Rifiuti urbani da attività produttive
Le novità del d.lgs. 116/2020
Dal 1 gennaio 2021, nel campo della gestione rifiuti, diventa vigente una novità abbastanza rilevante che riguarda gli scarti prodotti da utenze non domestiche ma di natura simile ai rifiuti urbani domestici. Infatti il sopracitato decreto legislativo 116/2020 in vigore da settembre, di recepimento delle direttive europee in tema di economia circolare, modifica in modo formalmente rilevante la definizione di rifiuto urbano contenuta nel Tua (Testo Unico Ambientale) n.152/2006.
Consultando la tabella in allegato 1, che mette a confronto il testo del Tua precedente e successivo alle modifiche del D.lgs.116/2020 si osservano le novità: la definizione di “rifiuti urbani” è stata riscritta facendo un misto tra la precedente definizione italiana e quella contenuta nella direttiva europea recentemente recepita. Da tale modifica nelle definizioni, derivano alcune conseguenze che qui di seguito riportiamo, citando gli articoli corrispondenti.
Nuovo art.198 del Tua 152/2006 – nei commi 1 e 2 si elimina il concetto di “rifiuti assimilati” e viene inserito il comma 2 bis:
Le utenze non domestiche possono conferire al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani (da definizione) previa dimostrazione di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi. Tali rifiuti sono computati ai fini del raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio dei rifiuti urbani.
Nuovo art.238 del Tua 152/2006 comma 10
Le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani di cui all’art. 183 comma 1, lettera b-ter) punto 2, che li conferiscono al di fuori del servizio pubblico e dimostrano di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti; le medesime utenze effettuano la scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico o del ricorso al mercato per un periodo non inferiore a cinque anni, salva la possibilità per il gestore del servizio pubblico, dietro richiesta dell’utenza non domestica, di riprendere l’erogazione del servizio anche prima della scadenza quinquennale.
Di fatto, le attività simili a quelle inserite nell’elenco L-quinques (che comprende: studi professionali, autorimesse e magazzini senza vendita diretta, attività artigianali di produzione di beni specifici) e che gestiscono rifiuti con i codici Cer elencati nella tabella L-quater si configurano come utenze non domestiche che devono decidere se continuare a pagare la tassa rifiuti sulle superfici in cui si svolgono le attività e avvalersi del servizio pubblico di raccolta oppure non pagare più la tassa e rivolgersi al mercato. La scelta dura 5 anni, salvo specifica richiesta di cambiamento. Gli elenchi completi L-quinques ed L-quater sono consultabili in allegato 2.
Si segnala inoltre la novità dell’attestazione, che risulta a tutti gli effetti un nuovo documento, diverso dalla quarta copia del formulario, nel quale il destinatario del rifiuto deve dichiarare l’effettivo avvio a recupero. Si precisa che non sono ancora stati definiti con precisione il formato e i soggetti che concorrono a predisporre l’attestazione, pertanto, sebbene già obbligatoria da quando il 116/2020 è vigente, per il momento non può essere rilasciata.
Api intende proseguire a comunicare i risvolti operativi di quanto sopra, non appena saranno chiari. In ogni caso scrivendo a silvia.negri@api.lecco.it potete inviare segnalazioni di difficoltà interpretative, o nella gestione attuale dei rifiuti urbani o segnalare esigenze o criticità particolari, in modo che l’associazione possa farsi collettore ed eventualmente portavoce di tali esigenze.