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Versamento imposta bollo su fatture elettroniche: 31 maggio prima scadenza con le nuove modalità

Il versamento dell’imposta di bollo applicata sulle fatture elettroniche trova nuove scadenze e la definizione di una nuova procedura di recupero e irrogazione delle sanzioni.

Il decreto del Mef 4 dicembre 2020 e la consulenza giuridica 10 dicembre 2020, n. 14 , da un lato, e il provvedimento attuativo 4 febbraio 2021, n. 34958 , dall’altro, hanno, infatti, modificato le regole e le scadenze di versamento.

Il versamento del bollo deve essere effettuato entro l’ultimo giorno del secondo mese successivo alla chiusura del trimestre.

Il bollo sulle fatture elettroniche emesse nel primo trimestre 2021 dovrà, quindi, essere versato entro il 31 maggio 2021. Il secondo trimestre fa eccezione e va al 30 settembre 2021; il terzo trimestre al 30 novembre 2021 e il quarto trimestre a fine febbraio 2022.

Per le fatture elettroniche inviate attraverso Sdi dal 1° gennaio 2021, l’Agenzia delle Entrate, sulla base dei dati in suo possesso, provvede all’integrazione delle fatture che non riportano l’evidenza dell’assolvimento dell’imposta di bollo, ma per le quali l’imposta risulta dovuta.

L’agenzia comunica, infine, l’importo dovuto entro il 15 del secondo mese successivo alla scadenza, inibendo, dalla data della notifica, il ravvedimento operoso.

Premessa
Le due norme cui fare riferimento per comprendere la corretta applicazione dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche sono:
  • l’art. 13, comma 1, della Tariffa, Parte I, allegata al Dpr. n. 642/1972, che prevede l’applicazione dell’imposta di bollo nella misura di 2 euro per ogni esemplare, per le “fatture, note, conti e simili documenti, recanti addebitamenti o accreditamenti […]; ricevute e quietanze rilasciate dal creditore, o da altri per suo conto, a liberazione totale o parziale di una obbligazione pecuniaria”;
  • la nota 2, lett. a), in calce al medesimo articolo, la quale stabilisce, inoltre, che l’imposta non è dovuta “quando la somma non supera L. 150.000” (euro 77,47).
Modalità di assolvimento dell’imposta di bollo
L’imposta di bollo può essere assolta:
  • mediante contrassegno (per le sole fatture cartacee);
  • con le modalità virtuali di cui all’art. 15 del Dpr n. 642/1972 (tanto per le fatture cartacee, quanto per quelle emesse con sistemi elettronici);
  • con le modalità individuate dall’art. 6  del Dm. 17 giugno 2014 (per le fatture elettroniche emesse attraverso lo Sdi).
La disciplina del pagamento dell’imposta in modo virtuale è recata dall’art. 15 del Dpr n. 642/1972, secondo cui, per determinate categorie di atti e documenti, l’Agenzia delle Entrate può, su richiesta degli interessati, consentire che il pagamento dell’imposta, anziché in modo ordinario o straordinario, avvenga in modo virtuale.

Ai fini dell’autorizzazione, l’interessato deve presentare apposita domanda, corredata da una dichiarazione contenente l’indicazione del numero presuntivo degli atti e documenti che potranno essere emessi e ricevuti durante l’anno.

In sintesi, il versamento è eseguito annualmente sulla base della liquidazione fatta dall’Ufficio, dapprima a titolo provvisorio per l’anno in corso e, successivamente, a titolo definitivo sulla base della dichiarazione presentata dal contribuente.

Con riguardo alle fatture elettroniche, invece, l’art. 6  del Dm 17 giugno 2014 dispone che l’imposta di bollo sui documenti informatici fiscalmente rilevanti è corrisposta mediante versamento nei modi di cui all’art. 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, con modalità esclusivamente telematica.
 

Periodo di riferimento Termini di versamento fino al 31 dicembre 2020 Nuovi termini di versamento dal 1° gennaio 2021  
Codici tributo
I trimestre 2021 20.04.2021 31.05.2021 2521
II trimestre 2021 20.07.2021 30.09.2021
(e se I trimestre < 250 euro)
2522
III trimestre 2021 20.10.2021 30.11.2021 (e se I e II trimestre < 250 euro) 2523
IV trimestre 2021 20.01.2022 28.02.2022 2524
 
Le nuove scadenze di versamento dal 2021
Il pagamento dell’imposta relativa alle fatture elettroniche emesse in ciascun trimestre solare veniva effettuato entro il giorno 20 del primo mese successivo.

In base alle nuove tempistiche, dettate dal D.m. 4 dicembre 2020 , il versamento del bollo deve essere effettuato entro l’ultimo giorno del secondo mese successivo alla chiusura del trimestre e non più, come in precedenza previsto, entro il giorno 20 del primo mese successivo allo stesso trimestre.

Il bollo sulle fatture elettroniche emesse nel primo trimestre 2021 dovrà, quindi, essere versato entro il 31 maggio 2021.

Particolare la scadenza del secondo trimestre: il bollo per i mesi di aprile, maggio e giugno dovrà essere pagato entro il 30 settembre 2021, entro l’ultimo giorno del terzo mese successivo alla chiusura.

Tempistiche differenziate di pagamento sono possibili, poi, se l’imposta non supera la soglia di 250 euro:

  • se il bollo complessivamente dovuto nel primo trimestre solare non supera tale importo, il contribuente, in luogo della scadenza ordinaria, può pagare entro il termine previsto per il versamento dell’imposta relativa al secondo trimestre e, quindi, entro il 30 settembre 2021;
  • se l’importo dell’imposta per i primi due trimestri solari, complessivamente considerato, non supera 250 euro, il pagamento può essere effettuato entro il termine previsto per il versamento dell’imposta relativa al terzo trimestre, e quindi, entro il 30 novembre 2021.
La comunicazione dell’Agenzia delle Entrate sull’importo dovuto
L’Agenzia delle entrate è in grado di rendere noto l’ammontare dell’imposta dovuta sulla base dei dati presenti nelle fatture elettroniche inviate attraverso lo Sdi di cui all’art. 1, commi 211 e 212, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, riportando l’informazione all’interno dell’area riservata del soggetto passivo Iva, presente sul sito dell’Agenzia delle entrate.

Il pagamento dell’imposta, inoltre, può essere effettuato mediante il servizio presente nella predetta area riservata:

  • con addebito su conto corrente bancario o postale o
  • utilizzando il modello F24 predisposto dall’Agenzia delle entrate.
Nel portale “Fatture e Corrispettivi”, sono state aggiornate le funzionalità relative alla consultazione e variazione dei dati per il versamento del tributo.

 E’, quindi, possibile prendere visione dei due distinti elenchi, contenenti:

  • le fatture elettroniche transitate dal Sistema di interscambio nei primi tre mesi dell’anno, che già recano l’assolvimento dell’imposta di bollo (Elenco A);
  • quelle che, invece, non riportano l’indicazione del tributo, pur essendone soggette (Elenco B).
L’elenco “B” era modificabile e il contribuente aveva tempo fino al 30 aprile 2021 per comunicare all’agenzia che, in relazione a uno o più dei documenti in esso contenuti, non risultavano realizzati i presupposti per l’applicazione dell’imposta; entro la stessa data, era possibile procedere all’integrazione dell’elenco con gli estremi (identificativo Sdi) delle fatture, non segnalate dall’amministrazione finanziaria, per le quali il tributo risulta dovuto.

Le fatture elettroniche per le quali è obbligatorio l’assolvimento dell’imposta di bollo devono riportare specifica annotazione di assolvimento dell’imposta.

Per le fatture elettroniche inviate attraverso il Sistema di Interscambio (Sdi) dal 1° gennaio 2021, l’agenzia delle entrate, sulla base dei dati in suo possesso, provvede, per ciascun trimestre, all’integrazione delle fatture che non riportano l’evidenza dell’assolvimento dell’imposta di bollo, ma per le quali l’imposta risulta dovuta.

Per il secondo trimestre, il termine è prorogato al 20 settembre.
 

Periodo di riferimento Comunicazione al contribuente da parte dell’Agenzia entrate Termine entro cui è possibile regolarizzare con riduzione di 1/3 Termine entro cui è possibile regolarizzare con ravvedimento operoso
I trimestre 2021 15.05.2021  
30 giorni dalla notifica della comunicazione da parte dell’Agenzia entrate
Dalla scadenza originaria di versamento fino alla notifica della comunicazione da parte dell’Agenzia entrate
II trimestre 2021 20.09.2021
III trimestre 2021 15.11.2021
IV trimestre 2021 15.02.2022
Entro il giorno 15 del secondo mese successivo alla chiusura del trimestre, viene comunicato in modalità telematica l’ammontare dell’imposta di bollo complessivamente dovuta, calcolata sulla base delle fatture per le quali il cedente o prestatore ha indicato l’assolvimento dell’imposta, nonché delle integrazioni.
Regime sanzionatorio
In caso di ritardato, omesso o insufficiente versamento dell’imposta, la sanzione dovuta, ridotta di un terzo, e gli interessi sono comunicati telematicamente al contribuente: il mancato pagamento entro 30 giorni dalla notifica della comunicazione determina l’iscrizione a ruolo a titolo definitivo di tali importi, con sanzione piena.

L’art. 12-novies, comma 1 , terzo periodo, del D.L. 30 aprile 2019, n. 34, opera rinvio all’art. 13, comma 1, del D.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, e, dunque, alla modulazione della sanzione. In particolare, la sanzione su cui applicare, in caso di definizione entro 30 giorni dalla comunicazione, la riduzione pari a un terzo, ai sensi dello stesso art. 12-novies , comma 1, è pari:

  • al 30 per cento per cento, se il versamento è eseguito oltre novanta giorni dalla scadenza del termine per l’adempimento;
  • al 15 per cento (cioè la sanzione precedente è ridotta alla metà), se il versamento è eseguito entro novanta giorni dalla scadenza del termine per l’adempimento;
  • a un importo pari a 1/15 per ciascun giorno di ritardo (1 per cento), se il versamento è eseguito entro quindici giorni dalla scadenza del termine per l’adempimento.
Come chiarito con la circolare 14 aprile 2015, n. 16/E, par. 7, infatti, laddove l’imposta di bollo sia assolta:
  • mediante contrassegno, la sanzione applicabile è quella dettata dall’art. 25, primo comma, del Dpr n. 642/1972, secondo cui chi non corrisponde, in tutto o in parte, l’imposta di bollo dovuta sin dall’origine è soggetto, oltre al pagamento del tributo, a una sanzione amministrativa dal 100 al 500 per cento dell’imposta o della maggiore imposta;
  • con modalità diverse dal contrassegno (ai sensi dell’art. 15 del Dpr. n. 642/1972, oppure dell’art. 6 del D.m. 17 giugno 2014, ma comunque mediante versamento cumulativo dell’imposta), la sanzione applicabile – anche rispetto alle violazioni commesse prima del 1° gennaio 2021 – è quella di cui all’art. 13 del D.lgs. n. 471/1997, secondo cui chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l’ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al 30 per cento di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risultino una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile.
Diversamente, se il contribuente non provvede al pagamento, in tutto o in parte, delle somme dovute entro il suddetto termine di 30 giorni, il competente Ufficio dell’Agenzia delle entrate procede all’iscrizione a ruolo, a titolo definitivo, della sanzione di cui all’art. 13, comma 1, del D.lgs. n. 471/1997 in misura piena, nonché dell’imposta o della maggiore imposta, ove dovuta, e dei relativi interessi.
Ravvedimento operoso
La sanzione richiamata dall’art. 12-novies, comma 1 , terzo periodo, del Dl. n. 34/2019 (cioè la sanzione di cui all’art. 13, comma 1, del D.lgs. n. 471/1997) è ravvedibile ai sensi dell’art. 13 del D.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472.
Tuttavia, la comunicazione di cui all’art. 12-novies, comma 1 , del Dl. n. 34/2019, con cui l’agenzia delle entrate constata la violazione e comunica l’imposta, gli interessi e la sanzione da versare, inibisce al contribuente di avvalersi della facoltà del ravvedimento operoso, di cui all’art. 13 del D.lgs. n. 472/1997.

(MF/ms)




Fatture di fine 2022: attenzione alla detrazione IVA

Come noto, l’art. 2, Dl. n. 50/2017, in merito alle fatture di acquisto e bollette doganali emesse a decorrere 1° gennaio 2017, ha previsto una sensibile riduzione dell’arco temporale entro cui può essere fatta valere la detrazione dell’IVA assolta sull’acquisto di beni e servizi.

La “novità” legislativa impone (si veda l’art. 19 del Dpr. n. 633/1972), infatti, la detraibilità delle fatture ricevute al più tardi entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di esigibilità dell’imposta e con riferimento al medesimo anno.

Risulta, poi, possibile procedere alla detrazione Iva (sempre che ne ricorrano i presupposti) di tutte le fatture (sia analogiche che elettroniche) ricevute ed annotate entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, tenendo comunque presente che tale possibilità torna applicabile esclusivamente per le fatture ricevute nello stesso anno in cui l’operazione si considera effettuata ai sensi dell’art. 6 del Dpr n. 633/1972. Quindi, tale principio non si applica per le fatture a cavallo d’anno.
 

Premessa
Allo scopo di garantire la neutralità dell’Iva per gli operatori economici, è riconosciuto il diritto di detrazione dell’Iva assolta sugli acquisti e le importazioni dall’imposta dovuta in relazione alle operazioni attive effettuate nel medesimo periodo (liquidazione periodica) ai sensi dell’art. 19 del Dpr n. 633/1972.

Al riguardo risulta opportuno ricordare che l’art. 2, Dl n. 50/2017 (c.d. Manovra correttiva), in vigore dal 24 aprile 2017, ha imposto una riduzione dell’arco temporale entro cui può essere fatta valere la detrazione dell’Iva assolta sull’acquisto di beni e servizi.

Ne discende che la detraibilità dell’Iva delle fatture ovvero bollette doganali emesse dal 1° gennaio 2017 può avvenire al più tardi entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di esigibilità dell’imposta e con riferimento al medesimo anno.

Il citato Decreto Legge è intervenuto, altresì, sull’art. 25, comma 1, del Dpr n. 633/1972, relativo ai termini di annotazione sui registri Iva delle fatture di acquisto, stabilendo che le fatture di acquisto (e le bollette doganali di importazione) debbano essere annotate entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura e con riferimento al medesimo anno.

Detrazione IVA: le regole generali
Come scritto in precedenza, l’art. 2 della Manovra correttiva, modificando gli artt. 19 e 25 del Dpr n. 633/1972, ha posto dei limiti temporali per il diritto alla detrazione dell’Iva assolta sugli acquisti, documentati da fatture ovvero bollette doganali emesse dal 1° gennaio 2017, prevedendo che lo stesso possa essere esercitato fino al termine di presentazione della dichiarazione annuale IVA riferita all’anno in cui si è verificata l’esigibilità dell’imposta.

Va da sé che il “nuovo” termine, soprattutto considerando che a regime la dichiarazione annuale va presentata entro il 30 aprile successivo all’anno di riferimento, riduce sensibilmente l’arco temporale entro cui può essere fatta valere la detrazione dell’IVA assolta sull’acquisto di beni e servizi.

Tale limitazione del periodo entro cui esercitare il diritto alla detrazione del tributo potrebbe costare molto cara alle imprese e ai professionisti. In molti casi gli operatori potrebbero rimanere incisi dal tributo e l’imposta sul valore aggiunto trasformarsi in un costo non neutrale.

 

Disposizioni da prendere a riferimento per fatture ovvero bollette doganali emesse a decorrere dal 1° gennaio 2017
 
Formulazione dell’art. 19 del D.P.R. n. 633/1972 Ai sensi del riformulato art. 19 del Dpr n. 633/1972, dal 24 aprile 2017, il diritto alla detrazione dell’IVA, per le fatture ovvero bollette doganali emesse a decorrere dal 1° gennaio 2017, relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile ed è esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo.
Formulazione dell’art. 25 del
D.P.R. n. 633/1972
Con la modifica dell’art. 25 del Dpr n. 633/1972 viene, ora, stabilito, per i documenti emessi dal 1° gennaio 2017, che le fatture IVA di acquisto (ovvero bollette doganali) devono essere annotate nel registro anteriormente alla liquidazione periodica nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta e comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura e con riferimento al medesimo anno.
Al fine di evitare che il cessionario/committente subisca il pregiudizio finanziario derivante dall’allungamento dei tempi di emissione della fattura elettronica, l’art. 14 del Dl n. 119/2018 ha apportato importanti semplificazioni in tema di detraibilità dell’IVA. In particolare, è stato previsto che entro il giorno 16 di ciascun mese (ovvero lo stesso termine per l’autoliquidazione IVA) potrà essere esercitato il diritto alla detrazione dell’IVA relativa ai documenti di acquisto che sono ricevuti e annotati entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione. Tale regola, però, non si applica alle fatture “a cavallo d’anno”.
Ciò premesso l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 1/E/2018, in tema di “nuova” detrazione IVA per le fatture ovvero bollette doganali emesse dal 1° gennaio 2018, ha chiarito che, a norma dell’art. 25 del Dpr n. 633/1972, è possibile annotare una fattura sul libro acquisti dalla data di ricezione della stessa, ed entro il termine per la dichiarazione IVA relativa all’anno in cui la fattura stessa è stata ricevuta, con la conseguenza che, ad esempio, se la fattura la cui imposta è divenuta esigibile nel 2022:
  • è stata ricevuta ed annotata nel 2022, tale fattura concorre secondo le modalità ordinarie alla relativa liquidazione di periodo, ed alla dichiarazione IVA annuale (si tratta delle consuete modalità di contabilizzazione ed esposizione nei dichiarativi);
  • è stata altrettanto ricevuta nel 2022, ma non è stata annotata in tale anno, per poter far valere la detrazione della relativa imposta, la suddetta fattura dovrà essere annotata sul registro acquisti entro il termine per la dichiarazione IVA, ovvero il 30 aprile 2023. Non solo, l’annotazione dovrà avvenire utilizzando un sezionale, o comunque una metodologia atta a rendere la fattura stessa riconoscibile da quelle “correnti” del 2023.
Questo perché l’IVA relativa a tale fattura seguirà un percorso particolare: non dovrà essere considerata nella liquidazione del periodo 2023 nella quale viene annotata, e dovrà invece essere ricompresa nel quadro VF (quadro acquisti) della Dichiarazione IVA 2023 (anno d’imposta 2022).

Infatti, è con l’inserimento nella dichiarazione IVA relativa all’anno d’imposta 2022 che sarà concretamente esercitato il diritto alla detrazione.

Inoltre, sempre la circolare n. 1/E/2018 ha chiarito che vi può essere anche un’ulteriore strada da seguire al fine della detrazione IVA e nel dettaglio: se la fattura la cui imposta è divenuta esigibile nel 2022 è stata ricevuta nel 2023, la stessa seguirà le tempistiche di annotazione delle fatture datate 2022.

Pertanto, potrà essere registrata entro il termine della dichiarazione IVA relativa al 2022 (ovvero 30 aprile 2023).

L’IVA relativa andrà a confluire nella liquidazione del periodo 2022 nella quale è avvenuta la registrazione, e nella dichiarazione IVA 2023 riferimento 2022, secondo le regole descritte in precedenza. Va da sé che:

  • se l’annotazione avviene entro il 31 dicembre 2022 seguirà la strada ordinaria,
  • se invece l’annotazione avverrà tra il 1° gennaio 2023 ed il 30 aprile 2023 dovrà essere annotata nell’apposito sezionale delle fatture che vanno a confluire nella dichiarazione IVA dell’anno precedente.
Tenendo comunque presente che la detraibilità dell’IVA dovrà seguire comunque le condizioni previste nell’anno in cui si è verificata l’esigibilità.

La circolare ha precisato, inoltre, che il soggetto passivo cessionario/committente che non abbia esercitato il diritto alla detrazione nei termini indicati, può recuperare l’IVA presentando una dichiarazione integrativa a favore, ai sensi dell’art. 8, comma 6-bis, del D.P.R. n. 322/1998, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione (fatta salva l’applicabilità delle sanzioni). Il cessionario/committente è comunque tenuto a regolarizzare la fattura.
 

Fatture a cavallo d’anno: le possibili ricadute ai fini della detrazione IVA
 
Come scritto in precedenza, dal 24 ottobre 2018 (a seguito dell’art. 14 del D.L. n. 119/2018) è possibile procedere alla detrazione IVA (sempre che ne ricorrano i presupposti) di tutte le fatture (analogiche ed elettroniche) ricevute e annotate entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.

La disposizione è applicabile esclusivamente per le fatture ricevute nello stesso anno in cui l’operazione si considera effettuata ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. n. 633/1972, e non per quelle a cavallo d’anno.

Ciò premesso, per le fatture di fin anno (o a cavallo d’anno) risulta necessario individuare la data di ricezione della fattura. Sul punto si ricorda che:

  • fattura elettronica: la data di ricevimento è certificata dall’esito di ricezione SdI;
  • fattura cartacea: minimi, forfettari, ecc. (è sufficiente provare la ricezione del documento tramite la “corretta tenuta dalla contabilità” – si veda circolare n. 1/E/2018).
In base a quanto sopra di seguito si riportano le possibili ricadute operative
 
Fattura del fornitore: data di emissione Data di ricezione della fattura da parte del cliente Registrazione ai fini IVA Limite temporale per la detrazione IVA
Dicembre 2022 Dicembre 2022 (da registrare entro il 30 aprile 2023 – termine ultimo di presentazione della Dichiarazione IVA 2023 – anno d’imposta 2022) Entro dicembre 2022 Liquidazione IVA di dicembre 2022 (16 gennaio 2023)
Gennaio-aprile 2023 Nella dichiarazione IVA 2023 (anno d’imposta 2022) e annotazione separata nel registro IVA acquisti
Da maggio 2023 (fattura registrata oltre il 30 aprile 2023) Non è possibile procedere alla detrazione IVA. Risulta comunque possibile presentare dichiarazione integrativa a favore
2023 (da registrare entro il 30 aprile 2024 – termine ultimo di presentazione della Dichiarazione IVA 2024 – anno d’imposta 2023) Gennaio-dicembre 2023 Nella liquidazione IVA del periodo 2023
Da gennaio 2024 ad aprile 2024 Nella dichiarazione IVA 2024 (anno d’imposta 2023) e annotazione separata nel registro IVA acquisti
Da maggio 2024 (fattura registrata oltre il termine del 30 aprile 2024) Non è possibile procedere alla detrazione IVA. Risulta comunque possibile presentare dichiarazione integrativa a favore

 

(MF/ms)




Fatture di fine 2023: i termini per la detrazione Iva

Premessa
 

Al fine di garantire la neutralità dell’IVA per gli operatori economici, è riconosciuto il diritto di detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti e le importazioni dall’imposta dovuta in relazione alle operazioni attive effettuate nel medesimo periodo (liquidazione periodica) ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. n. 633/1972.

L’art. 2, D.L. n. 50/2017 (c.d. “Manovra correttiva”), in vigore dal 24 aprile 2017, ha imposto una riduzione dell’arco temporale entro cui può essere fatta valere la detrazione dell’IVA assolta sull’acquisto di beni e servizi.

Ne discende che la detraibilità dell’IVA delle fatture ovvero bollette doganali emesse dal 1° gennaio 2017 può avvenire al più tardi entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di esigibilità dell’imposta e con riferimento al medesimo anno.

Il citato Decreto-Legge è intervenuto, altresì, sull’art. 25, comma 1 del D.P.R. n. 633/1972, relativo ai termini di annotazione sui registri IVA delle fatture di acquisto, stabilendo che le fatture di acquisto (e le bollette doganali di importazione) debbano essere annotate entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura e con riferimento al medesimo anno.

Detrazione IVA: le regole generali

Come scritto in precedenza, l’art. 2 della Manovra correttiva, modificando gli artt. 19 e 25 del D.P.R. n. 633/1972, ha posto dei limiti temporali per il diritto alla detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti, documentati da fatture ovvero bollette doganali emesse dal 1° gennaio 2017, prevedendo che lo stesso possa essere esercitato fino al termine di presentazione della dichiarazione annuale IVA riferita all’anno in cui si è verificata l’esigibilità dell’imposta.

Va da sé che il “nuovo” termine, soprattutto considerando che a regime la dichiarazione annuale va presentata entro il 30 aprile successivo all’anno di riferimento, riduce sensibilmente l’arco temporale entro cui può essere fatta valere la detrazione dell’IVA assolta sull’acquisto di beni e servizi.

Tale limitazione del periodo entro cui esercitare il diritto alla detrazione del tributo potrebbe costare molto cara alle imprese e ai professionisti. In molti casi gli operatori potrebbero rimanere incisi dal tributo e l’imposta sul valore aggiunto trasformarsi in un costo non neutrale.
 

Disposizioni da prendere a riferimento per fatture ovvero bollette doganali emesse a decorrere dal 1° gennaio 2017
 
Formulazione dell’art. 19 del
D.P.R. n. 633/1972

 
Ai sensi del riformulato art. 19 del D.P.R. n. 633/1972, dal 24 aprile 2017, il diritto alla detrazione dell’IVA, per le fatture ovvero bollette doganali emesse a decorrere dal 1° gennaio 2017, relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile ed è esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo.
Formulazione dell’art. 25 del
D.P.R. n. 633/1972
Con la modifica dell’art. 25 del D.P.R. n. 633/1972 viene, ora, stabilito, per i documenti emessi dal 1° gennaio 2017, che le fatture IVA di acquisto (ovvero bollette doganali) devono essere annotate nel registro anteriormente alla liquidazione periodica nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta e comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura e con riferimento al medesimo anno.

Al fine di evitare che il cessionario/committente subisca il pregiudizio finanziario derivante dall’allungamento dei tempi di emissione della fattura elettronica, l’art. 14 del D.L. n. 119/2018 ha apportato importanti semplificazioni in tema di detraibilità dell’IVA.

In particolare, è stato previsto che entro il giorno 16 di ciascun mese (ovvero lo stesso termine per l’autoliquidazione IVA) potrà essere esercitato il diritto alla detrazione dell’IVA relativa ai documenti di acquisto che sono ricevuti e annotati entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione. 

Tale regola, però, non si applica alle fatture “a cavallo d’anno”.
 

Ciò premesso l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 1/E/2018, in tema di “nuova” detrazione IVA per le fatture ovvero bollette doganali emesse dal 1° gennaio 2018, ha chiarito che, a norma dell’art. 25 del D.P.R. n. 633/1972, è possibile annotare una fattura sul libro acquisti dalla data di ricezione della stessa, ed entro il termine per la dichiarazione IVA relativa all’anno in cui la fattura stessa è stata ricevuta, con la conseguenza che, ad esempio, se la fattura la cui imposta è divenuta esigibile nel 2023:

  • è stata ricevuta ed annotata nel 2023, tale fattura concorre secondo le modalità ordinarie alla relativa liquidazione di periodo, ed alla dichiarazione IVA annuale (si tratta delle consuete modalità di contabilizzazione ed esposizione nei dichiarativi);
  • è stata altrettanto ricevuta nel 2023, ma non è stata annotata in tale anno, per poter far valere la detrazione della relativa imposta, la suddetta fattura dovrà essere annotata sul registro acquisti entro il termine per la dichiarazione IVA, ovvero il 30 aprile 2024. Non solo, l’annotazione dovrà avvenire utilizzando un sezionale, o comunque una metodologia atta a rendere la fattura stessa riconoscibile da quelle “correnti” del 2024.
Questo perché l’IVA relativa a tale fattura seguirà un percorso particolare: non dovrà essere considerata nella liquidazione del periodo 2024 nella quale viene annotata, e dovrà invece essere ricompresa nel quadro VF (quadro acquisti) della Dichiarazione IVA 2024 (anno d’imposta 2023).

Infatti, è con l’inserimento nella dichiarazione IVA relativa all’anno d’imposta 2023 che sarà concretamente esercitato il diritto alla detrazione.

Inoltre, sempre la circolare n. 1/E/2018 ha chiarito che vi può essere anche un’ulteriore strada da seguire al fine della detrazione IVA e nel dettaglio: se la fattura la cui imposta è divenuta esigibile nel 2023 è stata ricevuta nel 2024, la stessa seguirà le tempistiche di annotazione delle fatture datate 2023.
Pertanto, potrà essere registrata entro il termine della dichiarazione IVA relativa al 2023 (ovvero 30 aprile 2024).

L’IVA relativa andrà a confluire nella liquidazione del periodo 2023 nella quale è avvenuta la registrazione, e nella dichiarazione IVA 2024 riferimento 2023, secondo le regole descritte in precedenza.

Va da sé che, se l’annotazione avviene entro il 31 dicembre 2023 seguirà la strada ordinaria, se invece l’annotazione avverrà tra il 1° gennaio 2024 ed il 30 aprile 2024 dovrà essere annotata nell’apposito sezionale delle fatture che vanno a confluire nella dichiarazione IVA dell’anno precedente. 
Tenendo presente che la detraibilità dell’IVA dovrà seguire comunque le condizioni previste nell’anno in cui si è verificata l’esigibilità.

La circolare ha precisato, inoltre, che il soggetto passivo cessionario/committente che non abbia esercitato il diritto alla detrazione nei termini indicati, può recuperare l’IVA presentando una dichiarazione integrativa a favore, ai sensi dell’art. 8, comma 6-bis, del D.P.R. n. 322/1998, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione (fatta salva l’applicabilità delle sanzioni). Il cessionario/committente è comunque tenuto a regolarizzare la fattura.

Fatture a cavallo d’anno: le possibili ricadute ai fini della detrazione IVA

Come scritto in precedenza, dal 2018 (a seguito dell’art. 14 del D.L. n. 119/2018) è possibile procedere alla detrazione IVA (sempre che ne ricorrano i presupposti) di tutte le fatture (analogiche ed elettroniche) ricevute e annotate entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.

La disposizione è applicabile esclusivamente per le fatture ricevute nello stesso anno in cui l’operazione si considera effettuata ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. n. 633/1972, e non per quelle a cavallo d’anno.
 
Novità ad opera della Legge delega di riforma fiscale (non ancora entrata in vigore)
 
Risulta opportuno evidenziare che l’art. 7 della Legge n. 111/2023 (Legge delega di riforma fiscale) ha previsto che il Governo osserverà, fra gli altri, il seguente principio per la revisione della disciplina IVA:

“prevedere che, in relazione ai beni e servizi acquistati o importati per i quali l’esigibilità dell’imposta si verifica nell’anno precedente a quello di ricezione della fattura, il diritto alla detrazione possa essere esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui la fattura è ricevuta”.

A seguito di tale disposizione (fermo restando il fatto che ad oggi non è ancora entrata in vigore) si supererà il limite in base al quale la detrazione non possa essere esercitata nel periodo in cui l’imposta è divenuta esigibile, ma in quello di ricezione del documento. Non sarà più prevista una differenza tra fatture ricevute durante l’anno e quelle c.d. “a cavallo” d’anno, ma sarà semplicemente stabilito il termine ultimo entro il quale è esercitabile il diritto alla detrazione (dichiarazione relativa all’anno in cui la fattura è ricevuta).
 

Ciò premesso, per le fatture di fine anno (o “a cavallo” d’anno) risulta necessario individuare la data di ricezione della fattura.

Sul punto si ricorda che:
  • fattura elettronica: la data di ricevimento è certificata dall’esito di ricezione SDI; 
  • fattura cartacea: minimi, forfetari, ecc. (è sufficiente provare la ricezione del documento tramite la “corretta tenuta dalla contabilità” – si veda circolare n. 1/E/2018).

In base a quanto sopra, di seguito si riportano le possibili ricadute operative.
 

Fattura del fornitore: data di emissione
 
Data di ricezione della fattura da parte del cliente Registrazione ai fini IVA Limite temporale per la detrazione IVA
Dicembre 2022 Dicembre 2023 (da registrare entro il 30 aprile 2024 – termine ultimo di presentazione della Dichiarazione IVA 2024 – anno d’imposta 2023) Entro dicembre 2023.
 
Liquidazione IVA di dicembre 2023 (16 gennaio 2024)
Gennaio – aprile 2024. Nella dichiarazione IVA 2024 (anno d’imposta 2023) e annotazione separata nel registro IVA acquisti.
 
Da maggio 2024 (fattura registrata oltre il 30 aprile 2024). Non è possibile procedere alla detrazione IVA. Risulta comunque possibile presentare dichiarazione integrativa a favore.
 
2024 (da registrare entro il 30 aprile 2025 – termine ultimo di presentazione della Dichiarazione IVA 2025 – anno d’imposta 2024) Gennaio – dicembre 2024.
 
Nella liquidazione IVA del periodo 2024.
Da gennaio 2025 ad aprile 2025. Nella dichiarazione IVA 2025 (anno d’imposta 2024) e annotazione separata nel registro IVA acquisti.
 
Da maggio 2025 (fattura registrata oltre il termine del 30 aprile 2025).
 
Non è possibile procedere alla detrazione IVA. Risulta comunque possibile presentare dichiarazione integrativa a favore.

 

(MF/ms)
 




Fatturazione elettronica e esterometro: ulteriori precisazioni

Con giovedì 1° ottobre 2020, per l’invio a SDI delle fatture elettroniche e dell’esterometro, sono utilizzabili, in via facoltativa, le specifiche tecniche 1.6.1, approvate dall’Agenzia delle Entrate con Provvedimento del 28.02.2020, poi modificato con Provvedimento del 20.04.2020.

A decorrere dal 1° gennaio 2021, l’utilizzo delle nuove specifiche tecniche diventerà obbligatorio.

La possibilità di utilizzare in via facoltativa le nuove specifiche tecniche potrà creare qualche problema nello scambio di fatture; qualora, infatti, il soggetto emittente inviasse a SDI una fattura secondo le nuove specifiche, ed il ricevente non fosse ancora aggiornato alle stesse, potrebbe crearsi qualche problema pratico, quale ad esempio l’impossibilità di conversione del documento XML in un file leggibile (tipo PDF).

E’ quindi consigliabile che l’aggiornamento dei software contabili avvenga quanto prima, e che le modalità di aggiornamento siano concordate tra software house e utilizzatore del software; infatti, la cosa richiede, contestualmente, competenze informatiche ma anche una conoscenza delle regole Iva e delle modalità di gestione delle operazioni da parte delle aziende.

Attualmente, non esiste nessun chiarimento riguardante le nuove specifiche tecniche, che, lo precisiamo, sono un documento di 244 pagine scritto per informatici.

Le interpretazioni sono basate sulla lettura delle stesse e sulla logica che ritengo abbia portato all’aggiornamento: l’Agenzia delle Entrate, dal 2021, deve proporre al contribuente la bozza dei registri Iva, delle liquidazioni periodiche, e della dichiarazione annuale.

L’Agenzia delle Entrate, nel corso dell’ultimo Telefisco, ha chiarito che verrà messo a disposizione dei contribuenti un sistema con il quale possono essere accettate le bozze proposte, o modificate “online”.

Premesso che difficilmente le bozze potranno essere esatte (ad esempio l’Agenzia non può sapere quale è la detraibilità Iva dei vari acquisti), e che una eventuale accettazione non ha alcun effetto concreto sul contribuente (differentemente dall’accettazione di un 730 precompilato), la cosa da evitare è quella di commettere degli errori informatici che portino i dati elaborati dall’Agenzia ad essere talmente differenti da quelli comunicati tramite una LiPe, da condurre all’emissione di un “invito alla compliance” per spiegare le differenze, con dispendio di tempo, e spesso di denaro.

Fatta tale premessa, passiamo, ad esempio, a capire perché siano stati introdotti dei nuovi “tipi documento”, accanto a quelli già esistenti che individuano la fattura (TD01), la nota di accredito (TD04), e così via.

Scopriamo, quindi, che abbiamo due nuovi codici per la fattura differitaTD24 per quella emessa comunemente a seguito di cessioni documentate da ddt e per prestazioni di servizi documentate con documenti assimilabili al ddt, e TD25 per la fattura emessa dal promotore di una operazione triangolare.

La necessità di individuare la prima tipologia di fattura differita potrebbe essere dettata dal fatto che, differentemente da una fattura immediata, la stessa potrebbe essere datata in un mese, ma dover confluire nella liquidazione del mese precedente, cioè quello di consegna o spedizione della merce. La seconda tipologia di fattura differita, invece, deve confluire nella liquidazione del mese di emissione, il quale è tuttavia quello successivo a quello di consegna o spedizione.

Un nuovo campo è stato istituito per gestire le autofatture per splafonamento (TD21); attualmente si ritiene che tale operazione vada gestita con il codice TD20, utilizzabile per la “autofattura denuncia”, dove si deve indicare, come “cedente/prestatore”, colui che ha emesso la fattura senza Iva che ha portato allo splafonamento.

In realtà, la procedura fin qui utilizzata non era esente da critiche, posto che tale codice viene letto dall’Agenzia delle Entrate come una “denuncia”, con la quale il cessionario/committente invita l’Agenzia delle Entrate ad andare a controllare un proprio fornitore che non gli ha emesso una fattura, o la ha emessa sbagliata.

Nel caso dello splafonamento, invece, chi ha sbagliato è il cessionario/committente, che ha consegnato una dichiarazione di intento al proprio fornitore, il quale ha legittimamente emesso fattura non imponibile, e non la ha revocata per tempo raggiunto l’ammontare del plafond: la colpa dello splafonamento è unicamente imputabile all’esportatore abituale.

Dalla lettura dei nuovi codici errore presenti nelle specifiche tecniche emerge che nell’autofattura per splafonamento con codice TD21 non devono più essere riportati gli estremi del fornitore, ma sia come “cedente/prestatore”, che come “cessionario/committente” deve essere indicato il soggetto che emette il documento.

Sempre riguardo alla “natura documento”, è stato istituito il codice TD27, per la fattura per cessioni gratuite senza rivalsa o per autoconsumo.

In questi casi, si emette in genere una autofattura nella quale si risulta sia come cedenti/prestatori che come cessionari/committenti, ma si registra la stessa solo nel registro delle fatture emesse.

Tale codice dovrebbe quindi consentire al sistema dell’Agenzia di inserire tale documento nel quadro VE ma non nel VF.

Inoltre è stato istituito il codice TD26, cessioni di beni ammortizzabili e passaggi interni, che servirà per la compilazione del campo VE40 della dichiarazione Iva.

Questo campo serve per la corretta determinazione del volume d’affari, e, a sua volta, il volume d’affari, serve ad esempio per determinare se ci sono le condizioni per chiedere rimborsi e compensazioni dell’Iva a credito; una non corretta compilazione, anche se probabilmente non dovrebbe essere sanzionabile, potrebbe però rallentare l’erogazione di un rimborso Iva o far nascere un controllo mirato a verificare le condizioni di spettanza: insomma, come minimo una perdita di tempo!

C’è tuttavia da sottolineare che il tempo speso per codificare con il codice TD26 le cessioni di beni ammortizzabili, dovrebbe venire poi risparmiato in sede di redazione della dichiarazione annuale.

Sono state illustrate le nuove causali da dedicare al campo “tipo documento”, ed analizzato quelle relative alle fatture differite (TD24 e TD25), quelle per l’autofattura per splafonamento (TD21), quella per cessione gratuita senza rivalsa e per autoconsumo (TD27) e quella per cessione di beni ammortizzabili e passaggi interni (TD26).

Queste causali possono consentire all’Agenzia di determinare con maggiore precisione il totale dell’Iva vendite, e compilare in automatico alcuni campi del quadro VE della dichiarazione Iva.

Per poter, però, aumentare la precisione di compilazione, sono stati introdotti dei nuovi codici utilizzabili nel campo relativo alla “natura”, cioè quello che deve essere compilato quando, a fronte di un imponibile positivo, c’è una imposta uguale a zero.

Ad oggi erano presenti i codici da N1 a N7, che codificavano le operazioni escluse, non soggette, non imponibili, esenti, in regime monofase, in reverse charge, con addebito di Iva estera.

Di tali codici, non saranno più utilizzabili i codici N2 (non soggette), N4 (non imponibili) e N6 (operazioni in reverse charge), in quanto sostituiti da una serie di sottocodici con maggiori dettagli.

Partiamo dalle operazioni non soggette ad Iva: sono quelle per le quali manca un requisito (soggettivo, oggettivo o territoriale), e, in quanto “fuori campo Iva”, per le stesse non dovrebbero applicarsi in toto le regole previste da tale imposta, comprese quelle di fatturazione e di indicazione in dichiarazione.

Ciò nonostante, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nelle Faq sulla fattura elettronica, per le stesse può comunque essere emessa una “fattura”, indicando la causale N2, ma le stesse non andranno indicate nel modello dichiarativo.

Si pensi, ad esempio, alle emissioni di fatture per risarcimenti danni causati dal cedente o prestatore, alle cessioni di buoni multiuso, di terreni agricoli, alle emissioni di note di variazione fuori campo ai sensi dell’articolo 26.

Tuttavia, ai sensi dell’articolo 21 del Decreto Iva, vi sono delle operazioni fuori campo Iva per le quali vige l’obbligo di fatturazione e di indicazione nel rigo VE34 della dichiarazione: sono alcune operazioni non territoriali, tra cui le più frequenti sono quelle per le quali si emette fattura senza Iva ai sensi dell’articolo 7-ter, per aver reso un servizio ad un soggetto passivo stabilito all’estero.

Sulla base di tali premesse, si ritiene che la nuova causale “N2.1 – non soggette ad Iva ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies del D.P.R. 633/1972” sia da utilizzare per tutte le fatture emesse obbligatoriamente per operazioni non territoriali, da indicare nel campo VE34 della dichiarazione, mentre la causale “N2.2 – non soggette – altri casi” sia da utilizzare per le fatture fuori campo emesse facoltativamente e da non indicare in dichiarazione.

L’opinione di chi scrive è che – a questo punto – con il codice N2.1 vadano indicate le fatture emesse senza Iva ai sensi dell’articolo 7-ter, sia nei confronti di soggetti comunitari che extracomunitari.

Ciò andrebbe a superare un orientamento manifestato da Assosoftware prima, ed avallato dall’Agenzia delle Entrate, per il quale erano da codificare con il codice N2 solo le fatture in 7-ter verso extracomunitari e con il codice N6 quelle emesse a comunitari.

Tale interpretazione nasceva dal fatto che – come indicato nell’articolo 21 del Decreto Iva – sulle prime deve essere indicata l’annotazione “operazione non soggetta” e sulle seconde quella “inversione contabile”. Tuttavia, indipendentemente dalle annotazioni da riportare, entrambe sono operazioni non soggette, e confluiscono nel medesimo rigo dichiarativo; rigo che è di particolare importanza qualora si chieda il rimborso dell’Iva in quanto le operazioni non territoriali superano il 50% del volume d’affari.

A supporto della tesi per cui tutte le operazioni fatturate con l’articolo 7-ter andranno valorizzate con la causale “N2.1”, depone anche il fatto che nell’esterometro non esisterà più il codice N6. Chi, quindi, comunicherà le fatture in 7-ter verso comunitari con l’esterometro, anziché emettere direttamente la fattura via SDI, anche volendo non potrà utilizzare un codice della famiglia N6.

Dovesse essere confermata l’opinione di chi scrive, è probabile che molti software contabili richiederanno un aggiornamento, e per chi, per evitare l’esterometro, emette le fatture via SDI anche nei confronti di committenti non stabiliti in Italia, andrà previsto che tutte vengano catalogate con lo stesso codice e poi, a seconda del Paese di stabilimento del cliente, si riporti l’indicazione obbligatoria “non soggetta” piuttosto che “inversione contabile”.

Questo cambio di codice per le operazioni in 7-ter verso committenti comunitari, potrebbe far emergere un problema relativamente all’assoggettamento ad imposta di bollo.

Ai sensi del D.L. 34/2019, l’Agenzia dovrebbe integrare con procedure automatizzate le fatture che non riportano l’imposta di bollo ed inviare un invito al pagamento, a cui seguirà nel caso una iscrizione a ruolo.

È infatti comunemente riconosciuto che per i documenti che certificano operazioni fuori campo di applicazione dell’Iva sia dovuta l’imposta di bollo e questo vale anche per le operazioni non territoriali; tuttavia, a parere di chi scrive, l’assoggettamento ad imposta di bollo delle fatture in 7-ter verso soggetti comunitari sarebbe contraria ai principi di non discriminazione previsti dal Trattato UE, dal momento che la stessa operazione resa verso italiani non è in genere assoggettata ad imposta.

Qualora le procedure automatizzate dell’Agenzia dovessero inviare tali comunicazioni, alle quali seguirà la cartella di pagamento ed il relativo contenzioso, è probabile che in caso di importi rilevanti, dovrà essere coinvolta la Corte di Giustizia UE.

Tornando alla fattura, il codice che certifica le operazioni non imponibili (N3), viene suddiviso nei codici da N3.1 a N3.6 per la corretta compilazione dei vari campi del rigo VE34 (operazioni che formano il plafond), del rigo VE35 (operazioni verso gli esportatori abituali) e VE36 (altre operazioni non imponibili che non formano il plafond).

Anche in questo caso vi sono dei codici per i quali è pacifico che l’imposta di bollo è dovuta (operazioni verso gli esportatori abituali) e che non è dovuta (esportazioni, cessioni comunitarie), mentre per altre operazioni non imponibili l’obbligo di assolvimento dell’imposta di bollo è legata ad eventi che non sono codificabili (ad esempio se una operazione internazionale è legata ad una esportazione o meno) e quindi non è chiaro come possa l’Agenzia fare un controllo automatizzato delle fatture.

Ulteriore modifica è la suddivisione del codice “N6-inversione contabile”, nei sottocodici da N6.1 a N6.8, che servono per distinguere le varie casistiche di applicazione del reverse charge, come individuate dal rigo VE35 della dichiarazione; è stato istituito inoltre il codice “N6.9 inversione contabile-altri casi” che attualmente non ha riscontro in nessun rigo dichiarativo.

Sembra che l’Agenzia possa proporre una bozza di quadro VE della dichiarazione Iva che sia molto fedele alla realtà.

La domanda che sorge spontanea è come gestire le note di variazione; se è vero che esistono degli specifici codici da utilizzare come “tipo documento” (TD04 nota di credito), qualora si debba stornare una fattura di cessione di beni ammortizzabili codificata con TD26, affinché il sistema dell’Agenzia provveda alla corretta compilazione del rigo VE40, si dovrà emettere una fattura con segno negativo sempre con codice TD26?

Le modifiche con riferimento alla registrazione delle operazioni passive.

Partiamo in primo luogo dalla determinazione dell’ammontare dell’Iva detraibile: l’Agenzia non può conoscere se una cessione di beni o una prestazione di servizi dà diritto alla detrazione dell’Iva al cessionario o committente, in quanto non è a conoscenza di come viene applicata l’indetraibilità oggettiva, quella mirata, e in alcuni casi nemmeno quella da pro-rata.

Quello che l’Agenzia può sapere, senza essere comunque precisa, è quale sarebbe l’ammontare massimo di Iva detraibile, ipotizzando che non ci siano casi di indetraibilità: tale importo sarebbe dato dall’Iva indicata in tutte le fatture elettroniche ricevute nell’anno (l’Iva relativa può essere infatti detratta solo nell’anno di ricezione della fattura), sommata all’Iva all’importazione (nonostante per l’importatore la bolletta doganale sia un documento cartaceo, i relativi dati dovrebbero essere inseriti a sistema), e sommata all’Iva pagata dallo stesso cessionario o committente al posto del cedente o prestatore, con il meccanismo del reverse charge.

Prima di addentrarci nel discorso relativo al reverse charge, evidenziamo che l’Agenzia non vede in automatico l’Iva che viene addebitata con fattura cartacea da enti non commerciali con attività commerciale inferiore a 65.000 euro, e forse non vede nemmeno quella che potrebbe addebitare un cedente della Repubblica di San Marino.

Ciò premesso, importi rilevanti di imposta possono essere detratti dopo aver effettuato il reverse charge, cioè assolto l’Iva al posto del cedente o prestatore, emettendo una autofattura o integrando la fattura del fornitore. Chiaramente l’imposta assolta deve confluire poi come debito nella liquidazione Iva.

L’Iva che viene assolta con reverse charge confluisce nel quadro VJ della dichiarazione Iva, il quale riporta dei campi per il cosiddetto “reverse charge interno” e per quello “estero”.

Il reverse charge estero si effettua in particolare quando si fanno acquisti comunitari, quando si è committenti di prestazioni di servizi con territorialità italiana, rese da soggetti passivi stabiliti all’estero, e quando si acquistano da soggetti stabiliti all’estero beni che già si trovano in Italia.

In tutti i casi di “reverse charge estero” l’operazione va comunicata con l’esterometro, e, logica vuole che tale comunicazione riporti come imposta o come titolo di non imponibilità quello applicato dal cessionario o committente italiano con reverse charge.

Ad esempio, se un soggetto italiano riceve una fattura da un trasportatore tedesco e la integra con Iva, andrà indicato l’imponibile e la relativa imposta integrata, mentre se dovesse integrarla con l’articolo 9, andrà indicata la causale N3.4.

Ricordiamo che, con le nuove specifiche tecniche, in esterometro è stata eliminata la possibilità di utilizzare la causale “N6”, che le specifiche tecniche 1.5 consideravano applicabile in caso di “inversione contabile (per le operazioni in reverse charge ovvero nei casi di autofatturazione per acquisti extra UE di servizi ovvero per importazioni di beni nei soli casi previsti)”.

Una anomalia presente nelle precedenti specifiche tecniche e non eliminata con la versione 1.6, è che qualora il fornitore indicato nell’esterometro sia di un Paese comunitario, come tipo di documento potrà essere messo solo “TD10 Fattura per acquisto intracomunitario di beni” o “TD11 fattura per acquisto intracomunitario di servizi”.

Purtroppo questa è una semplificazione difforme dalla realtà, posto che molto frequentemente fornitori comunitari cedono merce che è già presente in Italia (si pensi alle cessioni di carburante effettuate dai numerosi venditori su internet con depositi in Italia), e quindi non si è in presenza di una operazione comunitaria.

Inoltre, a tali complessità si aggiungerà la Brexit e le implicazioni connesse agli scambi con il Nord Irlanda. Di ciò, chiaramente, dovranno tenerne conto le software house.

Il reverse charge estero, ad oggi, viene effettuato dalla quasi totalità dei soggetti in forma cartacea: al ricevimento di un documento cartaceo (o in formato elettronico, ma extra SdI, come un Pdf via mail), si procede alla stampa del documento estero, all’emissione della autofattura cartacea o all’integrazione del documento cartaceo, ed alla conservazione analogica di tali documenti.

Vero è che l’Agenzia, già nel passato, aveva precisato che era possibile inviare una specie di “autofattura” a SdI per smaterializzare questa operazione, ma la cosa è stata sconsigliata da tutti, per la confusione informatica che poteva generarsi anche nei controlli dell’Agenzia.

A questo riguardo, la novità delle nuove specifiche che sembra andare incontro a chi intende smaterializzare completamente la fase del reverse charge, è l’istituzione di tre nuovi codici del “tipo documento”, che sono TD17, TD18 e TD19, utilizzabili per il reverse charge da farsi su servizi acquistati da soggetti stranieri, sugli acquisti comunitari, e su acquisti di beni da soggetti stranieri.

La logica di tali nuovi codici dovrebbe essere quella di rendere possibile che, già in sede di registrazione del documento estero, il sistema informativo possa creare un file xml da inviare all’Agenzia con i dati del fornitore estero e l’importo dell’Iva da assolvere, che oltre ad eliminare l’incombenza di dover comunicare l’operazione nell’esterometro, eviti proprio la stampa e la conservazione cartacea del documento integrato o dell’autofattura, ed inserisca l’operazione nel corretto rigo del quadro VJ della dichiarazione.

Analoga logica sembra avere il “tipo documento” “TD16 – integrazione reverse charge interno”.

Tale codice consente al cessionario o committente di una operazione in reverse charge interno (acquisto di rottami, di servizi di pulizia, subappalti edili, pallet usati, ecc…), di inviare a SdI un documento che sostituisce l’integrazione della copia cartacea della fattura del fornitore (elettronica inviata via SdI).

Dalle specifiche tecniche capiamo che se generiamo questo file xml da inviare a SdI, come cedente/prestatore andrà messo colui che ha ceduto il bene o prestato il servizio (ad esempio l’impresa di pulizia).

A parere di chi scrive, nel documento dovrebbe essere valorizzata l’imposta che si è assolta in reverse charge, anche se tale modus operandi non consente di determinare in che rigo del quadro VJ inserire l’operazione (salvo che l’Agenzia non riesca a incrociare questo documento con il campo “natura” inserito nella fattura emessa dal fornitore). L’alternativa (indicazione di un codice della famiglia N6), permetterebbe di individuare il rigo di competenza, ma non l’imposta assolta in reverse charge (si pensi ad esempio a chi riceve le fatture di subappalto edile, che le integra talvolta al 4% altre volte al 10% ed altre volte ancora al 22%).

In conclusione, le nuove specifiche tecniche, che per molti saranno solo una complicazione, per altri potrebbero essere uno stimolo per una maggiore automatizzazione dei processi amministrativi ed una eliminazione di documenti cartacei.

Tuttavia, molti chiarimenti sono necessari e, considerati i tempi di aggiornamento dei software gestionali utilizzati in particolare nelle grandi aziende, tali chiarimenti sono già in estremo ritardo.

(MF/ms)




Legge di Bilancio 2022: novità in materia lavoro e previdenza

Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 310 del 31 dicembre 2021 la Legge 30 dicembre 2021 n 234 recante Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024” .
In materia di lavoro e previdenza le principali novità riguardano: 

Congedo paternità – La Legge di bilancio 2022 rende strutturale l’astensione obbligatoria di dieci giorni da usufruire nei primi 5 mesi di vita del bambino o dalla sua adozione. Per il 2022 viene previsto, in aggiunta, un ulteriore giorno di astensione facoltativa in accordo e sostituzione della madre, in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest’ultima ( art. 1 comma 134 ). 

Sostegno alla maternità – Per le lavoratrici iscritte alla gestione separata prive di altre forme previdenza obbligatoria ; per le lavoratrici autonome ; le imprenditrici agricole, nonché le libere professioniste iscritte ad un ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza, la legge di bilancio 2022 riconosce ulteriori tre mesi di indennità di maternità, purchè nell’anno precedente all’evento sia stato dichiarato un reddito inferiore a 8.145 euro ( art. 1 comma 239 ). 

Ammortizzatori sociali
La legge di bilancio riordina il sistema degli ammortizzatori sociali, al fine di uniformare e allargarne il campo di applicazione in senso universalistico. Allo stato, il campo di applicazione delle integrazioni salariali è definito attraverso la combinazione dei requisiti riguardanti il lavoratore con l’appartenenza settoriale e la dimensione delle impresa da cui il lavoratore dipende. Pertanto:
• Dal 1° gennaio 2022 viene ridotta da 90 a 30 giorni l’anzianità minima richiesta per l’accesso ai trattamenti di integrazione salariale dei dipendenti (art. 1, comma 191);
• Dalla medesima data i trattamenti di integrazione salariale vengono estesi ai lavoratori a domicilio e agli apprendisti (art. 1 commi 191 e 192 );
• Ai fini della determinazione delle soglie dimensionali, per il riconoscimento dei diversi trattamenti di integrazione salariale, vengono inclusi i dirigenti, gli apprendisti e i lavoratori a domicilio che svolgono la prestazione lavorativa sia all’interno sia all’esterno dell’azienda (art. 1 comma 193) ;
• A partire dal 1° gennaio viene riconosciuto un unico massimale per le integrazioni salariali pari a 1.199,72 euro (art. 1, comma 194 ) ; 
• Viene modificata la disciplina del contributo addizionale a carico del datore di lavoro in caso di accesso ai trattamenti ordinari e straordinari. In particolare è prevista una riduzione per le aziende che non abbiano fatto ricorso alla cassa per almeno da due anni a partire dal 2025. Dal 1° gennaio le aziende che fabbricano elettrodomestici con oltre 4.000 dipendenti, che abbiano stipulato nel 2019 contratti di solidarietà con una riduzione concordata dell’orario di lavoro non superiore ai 15 mesi, verranno esonerate dal versamento del contributo ( art. 1 comma 195 ) ;
• Viene introdotto l’obbligo per il datore di lavoro, richiedente il pagamento diretto delle prestazioni da parte dell’INPS, di trasmettere i dati necessari alla liquidazione entro la fine del secondo mese successivo a quello in cui inizia la sospensione o la riduzione dell’orario di lavoro ovvero, se precedente, entro il termine di 60 giorni dall’adozione del provvedimento di autorizzazione (art. 1 commi 196 ) ;
• Viene eliminato il divieto assoluto di attività lavorativa durante la percezione di integrazioni salariali. A fronte di ciò viene prevista l’interruzione dell’erogazione in caso di contratto di lavoro subordinato superiore a sei mesi, o la sospensione se il contratto è di durata inferiore (art. 1, commi 197 ) ;
• Dal 1° gennaio 2022 per tutti i datori di lavoro con più di 15 dipendenti, non coperti dai fondi di solidarietà, indipendentemente dal settore di appartenenza, viene estesa la disciplina in materia di integrazioni salariali straordinarie e i relativi obblighi contributivi (art.1 comma 198 );
• Vengono riordinate le causali di intervento delle integrazioni salariali straordinarie, prevedendo l’estensione della causale della riorganizzazione aziendale alle situazioni in cui le imprese presentano programmi finalizzati a realizzare processi di transizione individuati e regolati di concerto con il Ministero del Lavoro e dello Sviluppo Economico per garantire il recupero occupazionale anche tramite percorsi di riqualificazione professionale dei lavoratori e aumento delle loro competenze ( art. 1 comma 199 ); 
• Viene previsto un ulteriore periodo di CIGS, pari a un massimo di 12 mesi non prorogabili, per sostenere transizioni occupazionali nelle aziende che occupano più di 15 dipendenti con le causali di riorganizzazione aziendale o crisi aziendale ( art. 1 comma 200 ) ;
• Viene previsto l’obbligo di partecipazione a iniziative formative o di riqualificazione per i lavoratori beneficiari di integrazioni salariali. A tal fine, mediante accordo sindacale, sono definite le azioni finalizzate alla rioccupazione dei lavoratori. I lavoratori interessati dal trattamento accedono al programma Garanzia Occupabilità Lavoratori ( GOL ). La mancata partecipazione comporta la decadenza dalla prestazione di integrazione salariale ( art. 1 comma 202);
• Per i contratti di solidarietà vengono ampliati i limiti di utilizzo. La riduzione media oraria non può essere superiore al 80% dell’orario giornaliero, settimanale o mensile mentre per ciascun lavoratore la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro non può essere superiore al 90 % nell’arco di durata del contratto ( art. 1 comma 199 );
• Viene ridefinito l’ambito di applicazione dei fondi di solidarietà e le prestazioni erogate. Tutti i datori di lavoro non rientranti nell’ambito di applicazione della CIGO, che occupano almeno un dipendente, dovranno versare al relativo fondo. Tutti i fondi dovranno adeguarsi entro il 31 dicembre 2022. In mancanza di adeguamento, i datori di lavoro confluiscono nel Fondo di Integrazione Salariale ( FIS ) dell’ INPS ( art. 1 commi da 204 a 206 e da 208 a 213 )
• Per quanto riguarda il rilascio del DURC, a decorrere dal 1° gennaio 2022, verrà considerata anche la regolarità dei versamenti contributivi ai fondi di solidarietà (art. 1 comma 214 );
• Per gli anni 2022 – 2023 viene prorogato il contratto di espansione. Con la proroga viene abbassata anche la soglia dimensionale di accesso da 100 dipendenti a 50, calcolati complessivamente nelle ipotesi di aggregazione stabile di imprese aventi un’unica finalità produttiva o di servizi. ( art.1 comma 215 ) ;
• Per fronteggiare processi di riorganizzazione aziendale e situazioni di particolare difficoltà economica da parte di datori di lavoro rientranti nell’elenco ex art. 20 del d.lgs. 148/2015, che hanno esaurito i trattamenti straordinari di integrazione salariale, viene previsto un trattamento straordinario per un massimo di 52 settimane fruibili entro il 31 dicembre 2023 ( art. 1 comma 216 );
• Viene allargata la platea dei potenziali beneficiari delle indennità di disoccupazione NASpI. A partire dal 1° gennaio 2022 l’indennità viene estesa agli operai agricoli a tempo indeterminato. Viene eliminato il requisito dei 30 giorni di effettivo lavoro negli ultimi 12 mesi necessario per il riconoscimento della prestazione, oltre ad essere posticipato dal terzo al sesto mese il décalage mensile della prestazione. Per gli over 50 la decurtazione mensile della prestazione scatta dall’ ottavo mese ( art. 1 comma 221 );
• Anche per la DIS-COLL viene posticipata dal quarto al sesto mese la decurtazione mensile dell’indennità. Viene aumentato l’importo e la durata a fronte di un innalzamento dell’aliquota contributiva per collaboratori, assegnisti, dottorandi con borsa di studio, nonché amministratori e sindaci ( art.1 comma 222 );

Incentivi all’assunzione
La Legge di bilancio prevede importanti novità anche per  gli incentivi all’assunzione :
• Assunzione di lavoratore in CIGS con accordo di transizione occupazionale – La Legge di bilancio riconosce a favore dei datori di lavoro privati che assumono a tempo indeterminato un lavoratore in CIGS aderente all’accordo di transizione occupazionale, un contributo mensile per un massimo di 12 mesi, pari al 50% dell’ammontare del trattamento straordinario di integrazione salariale che sarebbe stato corrisposto al lavoratore. Il contributo è riconosciuto a condizione che, nei 6 mesi precedenti l’assunzione, non ci siano stati licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo ovvero a licenziamenti collettivi nella stessa unità produttiva. ( Art. 1 commi da 243 a 247 );
• Assunzione di lavoratori in CIGS con contratto di apprendistato – Viene estesa dal 1° gennaio 2022, la possibilità di assumere con contratto di apprendistato professionalizzante, e senza limiti di età, lavoratori in Cassa Integrazione Straordinaria aderenti ad un accordo di transizione occupazionale ex art. 22-ter del D.Lgs. n. 148/2015 ( art. 1 comma 248 );
• Sgravio contributivo totale per apprendisti –Confermato anche per il 2022 lo sgravio contributivo al 100% per i contratti di apprendistato di primo livello per giovani under 25, a favore delle micro imprese che occupano sino a 9 dipendenti. L’esenzione è prevista per i primi tre anni di contratto ( art. 1 commi 645).
• Riduzione dei contributi per lavoratori dipendenti – In via eccezionale per i periodi di paga dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022, per i rapporti di lavoro dipendente, con esclusione dei rapporti di lavoro domestico, la Legge di Bilancio 2022 prevede un esonero di 0,8 punti percentuali da applicare sulla quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore. L’esonero spetta a condizione che la retribuzione imponibile, parametrata su base mensile per tredici mensilità, non ecceda l’importo di 2.692 euro mensile, maggiorato, per la competenza del mese di dicembre, del rateo di tredicesima ( art. 1 comma 121 ) ;
• Esonero TFR – Viene confermato anche per il 2022 e il 2023, lo sgravio contributivo in favore delle società sottoposte a procedura fallimentare o in amministrazione straordinaria, che esonera dal versamento al Fondo di Tesoreria dell’INPS delle quote di TFR relative alla retribuzione persa a seguito della riduzione oraria o della sospensione dal lavoro. L’esonero esclude anche il versamento del ticket di licenziamento (art. 1, comma 126) ;
• Decontribuzione a favore delle lavoratrici madri – In via sperimentale per l’anno 2022 la Legge di bilancio riduce del 50 % i contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madri. La riduzione opera per un periodo massimo di un anno a decorrere dalla data del rientro al lavoro dopo la fruizione del congedo obbligatorio di maternità. La norma fa salva l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche ( art. 1, comma 137 ) ;
• Sostegno alla costituzione di cooperative di lavoratori – Alle società cooperative costituite a partire dal 1° gennaio 2022 viene riconosciuto un esonero del 100% dei contributi previdenziali complessivi a carico dei datori di lavoro. L’esonero è riconosciuto per un periodo massimo di ventiquattro mesi dalla data della costituzione della cooperativa e nel limite massimo di 6.000 euro su base annua ( art. 1 commi 253 – 254 ) ;

Cessazione dell’attività e licenziamenti
La Legge di bilancio 2022 prevede nuovi e stringenti obblighi per le aziende con più di 250 dipendenti ( nella media dell’anno precedente inclusi apprendisti e dirigenti ), che intendano procedere con la chiusura di reparti autonomi e con il licenziamento di almeno 50 dipendenti. I nuovi obblighi prevedono :

  • Almeno 90 giorni prima il datore di lavoro deve comunicare per iscritto l’avvio della procedura a sindacati ; Regioni interessate ; Ministero del Lavoro ; Ministero dello Sviluppo Economico e ANPAL ;
  • Nei 60 giorni successivi alla comunicazione ai soggetti menzionati deve essere inviato un piano per limitare le ricadute occupazionali ed economiche con durata non superiore ai 12 mesi ;
Per chi rileva l’azienda, la Legge di bilancio 2022 prevede alcune agevolazioni di natura fiscale : 
  • Nel caso in cui venga assicurata la continuazione dell’attività e il mantenimento degli assetti occupazionali, al trasferimento di beni immobili strumentali, che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione, si applicano l’imposta di registro e le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro 200 ciascuna ;
  • In caso di cessazione dell’attività, o di trasferimento, per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici suddetti, le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono dovute nella misura ordinaria.
Pesanti sono le sanzioni in caso di mancato rispetto della procedura. In mancanza di presentazione del piano o qualora il piano non contenga gli elementi previsti, il datore di lavoro è tenuto a pagare il contributo di licenziamento ( cd. Ticket licenziamento ) in misura pari al doppio (con disapplicazione dell’art. 2, comma 35, della legge n. 92/2021 anche se si tratta di licenziamenti collettivi). Il raddoppio delle sanzioni scatterà anche qualora il datore di lavoro sia inadempiente rispetto agli impegni assunti, ai tempi e alle modalità di attuazione del piano, di cui sia esclusivamente responsabile. 
In caso di mancata sottoscrizione dell’accordo sindacale il datore di lavoro è tenuto a pagare il contributo di licenziamento di cui all’art. 2, comma 35, della legge n. 92/2012 aumentato del 50%. Se c’è accordo sindacale e si procede alla sottoscrizione del piano, per i licenziamenti collettivi avviati al termine del piano il datore di lavoro verserà il ticket licenziamento ordinario, cioè non triplicato (non si applica, l’art. 2, comma 35, della legge n. 92/2021 il quale stabilisce che la misura del ticket per i licenziamenti collettivi va triplicata ) ( art. 1, commi da 224 a 238).

Politiche attive
Politiche attive per i lavoratori autonomi – In linea con la valorizzazione proposta dal PNRR, la Legge di Bilancio 2022 estende le politiche attive in favore dei lavoratori autonomi. A tal fine viene consentito l’accesso al programma “ Garanzia di occupabilità dei lavoratori “ ( GOL ) a tutti coloro che cessano in vi definitiva la propria attività professionale con la chiusura della partita IVA ( art. 1, commi da 720 a 726 ). 
Tirocini curriculari e extra-curriculari – Per contrastare gli abusi nell’utilizzo di tirocini extracurriculari, la Legge di bilancio 2022 prevede che, entro 6 mesi dall’entrata in vigore , Governo e Regioni debbano emanare nuove linee guida, secondo criteri ben definiti e più stringenti degli attuali. Per l’attivazione del tirocinio verrà richiesto un bilancio delle competenze, mentre al termine andrà rilasciata una certificazione delle competenze acquisite. Al fine di prevenire e contrastare un uso distorto dell’istituto dovrà essere individuata in maniera puntuale le modalità con cui il tirocinante presta la propria attività remunerata con una congrua indennità. Sul piano sanzionatorio, per disincentivare l’utilizzo improprio dei tirocini extracurriculari, viene previsto che il soggetto ospitante possa essere punito, in caso di utilizzo fraudolento, con la pena di una ammenda per ciascun tirocinante coinvolto e per ciascun giorno di tirocinio, oltre alla possibilità, su domanda del tirocinante, di chiedere il riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a partire dalla pronuncia giudiziale ( art. 1 commi da 720 a 726 ). 
Part-time ciclico verticale – Viene istituito nello stato di previsione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Fondo per il sostegno dei lavoratori con contratto part time ciclico verticale. La fattispecie è caratterizzata da una prestazione lavorativa articolata solo su alcuni giorni del mese o su alcuni mesi dell’anno. La legge di bilancio 2021 (L. n. 178/2020, art. 1, comma 350), recependo un indirizzo giurisprudenziale costante, ha incluso anche le settimane non interessate da attività lavorativa nel computo dell’anzianità utile ai fini del diritto al trattamento pensionistico. La Legge di bilancio 2022 stanzia 30 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2022 e 2023, a sostegno dei lavoratori part time. 

Previdenza
Pensioni – Gli interventi sono finalizzati a ottenere maggiore flessibilità per l’uscita dal lavoro e una maggiore gradualità in vista di una riforma complessiva del sistema previdenziale. Si segnala :
• Quota 102 – Per il solo 2022 viene prevista la possibilità di pensionamento anticipato per i soggetti che maturano in corso d’anno i requisiti di età anagrafica pari a 64 anni di età con un’anzianità contributiva pari a 38 anni. La disposizione integra la disciplina del trattamento anticipato previsto all’art. 14 del DL 4/2019 ( cd. quota 100 ), che già disciplina il diritto alla pensione anticipata al raggiungimento di 62 anni di età e di un’anzianità contributiva minima di 38 anni ( art. 1 commi 87 e 88 );
• Ape Sociale – Viene disposta la proroga al 2022 dell’Ape sociale, ampliando la categoria dei lavori gravosi che hanno accesso alla misura ed eliminando il requisito dei tre mesi dalla fine del godimento della Naspi. Si prevede, ai fini dell’accesso all’Ape sociale, la riduzione del requisito di anzianità contributiva da 36 a 32 anni per i lavoratori appartenenti al settore edile e al settore della ceramica e terracotta ( art. 1 commi 91 e 93 ) ;
• Opzione donna – Viene prorogata per l’anno 2022, la possibilità di pensionamento anticipato per le lavoratrici che entro il 31 dicembre 2021 hanno maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni e un’età pari o superiore a 58 anni per le lavoratrici dipendenti e a 59 anni per le lavoratrici autonome ( art. 1 comma 94 )

Si riserva di ritornare sugli argomenti trattati nella presente circolare con successivi approfondimenti anche in relazione alle indicazioni operative ed interpretative che saranno emanate dagli enti competenti.

(FV/fv)