sono state disciplinate in modo puntuale nell’accordo di recesso e nelle successive determinazioni che sono state prese dal UK e dall’UE.

La premessa per affrontare Brexit consiste nel fatto che, dal 1 gennaio 2021, l’entrata e l’uscita di merci tra l’UE e il Regno Unito saranno assoggettate alle regole unionali relative ai Paesi terzi e quindi tutti i movimenti di merci tra le parti dovranno essere vincolati ad importazione, esportazione o allo specifico regime riferibile all’operazione che si intende realizzare, configurandosi la necessità, nei casi previsti, di ottenere una specifica autorizzazione dall’Ufficio doganale di competenza; per queste ultime, è il caso, ad esempio, delle imprese di manutenzione, riparazione, lavorazione, trasformazione che oggi operano senza alcuna formalità doganale e che dovranno attivare specifici regimi doganali come,ad esempio,  il perfezionamento attivo o passivo.

Negli scambi con il Regno Unito, il primo e sicuro adempimento che le imprese dovranno effettuare è la presentazione di una dichiarazione doganale. Le merci unionali in uscita dal territorio Ue devono infatti essere vincolate al regime doganale dell’esportazione, da formalizzare su formulario Dau secondo gli standard in uso e come regolamentati dalla disciplina unionale. Tale adempimento di solito avviene, se l’impresa non è attrezzata autonomamente, con il ricorso ad un rappresentante ad hoc, cosiddetto spedizioniere doganale o doganalista, che si occuperà delle pratiche  doganali.

 Al tema dichiarativo si aggiunge, poi, anche quello extratributario, che comporta responsabilità e sanzioni per le imprese, aventi per lo più carattere penale. È il caso, ad esempio, delle dichiarazioni di libera esportazione sottoscritte dalle imprese nazionali, ovvero delle necessità di autorizzazione o licenza export connesse a determinate tipologie di merci, dei vincoli su beni sanitari, fitosanitari, dei materiali inquinanti, dei beni culturali, dei beni sottoposti alle direttive sicurezza e alla marcatura CE, dei beni Cites  e, soprattutto, dei beni dual use, elementi questi delicatissimi per le imprese impegnate con l’estero.

Cambia poi il regime Iva che pur restando nell’ambito della non imponibilità, si modifica da cessioni Intra Ue (ex articolo 41 del Dl 331/93) a cessioni all’esportazione (ex articolo 8 del Dpr 633/72), e che richiede l’intervento dell’ufficio doganale (il famoso “Visto Uscire”), per avere la prova dell’uscita della merce dal territorio dell’Ue.

Inoltre la Brexit impone agli operatori di assumere decisioni per gestire gli invii di merci a cavallo d’anno e per regolarizzare i beni che, di fatto, sono già nel Regno Unito ma ancora di proprietà dell’operatore Ue. Queste situazioni sono influenzate dallo status di Paese terzo che il Regno Unito ha assunto dal 1° gennaio 2021.

In particolare, per le merci giacenti nel Regno Unito ma ancora di proprietà di operatori UE sono da considerare le seguenti ipotesi: benin conto deposito, in conto lavoro, in consignment stock.

Conto deposito:

Ipotesi – L’azienda italiana ha trasferito beni prima del 1° gennaio 2021 in conto deposito in Regno Unito per venderli in quel mercato. L’operatore, con le regole precedenti , dovrebbe aver assoggettato i beni agli adempimenti delle cessioni intracomunitarie in quanto l’articolo 41, comma 2 lettera c) del Dl 331/93 stabilisce che il suddetto trasferimento è assimilato a una cessione intracomunitaria. In questo caso, l’operatore per trasferire a se stesso i beni ha dovuto identificarsi o nominare un Rappresentante fiscale ai fini Iva nel Regno Unito. Pertanto, al momento della cessione interna in UK, dopo il 1° gennaio 2021, dovrà emettere tramite la propria identificazione  fiscale  una fattura con Iva inglese. La posizione Iva assunta prima del 1° gennaio 2021 potrà essere utilizzata anche successivamente a tale data.

Conto lavoro:
 Ipotesi  In questo caso potremmo avere due situazioni.

1)      L’operatore italiano  ha inviato i beni al terzista/ trasformatore ma i beni sono destinati, al termine della lavorazione, a rientrare in Italia o destinati in un altro Paese UE. In questo caso l’operatore non ha posto in essere alcun adempimento Iva se non l’invio in conto lavoro dei beni e l’indicazione degli stessi ai fini statistici sull’Intrastat. Nella fattispecie, al rientro, le merci dovranno essere assoggettate agli adempimenti doganali, con potenziali aggravi alla reimportazione.

2)      L’operatore italiano ha inviato i beni al terzista/ trasformatore ma i beni sono destinati, al termine della lavorazione, ad essere venduti nel Regno Unito. Nella fattispecie, la cessione dovrà essere effettuata con Iva inglese utilizzando la propria posizione fiscale acquisita nel regno Unito.

 

3)      Consignment stock: Ipotesi –  Sulla base di un contratto di consignment stock, l’operatore Italiano  ha trasferito i beni presso il proprio cliente con il vincolo che i  beni vengono ceduti  solo al momento del prelievo da parte del cliente stesso. Nella fattispecie, l’operatore dovrà provvedere a regolarizzare l’operazione richiedendo una identificazione fiscale o nominarsi un rappresentante fiscale nel Regno Unito e ad assoggettare l’operazione con a Iva inglese al momento della successiva vendita.

 
Operazioni a cavallo d’anno
Molti operatori potrebbero trovarsi nella situazione di dover gestire delle operazioni in cui le merci sono state spedite nel Regno Unito negli ultimi giorni dell’anno e che sono arrivate  a destinazione dopo il 1 gennaio 2021. Nella fattispecie, per sciogliere i dubbi degli operatori e adottare un corretto adempimento è intervenuto l’accordo di recesso e le linee di orientamento Ue che disciplinano le operazioni a cavallo.

In particolare, le norme sancite nell’accordo di recesso prevedono espressamente che le cessioni di beni spediti o trasportati dal territorio del Regno Unito al territorio di uno Stato membro e viceversa prima del 31 dicembre 2020, con arrivo dopo il 1° gennaio 2021, rimangono sottoposti alle regole doganali, Iva e accise esistenti prima della fine dell’anno. In altre parole, gli scambi relativi a  beni inviati nel Regno Unito entro il 31 dicembre 2020 e giunte a destinazione dopo il 1  gennaio 2021, e viceversa,  saranno ancora regolate dalla Direttiva Iva e quindi saranno ancora considerate operazioni intracomunitarie

L’impegno degli operatori resta quello di provare che i beni siano partiti prima del 31 dicembre 2020. Proprio sul piano delle prove è necessario acquisirle per tempo per evitare successivi problemi  a seguito di eventuali controlli delle autorità preposte.

ACCORDO del 24 dicembre 2020
Dopo nove mesi di negoziato, Regno Unito e Unione Europea hanno raggiunto, in extremis, un accordo per regolare i rapporti commerciai bilaterali post Brexit.

E’ stata istituita un’Area di libero scambio che prevede un meccanismo di cooperazione in campo normativo e doganale e, salvo ove diversamente previsto, lo sdoganamento delle merci originarie dei rispettivi territori senza l’applicazione di dazi in importazione e senza limite di quote.

Questo accordo commerciale di cooperazione tra UE e Regno Unito, concordato il 24 dicembre, si applica, in via provvisoria, dal 1.1.2021 fino al 28 febbraio 2021;  seguirà l’iter legislativo previsto dagli ordinamenti dei singoli Stati Membri per l’entrata in vigore degli accordi internazionali.

Ma cosa prevede esattamente l’accordo?

 L’accordo, di circa 2000 pagine, copre diversi ambiti e principalmente gli scambi commerciali.

Finora, il Regno Unito era un Paese membro dell’Ue e il commercio non incontrava ostacoli, perché esso faceva parte dell’unione doganale e di un ambito omogeneo di standard, regole, sistemi di sorveglianza e di controllo; dal primo gennaio 2021, invece, il Regno Unito non beneficerà più, in linea di principio, della libertà di circolazione delle merci.

L’aspetto più rilevante dell’accordo e’ la previsione di esenzioni tariffarie all’atto dell’importazione a consolidamento di accordi bilaterali già esistenti.

L’importazione e l’esportazione di merce da e verso l’Unione Europea avviene senza l’applicazione di dazi solamente nel caso in cui le merci abbiano origine nel Regno Unito o nella UE secondo le regole di origine. E’ dunque fondamentale fornire una conferma circa l’origine delle merci per non incorrere nel pagamento dei dazi

In linea di principio, negli scambi reciproci, la preferenza è accordata nei casi di:

 – prodotti realizzati esclusivamente con prodotti originari della parte (Regno Unito o UE);

 – prodotti interamente ottenuti (minerali, vegetali, animali, ecc.);

– prodotti realizzati con prodotti non originari nel rispetto delle regole espressamente previste dall’Accordo al Capitolo 2 (specifiche regole di origine).

Considerata la complessità dell’argomento in materia di “origine preferenziale e non”, in  sostanza, al solo scopo di poter dare l’idea,  le regole di origine servono a determinare la ‘nazionalità economica’ del prodotto quando viene realizzato con componenti o ingredienti di diversa origine e mirano ad assicurare che il prodotto che beneficia dei vantaggi del trattamento preferenziale ai fini del dazio previsto dall’accordo sia

·         interamente realizzato nell’area di libero scambio (Ue più Regno Unito)

·         lavorato  in  misura sufficiente fissando, per esempio, un limite per il valore dei materiali non ‘originari’ che possono essere utilizzati o la modifica della classificazione doganale.

Nota:I requisiti per ottenere l’origine UE secondo le regole possono essere consultate  nel seguente link: https://trade.ec.europa.eu/access-tomarkets/it/content/guida-rapida-al-lavoro-con-le-norme-di-origine;

Inoltre, è da sottolineare che per tutto il 2021, a differenza di quanto previsto dagli altri Accordi di libero scambio, per gli esportatori italiani ed europei verso il Regno Unito, è sufficiente un’autocertificazione dell’origine preferenziale per fruire del trattamento preferenziale daziario in sede di sdoganamento nel Regno Unito. il testo del documento è stato pubblicato in allegato alla circolare n. 49  del 30.12.2020 dell’Agenzia delle Dogane. Questa deroga temporanea tiene conto dell’oggettiva impossibilità, per le imprese, di organizzare per tempo quanto normalmente necessario per l’implementazione delle nuove regole, sottoscritte il 31dicembre e in vigore già dal giorno successivo.

Di conseguenza, si è reso necessario prevedere che, in deroga alle norme previste, gli esportatori possono compilare,per tutto il 2021, attestazioni di origine per le esportazioni verso il Regno Unito anche in assenza di una precedente dichiarazione del fornitore.

Tale dichiarazione potrà essere emessa successivamente, non oltre il 1°gennaio 2022 e dunque con valore anche per le operazioni già eseguite.

Se entro tale data l’esportatore non sarà in possesso della dichiarazione del fornitore deve darne informazione all’importatore inglese entro il 31 gennaio 2022.

E’ evidente che l’esportatore è responsabile della correttezza della dichiarazione di origine e delle informazioni in essa contenute.

Infine è  da sottolineare che per tutti gli  Accordi di libero scambio l’agevolazione dell’esonero dai dazi è riconosciuta agli esportatori che abbiano richiesto e ottenuto dall’Autorità doganale di competenza , secondo una prassi prevista, lo “Status di esportatore autorizzato”  o di “esportatore registrato” nel Sistema REX. Pertanto, a conclusione di questa fase di transizione, le aziende interessate dovranno provvedere ad ottemperare a quanto richiesto dalle norme procedurali. 

(MF/ms)




Split payment: elenchi per l’anno 2021

Il regime Iva dello split payment prevede che, per le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confronti di amministrazioni pubbliche ed altri soggetti specificamente individuati, l’Iva sia esposta in fattura ma versata direttamente dai cessionari o committenti, anziché dal fornitore.

In data 20 ottobre 2020 il Dipartimento delle Finanze ha pubblicato, ai sensi del decreto 09.01.2018, pubblicato nella G.U. n. 14 del 18.01.2018, l’elenco dei soggetti tenuti nel 2021 all’applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti, di cui all’articolo 17-ter, comma 1-bis, D.P.R. 633/1972.

Nello specifico trattasi dei seguenti soggetti:

  • società controllate di fatto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri (articolo 2359, comma 1, n. 2, cod. civ.);
  • enti o società controllate dalle Amministrazioni Centrali;
  • enti o società controllate dalle Amministrazioni Locali;
  • enti o società controllate dagli Enti Nazionali di Previdenza e Assistenza;
  • enti, fondazioni o società partecipate per una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70 per cento, dalle Amministrazioni Pubbliche;
  • società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana.

Sul portale del Mef sono stati aggiornati anche gli elenchi relativi agli anni 2018, 2019 e 2020; sul sito è possibile effettuare la ricerca delle fondazioni, degli enti o delle società presenti avvalendosi della consultazione tramite codice fiscale.

I suddetti elenchi non ricomprendono le Amministrazioni pubbliche, come definite dall’articolo 1, comma 2, L. 196/2009, comunque tenute all’applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti (articolo 17-ter, comma 1, D.P.R. 633/1972), per le quali è possibile fare riferimento all’elenco (cd elenco IPA) pubblicato sul sito dell’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (www.indicepa.gov.it ).

I soggetti interessati, fatta eccezione per le società quotate nell’indice FTSE MIB, potranno segnalare eventuali mancate o errate inclusioni, in conformità con quanto disposto dalla normativa sopra richiamata, fornendo idonea documentazione a supporto, mediante apposito modulo di richiesta.

In particolare, relativamente all’individuazione delle fondazioni, degli enti e delle società, si osserva che il D.M. 23.01.2015, come modificato da ultimo dal D.M. 09.01.2018, ha stabilito, all’articolo 5-ter, comma 2, che per le operazioni per le quali è stata emessa fattura, le disposizioni dell’articolo 17-ter D.P.R. 633/1972 si applicano a quei soggetti inseriti “nell’elenco pubblicato, a cura del Dipartimento delle finanze, entro il 20 ottobre di ciascun anno con effetti a valere per l’anno successivo. Le fondazioni, enti e società interessate possono segnalare eventuali incongruenze o errori al suddetto Dipartimento, che provvederà a esaminarle al fine dell’eventuale aggiornamento, in conformità alla normativa vigente”.

Il citato articolo 5-ter, comma 3, stabilisce inoltre che nel caso in cui il controllo, la partecipazione o l’inclusione nell’indice FTSE MIB si verifichi in corso d’anno entro il 30 settembre, le nuove fondazioni, enti e società controllate, partecipate o incluse nell’indice applicano le disposizioni in argomento alle operazioni per le quali è emessa fattura a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo.

Nel caso in cui il controllo, la partecipazione o l’inclusione nell’indice FTSE MIB si verifichi invece in corso d’anno dopo il 30 settembre, le nuove fondazioni, enti e società controllate, partecipate o incluse nell’indice applicano le disposizioni dell’articolo 17-ter alle operazioni effettuate a partire dal 1° gennaio del secondo anno successivo.

Il successivo comma 4 dispone altresì che nel caso in cui il controllo, la partecipazione o l’inclusione nell’indice FTSE MIB venga a mancare in corso d’anno entro il 30 settembre, le fondazioni, enti e società non più controllate, partecipate o incluse nell’indice continuano ad applicare le disposizioni dettate dall’articolo 17-ter fino al 31 dicembre dell’anno in corso.

Nel caso in cui il controllo, la partecipazione o l’inclusione nell’indice FTSE MIB venga a mancare in corso d’anno dopo il 30 settembre, le fondazioni, enti e società non più controllate, partecipate o incluse nell’indice continuano ad applicare lo split payment alle operazioni per le quali è emessa fattura fino al 31 dicembre dell’anno successivo (circolare AdE 9/E/2018).

Dal quadro sopra delineato deriva che solo mediante la consultazione dei predetti elenchi i soggetti passivi Iva interessati potranno verificare le informazioni relative ai loro cessionari/committenti e stabilire se applicare o meno la scissione dei pagamenti; in altri termini, agli elenchi viene attribuita efficacia costitutiva, in coerenza con quanto precisato nella circolare 27/E/2017.

Si ricorda infine che con la decisione di esecuzione (UE) 2020/1105 del Consiglio UE del 24 luglio 2020, recante modifica della decisione di esecuzione (UE) 2017/784, l’Italia è stata autorizzata a prorogare fino al 30 giugno 2023 la misura dello split payment, lasciandone invariato l’ambito di applicazione (misura speciale di deroga agli articoli 206 e 226 della Direttiva 2006/112/CE).

(MF/ms)




Superbonus 110% prorogato al 2022

Fra le novità più rilevanti della L. 30 dicembre 2020 n. 178, pubblicata nel Supplemento Ordinario della Gazzetta Ufficiale (legge di bilancio 2021), molte riguardano la disciplina del superbonus del 110% di cui all’art. 119 del DL 34/2020.

Tra le principali disposizioni si segnalano:

  • la proroga della detrazione, spettante per gli interventi di riqualificazione energetica, antisismici, impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica dei veicoli elettrici, alle spese sostenute fino al 30 giugno 2022 (con l’eccezione degli IACP ed enti equivalenti);
  • la ripartizione in 4 quote annuali di pari importo, in luogo delle 5 rate, per le spese sostenute nell’anno 2022 (con un’eccezione prevista per gli IACP ed enti equivalenti);
  • l’inserimento, fra i soggetti beneficiari, delle persone fisiche (che operano al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arte o professione) con riferimento agli interventi su edifici composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate, anche se posseduti da un unico proprietario o in comproprietà da più persone fisiche;
  • la modifica del requisito dell’indipendenza funzionale dell’unità immobiliare richiesta affinché possa essere assimilata all’edificio unifamiliare. Secondo la nuova definizione, un’unità immobiliare può ritenersi “funzionalmente indipendente” qualora sia dotata di almeno tre delle seguenti installazioni o manufatti di proprietà esclusiva: impianti per l’approvvigionamento idrico, impianti per il gas, impianti per l’energia elettrica e impianto di climatizzazione invernale;
  • l’inserimento fra gli interventi “trainanti” agevolati, e nello specifico negli interventi di isolamento termico delle superfici opache verticali, orizzontali e inclinate che interessano l’involucro dell’edificio con una incidenza superiore al 25% della superficie disperdente lorda, degli interventi di isolamento del tetto, a prescindere dal fatto che sia presente un sottotetto riscaldato o meno;
  • l’inserimento tra gli interventi “trainati” che possono beneficiare del superbonus del 110% (se eseguiti congiuntamente a quelli “trainanti”) di quelli finalizzati alla eliminazione delle barriere architettoniche di cui all’art. 16-bis comma 1 lett. e) del TUIR (anche se effettuati in favore di persone di età superiore a 65 anni);
  • l’estensione della detrazione agli impianti solari fotovoltaici su strutture pertinenziali agli edifici;
  • la previsione di nuovi limiti di spesa per l’installazione delle colonnine di ricarica dei veicoli elettrici di cui all’art. 16-ter del DL 63/2013.

Possono beneficiare del superbonus, inoltre, anche gli edifici privi di attestato di prestazione energetica (APE) perché sprovvisti di copertura, di uno o più muri perimetrali, o di entrambi, purché al termine degli interventi, che devono comprendere anche quelli di isolamento termico delle superfici di cui alla lett. a) dell’art. 119 comma 1 del DL 34/2020, raggiungano una classe energetica in fascia A (la disposizione si applica anche nel caso di demolizione e ricostruzione o di ricostruzione su sedime esistente).

In ogni caso, per gli interventi che beneficiano del superbonus del 110%, presso il cantiere, in un luogo ben visibile e accessibile, deve essere esposto un cartello con la seguente dicitura: “Accesso agli incentivi statali previsti dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, superbonus 110 per cento per interventi di efficienza energetica o interventi antisismici”.

Tornando alla proroga, la detrazione nella misura del 110% spetta relativamente alle spese sostenute nel periodo compreso tra il 1° luglio 2020 e il 30 giugno 2022.

Si segnala al riguardo che la proroga al 30 giugno 2022 della detrazione del 110% non è prevista per gli interventi di installazione di impianti fotovoltaici e di sistemi di accumulo integrati in tali impianti, ai sensi della lett. h) dell’art. 16-bis del TUIR. La data del 31 dicembre 2021 contenuta nel comma 5 dell’art. 119 del DL 34/2020, infatti, non viene modificata dalla legge di bilancio 2021. Dovrebbe trattarsi di una mera dimenticanza considerato che, anche con riguardo agli interventi fotovoltaici, è stabilito che per la parte di spesa sostenuta nell’anno 2022 la detrazione debba essere ripartita in 4 quote annuali.

Ulteriori differimenti sono previsti in casi particolari:

  • per i condomini che al 30 giugno 2022 hanno eseguito almeno il 60% dell’intervento complessivo, la detrazione del 110% si estende alle spese sostenute entro il 31 dicembre 2022;
  • per gli Istituti autonomi case popolari (IACP) ed enti equivalenti, di cui alla lett. c) del comma 9 dell’art. 119, il superbonus del 110% è prorogato alle spese sostenute fino al 31 dicembre 2022. Per questi soggetti, nel caso in cui alla data del 31 dicembre 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 60% dell’intervento complessivo, la detrazione del 110% spetta anche per le spese sostenute entro il 30 giugno 2023.

L’efficacia delle proroghe riguardanti il superbonus del 110%, si ricorda, è subordinata alla definitiva approvazione da parte del Consiglio dell’Unione europea.

(MF/ms)