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Visite alle fiere Wire e Tube di Düsseldorf con l’Ufficio Estero

In occasione della fiera Wire, esposizione internazionale dell’industria del cavo e del filo metallico, e della Tube, fiera internazionale delle tecnologie per la produzione e lavorazione del tubo, le quali si svolgeranno a Düsseldorf (Germania) dal 9 al 13 maggio 2022, Rete Ufficio Estero propone alle aziende di settore presenti sul territorio lecchese una visita collettiva il 10 e 11 maggio 2022.
 
La quota di partecipazione è di Euro 890,00 + IVA  e comprende:
 

  • Organizzazione con prenotazione voli e Hotel***
  • Costo del volo e dell’albergo
  • Trasferimenti
  • 2 ingressi in fiera
  • Assistenza di personale Ufficio Estero durante la visita

Programma:
 
10 Maggio 2022

06:00 Ritrovo a Lecco in sede Api, Via Pergola 73
 
06:15 Transfer con minibus a Milano Linate
 
08:25 Partenza aereo da Milano Linate per Düsseldorf
 
09:55 Arrivo a Düsseldorf e transfer con shuttle alla fiera di Düsseldorf
 
10:30 Arrivo previsto in fiera
 
18:00 Ritrovo e transfer in albergo con metro
 
 
11 Maggio 2022
 
08:00 Colazione
 
08:30 Transfer in fiera con metro
 
09:00 Visita della fiera
 
15:30 Ritrovo e transfer con shuttle in aeroporto di Düsseldorf
 
17:25 Partenza da Düsseldorf per Milano Linate
 
18:55 Arrivo a Milano Linate e transfer con minibus a Lecco
 
20:00 Arrivo previsto a Lecco
 
 
Il costo è valido per un’adesione di almeno 6 partecipanti, sotto tale numero verrà quantificata una proposta personalizzata. Rete Ufficio Estero si riserva di adeguare il costo di partecipazione nel caso in cui i costi preventivati per volo e albergo dovessero cambiare.
 
 
Le adesioni dovranno essere presentate entro mercoledì 15 dicembre 2021 contattando direttamente Rete Ufficio Estero ai seguenti recapiti: info@ufficioestero.it, 0341.286338.

(GF/gf)
 




Censimento online delle nostre associate

Tra i progetti in partenza della nostra Associazione c’è il Centro Studi di Api Lecco Sondrio che il prossimo anno inizierà ufficialmente la propria attività.

 

Abbiamo deciso di intraprendere questa nuova avventura per essere ancora più vicini alle nostre associate, avere una fotografia aggiornata sulle loro attività e in particolar modo sulle loro necessità.

Prima di iniziare i lavori vi chiediamo di compilare il “Censimento Api 2021 delle aziende associate”: è un questionario online che vi impiegherà qualche minuto, ma è fondamentale per l’Associazione per avere dati aggiornati sulla vostra impresa e porre le fondamenta del nostro Centro Studi.

Vi preghiamo di compilare entro il 30 novembre 2021 il questionario online CLICCANDO QUI 

(AM/am)
 




La nota di credito e gli errori di fatturazione

L’emissione di una nota di variazione in diminuzione dell’Iva, ai sensi dell’art. 26 del Dpr 633/72, rappresenta lo strumento principale (e generale) per porre rimedio agli errori compiuti in sede di fatturazione.

Qualora si riscontri un’impossibilità oggettiva di emettere nei termini l’anzidetta nota di variazione, è comunque possibile per il soggetto passivo fare ricorso all’istituto della restituzione dell’Iva da parte dell’Erario, disciplinato dall’art. 30-ter del Dpr 633/72.

I suddetti principi sono stati formulati dall’Agenzia delle Entrate nella risposta a interpello n. 762, pubblicata il 4 novembre 2021, in coerenza con un precedente proprio intervento sul tema (risposta n. 663/2021).

In merito alla possibilità generalizzata di avvalersi della nota di variazione come strumento “correttivo” di eventuali errori di fatturazione (fermo il termine annuale per l’emissione del documento ai sensi dell’art. 26 comma 3 del Dpr 633/72), si può affermare che l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate sia sufficientemente espansiva rispetto al tenore della norma di riferimento.

L’art. 26 comma 3 del Dpr 633/72 contempla, infatti, la variazione in diminuzione dell’imponibile e/o dell’imposta in caso di rettifica di inesattezze della fatturazione che abbiano dato luogo ad operazioni inesistenti in applicazione dell’art. 21 comma 7 del Dpr 633/72.

C’è da dire che, in linea generale, non tutti gli errori di fatturazione integrano l’inesistenza dell’operazione.

Per contro, l’affermazione delle Entrate è improntata a condivisibili canoni di ragionevolezza, giacché la correzione di una fattura errata dovrebbe essere sempre garantita, a maggior ragione quando gli elementi da variare siano solamente formali (ad esempio, per una non perfetta coincidenza con i dati anagrafici richiesti ai sensi dell’art. 21 comma 4 del Dpr 633/72).

Sotto un altro profilo, è importante la conferma che il cedente o prestatore possa effettuare la variazione in diminuzione nell’ipotesi in cui abbia addebitato l’imposta in eccesso, come nel caso in cui abbia applicato il regime di imponibilità in luogo di quello di esenzione o non imponibilità.

Si ricorda, infatti, come secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 24289/2020), oltre che per la stessa Agenzia delle Entrate (risoluzione n. 51/2021), nel caso appena descritto, il cessionario o committente non possa esercitare il pieno diritto alla detrazione per l’Iva eccedente e sia sanzionato nella misura proporzionale del 90% del tributo (art. 6 comma 6 del D.lgs. 471/97).

Come indicato nella risposta a interpello n. 762/2021, dunque, lo strumento principale e generale per rimediare è rappresentato proprio dalla nota di variazione.

Tanto premesso, l’Agenzia delle Entrate, con il documento di prassi appena richiamato, riconosce anche – a determinate condizioni – la possibilità, per il cedente o prestatore, di recuperare l’imposta mediante l’istituto disciplinato dall’art. 30-ter del Dpr 633/72.

Si osserva che la norma appena richiamata riveste “carattere residuale ed eccezionale, la cui applicazione è riservata ai casi in cui sussistano condizioni oggettive che non consentono il recupero dell’Iva secondo il metodo più generale, vale a dire l’emissione della nota di variazione in diminuzione ex art. 26 del Dpr 633/72”.

Sulla scorta della pronuncia della Cassazione n. 20843/2020, l’Agenzia chiarisce che il diritto al rimborso ex art. 30-ter del Dpr 633/72 è comunque riconosciuto, nel rispetto del principio di neutralità dell’imposta, laddove vi sia stato un errore a fronte del quale “il rischio di perdita del gettito fiscale può ritenersi insussistente” (si veda anche Corte di Giustizia Ue 11 aprile 2013, causa C-138/12). È il caso in cui la fattura erroneamente emessa “sia stata tempestivamente ritirata dal destinatario senza che questi ne abbia fatto uso fiscale (annotandola nel registro acquisti o in altre scritture contabili destinate ad evidenziare il diritto alla detrazione)”.

Nel caso di specie il cessionario o committente non ha mai annotato le fatture ricevute nel registro degli acquisti, né esercitato il diritto alla detrazione. Per questa ragione, secondo le Entrate, essendo decorsi i termini per emettere la nota di variazione, il soggetto passivo può avvalersi dell’istanza di cui all’art. 30-ter.

È ragionevole, dunque, che qualora il cessionario o committente si avveda dell’errore nell’applicazione dell’Iva non provveda alla registrazione del documento e all’esercizio del diritto alla detrazione.

Così facendo, oltre a non incorrere nella sanzione proporzionale, ai sensi dell’art. 6 comma 6 del D.lgs. 471/97, consentirebbe al cedente o prestatore un più ampio margine per il recupero dell’imposta erroneamente addebitata (anche oltre il termine annuale, mediante l’istituto di cui al citato art. 30-ter).

Occorre segnalare che, secondo l’Amministrazione finanziaria, è inibita la restituzione dell’imposta di cui all’art. 30-ter, richiesta dal soggetto passivo “per ovviare alla scadenza del termine per l’esercizio alla detrazione, qualora tale termine sia decorso per «colpevole» inerzia del soggetto passivo” (si veda anche la risposta n. 592/2020).

Resta da confermare l’ulteriore possibilità, per il soggetto passivo, di emendare l’errata fatturazione mediante ricorso all’istituto della dichiarazione integrativa ai sensi dell’art. 8 comma 6-bis del Dpr 322/98 (negato nella precedente risposta n. 663/2021).

(MF/ms)
 




Start up: entro il 9 dicembre 2021 le istanze per il contributo a fondo perduto

Dal 9 novembre fino al 9 dicembre 2021 è possibile presentare in via telematica le istanze per accedere al contributo a fondo perduto per le start up.

Con il provvedimento n. 305784, datato 8 novembre, l’Agenzia delle Entrate ha definito il contenuto informativo, le modalità e i termini di presentazione dell’istanza per il riconoscimento del contributo a fondo perduto di cui all’art. 1-ter del DL 41/2021, approvando altresì il modello e le relative istruzioni.

Tale provvedimento dà attuazione al DM 10 settembre 2021, pubblicato solo alcuni giorni fa in Gazzetta Ufficiale, che aveva stabilito la necessità di presentare apposita istanza per accedere al contributo.

L’art. 1-ter del Dl 22 marzo 2021 n. 41, introdotto in sede di conversione in legge, al fine di sostenere gli operatori economici colpiti dall’emergenza epidemiologica Covid-19, riconosce un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti titolari di reddito d’impresa che hanno attivato la partita Iva dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2018, la cui attività d’impresa, in base alle risultanze del Registro delle imprese tenuto presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, è iniziata nel corso del 2019.

Il contributo spetta in presenza dei seguenti requisiti:

  • i ricavi e i compensi conseguiti nel 2019 (soggetti “solari”) non devono superare l’importo di 10 milioni di euro;
  • l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2020 non deve essere inferiore almeno del 30% rispetto all’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2019, e pertanto non è stato possibile beneficiare del contributo a fondo perduto previsto dall’art. 1 del Dl 41/2021 (c.d. contributo “Sostegni”).
Il contributo non spetta ai soggetti la cui attività risulti cessata alla data del 23 marzo 2021, agli enti pubblici di cui all’art. 74 del TUIR, agli intermediari finanziari e società di partecipazione di cui all’art. 162-bis del TUIR.

L’istanza deve essere presentata all’Agenzia delle Entrate in via telematica dal 9 novembre al 9 dicembre 2021, utilizzando l’apposito modello approvato.

La predisposizione e trasmissione telematica dell’istanza è eseguita mediante un servizio web disponibile nell’area riservata del portale “Fatture e Corrispettivi” del sito internet dell’Agenzia delle Entrate.

La trasmissione può essere effettuata, per conto del soggetto richiedente, anche da parte di un intermediario, delegato al servizio del “Cassetto fiscale” dell’Agenzia delle Entrate o al servizio di “Consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche o dei loro duplicati informatici” del portale “Fatture e Corrispettivi”.

Nello stesso periodo è possibile, in caso di errore, presentare una nuova istanza, in sostituzione di quella precedentemente trasmessa.

L’istanza contiene, tra l’altro, le dichiarazioni in relazione all’eventuale superamento dei limiti degli aiuti di Stato rispetto a quelli ricevuti fino al momento della presentazione dell’istanza dal soggetto richiedente e, nel caso in cui il soggetto faccia parte di impresa unica, dagli altri soggetti facenti parte di tale impresa, nonché alla sussistenza degli ulteriori requisiti definiti dalle sezioni 3.1 e 3.12 del Quadro temporaneo aiuti di Stato.

Contributo in proporzione alle risorse

Il contributo è determinato nella misura massima di 1.000 euro per tutti i soggetti aventi i requisiti, tenuto conto del limite di spesa stabilito (20 milioni di euro).

Il provvedimento chiarisce che il valore del contributo a fondo perduto dipenderà dal rapporto tra il limite complessivo di spesa stabilito e l’ammontare complessivo dei contributi relativi alle istanze accolte.

Qualora l’ammontare complessivo dei contributi relativi alle istanze validamente presentate risulti superiore al limite di spesa, il contributo riconosciuto è pari a 1.000 euro moltiplicato la percentuale di ripartizione proporzionale dei fondi stanziati.

Il soggetto richiedente può scegliere, irrevocabilmente, nell’istanza se ottenere il valore totale del contributo come accredito sul conto corrente bancario o postale a lui intestato ovvero come credito d’imposta da utilizzare in compensazione tramite modello F24.

Il provvedimento rileva altresì che l’erogazione del contributo a fondo perduto è subordinata all’autorizzazione della predetta Commissione europea, della quale verrà data comunicazione sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate.
 

(MF/ms)




Omaggi di fine anno: le varie casistiche

Alla fine di ogni anno, in occasione delle festività, è consuetudine per diverse imprese predisporre nei confronti dei propri clienti gli omaggi di “Natale”.

Appare dunque interessante riassumere i profili Iva legati a tali regalie, analizzando anche gli aspetti operativi qualora gli omaggi vengano effettuati nei confronti di soggetti comunitari ovvero extracomunitari.
 

Premessa
Le cessioni “senza corrispettivo” (o gratuite) di beni la cui produzione o il cui commercio rientrano nell’attività propria dell’impresa sono imponibili ai fini Iva (art. 2, secondo comma, n. 4, del D.P.R. n. 633/1972), con diritto alla detrazione Iva senza limitazioni (sempre che non vi siano limitazioni a tale diritto proprie della società, ad esempio, pro-rata di detrazione).
Le cessioni gratuite di beni che rientrano nell’attività propria dell’impresa comportano l’emissione del documento di trasporto, al fine di superare le presunzioni di cessione (e di acquisto per il destinatario degli stessi), di cui al DPR 10 novembre 1997, n. 441, così come precisato dalla C.M. 23 luglio 1998, n. 193/E.
Soggetti esercenti attività d’impresa
Operativamente, la società che produce ovvero commercializza il bene ceduto gratuitamente potrà procedere nei confronti del cliente:
  • con la rivalsa dell’IVA (quindi, applicando l’IVA in fattura, che verrà pagata dal cliente e versata all’Erario dalla società, fermo restando il diritto alla detrazione dell’IVA in capo al cliente) ovvero
  • senza rivalsa dell’IVA.
A seconda di cosa decide la società, di seguito si riportano le regole amministrative/fiscali da seguire.
Modalità di assolvimento dell’obbligo di versamento dell’IVA da parte del cedente che ha proceduto alla rivalsa dell’IVA
In tale caso:
  • il cedente deve emettere fattura in duplice copia, così realizzando l’addebito dell’IVA;
  • il cessionario annota la fattura ricevuta nel registro IVA acquisti e può, conseguentemente, esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA.
Modalità di assolvimento dell’obbligo di versamento dell’IVA da parte del cedente in assenza della rivalsa dell’IVA
Il cedente potrà seguire una delle seguenti modalità operative, alternative tra loro:
a. emissione di fattura ordinaria: il soggetto cedente emette fattura in duplice copia e non esercita la rivalsa, specificandolo nella fattura con adeguata dicitura; il cessionario cui è destinato l’omaggio riceve la fattura e la annota nel registro IVA acquisti, senza procedere alla detrazione dell’IVA;
b. tenuta (art. 39 del D.P.R. n. 633/1972) e annotazione sul registro omaggi (C.M. 27 aprile 1973, n. 32/501388): l’annotazione delle cessioni gratuite deve riportare l’ammontare globale:
  • dei valori normali delle cessioni gratuite effettuate in ciascun giorno, distinto per aliquota;
  • della relativa imposta, distinta per aliquota.
Il registro non deve essere bollato prima della messa in uso, essendo sufficiente la sola numerazione progressiva delle pagine; inoltre, non è soggetto a imposta di bollo;
c. emissione di autofattura: risulta possibile anche emettere una sola autofattura mensile per tutte le cessioni del mese. In tale ipotesi, il documento, con la dicitura “autofattura per omaggi”, deve contenere indicazione:
  • del valore normale dei beni ceduti;
  • delle aliquote IVA applicabili;
  • delle relative imposte.
Il documento segue la numerazione delle fatture di vendita e viene annotato nel registro delle fatture emesse. L’imponibile fa parte del volume d’affari IVA. L’Agenzia delle entrate, in una FAQ (n. 17 del 27 novembre 2018 – pubblicata sul sito web), ha chiarito che, dal 1° gennaio 2019, le autofatture per omaggi vanno emesse come fatture elettroniche e inviate al SdI, così come previsto dal provvedimento direttoriale 30 aprile 2018, con riferimento all’autofattura denuncia di cui all’art. 6, comma 8 , lett. a), del D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 471. In tale ipotesi, la fattura elettronica viene inviata al SdI dall’emittente e ricevuta dallo stesso emittente, che nel documento viene indicato sia come cedente/prestatore, che come cessionario/committente
 
 

Registro omaggi

Ditta o ragione sociale: Beta S.p.A.;
Domicilio fiscale: Via Fiume 2, Milano (MI);
C.F. e P. IVA: 1111111111.
Data Quantità Denominazione omaggi Imponibile Percentuale IVA IVA Importo complessivo
1/12/2021 1 Impianto stereo 300,00 22% 66,00 366,00
2/12/2021 1 Casse stereo 100,00 22% 22,00 122,00
Totali 400,00 88,00 488,00
Sono, invece, escluse dall’IVA le cessioni gratuite di beni per i quali, all’atto dell’acquisto, non è stata operata la detrazione dell’imposta ai sensi dell’art. 19 del Dpr n. 633/1972 e quelle dei beni, la cui produzione o il cui commercio non rientrano nell’attività propria dell’impresa, di costo o valore unitario non superiore a euro 50 (n. 4 del secondo comma dell’art. 2 del D.P.R. n. 633/1972; a conferma di ciò si veda anche la C.M. 16 luglio 1998, n. 188/e, nella quale viene riportato letteralmente che:

Gli acquisti di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o il cui commercio non rientrano nell’attività propria dell’impresa, costituiscono sempre spese di rappresentanza con conseguente indetraibilità dell’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’art. 19-bis1 del D.P.R. n. 633/1972, a prescindere dal loro valore unitario e dal loro costo.
Ne consegue che la successiva cessione gratuita costituisce operazione non rilevante ai fini dell’IVA ai sensi dell’art. 2, secondo comma, n. 4).
Viceversa, gli acquisti di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o il cui commercio rientrano nell’attività propria dell’impresa, non costituiscono spese di rappresentanza e le relative cessioni gratuite devono essere assoggettate ad imposta ai sensi dell’art. 2, 2, secondo comma n. 4), del Dpr n. 633/72”.

Anche se ad oggi non vi è stata una pronuncia ufficiale, si ritiene preferibile emettere il DDT (ovvero altra prova di contenuto equivalente) anche per gli omaggi di beni che non rientrano nell’ambito dell’attività propria dell’impresa, al fine di dimostrare l’inerenza dell’acquisto.
 
 
Schema riassuntivo (con le novità del decreto Semplificazioni) vedi Allegato 1 
 
Lavoratori autonomi
Gli omaggi di beni effettuati dai lavoratori autonomi (artisti e professionisti) sono fuori dal campo di applicazione dell’IVA, in considerazione del fatto che manca il presupposto oggettivo ai sensi dell’art. 2, primo comma, n. 4), del D.P.R. n. 633/1972; conseguentemente, non vi è l’obbligo di emissione della fattura.
Infatti, la previsione normativa di cui all’art. 2, primo comma, n. 4), prima parte, del D.P.R. n. 633/1972, relativa alle cessioni “senza corrispettivo” (omaggi), non è applicabile agli esercenti arti e professioni. Più in dettaglio, la disposizione di legge fa riferimento ai beni oggetto dell’“attività propria dell’impresa”; conseguentemente, non può che riferirsi esclusivamente ai soggetti di cui all’art. 4 del D.P.R. n. 633/1972, ovvero ai soggetti che esercitano attività d’impresa e non anche agli artisti e professionisti soggetti passivi IVA. Sul tema la C.M. 30 aprile 1980, n. 20/270516, ha chiarito che “le cessioni gratuite di beni poste in essere da artisti e professionisti sono invece da considerare fuori del campo di applicazione del tributo, non esistendo disposizioni – analogamente a quanto previsto per le cessioni gratuite effettuate nell’esercizio di impresa – che ne prevedono l’imponibilità”. Gli artisti e professionisti possono, invece, procedere alla detrazione dell’IVA per i beni, ceduti gratuitamente, di costo unitario pari o inferiore a euro 50.
Soggetti di Paesi UE ed extra-UE
Tabella – Aspetti IVA degli omaggi con soggetti di altri Paesi della UE
 
Tipologia di operazione Regime IVA
Cessioni di beni prodotti o commercializzati abitualmente dall’impresa cedente
  • Anche nel caso in cui il cessionario sia un soggetto passivo IVA “stabilito” in altro Paese della UE, non si è in presenza di una cessione intracomunitaria di beni di cui all’art. 41 del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, in quanto manca l’onerosità della cessione;
  • ne consegue che la cessione a titolo gratuito è imponibile ai fini IVA (così come chiarito dalla C.M. 23 febbraio 1994, n. 13-VII-15-464, è applicabile la medesima disciplina prevista per le cessioni in Italia)
Cessioni di beni non prodotti o commercializzati abitualmente dall’impresa cedente
  • Cessione esclusa da IVA;
  • così come chiarito dalla C.M. n. 13-VII-15-464 del 1994, è applicabile la medesima disciplina prevista per le cessioni in Italia
Omaggi ricevuti da altro Paese della UE
  • L’operazione è soggetta a IVA nel Paese UE di provenienza. L’operatore italiano non effettua un acquisto intracomunitario;
  • l’eventuale fattura non va integrata né va emessa autofattura. Occorre, in ogni caso, vincere la presunzione di acquisto “in nero” e sembra ragionevole ritenere che la documentazione estera valga ai fini della prova contraria
Tabella – Aspetti IVA degli omaggi con soggetti extra-UE
 
Tipologia di operazione Regime IVA
Cessioni di beni prodotti o commercializzati abitualmente dall’impresa cedente
  • Cessioni non imponibili IVA ai sensi dell’art. 8, primo comma, lett. a) e b), del D.P.R. n. 633/1972;
  • obbligo da parte del cedente di porre in essere tutti i connessi adempimenti contabili e di documentazione dell’uscita dei beni dal territorio doganale dell’UE;
  • essendo cessioni senza corrispettivo, non rilevano ai fini del plafond per l’esportatore abituale
Cessioni di beni non prodotti o commercializzati abitualmente dall’impresa cedente
  • Cessioni fuori campo IVA ai sensi dell’art. 2, secondo comma, n. 4), del D.P.R. n. 633/1972;
  • necessità di redigere apposito documento comprovante l’operazione stessa (ad esempio, fattura pro forma)
Omaggi ricevuti da Paese extra-UE
  • All’atto dell’introduzione, sarà emessa regolare bolletta doganale anche in relazione ai beni non oggetto dell’attività, da trattare come qualsiasi altra importazione, salvo il pagamento del corrispettivo;
  • ai fini dell’evasione di dazi e IVA, la Dogana assume quale imponibile il valore di mercato dei beni, concetto simile al valore normale di cui all’art. 14 del D.P.R. n. 633/1972;
  • è necessario conservare i documenti doganali esteri per vincere la presunzione di acquisto “in nero”.
 
Acquisti (ovvero omaggi) di beni in Italia nel caso in cui il cedente estero non sia stabilito ai fini IVA in Italia
 
Con riferimento agli acquisti di beni (anche gratuiti e, quindi, rientranti nella fattispecie degli omaggi) territorialmente rilevanti ai fini IVA in Italia, effettuati da soggetti passivi IVA “stabiliti” in Italia, capita sovente che il cedente non sia “stabilito” ai fini IVA in Italia e che lo stesso abbia un rappresentante fiscale ovvero identificazione diretta IVA in Italia.
Per soggetto estero non “stabilito” ai fini IVA in Italia si intende il soggetto passivo d’imposta estero (UE ovvero extra-UE) che in Italia non ha la sede dell’attività economica e non ha una stabile organizzazione ai fini IVA. Ne consegue che risulta irrilevante, ai fini della “stabilità” IVA, il possesso in Italia di un rappresentante fiscale ovvero identificazione diretta IVA (di cui all’art. 35-ter del D.P.R. n. 633/1972).
Ciò premesso, così come stabilito dall’art. 17, secondo comma, del D.P.R. n. 633/1972, l’IVA relativa a beni e servizi territorialmente rilevanti in Italia deve sempre essere assolta dal cessionario o committente soggetto passivo IVA “stabilito” in Italia, mediante l’applicazione del meccanismo del reverse charge (se il cedente/prestatore estero è un soggetto passivo “stabilito” in altro Paese della UE diverso dall’Italia) ovvero autofattura (se il cedente/prestatore passivo estero è extra-UE), ancorché il cedente/prestatore sia identificato ai fini IVA in Italia, tramite identificazione diretta o rappresentante fiscale (sul punto si vedano le circolari 18 marzo 2010, n. 14/E, e 21 giugno 2010, n. 36/E).

Ne consegue che le fatture di cessioni (ovvero omaggi) di beni emesse da cedenti soggetti passivi d’imposta non “stabiliti” ai fini IVA in Italia nei confronti di cessionari soggetti passivi IVA “stabiliti” in Italia devono necessariamente essere emesse, ancorché non soggette a IVA ai sensi dell’art. 17, secondo comma, del D.P.R. n. 633/1972, dai cedenti esteri senza l’utilizzo dell’eventuale rappresentante fiscale ovvero identificazione diretta IVA.

Invece, i cessionari soggetti passivi IVA “stabiliti” in Italiaper tutti gli acquisti di beni territorialmente rilevanti in Italia, dovranno:

  • integrare (cd. reverse charge) la fattura ricevuta dal cedente soggetto passivo UE non “stabilito” ai fini IVA in Italia. Si deve ricordare che, in presenza di omaggi:
    • se i beni omaggiati sono prodotti ovvero commercializzati da parte del cedente estero, il cessionario italiano dovrà effettuare il reverse charge soggetto a IVA con diritto alla detrazione dell’IVA;
    • se i beni omaggiati non sono prodotti ovvero commercializzati da parte del cedente estero, il cessionario italiano non dovrà effettuare reverse charge (in quanto operazione fuori campo IVA in Italia);
  • emettere autofattura, se il cedente è stabilito in Paesi extra-UE e non “stabilito” ai fini IVA in Italia:
    • se i beni omaggiati sono prodotti ovvero commercializzati da parte del cedente estero, il cessionario italiano dovrà emettere autofattura soggetta a IVA con diritto alla detrazione dell’IVA;
    • se i beni omaggiati non sono prodotti ovvero commercializzati da parte del cedente estero, il cessionario italiano non dovrà emettere autofattura (in quanto operazione fuori campo IVA in Italia).
Tipologia di operazione Cedente/prestatore Cessionario/committente Adempimento in capo al cessionario/committente nazionale
Acquisti di beni (ovvero omaggi) territorialmente rilevanti ai fini IVA in Italia Soggetto passivo UE non “stabilito” ai fini IVA in Italia Soggetto passivo IVA italiano
Reverse charge
Con riferimento agli omaggi:
  • se i beni omaggiati sono prodotti ovvero commercializzati da parte del cedente estero, il cessionario italiano dovrà effettuare il reverse charge soggetto a IVA con diritto alla detrazione dell’IVA;
  • se i beni omaggiati non sono prodotti ovvero commercializzati da parte del cedente estero, il cessionario italiano non dovrà effettuare reverse charge (in quanto operazione fuori campo IVA in Italia)
Soggetto passivo extra-UE non “stabilito” ai fini IVA in Italia Soggetto passivo IVA italiano
Autofattura
Con riferimento agli omaggi:
  • se i beni omaggiati sono prodotti ovvero commercializzati da parte del cedente estero, il cessionario italiano dovrà emettere autofattura soggetta a IVA con diritto alla detrazione dell’IVA;
  • se i beni omaggiati non sono prodotti ovvero commercializzati da parte del cedente estero, il cessionario italiano non dovrà emettere autofattura (in quanto operazione fuori campo IVA in Italia).
Nel caso evidenziato, con riferimento agli acquisti di beni territorialmente rilevanti ai fini IVA in Italia, non si è in presenza di operazioni intracomunitarie. Ne consegue che non si dovrà procedere alla presentazione degli elenchi Intrastat beni, in quanto si tratta di operazioni nazionali (quindi, interne), fermo restando l’obbligo di presentazione dell’“esterometro”, qualora il reverse charge/autofattura non siano gestiti elettronicamente, ma in formato analogico.
Nell’operatività capita, comunque, sovente che il cedente/prestatore estero emetta fattura tramite il proprio rappresentante fiscale italiano ovvero identificazione diretta IVA in Italia, indicando che l’operazione è “esclusa da IVA e soggetta a inversione contabile ai sensi dell’art. 17, secondo comma, del D.P.R. n. 633/1972”. Tecnicamente, tale fattura non risulta corretta; infatti, l’Agenzia delle entrate, con la risoluzione 20 febbraio 2015, n. 21/E, ha chiarito che il documento emesso con indicazione della partita IVA italiana dal rappresentante fiscale ovvero identificazione diretta di un soggetto passivo estero “stabilito” nella UE, per una cessione effettuata nei confronti di un soggetto passivo IVA “stabilito” ai fini IVA in Italia, sia da considerare non rilevante come fattura ai fini IVA e debba essere richiesta al suo posto la fattura emessa direttamente dal fornitore estero. Il documento risulta, invece, corretto se, oltre all’indicazione della partita IVA del rappresentante fiscale ovvero identificazione diretta IVA, vi siano anche tutti gli estremi del cedente estero comunitario (quindi, anche indicazione della partita IVA estera).
Stante il contenuto della citata risoluzione n. 21/E del 2015, sembra ragionevole ritenere che, nel caso in esame, la fattura emessa da un rappresentante fiscale italiano di cedente/prestatore soggetto passivo extra-UE non debba riportare, necessariamente, anche i dati di quest’ultimo. Ne consegue che, in tale caso, la fattura emessa con i soli dati del rappresentante fiscale di soggetto extra-UE dovrebbe risultare corretta (a tali conclusioni si perviene anche leggendo l’art. 219-bis della Dir. CEE 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE, in tema di autofattura). Quindi, senza la necessità di aggiungere le informazioni del cedente/prestatore extra-UE.
 
 
 

(MF/ms)




Adesione al servizio di consultazione delle e-fatture: proroga al 31 dicembre 2021

Il 30 settembre scorso è scaduto il termine per aderire al servizio di consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche e dei loro duplicati informatici proposto dall’Agenzia delle Entrate, che consentiva di potere accedere ai file Xml transitati mediante SdI a decorrere dal 1° gennaio 2019.

A chi non avesse manifestato la scelta entro tale termine, sarebbe comunque stata consentita una successiva adesione, che avrebbe, tuttavia, permesso di consultare esclusivamente le fatture emesse e ricevute a partire dal giorno successivo alla stessa.

L’uso del condizionale si deve al fatto che il 3 novembre l’Agenzia delle Entrate, col provvedimento n. 298662, ha riaperto i termini per l’adesione, fissando la nuova scadenza al 31 dicembre 2021 e permettendo, in questo modo, di poter ancora “recuperare” le fatture “pregresse”.

La motivazione questa volta va ascritta non già a questioni inerenti alla tutela della privacy dei dati contenuti nei documenti, quanto piuttosto alle richieste degli operatori che “non hanno colto la differenza” tra l’adesione al servizio di conservazione delle fatture elettroniche “e quella prevista invece per il servizio di consultazione, nell’errato convincimento che l’adesione già prestata per il primo servizio” comportasse implicitamente anche la possibilità di fruire del secondo.

La scadenza era già stata oggetto in passato di numerose proroghe, in considerazione delle diverse interlocuzioni fra l’Agenzia e l’Autorità Garante della protezione dei dati personali, per la definizione delle misure di garanzia a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati. 

Negli ultimi provvedimenti che disponevano lo slittamento dei termini, si richiamava, infatti, l’introduzione dell’art. 14 del Dl n. 124/2019, che ha previsto nuovi termini per la memorizzazione delle e-fatture ed è stato disposto che i dati in esse contenuti “possano essere utilizzati dalla Guardia di Finanza, nell’assolvimento delle funzioni di polizia economica e finanziaria, e dall’Agenzia delle entrate e dalla Guardia di Finanza per le attività di analisi del rischio e di controllo a fini fiscali” (cfr. tra gli altri il provv. n. 17289/2021).

La norma stabiliva che Agenzia e Guardia di Finanza dovessero adottare “idonee misure di garanzia a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati mediante la previsione di apposite misure di sicurezza”, sentito il Garante.

La mancata proroga dell’ultima scadenza aveva lasciato intendere che le suddette questioni fossero state risolte e che, quindi, si dovesse ritenere concluso il periodo transitorio che consentiva a chiunque di potere accedere ai file Xml transitati via SdI, rendendo necessaria, a tal fine, la manifestazione dell’adesione.

Come sottolineato dall’Agenzia, invece, la riapertura dei termini si deve da un lato alla mancata comprensione circa la distinzione fra servizio di consultazione e servizio di conservazione e, dall’altro, alla “concomitanza della scadenza del 30 settembre 2021 con numerosi altri adempimenti fiscali, anche legati alla possibilità di fruire delle agevolazioni previste dalle norme a favore degli operatori colpiti dagli effetti negativi della pandemia”.

Il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro hanno, inoltre, segnalato all’Amministrazione finanziaria che “l’indisponibilità delle fatture pregresse rende più gravosi gli adempimenti da parte dei contribuenti e dei professionisti che li assistono, che devono eventualmente reperire i duplicati delle fatture presso i soggetti emittenti”. 

Il CNDCEC ha espresso al proposito, in un comunicato stampa, il proprio apprezzamento per la riapertura dei termini, affermando che di fronte “alle evidenti difficoltà createsi”, il provvedimento emanato “grazie anche alla proficua interlocuzione con il Consiglio nazionale (…) è una utile boccata d’ossigeno per contribuenti e professionisti”.

Quanto alla distinzione fra i servizi citati, si ribadisce che il servizio di conservazione offerto dall’Agenzia delle Entrate (provv. n. 89757/2018, §7), consente di assolvere agli obblighi di cui all’art. 39 del Dpr  633/72 (secondo cui le “fatture elettroniche sono conservate in modalità elettronica”), ai sensi delle disposizioni di cui al Dm 17 giugno 2014. In base all’accordo di servizio, l’Agenzia, entro 48 ore dalla data di ricezione della domanda di esibizione dei documenti conservati (salvo ritardi dovuti alla manutenzione del sistema), rende disponibile nell’area riservata il c.d. “pacchetto di distribuzione” o la comunicazione di anomalia della richiesta.

Le fatture elettroniche sono conservate a norma dall’Agenzia per la durata di quindici anni.

Il servizio di consultazione proposto gratuitamente dalla stessa Agenzia (provv. n. 89757/2018, § 8.1, 8-bis e 8-ter), permette, invece, di consultare e acquisire i file delle fatture elettroniche emesse e ricevute mediante SdI, all’interno di un’apposita area del portale “Fatture e Corrispettivi”. I file Xml restano disponibili fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di ricezione da parte del Sistema di Interscambio.

(MF/ms)
 




Antincendio: novità sui piani di emergenza e sulla formazione degli addetti

Grazie alla circolare esplicativa n.15472 del 19 ottobre 2021 (che si allega) sono ormai chiare le novità del Dm 2 settembre 2021 (pubblicato in Gu il 4 ottobre 2021 e consultabile in allegato). In continuità con il codice di prevenzione incendi vigente, che contiene tutte le regole tecniche, prevede che ogni piano di emergenza tenga conto dei due aspetti fondamentali della gestione della sicurezza antincendio ovvero: 1) in esercizio 2) in emergenza; inoltre sottolinea che gli adempimenti da applicare devono basarsi non tanto sul numero di lavoratori presenti nei luoghi di lavoro, ma piuttosto sul numero degli occupanti; infine occorre esplicitare sistematicamente le indicazioni per persone con esigenze speciali, ai fini di garantire l’inclusività.

Formazione di tutti i lavoratori (art.3)
Il datore di lavoro adotta misure di formazione e comunicazione rivolte a tutti i lavoratori, in funzione dei fattori di rischio realmente presenti nel luogo di lavoro. Nei luoghi di piccole dimensioni si può ricorrere alla cartellonistica (brevi istruzioni o planimetrie orientate). Laddove lavorano meno di 10 addetti e non ci sono mai occupanti fino a 50 unità, il piano di emergenza non è obbligatorio anche se le misure minimali di emergenza devono essere inserite nel DVR e rese note a tutti.

Addetti antincendio (art.4)
Il datore di lavoro designa i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione e gestione delle emergenze. Essi devono ricevere una formazione adeguata, secondo i fattori di rischio presenti presso la propria attività.

Formazione degli addetti (art.5)
I percorsi formativi hanno durata diversa in base al livello di rischio, si veda allegato con tabella riepilogativa. La novità rispetto al passato è la definizione della frequenza dell’aggiornamento. Gli addetti al servizio antincendio frequentano specifici corsi di aggiornamento con cadenza almeno quinquennale e conseguono l’attestato di idoneità tecnica. Si ricorda che la modalità con la quale si consegue l’attestato di idoneità dipende dal livello di rischio. Per le aziende a rischio elevato, l’idoneità tecnica viene conseguita presso i Vvf, con esame teorico/pratico dopo aver frequentato il corso a rischio livello 3. Per le aziende a rischio medio e basso si consegue l’attestato di formazione direttamente a fine corso.

Disposizioni transitorie
I corsi secondo le norme precedenti sono validi se vengono svolti entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del Dm in parola, che è previsto 1 anno dopo la pubblicazione, ovvero dal 4/10/2022; sei mesi dopo, entro il 4/04/2023 occorre rispettare i nuovi requisiti. Il primo aggiornamento degli addetti al servizio antincendio deve avvenire entro 5 anni dalla data di svolgimento dell’ultima attività di formazione o addestramento.

(SN/bd)
 
 
 




Aggiornamento formazione dirigenti Accordo Stato-Regioni 2011 e 2016

Il percorso dell’aggiornamento della formazione dei Dirigenti consente al datore di lavoro di assolvere l’obbligo formativo di cui all’art.37 comma 7 del D.Lgs. 81/08 in relazione agli obblighi previsti dall’art.18 nell’ottica della formazione continua nell’arco della vita lavorativa, in relazione ai compiti effettivamente svolti. L’aggiornamento rispetterà nel contenuto e nella forma quanto prescritto dall’Accordo Stato-Regioni rep.n°221/CSR del 21 dicembre 2011.
 
Crediti Formativi
Le Regioni e Province autonome riconoscono reciprocamente gli attestati rilasciati nei rispettivi territori. L’Accordo Stato-Regioni rep.n°128/CSR del 7 luglio 2016 riconosce i seguenti crediti formativi per i corsi di aggiornamento:
dirigente (6 ORE), drspp l/(riconosciute 6 ORE di aggiornamento), lavoratore, preposto.
 
Programma
 
Decorrerenza aggiormento
A partire dalla conclusione della formazione entro il quinquennio successivo e così a seguire (5 anni, 10 anni, 15 anni ecc…)
Nell’ottica della life long learning tutti gli aggiornamenti decorrono sempre dalla conclusione della formazione e devono essere fatti ENTRO (non dopo) il periodo prescritto per legge.
  • Evoluzione normativa
  • Gestione e organizzazione sicurezza in azienda
  • Fonti di rischio dell’attività lavorativa compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari
  • Tecniche di comunicazione volte all’informazione e formazione dei lavoratori in tema di promozione della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro
  • Gestione rischi interferenziali
  • Gestione delle emergenze
  • Approfondimento sugli adempimenti dell’art.18 del D.Lgs. 81/08
I contenuti dei corsi richiamati dalla normativa sono da considerarsi come minimi e quindi, qualora sia ritenuto opportuno, possono essere implementati sia nella durata che nei contenuti.

Esclusioni
Non è compresa la formazione relativa al trasferimento o cambiamento di mansioni e all’introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze o preparati pericolosi.
Non è ricompresa la formazione in relazione all’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi
Ai fini dell’aggiornamento per dirigenti, la partecipazione a corsi di formazione finalizzati all’ottenimento e/o all’aggiornamento di qualifiche specifiche come quelle, a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, dei lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione delle emergenze di cui agli artt. 44, 45 e 46 del d.lgs. n. 81/2008, dei formatori della sicurezza, dei lavoratori incaricati secondo art.73 non è da ritenersi valida.
La formazione non comprende l’addestramento.
 
Valutazione degli apprendimenti e attestati
Al termine del corso, previo controllo della frequenza del 100% delle ore di formazione, sarà svolta una prova di verifica finalizzata a verificare le conoscenze relative alla normativa vigente e le competenze tecnico-professionali, dopo il superamento della stessa sarà rilasciato un attestato secondo la circolare n°7 del 12 settembre 2012 della Regione Lombardia
 
Docente formatore
I docenti sono in possesso dei requisiti previsti dal decreto interministeriale 6 marzo 2013, emanato in attuazione dell’articolo 6, comma 8, lettera m- bis), del d.lgs. n. 81/2008, entrato in vigore il 18 marzo 2014, requisiti obbligatori in tutti i corsi di formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, fatti salvi quelli nei quali i requisiti dei docenti siano già previsti da norme specifiche.
 
Destinatari
Dirigenti
 
Requisiti minimi di partecipazione
I dirigenti che abbiano completato il percorso formativo secondo l’Accordo Stato-Regioni rep.n°221/CSR del 21 dicembre 2011
 
Durata
06.00 ore
 
Quota di adesione:
€ 140,00 + IVA per le aziende associate a Associazione Piccole e Medie Industrie della Provincia di Lecco
€ 200,00 + IVA per le aziende non associate a Associazione Piccole e Medie Industrie della Provincia di Lecco
 
Date e Sedi di svolgimento
10/12/2021 08.30-12.30 presso Teleformazione
10/12/2021 13.30-15.30 presso Teleformazione
 
E’ possibile iscriversi cliccando al link: ADESIONE

(SB/mc)




Corso: aggiornamento Rspp/datore di lavoro rischio alto

Api Lecco Sondrio, con la collaborazione di Apiservizi Srl, promuove il corso “Aggiornamento rspp datore di lavoro – rischio alto” rivolto a tutti gli i datori di lavoro/rspp che devono effettuare l’aggiornamento in materia di sicurezza e salute sul lavoro in quanto hanno già ricevuto la formazione prevista del Testo Unico della Sicurezza sul lavoro
 
Il percorso dell’aggiornamento della formazione per DL/RSPP è stato progettato per ottemperare ai disposti di legge dell’art.34 comma 3 del D.Lgs. 81/08 nella dimensione della formazione continua nell’arco della vita lavorativa, in relazione ai compiti di RSPP e agli obblighi del datore di lavoro. L’aggiornamento rispetterà nel contenuto e nella forma quanto prescritto dall’Accordo Stato-Regioni rep.atti n.223/CSR del 21 dicembre 2011 Nello specifico, il corso è per i datori di lavoro/RSPP delle imprese il cui codice ATECO di appartenenza le posiziona nel livello di rischio ALTO. (individuazione macrocategorie di rischio e corrispondenze ATECO 2002-2007 di cui all’Allegato II dell’Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011 rep.223/CSR).
 
Crediti Formativi
Le Regioni e Province autonome riconoscono reciprocamente gli attestati rilasciati nei rispettivi territori. L’Accordo Stato-Regioni rep.n°128/CSR del 7 luglio 2016 riconosce i seguenti crediti formativi per i corsi di aggiornamento: – DL/RSPP, LAVORATORE, DIRIGENTE, PREPOSTO
 
Programma
Decorrenza aggiornamento
  • Nomina DL/RSPP prima del 31/12/1996, il 1° aggiornamento andava svolto entro 10/01/2014 (se non è stato svolto la carica è decaduta) e da quella data la periodicità è quinquennale
  • Nomina DL/RSPP dopo il 31/12/1996 senza aver svolto alcuna formazione: la formazione andava frequentata immediatamente (se non è stato svolta la carica è decaduta) e dalla data di fine corso l’aggiornamento ha periodicità quinquennale
  • Nomina DL/RSPP dopo il 31/12/1996 e formazione conforme al DM 16/01/97 il 1° aggiornamento andava svolto entro 11/01/2017 (se non è stato svolto la carica è decaduta) e da quella data la periodicità è quinquennale
  • Nomina DL/RSPP e formazione dopo l’11/01/2012 (se non è stata svolta la carica è decaduta) decorrenza quinquennale al completamento del percorso formativo
 
Programma (come da Accordo S-R del 21 dicembre 2011)
  • Aspetti giuridico-normativi e tecnico-organizzativi, evoluzione normativa
  • Sistemi di gestione e processi organizzativi
  • Fonti di rischio dell’attività lavorativa compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari e i rischi di tipo ergonomico
  • Tecniche di comunicazione volte all’informazione e formazione dei lavoratori in tema di promozione della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro
  • I contenuti dei corsi sono da considerarsi come minimi e quindi i soggetti formatori, qualora lo ritengano opportuno, possono implementarne durata e contenuti.
 
Esclusioni
Ai fini dell’aggiornamento per i DL/RSPP, la partecipazione a corsi di formazione finalizzati all’ottenimento e/o all’aggiornamento di qualifiche specifiche come quelle, a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, dei lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione delle emergenze di cui agli artt. 44, 45 e 46 del d.lgs. n. 81/2008, dei formatori della sicurezza, dei lavoratori incaricati secondo art.73 non è da ritenersi valida.
La formazione non comprende l’addestramento.
 
Valutazione degli apprendimenti e attestazioni
Al termine del corso, previo controllo della frequenza del 100% delle ore di formazione, sarà svolta una prova di verifica finalizzata a verificare le conoscenze relative alla normativa vigente e le competenze tecnico-professionali, dopo il superamento della stessa sarà rilasciato un attestato secondo la circolare n°7 del 12 settembre 2012 della Regione Lombardia.
 
Destinatari
I datori di lavoro che assolvono direttamente i compiti del servizio di prevenzione e protezione (DL/RSPP) nella loro azienda (aziende artigiane o industriali che occupano fino a 30 lavoratori) come previsto dall’articolo 34 del D.Lgs. 81/2008 e che abbiano completato il percorso formativo richiesto
 
Requisiti minimi di partecipazione
I docenti sono in possesso dei requisiti previsti dal decreto interministeriale 6 marzo 2013, emanato in attuazione dell’articolo 6, comma 8, lettera m- bis), del d.lgs. n. 81/2008, entrato in vigore il 18 marzo 2014, requisiti obbligatori in tutti i corsi di formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, fatti salvi quelli nei quali i requisiti dei docenti siano gia? previsti da norme specifiche.
 
Durata
14.00 ore
 
Quota di adesione:
€ 200,00 + IVA per le aziende associate a Associazione Piccole e Medie Industrie della Provincia di Lecco
€ 300,00 + IVA per le aziende non associate a Associazione Piccole e Medie Industrie della Provincia di Lecco
 
Date e Sedi di svolgimento
18/11/2021 13.30-17.30 presso Teleformazione
25/11/2021 08.30-12.30 presso Teleformazione
02/12/2021 08.30-12.30 presso Teleformazione
03/12/2021 08.30-10.30 presso Teleformazione
 
E’ possibile iscriversi cliccando al link: ADESIONE

(SB/mc)




Formazione Csr e sostenibilità: finanziamento camerale

La Camera di Commercio Lecco – Como sostiene l’iscrizione delle imprese al corso Csr “Responsabilità Sociale delle Imprese” e ai moduli formativi su Csr e Sostenibilità, organizzati da Supsi “Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana”. Si tratta della quarta edizione, la novità è l’intendimento di offrire sia un percorso formativo completo per figure aziendali che intendano assumere il ruolo di Csr manager sia percorsi brevi su tematiche puntuali. L’integrazione degli aspetti teorici con gli strumenti pratici e l’esperienza diretta delle imprese permette di acquisire una visione a 360° del tema sia per quanto riguarda gli aspetti economici, sociali, ambientali che gli aspetti di governance e comunicazione.

Si tratta di un percorso di 120 ore obbligatorie + altre a scelta, che si sviluppa da febbraio a settembre 2022, possibilmente in presenza con sede a Como e a Mendrisio, per un costo di 5.000 euro.
Il bando di contributo è attualmente aperto e scaricabile dal sito della Camera di Commercio Como-Lecco, dove si può trovare il testo con tutte le condizioni e tutte le informazioni relative al corso.

Il contributo è pari al 50% del costo del corso e dei moduli formativi; le imprese possono inviare la domanda di contributo fino al 30 novembre 2021 mediante la pec camerale (cciaa@pec.comolecco.camcom.it).
E’ possibile partecipare anche soltanto ad alcuni moduli formativi tematici a scelta, minimo 4 fino a 12 (ogni modulo è fatto da 4 ore). Questa modalità si chiama “formula vaucher” e il modulo minimo, da 16 ore, costa 1000 euro e può essere a sua volta coperto al 50%. Uno stesso pacchetto di moduli tematici può essere frequentato da persone diverse della stessa azienda.

Si allega il documento che contiene gli argomenti e la scansione temporale del corso.

La Camera di Commercio, dopo aver valutato le domande, comunicherà direttamente a Suspi i nominativi delle imprese destinatarie del contributo. In seguito Suspi chiederà alcuni documenti aggiuntivi (es. documentazione relativa alla formazione pregressa dei partecipanti al corso CSR e simili).
L’iniziativa nasce e si sviluppa nell’ambito del gruppo di lavoro Smart “Strategie sostenibili e Modelli di Aziende Responsabili nel Territorio transfrontaliero”.

Api Lecco Sondrio è a disposizione per eventuali approfondimenti, potete scrivere a silvia.negri@api.lecco.it.

(SN/am)