Quando si tratta di dettagliare i privilegi che attribuisce alle grandi aziende, il presidente di Confapi non si fa pregare. «Per decenni – osserva – l’Europa ha promosso la concorrenza fiscale come fatto virtuoso. Il risultato è che adesso molte grandi imprese hanno spostato la sede fiscale in Paesi dell’Ue dove sugli utili pagano solo il 20% di tasse, cose che le piccole e medie difficilmente possono fare». E un altro fattore di svantaggio, secondo il presidente di Confapi, è la recente raffica di aumenti dei tassi d’interesse, che «danneggia più le Pmi che le grandi aziende».
Perché le danneggia di più?
Camisa argomenta così: «La Bce ha appena deciso un +0,25% dei tassi d’interesse, ne preannuncia un altro a luglio e programma un + 1% nell’arco dell’intero 2023. Ma questo colpisce di meno le grandi imprese, che al momento riescono a finanziarsi con crediti al 4,5%, e di più le piccole e medie, a cui tocca chiedere prestiti con un tasso del 7% e oltre», e andrà ancora peggio con gli ulteriori aumenti in arrivo. Come se non bastasse, a volte non si tratta di costo del finanziamento ma proprio di impossibilità assoluta di accedere al credito. «Molte Pmi – denuncia il presidente di Confapi – sono già state costrette a rinunciare agli investimenti che avevano programmato, e perciò non sono più in grado di assumere. Anche se in Italia non arrivasse una vera e propria recessione, un grave rallentamento della crescita del Pil ormai è in atto». La presidente Lagarde ne è consapevole, ma sostiene che è meglio subire un breve rallentamento, per quanto doloroso, che altri anni di inflazione devastante. Camisa ha delle obiezioni. «Il ragionamento sarebbe corretto se in Europa ci fosse un problema di inflazione da eccesso di domanda interna, come in America, ma invece da noi si tratta di aumenti di prezzi importati con l’energia e le materie prime». A questo riguardo il presidente di Confapi aggiunge: «Anziché criticarci, l’Europa dovrebbe fare autocritica sulla sua politica dell’energia, che è all’origine dell’inflazione, assieme alla politica degli approvvigionamenti di materie prime».
A prescindere da come sia nata l’inflazione, se non la si con[1]trasta si accentuerà la conflittualità sociale, come negli anni ’70, e magari si invocherà il ritorno alla scala mobile prezzi-salari. Camisa concorda sulla necessità di combattere l’inflazione, ma ammonisce che «il rincaro dei tassi non deve essere eccessivo». Rivendica pure che Confapi ha svolto e svolge un ruolo utile: «Alcune nostre proposte sono state inserite nella delega fiscale del governo italiano, e siamo stati i primi a sollevare il problema delle cosiddette “terre rare”: senza approvvigionamenti e scorte di queste materie prime il sistema industriale nei prossimi mesi rischia lo stop».