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Seminario: “Come rendere l’azienda attrattiva per collaboratori e clienti”

Martedì 22 ottobre 2024, ore 16, presso la sede di Confapi Lecco Sondrio via Pergola 73 a Lecco si terrà il seminario dedicato alle aziende associate a Confapi Lecco Sondrio per approfondire i temi della gestione strategica delle persone e del cambiamento organizzativo, argomenti di stretta attualità che riguardano il mondo delle PMI e che possono migliorare la qualità del lavoro in azienda, la capacità di innovare e di gestire l’incertezza dei mercati di oggi. 

Introduzione di Mario Gagliardi, vice-direttore di Confapi Lecco Sondrio e responsabile dell’area relazioni industriali e sindacali.

Relatori: Caterina Manzoni e Andrea Agodi di HRConsulting, società di consulenza specializzata in organizzazione e risorse umane con sede a Merate ed attiva dal 2007 in molteplici settori industriali e dei servizi. 

Per partecipare iscriversi compilando il form CLICCANDO QUI

Alleghiamo locandina.

(MG/am)
 




Disponibilità format del Registro di carico e scarico rifiuti e del Formulario: novità

Come si legge sul sito del Rentri, sono stati resi disponibili in formato leggibile i modelli di registro cronologico di carico e scarico e di formulario (FIR), conformi per struttura e sequenza a quelli approvati con il DM n. 59 del 4 aprile 2023, che rappresentano il formato definitivo di riferimento che dovrà essere utilizzato dagli operatori.

In questo modo è possibile visionare in modo più leggibile di quanto non si poteva fare sugli allegati al decreto, tutti i campi da compilare (vecchi e nuovi). Tutti gli operatori, compresi quelli non tenuti per ora ad iscriversi al RENTRI, possono quindi visionare i nuovi modelli.
Come noto, il 4 di novembre invece, gli stessi formati saranno disponibili in formato editabile e vidimabile.
Inoltre si segnala un approfondimento di tipo tecnico-informatico sulle soluzioni gestionali valide per garantire l’immodificabilità del registro, in quanto documento informatico, e circa le modalità per firmare il file xml del registro digitale.

Confapi Lecco Sondrio organizza periodicamente dei corsi di 2 ore per comprendere le tempistiche con cui dovranno essere applicati i nuovi strumenti che accompagneranno la gestione digitale dei rifiuti. Gli interessati possono consultare il sito Api formazione e aderire alle edizioni di novembre.

(SN/am)

 




Evento “Smart Building e Building Information Modelling (BIM)”

Continuano gli appuntamenti di “Connessioni: non solo tecnologia” promossi dalla Camera di Commercio Como-Lecco, il prossimo è previsto per il 6 novembre alle ore 11 presso Sisme Group in via Achille Grandi 5, Olgiate Comasco (CO) in cui si parlerà di “Smart building e building information modelling (bim)”.

Nuove frontiere tecnologiche per edifici più sicuri e sostenibili. Un edificio intelligente è una struttura dotata di sistemi avanzati di automazione e tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) che migliorano l’efficienza operativa, il comfort, la sicurezza e la sostenibilità ambientale.
L’evento mostrerà l’aggregazione delle competenze sui tre assi che regolano qualsiasi economia: energie, logistica e comunicazione.

Per maggiori info e iscrizioni cliccare qui

Il ciclo di eventi si avvale dello sviluppo e del coordinamento tecnico/scientifico del Politecnico di Milano – Polo territoriale di Lecco, ComoNExT Innovation Hub, CNR – Sede di Lecco, e della condivisione con la “Rete territoriale a supporto della trasformazione digitale”.

(SN/am)




Investimenti beni 4.0: credito imposta in scadenza nel 2025 salvo proroghe

Salvo proroghe, il 2025 sarà l’ultimo anno per il credito d’imposta relativo agli investimenti in beni strumentali 4.0 ex L. 178/2020 (fermo restando il termine “lungo” di giugno 2026).

Se per i beni materiali 4.0 nulla cambia, per gli investimenti in beni immateriali “4.0” effettuati nel 2025 la misura del credito d’imposta scende dall’attuale 15% al 10%.

Entro fine anno occorre quindi effettuare le necessarie valutazioni di convenienza.

In relazione ai beni immateriali “4.0”, ai sensi dell’art. 1 comma 1058-bis della L. 178/2020, alle imprese che effettuano gli investimenti aventi ad oggetto beni compresi nell’allegato B alla L. 232/2016, dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024, ovvero entro il 30 giugno 2025, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2024 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione, il credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 15% del costo, nel limite massimo di costi ammissibili pari a 1 milione di euro.

Pertanto la misura del 15% è riconosciuta, oltre che per gli investimenti 2024, anche per quelli “prenotati” entro la fine del 2024 ed effettuati entro il 30 giugno 2025.

Tale indicazione appare particolarmente rilevante, considerando che per gli investimenti in beni immateriali “4.0” effettuati (senza “prenotazione”) dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2025, il credito d’imposta è invece riconosciuto nella misura del 10% del costo, sempre nel limite massimo di costi ammissibili pari a un milione di euro (comma 1058-ter dell’art. 1 della L. 178/2020).

La medesima misura del 10% è inoltre prevista qualora i suddetti investimenti siano effettuati entro il termine “lungo” del 30 giugno 2026 a condizione che entro il 31 dicembre 2025 sia stata effettuata la c.d. “prenotazione”.

Nessuna modifica, invece, per gli investimenti in beni materiali “4.0”. In tal caso, la misura dell’agevolazione per il 2025 resta infatti la medesima rispetto a quella già operativa per il 2023 e il 2024.

L’art. 1 comma 1057-bis della L. 178/2020 dispone infatti che, alle imprese che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi indicati nell’allegato A alla L. 232/2016, a decorrere dal 1° gennaio 2023 e fino al 31 dicembre 2025 (ovvero entro il 30 giugno 2026, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2025 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione), il credito d’imposta sia riconosciuto nella misura del:

  • 20%, per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro;
  • 10%, per la quota di investimenti superiori a 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro;
  • 5%, per la quota di investimenti superiori a 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi complessivamente ammissibili pari a 20 milioni di euro.
Limite di 20 milioni da valutare per i beni materiali 4.0

Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il limite massimo agli investimenti in beni materiali 4.0 di cui all’art. 1 comma 1057-bis della L. 178/2020, pari a 20 milioni di euro, è riferito alla singola annualità e non all’intero periodo 2023-2025 (circ. n. 14/2022, § 1).

Le imprese potrebbero quindi valutare se sia più conveniente effettuare gli investimenti entro fine 2024 o nel 2025, a seconda del plafond 2024 ancora disponibile.

Si rileva inoltre che nella norma agevolativa è presente la previsione, introdotta dall’art. 10 del DL 4/2022, secondo cui è riconosciuta l’aliquota del 5% per “investimenti inclusi nel PNRR diretti alla realizzazione di obiettivi di transizione ecologica”, che dovrebbero essere individuati con DM, tra 10 e 50 milioni di euro.

Tale disposizione non risulta essere stata attuata, presumibilmente anche alla luce del nuovo credito d’imposta per la transizione 5.0 di cui all’art. 38 del DL 19/2024.

Da ultimo, si ricorda che, allo stato attuale, non è comunque prevista alcuna agevolazione per i beni strumentali “ordinari”.

(MF/ms)




Il registro dei titolari effettivi rimane in stand by

A quasi un anno dalla prima sospensione del Registro dei titolari effettivi (a opera del TAR del Lazio) rimangono ancora senza risposta i dubbi relativi alle comunicazioni da effettuare allo stesso, sollevati da diverse associazioni fiduciarie.

Infatti, in considerazione delle numerose incertezze interpretative attinenti alla normativa europea in materia e alla relativa declinazione nazionale nell’ambito del DLgs. 231/2007, il Consiglio di Stato, da cui si aspettava proprio in questi giorni una decisione – a fronte della sospensione del Registro dello scorso 17 maggio – ha diffuso il 15 ottobre un’ordinanza (la n. 8248) con cui, “stante la delicatezza delle questioni involte”, ha sospeso il giudizio, rimettendo sei questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia europea.

dubbi interpretativi riguardano:

  • la nozione di “istituti giuridici” di cui alla direttiva (Ue) 2015/849, come modificata dalla direttiva (Ue) 2018/843;
  • la portata normativa o ricognitiva dell’individuazione degli istituti giuridici affini effettuata dal legislatore nazionale e verificata dalla Commissione europea;
  • l’affinità dell’assetto e delle funzioni del mandato fiduciario stipulato dalle società fiduciarie a quelli del trust;
  • la proporzionalità della ricomprensione del mandato fiduciario tra gli istituti giuridici affini per assetto o funzioni al trust;
  • l’invalidità di alcune disposizioni della direttiva (Ue) 2015/849 per contrarietà agli artt. 114 e 288, § 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (“TFUE”) e al “principio dell’effetto utile”;
  • la conformità degli artt. 21 comma 4 lett. d-bis) del DLgs. 231/2007 e 7 comma 2 del DM 55/2022 alla direttiva (Ue) 2015/849, alla luce delle indicazioni fornite dalla sentenza della Corte di Giustizia Ue del 22 novembre 2022, cause riunite C-37/20 e C-601/20.
Con riguardo al primo punto viene chiesto se la nozione di “istituiti giuridici” debba essere “interpretata nel senso che essa si riferisce, in conformità a quanto evincibile dalle altre versioni linguistiche principali e dal contesto e dalle finalità della direttiva, alla sussistenza di una unione organica delle norme e dei principi che regolano un fenomeno sociale, o, invece, a una concreta e specifica operazione economico-giuridica o, ancora, a tipologie di operazioni economico-giuridiche valutate secondo le loro caratteristiche sostanziali, che abbiano, in ogni caso, assetto o funzioni affini a quelli dei trust”.

Sul secondo punto il Consiglio di Stato chiede se l’art. 31 § 10 della direttiva (Ue) 2015/849 debba essere interpretato nel senso che le notifiche effettuate dagli Stati membri e la relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio non abbiano valenza normativa vincolante, ma siano da considerarsi atti meramente ricognitivi degli istituti giuridici affini ai trust presenti nei vari ordinamenti. In tal caso, non potendosi ritenere tali atti integrativi del diritto unionale vincolante, spetterebbe al giudice nazionale e alla Corte di Giustizia Ue verificare, in caso di contestazione, la sussistenza di tale affinità rispetto ai trust dell’assetto o delle funzioni di tali istituti alla luce delle sole disposizioni della direttiva.

Con riferimento al terzo e al quarto quesito si chiede se specifici articoli e considerando delle direttive (Ue) 2015/849 e 2018/843 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano alle norme del DLgs. 231/2007 che ricomprendono tra gli istituti giuridici che hanno un assetto e funzioni affini a quelli dei trust i mandati fiduciari delle società fiduciarie; ciò sebbene l’attività di tali società sia sottoposta a una serie di obblighi e soggetta alla vigilanza di varie autorità nazionali (secondo il Consiglio di Stato, in contrasto con quanto prospettato dalle fiduciarie, non vi sarebbe alcun conflitto con la disciplina europea).

Con l’ultimo quesito viene, infine, chiesto se il consentire l’accesso ai dati dei titolari effettivi dei trust (e degli istituti giuridici affini) ai soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi diffusi, titolari di un interesse giuridico non solo rilevante e differenziato, ma anche corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata, sia conforme alla normativa europea, anche alla luce della citata sentenza della Corte di Giustizia Ue (secondo il Consiglio di Stato anche in tal caso, in contrasto con quanto prospettato dalle fiduciarie, l’attuale versione della disciplina nazionale non sarebbe in conflitto con la normativa europea).

A chiusura della decisione in esame, infine, il Consiglio di Stato, nel richiedere il “procedimento accelerato”, evidenzia come:

  • l’efficacia dei provvedimenti nazionali sia stata sospesa per la delicatezza della questione e in ragione del fatto che la mancata sospensione avrebbe obbligato tutte le società fiduciarie a rendere informazioni sui titolari effettivi in una situazione nella quale la sussistenza di tale obbligo non poteva essere affermata con certezza;
  • la decisione sulla sospensione abbia “limitato i propri effetti alle sole Società fiduciarie, sebbene i rappresentanti delle Amministrazioni appellate e della Camera di Commercio di Roma abbiano esposto … che questa situazione riguarderebbe l’intero sistema di attuazione della Direttiva del 2018”.
(MF/ms)



Istat settembre 2024

Comunichiamo che l’indice Istat di settembre 2024, necessario per l’aggiornamento dei canoni di locazione è pari a + 0,6 % (variazione annuale) e a + 5,7 % (variazione biennale).
 
Entrambi gli indici considerati nella misura del 75% diventano rispettivamente + 0,450 % e + 4,275%.



Cessioni intracomunitarie: entro 90 giorni l’uscita dei beni

Con il decreto “sanzioni” (art. 2 del DLgs. 87/2024), emanato in attuazione della legge delega di riforma fiscale, è stata introdotta una nuova disposizione concernente il termine entro il quale effettuare le cessioni intracomunitarie di beni con trasporto o spedizione a cura del cessionario.

Il nuovo tenore dell’art. 7 comma 1 del DLgs. 471/97 stabilisce che è soggetto a una sanzione pari al 50% dell’imposta chi effettua cessioni intracomunitarie in regime di non imponibilità IVA, nella circostanza in cui i beni trasportati o spediti – a cura del cessionario non residente – non siano pervenuti nello Stato membro Ue di destinazione entro 90 giorni dalla consegna.

La sanzione descritta non si applica, tuttavia, se nei 30 giorni successivi la fattura è regolarizzata ed è eseguito il versamento dell’IVA.

Quanto alla decorrenza, l’art. 5 del DLgs. 87/2024 stabilisce che le modifiche al DLgs. 471/97 riguardano le “violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024”.

Secondo le intenzioni del legislatore, emergenti dalla relazione illustrativa allo schema di DLgs., la disposizione è introdotta “per coerenza” rispetto alla disciplina delle cessioni all’esportazione, per le quali l’art. 7 comma 1 del DLgs. 471/97 già prescrive una sanzione del 50% dell’IVA non applicata se il trasporto o la spedizione dei beni al di fuori del territorio dell’Ue non avviene entro 90 giorni dalla consegna (prima del DLgs. 87/2024 la sanzione era, invece, compresa tra il 50% e il 100% dell’imposta).

Appare, dunque, necessario, a un primo esame, comprendere se vi siano i presupposti per ritenere pienamente giustificata una siffatta “coerenza” tra il nuovo regime sanzionatorio per le cessioni intracomunitarie e quello vigente per le cessioni all’esportazioni.

Si osserva innanzitutto che, a livello normativo, diversamente dall’art. 8 comma 1 lett. b) del DPR 633/72 (riferito alle esportazioni con trasporto o spedizione a carico del cessionario extra Ue), la disciplina delle cessioni intracomunitarie, di cui all’art. 41 comma 1 del DL 331/93, è la medesima per le vendite curate dal cedente e per quelle curate dal cessionario e, soprattutto, non contempla un termine per l’invio dei beni all’estero. Né una tale condizione è stata inserita nella riforma derivante dai “quick fixes” (come, ad esempio, l’obbligo di presentare gli elenchi INTRA vendite).

In breve, la necessità di provare la ricezione entro il termine di 90 giorni, non prevista dalla legislazione sul regime di non imponibilità IVA, sarebbe “imposta” dalla norma sanzionatoria.

Nella fattispecie, verrebbe prevista, a carico dei soggetti unionali, una condizione (quella di invio dei beni entro un determinato termine) che, per le operazioni intracomunitarie, non consta nella direttiva 2006/112/Ce, nel Reg. Ue n. 282/2011 e nel DL 331/93 (modificati nell’ambito dei c.d. “quick fixes”).

Né sembrerebbe confacente invocare il principio di uguaglianza (o “non discriminazione”), in forza del quale non è possibile riconoscere a un soggetto unionale minori diritti (o maggiori oneri) rispetto a un soggetto di un Paese terzo (si pensi all’istituto del deposito IVA Ue, a fronte dell’esistente regime di deposito doganale per le merci extra Ue). Peraltro, anche le necessarie esigenze di tutela erariale non paiono così fortemente stringenti, se si rammenta che, in ambito Ue, sussistono strumenti accertativi rafforzati (su tutti, la cooperazione amministrativa tra Stati membri).

Un termine inerente la ricezione dei beni nello Stato membro di destinazione è rinvenibile all’art. 45-bis par. 1 del Reg. Ue n. 282/2011, ove sono individuati i documenti che possono costituire presunzione di invio della merce all’estero ai fini dell’Amministrazione finanziaria (la quale può, comunque, rifiutarla).

Tra le presunzioni, per provare il regime unionale di esenzione da IVA ex art. 138 della direttiva 2006/112/Ce, è richiesto al venditore il possesso di una dichiarazione scritta dell’acquirente, la quale certifichi che “i beni sono stati trasportati o spediti dall’acquirente, o da un terzo per conto dello stesso acquirente, e che identifica lo Stato membro di destinazione dei beni”. Tale dichiarazione scritta, secondo il Regolamento, “indica la data di rilascio; il nome e l’indirizzo dell’acquirente; la quantità e la natura dei beni; la data e il luogo di arrivo dei beni” e “l’identificazione della persona che accetta i beni per conto dell’acquirente”.

La dichiarazione scritta va resa “entro il decimo giorno del mese successivo alla cessione”. Tuttavia, si tratta di un termine ordinatorio, tant’è che, nell’ambito delle note esplicative ai “quick fixes”, la Commissione europea ha osservato che, anche laddove la dichiarazione scritta dell’acquirente sia fornita dopo la scadenza dei 10 giorni, è comunque possibile per il cedente avvalersi della presunzione di invio dei beni nell’altro Stato membro, sempreché siano soddisfatte le altre condizioni di cui all’art. 45-bis del Reg. Ue n. 282/2011.

In conclusione, la base giuridica della nuova norma nazionale potrebbe essere rinvenibile nel più generale art. 131 della direttiva 2006/112/Ce, che subordina le esenzioni della direttiva stessa “alle condizioni che gli Stati membri stabiliscono per assicurare la corretta e semplice applicazione delle medesime esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso”. In questo senso, anche la Corte Ue aveva riconosciuto la legittimità di un termine di uscita dei beni dal territorio nazionale, seppur entro certi limiti (causa C-563/12).

(MF/ms)




Bonus “Transizione 5.0”: interconnesione entro il 28 febbraio 2026

Sul sito del GSE sono state aggiornate le FAQ relative al credito Transizione 5.0, fornendo nuove indicazioni rispetto alle precedenti pubblicate la scorsa settimana.

Tra i chiarimenti più rilevanti, si segnala anzitutto la necessità di interconnettere i beni 4.0 entro il 28 febbraio 2026.

Nell’ambito delle nuove FAQ viene precisato che l’interconnessione è una caratteristica tecnologica che deve essere soddisfatta dai beni strumentali 4.0 facenti parte del progetto di innovazione.

L’art. 4 comma 1 del DM 24 luglio 2024 sancisce che il progetto di innovazione deve essere completato entro il 31 dicembre 2025, secondo i criteri richiamati dal successivo comma 4 dello stesso articolo, secondo cui per i beni 4.0 rilevano le regole della competenza ex art. 109 del TUIR. 

Pertanto l’interconnessione non condiziona la data di completamento dell’investimento.

Tuttavia, è necessario che l’interconnessione sia realizzata in tempo utile per poter essere comprovata, come previsto dall’art. 16 del citato DM, dalla perizia tecnica (o dall’attestato di conformità), o, per i beni di costo unitario di acquisizione non superiore a 300.000 euro, dall’autodichiarazione resa dal legale rappresentante. Il possesso della richiamata documentazione comprovante l’interconnessione dovrà essere trasmessa, insieme all’ulteriore documentazione richiesta, utilizzando il modello “Attestazione di possesso della Perizia tecnica asseverata e della Certificazione contabile” (allegato V), entro e non oltre il 28 febbraio 2026, tramite l’apposita piattaforma informatica del GSE.

Ai fini della comunicazione relativa all’effettuazione degli ordini, viene chiarito che non è necessario un acconto del 20% separato per ogni singolo investimento, ma è sufficiente che l’impresa possa dimostrare di aver pagato almeno il 20% del costo totale degli investimenti in beni strumentali 4.0 (inclusi i costi accessori) e almeno il 20% del costo totale degli impianti di autoproduzione.

Nel caso in cui il progetto preveda più fornitori di beni strumentali 4.0 e più fornitori per l’impianto di autoproduzione, il pagamento di almeno il 20% del costo totale degli investimenti può essere effettuato anche a uno solo dei fornitori di beni strumentali 4.0 e a uno solo dei fornitori dell’impianto di autoproduzione.

In merito alla comunicazione di completamento, le FAQ precisano che il risparmio energetico comunicato nella fase di completamento del progetto di investimento può essere inferiore a quello comunicato in fase di prenotazione, nei limiti delle percentuali minime di risparmio energetico previste (3% nel caso di struttura produttiva, 5% nel caso di processo interessato).

In tal caso, il credito d’imposta viene ricalcolato sulla base della percentuale di risparmio energetico comunicata in fase di completamento.

Qualora la percentuale di risparmio energetico conseguita sia inferiore anche alle percentuali minime di risparmio energetico previste, è comunque facoltà dell’impresa accedere alla misura “Transizione 4.0”. In tal caso l’impresa deve rinunciare alla richiesta presentata per la misura “Piano Transizione 5.0” e trasmettere l’apposita comunicazione prevista dal Piano Transizione 4.0 tramite il portale dedicato “Transizione 4.0 – Accedi ai questionari”, accessibile dalla home page di Area Clienti.

Nel caso invece in cui il risparmio energetico comunicato nella fase di completamento del progetto di investimento sia superiore a quello comunicato in fase di prenotazione, il credito d’imposta viene ricalcolato, nel limite massimo del credito d’imposta prenotato.

Comunicazione di prenotazione anche per l’investimento completato

In caso di intervento già completato, viene chiarito che è comunque necessario procedere con la prenotazione del credito mediante la comunicazione ex ante, indicando che l’intervento è già stato completato. Se la prenotazione è confermata, sarà possibile procedere direttamente all’invio della comunicazione ex post (comunicazione di completamento), senza passare per la fase di “Conferma 20%“.

Con riferimento alla determinazione del fabbisogno energetico della struttura produttiva, le FAQ chiariscono che per esercizio precedente la data di avvio della realizzazione del progetto si intende l’anno solare precedente l’inizio dell’intervento. Ad esempio, qualora la data di avvio del progetto sia il 15 aprile 2024, l’esercizio precedente coincide con il periodo 1° gennaio 2023 – 31 dicembre 2023.

In merito alla cumulabilità con altre agevolazioni, viene precisato che il credito transizione 5.0 è cumulabile con i certificati bianchi secondo quanto previsto dall’art. 6 comma 2 del DL 124/2023.
 

(MF/ms)




Concordato preventivo biennale: compensazioni e rimborsi Iva agevolati per chi aderisce

L’art. 19 comma 3 del DLgs. 13/2024 stabilisce che, per i periodi d’imposta oggetto del concordato preventivo biennale, i contribuenti che aderiscono alla proposta formulata dall’Agenzia delle Entrate possono fruire di un limite più elevato per compensare “orizzontalmente” l’eccedenza di credito IVA o chiederla a rimborso senza l’obbligo del visto di conformità.

Solo con il decreto correttivo è stato espressamente specificato che s’intendono compresi anche i benefici relativi all’imposta sul valore aggiunto (art. 4 del DLgs. 108/2024, in vigore dal 6 agosto 2024).

In breve, la disposizione in tema di concordato preventivo biennale fa rinvio al regime premiale già adottato per i soggetti che soddisfano i requisiti ISA, definiti annualmente, ai sensi dell’art. 9-bis comma 11 lett. a) e b) del DL 50/2017.

Sul piano operativo, sono eseguiti senza l’apposizione del visto di conformità (o della sottoscrizione alternativa), nel più elevato ammontare di 70.000 euro annui:

  • le compensazioni “orizzontali” dei crediti IVA annuali e trimestrali, di cui all’art. 17 comma 1 del DLgs. 241/97 (il cui limite ordinario è pari a 5.000 euro annui);
  • i rimborsi dei crediti IVA annuali e trimestrali, a norma degli artt. 30 e 38-bis del DPR 633/72 (il cui limite ordinario è di 30.000 euro annui).
Nel caso delle istanze di rimborso IVA, l’importo più elevato previsto per chi aderisce al concordato opererà, quindi, anche ai fini dell’esonero dalla prestazione della garanzia (obbligatoria per i soggetti considerati fiscalmente “a rischio”, ai sensi dell’art. 38-bis comma 4 del DPR 633/72, e alternativa all’apposizione del visto di conformità).

Sul tema, è da ricordare che è stata, di recente, innalzata la soglia in base alla quale i soggetti che conseguono un determinato punteggio ISA sono esonerati dall’apposizione del visto di conformità: il menzionato art. 9-bis comma 11 del DL 50/2017 è stato, infatti, modificato dal DLgs. 1/2024 (c.d. decreto “Adempimenti”), incrementando il limite a 70.000 euro in luogo dei precedenti 50.000 euro annui.

Si ritiene che la soglia più elevata sia divenuta operativa per i soggetti che soddisfano i requisiti ISA fissati dal provv. Agenzia Entrate 22 aprile 2024 n. 205127 (vale a dire il primo provvedimento che ha definito i livelli ISA successivamente all’entrata in vigore del citato DLgs. 1/2024, avvenuta il 13 gennaio 2024), con riguardo al credito IVA maturato per il 2024 o nei primi tre trimestri del 2025.

A seconda del diverso livello di affidabilità ISA ottenuto (come definiti dal provvedimento), l’esonero dal visto di conformità può avvenire al di sopra del limite di 50.000 ovvero di 70.000 euro annui.

Per quanto concerne i soggetti che aderiscono al concordato preventivo biennale 2024/2025, è possibile ritenere che il limite per l’esclusione dal visto sia sempre quello più elevato (70.000 euro annui) indicato nella disposizione di riferimento (art. 9-bis comma 11 lett. a) e b) del DL 50/2017).

A livello più generale, infatti, sembra fondato ritenere che l’estensione del regime premiale anche ai soggetti che, pur aderendo al concordato, non raggiungono il punteggio ISA definito annualmente per la generalità dei contribuenti possa ricavarsi in via interpretativa, se si osserva che:

  • il reddito proposto in sede di CPB è definito secondo criteri prefissati e non vi sono margini di discrezionalità, potendo il contribuente solo accettare o rifiutare la proposta;
  • il reddito proposto viene calcolato massimizzando i singoli indicatori ISA; in altre parole, l’accettazione del CPB presuppone un implicito adeguamento ISA, sino al raggiungimento del punteggio massimo (nel secondo anno);
  • durante i periodi di efficacia del CPB il contribuente si impegna a dichiarare gli importi concordati, mentre quelli effettivi, pur determinati, non rilevano, se non nei casi identificati dal DLgs. 13/2024 (ad esempio ai fini contributivi); con riguardo al regime premiale ISA, l’art. 19 comma 3 non contiene alcun richiamo ai valori reddituali effettivi e al conseguente punteggio ISA.
Sul punto la recente circ. Agenzia delle Entrate n. 18/2024 (§ 2.5) ha affermato che “per i soggetti ISA sono riconosciuti tutti benefici premiali propri di tale strumento di compliance”. L’utilizzo del termine “tutti” lascia intendere che non possa esservi una differenziazione sulla base del punteggio conseguito. 

Beneficio fruibile già per il concordato 2024/2025

Non dovrebbe peraltro sussistere un tema di decorrenza, poiché l’innalzamento della soglia, ad opera del DLgs. 1/2024, ha trovato la propria attuazione nel provv. n. 205127/2024, il quale, come detto, concerne i crediti IVA “maturati nell’annualità 2024” e “nei primi tre trimestri dell’anno di imposta 2025”.

Per chi aderirà al concordato preventivo 2024/2025, dunque, risulteranno certamente “coperte” le due annualità, con la possibilità di fruire del più alto importo per compensare “orizzontalmente” o chiedere a rimborso, senza visto, il credito IVA.
 
L’art. 19 comma 3 del DLgs. 13/2024 stabilisce che, per i periodi d’imposta oggetto del concordato preventivo biennale, i contribuenti che aderiscono alla proposta formulata dall’Agenzia delle Entrate possono fruire di un limite più elevato per compensare “orizzontalmente” l’eccedenza di credito IVA o chiederla a rimborso senza l’obbligo del visto di conformità.

Solo con il decreto correttivo è stato espressamente specificato che s’intendono compresi anche i benefici relativi all’imposta sul valore aggiunto (art. 4 del DLgs. 108/2024, in vigore dal 6 agosto 2024).

In breve, la disposizione in tema di concordato preventivo biennale fa rinvio al regime premiale già adottato per i soggetti che soddisfano i requisiti ISA, definiti annualmente, ai sensi dell’art. 9-bis comma 11 lett. a) e b) del DL 50/2017.

Sul piano operativo, sono eseguiti senza l’apposizione del visto di conformità (o della sottoscrizione alternativa), nel più elevato ammontare di 70.000 euro annui:

  • le compensazioni “orizzontali” dei crediti IVA annuali e trimestrali, di cui all’art. 17 comma 1 del DLgs. 241/97 (il cui limite ordinario è pari a 5.000 euro annui);
  • i rimborsi dei crediti IVA annuali e trimestrali, a norma degli artt. 30 e 38-bis del DPR 633/72 (il cui limite ordinario è di 30.000 euro annui).
Nel caso delle istanze di rimborso IVA, l’importo più elevato previsto per chi aderisce al concordato opererà, quindi, anche ai fini dell’esonero dalla prestazione della garanzia (obbligatoria per i soggetti considerati fiscalmente “a rischio”, ai sensi dell’art. 38-bis comma 4 del DPR 633/72, e alternativa all’apposizione del visto di conformità).

Sul tema, è da ricordare che è stata, di recente, innalzata la soglia in base alla quale i soggetti che conseguono un determinato punteggio ISA sono esonerati dall’apposizione del visto di conformità: il menzionato art. 9-bis comma 11 del DL 50/2017 è stato, infatti, modificato dal DLgs. 1/2024 (c.d. decreto “Adempimenti”), incrementando il limite a 70.000 euro in luogo dei precedenti 50.000 euro annui.

Si ritiene che la soglia più elevata sia divenuta operativa per i soggetti che soddisfano i requisiti ISA fissati dal provv. Agenzia Entrate 22 aprile 2024 n. 205127 (vale a dire il primo provvedimento che ha definito i livelli ISA successivamente all’entrata in vigore del citato DLgs. 1/2024, avvenuta il 13 gennaio 2024), con riguardo al credito IVA maturato per il 2024 o nei primi tre trimestri del 2025.

A seconda del diverso livello di affidabilità ISA ottenuto (come definiti dal provvedimento), l’esonero dal visto di conformità può avvenire al di sopra del limite di 50.000 ovvero di 70.000 euro annui.

Per quanto concerne i soggetti che aderiscono al concordato preventivo biennale 2024/2025, è possibile ritenere che il limite per l’esclusione dal visto sia sempre quello più elevato (70.000 euro annui) indicato nella disposizione di riferimento (art. 9-bis comma 11 lett. a) e b) del DL 50/2017).

A livello più generale, infatti, sembra fondato ritenere che l’estensione del regime premiale anche ai soggetti che, pur aderendo al concordato, non raggiungono il punteggio ISA definito annualmente per la generalità dei contribuenti possa ricavarsi in via interpretativa, se si osserva che:

  • il reddito proposto in sede di CPB è definito secondo criteri prefissati e non vi sono margini di discrezionalità, potendo il contribuente solo accettare o rifiutare la proposta;
  • il reddito proposto viene calcolato massimizzando i singoli indicatori ISA; in altre parole, l’accettazione del CPB presuppone un implicito adeguamento ISA, sino al raggiungimento del punteggio massimo (nel secondo anno);
  • durante i periodi di efficacia del CPB il contribuente si impegna a dichiarare gli importi concordati, mentre quelli effettivi, pur determinati, non rilevano, se non nei casi identificati dal DLgs. 13/2024 (ad esempio ai fini contributivi); con riguardo al regime premiale ISA, l’art. 19 comma 3 non contiene alcun richiamo ai valori reddituali effettivi e al conseguente punteggio ISA.
Sul punto la recente circ. Agenzia delle Entrate n. 18/2024 (§ 2.5) ha affermato che “per i soggetti ISA sono riconosciuti tutti benefici premiali propri di tale strumento di compliance”. L’utilizzo del termine “tutti” lascia intendere che non possa esservi una differenziazione sulla base del punteggio conseguito. 

Beneficio fruibile già per il concordato 2024/2025

Non dovrebbe peraltro sussistere un tema di decorrenza, poiché l’innalzamento della soglia, ad opera del DLgs. 1/2024, ha trovato la propria attuazione nel provv. n. 205127/2024, il quale, come detto, concerne i crediti IVA “maturati nell’annualità 2024” e “nei primi tre trimestri dell’anno di imposta 2025”.

Per chi aderirà al concordato preventivo 2024/2025, dunque, risulteranno certamente “coperte” le due annualità, con la possibilità di fruire del più alto importo per compensare “orizzontalmente” o chiedere a rimborso, senza visto, il credito IVA.
 

(MF/ms)




Brevetti, disegni e marchi: bandi con apertura fra ottobre e novembre 2024

I bandi citati in oggetto sono nuovamente disponibili e le date di apertura degli sportelli per presentare domanda sono ormai imminenti. I bandi sono tesi ad agevolare la valorizzazione dei titoli di proprietà industriale delle micro, piccole e medie imprese.

Sul sito del MIMIT (Ministero delle Imprese e del Made in Italy) ci sono tutte le informazioni per partecipare.

BANDO Brevetti+
Apertura: 
29 ottobre 2024
È prevista la concessione di un’agevolazione a fondo perduto, ai sensi e nei limiti del regolamento de minimis, del valore massimo di 140.000 €.
Tale agevolazione non può essere superiore all’80% dei costi ammissibili. La predetta percentuale di agevolazione può raggiungere l’85% dei costi ammissibili nel caso di imprese in possesso della certificazione della parità di genere (art. 5, c.3, legge n. 162/2021). Il suddetto limite è elevato al 100% per le imprese beneficiarie che al momento della presentazione della domanda risultavano contitolari – con un Ente Pubblico di ricerca (Università, Enti di Ricerca e IRCCS) – della domanda di brevetto o di brevetto rilasciato, ovvero titolari di una licenza esclusiva avente per oggetto un brevetto rilasciato ad uno dei suddetti enti pubblici, già trascritta all’UIBM, senza vincoli di estensione territoriali.
Consultare la pagina ministeriale con tutti i dettagli.

BANDO Disegni+
Giorno di apertura: 12 novembre 2024
Le agevolazioni sono concesse fino all’80% delle spese ammissibili, entro l’importo massimo di 60.000 € e nel rispetto degli importi massimi previsti per ciascuna tipologia di servizio. La predetta percentuale è elevata all’85% nel caso di imprese in possesso della certificazione della parità di genere (art. 5, c.3, legge n. 162/2021).
Consultare la pagina ministeriale con tutti i dettagli.

BANDO Marchi+
Giorno di apertura: 26 novembre 2024
Per la Misura A (registrazione di marchi dell’Unione europea presso EUIPO (Ufficio dell’Unione europea per la Proprietà Intellettuale), le agevolazioni sono concesse nella misura dell’80% delle spese ammissibili e comunque entro l’importo massimo complessivo per marchio di 6.000 €. Nel caso di imprese in possesso della certificazione della parità di genere tale percentuale è elevata all’85% (art. 5, c.3, legge n. 162/2021).
Per la Misura B (registrazione di marchi internazionali presso OMPI (Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale) le agevolazioni sono concesse nella misura del 90% delle spese ammissibili e comunque entro l’importo massimo complessivo per marchio di 9.000 €. Nel caso di imprese in possesso della certificazione della parità di genere tale percentuale è elevata al 95% (art. 5, c.3, legge n. 162/2021).
Consultare la pagina ministeriale con tutti i dettagli.

Confapi Lecco Sondrio e ApiTech possono supportare le imprese che intendono valutare la partecipazione. Contattare la referente interna silvia.negri@confapi.lecco.it.

(SN/am)