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Applicazione imposta di bollo

Con la risposta a interpello n. 129, pubblicata il 5 giungo, l’Agenzia delle Entrate si occupa dell’applicazione dell’imposta di bollo alla quietanza relativa alle fatture, soggette a bollo in quanto esenti da IVA, emesse nei confronti di soggetti pubblici. 

In particolare, l’istante spiegava all’Agenzia delle Entrate di emettere fatture esenti da IVA nei confronti di soggetti pubblici, alcuni dei quali aventi natura di “Amministrazioni dello Stato”.

Tali fatture, essendo esenti da IVA, risultano soggette all’obbligo di pagamento dell’imposta di bollo ai sensi dell’art. 6 della Tabella B, allegata al DPR 642/72 (principio di alternatività IVA-bollo) ma, trattandosi di fatture emesse “nei rapporti con lo Stato”, il tributo resta a carico dell’istante a norma dell’art. 8 del DPR 642/72.

In questo contesto, l’istante chiede, quindi, se la quietanza, rilasciata “con apposito documento, distinto dalla fattura già assoggettata” al bollo possa usufruire dell’esenzione prevista dalla Nota 2, lett. b) all’art. 13 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 642/72. 

Nel rispondere, l’Agenzia delle Entrate ricorda che la quietanza è un diritto del debitore, sancito dall’art. 1199 c.c., ove dispone che il “creditore che riceve il pagamento deve, a richiesta e a spese del debitore, rilasciare quietanza e farne annotazione sul titolo, se questo non è restituito al debitore”.

Passando, quindi, agli aspetti fiscali, l’Amministrazione rileva che, ai sensi dell’art. 13 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 642/72, in linea di principio, è dovuta l’imposta di bollo di 2 euro (per ogni esemplare):

  • non solo sulle “Fatture, note, conti e simili documenti, recanti addebitamenti o accreditamenti, anche non sottoscritti ma spediti o consegnati tramite terzi”;
  • ma anche sulle “ricevute e quietanze rilasciate dal creditore, o da altri per suo conto, a liberazione totale o parziale di una obbligazione pecuniaria”.

Questa regola subisce, però, alcune eccezioni, individuate dalla Nota al medesimo art. 13, che esclude la debenza del bollo:

  • se la somma non supera 77,47 euro;
  • “per la quietanza o ricevuta apposta sui documenti già assoggettati all’imposta di bollo o esenti”.

Ciò significa – spiega l’Agenzia, citando anche la precedente risposta 5 febbraio 2020 n. 21 – che, se la quietanza si sostanzia in un documento distinto dalla fattura che ha già scontato l’imposta di bollo, risulta a sua volta assoggettata al tributo, in quanto non opera l’esclusione prevista dalla lett. b) della Nota 2 al citato art. 13.

Applicando questi principi al caso di specie, l’Agenzia conclude che le quietanze relative alle fatture soggette a imposta di bollo sono soggette alla normale imposta di bollo di 2 euro se contenute in un atto separato dalla fattura, in quanto l’esenzione prevista dalla nota 2 b) all’art. 13 comma 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 642/72 riguarda solo le quietanze “apposte su documenti già assoggettati all’imposta di bollo o esenti”.

Nel caso di specie, poi, posto che si tratta di fatture emesse nei confronti di un soggetto che riveste la natura di Amministrazione statale, l’imposta, a norma dell’art. 8 del DPR 642/72 resta a carico della parte non statale e, quindi, nel caso di specie, dell’instante.

L’Agenzia, infine, si sofferma sulle modalità di assolvimento dell’imposta di bollo, ricordando che il tributo di 2 euro sulle quietanze può essere corrisposto (art. 3 del DPR 642/72):

  • mediante pagamento dell’imposta ad intermediario convenzionato con l’Agenzia delle Entrate, che rilascia l’apposito contrassegno telematico;
  • in modo virtuale, “mediante pagamento dell’imposta all’ufficio dell’Agenzia delle entrate o ad altri uffici autorizzati o mediante versamento in conto corrente postale”, dopo aver chiesto e ottenuto l’autorizzazione ad adottare tale modalità di versamento, seguendo le disposizioni dell’art. 15 del DPR 642/72.

 
(MF/ms)




Imu: la rendita catastale

Per la determinazione della base imponibile dei fabbricati ai fini IMU occorre utilizzare la rendita iscritta in Catasto al 1° gennaio dell’anno di riferimento, secondo quanto stabilito dall’art. 1 comma 745 L. 160/2019.

 

Tuttavia, in caso di nuova edificazione oppure di interventi edilizi sui fabbricati, la nuova rendita (attribuita a seguito dell’obbligo di aggiornamento catastale) dovrà essere impiegata a partire dalla data di ultimazione dei lavori o, se antecedente, dalla data del loro utilizzo.

Infatti, in base al DM 19 aprile 1994 n. 701, i proprietari, al termine dei lavori, attraverso la procedura informatica DOCFA, formulano una “proposta di rendita” che, ai sensi dell’art. 1 comma 3 del citato decreto, rimane negli atti catastali come “rendita proposta” fino a quando l’ufficio non provvede con mezzi di accertamento informatici o tradizionali, anche a campione, e comunque entro dodici mesi dalla data di presentazione della dichiarazione di variazione, alla determinazione della rendita catastale definitiva.

Occorre innanzitutto premettere che la data di fine lavori viene indicata nel modello DOCFA nel campo “Data in cui la variazione si è verificata (ultimazione dei lavori)” del quadro B, ma nella visura catastale dell’immobile compare esclusivamente la data, successiva, di presentazione della pratica.

Pertanto, spetterà al contribuente valutare se, ai fini del calcolo dell’imposta, utilizzare correttamente la data di fine lavori oppure, per semplicità far coincidere la data della variazione con quella, successiva, di presentazione del modello indicata in Catasto.

In caso di rettifica da parte dell’Agenzia delle Entrate, l’atto modificativo della rendita definitiva, affinché abbia efficacia, dovrà essere ritualmente notificata ai soggetti intestatari della partita catastale e da tale data decorrerà il termine di 60 giorni per la proposizione di un eventuale ricorso (art. 74 della L. 342/2000).

Poiché tale rettifica può essere effettuata anche decorsi i 12 mesi previsti dall’art. 1 comma 3 del DM 701/94 (stante l’interpretazione fornita dalla circ. Agenzia delle Entrate 17 marzo 2022 n. 7, sulla non perentorietà di tale termine) si pone il problema, per il contribuente, della sostituzione della rendita proposta con quella accertata.

Al riguardo il contribuente potrà verificare l’iter accertativo in quanto l’Agenzia delle Entrate, una volta completato l’accertamento, se non vi sono rilievi riporta nelle “annotazioni” presenti nella visura catastale l’indicazione “Classamento e rendita validati”. Purtroppo, ad oggi, non è prevista alcuna comunicazione del termine del procedimento di determinazione della rendita definitiva al contribuente, il quale dovrà periodicamente effettuare tale verifica accedendo alla consultazione delle rendite catastali nella propria area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate.

Diversamente, fino a quando il processo di accertamento non è completato, nelle annotazioni risulterà la seguente frase: “Classamento e rendita proposti (D.M. 701/94)” mentre, nel caso il cui l’Agenzi delle Entrate rettifichi la rendita proposta, nel campo annotazioni verrà riportata la dicitura ”Classamento e rendita rettificati”.

Rendita rettificata utilizzabile retroattivamente per le annualità ancora accertabili

Una volta notificata, tuttavia, la nuova rendita dovrà essere utilizzata retroattivamente ai fini impositivi anche per le annualità “sospese” in quanto ancora suscettibili di accertamento.

Infatti, in base anche a quanto affermato dalla Corte di Cassazione, dalla data della notifica decorre il termine per l’impugnazione dell’atto, ma la rendita rettificata risulta applicabile anche ai periodi d’imposta antecedenti ancora passibili di accertamento e/o di liquidazione e/o di rimborso (si vedano, tra le altre, le ordinanze della Corte di Cassazione 24 marzo 2023 n. 8550 e 10 febbraio 2023 n. 4204).

Pertanto, dal punto di vista operativo, la rendita proposta deve essere utilizzata ai fini IMU a partire dalla data della variazione ma, in caso di rettifica, verrà sostituita da quella accertata con la possibilità che il Comune recuperi la differenza d’imposta.

Risulta tuttavia dubbia la possibilità per l’ente locale di richiedere anche le sanzioni. Al riguardo, in assenza di un chiarimento di prassi, si ritiene che le sanzioni non siano dovute in quanto l’art. 74  della L. 342/2000 prevede che gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati siano efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione.

In ogni caso tutte le variazioni attinenti alle rendite catastali (sia proposte che accertate) non occorre che siano indicate nella dichiarazione IMU in quanto tali dati sono disponibili nella banca dati catastale.

(MF/ms)




Dichiarazione dei redditi 2024: pubblicate 13 piccole mini guide

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato il 30 maggio 2024 la raccolta “Tutte le agevolazioni della dichiarazione 2024”

Per agevolare la consultazione, a ogni tema è dedicata una guida, per un totale di 13 mini fascicoli navigabili e scaricabili singolarmente.

In particolare i fascicoli sono i seguenti:

  1. Aspetti generali
  2. Spese sanitarie
  3. Interessi passivi mutui
  4. Spese istruzione
  5. Erogazioni liberali
  6. Premi assicurazione
  7. Contributi previdenziali e assistenziali
  8. Altre detrazioni e deduzioni
  9. Crediti d’imposta
  10. Recupero patrimonio edilizio
  11. Riqualificazione energetica
  12. Bonus mobili ed elettrodomestici
  13. Superbonus
Ogni materia propone le verifiche documentali necessarie, da presentare al Centro di assistenza fiscale (Caf) o al professionista abilitato e le modalità di conservazione di tale documentazione per la successiva produzione all’Amministrazione finanziaria.

Le 13 guide, oltre a proporsi come un manuale operativo per cittadini, Caf e professionisti, rappresentano anche una bussola per tutti gli Uffici delle Entrate per avere una visione uniforme delle attività in fase di controllo formale delle dichiarazioni.

In particolare, i fascicoli racchiudono le indicazioni fornite dall’Agenzia delle entrate con le circolari n. 7/2017 , n. 7/2018 , n. 13/2019 , n. 19/2020 , n. 7/2021 , nn. 24 e 28 del 2022, nn. 14 , 15 e 17 del 2023 e le novità normative intervenute per l’anno d’imposta 2023.

I chiarimenti sono forniti con riferimento ai documenti di prassi ancora attuali e delle modifiche normative intervenute, e alla luce delle risposte ai quesiti posti dai contribuenti e dai Caf e professionisti abilitati per le questioni affrontate in sede di assistenza.

In sede di controllo documentale possono essere richiesti esclusivamente i documenti specificatamente previsti, salvo casi non contemplati.
La regola vale anche per i pagamenti. 

Nulla cambia in merito al potere di controllo dell’Amministrazione nei confronti dei contribuenti riguardo alla sussistenza dei requisiti soggettivi di accesso alle diverse agevolazioni fiscali, e sulle dichiarazioni sostitutive presentate dai contribuenti stessi.

Il manuale riporta in allegato un elenco esemplificativo delle dichiarazioni che possono essere rese dal contribuente per attestare le condizioni soggettive rilevanti ai fini del riconoscimento di oneri deducibili, detraibili o crediti d’imposta.

(MF/ms)

 
 




Acconto Imu 2024: scadenza lunedì 17 giugno

Lunedì 17 giugno 2024 scade il termine per versare la prima rata dell’IMU per il 2024 (il 16 giugno è domenica).

Si ricorda che, per l’anno in corso, il tributo locale va corrisposto in due rate:

  • la prima, con scadenza fissata per lunedì 17 giugno 2024, è pari all’IMU dovuta per il primo semestre del 2024 applicando l’aliquota e la detrazione dei dodici mesi dell’anno precedente, ossia del 2023;
  • la seconda va versata entro il 16 dicembre 2024, a saldo di quanto ancora dovuto per l’anno 2024 (al netto degli importi già versati con la prima rata), applicando le aliquote deliberate per l’anno in corso, ossia per il 2024 (art. 1 comma 762 della L. 160/2019).
    Peraltro, il contribuente può decidere di corrispondere l’IMU per l’intero 2024 in un’unica soluzione, entro il 17 giugno 2024.
Per la determinazione dell’acconto, va richiamato che, limitatamente alle delibere di approvazione delle aliquote e dei regolamenti IMU per l’anno 2023, è stata disposta una proroga dei termini di inserimento e pubblicazione, ex art. 1 comma 72 della L. 213/2023, in forza della quale dette delibere andavano inserite nell’apposita sezione del Portale del federalismo fiscale entro il 30 novembre 2023 e pubblicate sul sito internet del Dipartimento delle Finanze entro il 15 gennaio 2024.

Se i predetti termini sono stati rispettati, le delibere sono efficaci per l’anno 2023: tali delibere dovranno pertanto tenersi in considerazione anche per determinare la prima rata dell’IMU per il 2024.

Invece, se non sono state pubblicate delibere per il 2023 (secondo i termini e le modalità prescritti), per tale anno andavano applicate le aliquote in vigore nel 2022: dette aliquote, di conseguenza, vanno applicate anche per determinare l’acconto IMU per il 2024 (art. 1 comma 767 della L. 160/2019).

Una disciplina dei versamenti ad hoc riguarda gli enti non commerciali che possiedono almeno un immobile esente ex art. 1 comma 759 lett. g) della L. 160/2019.

Tali enti devono versare l’IMU riferita a ciascun anno in tre rate, ex art. 1 comma 763 della L. 160/2019:

  • le prime due, di importo pari al 50% dell’imposta corrisposta per l’anno precedente, devono essere versate entro il 16 giugno e il 16 dicembre;
  • la terza rata, a conguaglio dell’imposta complessivamente dovuta, deve essere versata entro il 16 giugno dell’anno successivo (sulla base delle aliquote deliberate per l’anno di riferimento).
Pertanto, entro lunedì 17 giugno 2024 i predetti enti non commerciali devono versare:
  • la terza ed ultima rata per il 2023, ad eventuale conguaglio di quanto ancora dovuto in base alle aliquote deliberate per tale anno, al netto dei versamenti già effettuati con le prime due rate già corrisposte nel 2023;
  • la prima rata dell’IMU dovuta per il 2024, pari al 50% dell’imposta complessivamente corrisposta per il 2023.
In ogni caso, i Comuni possono disporre il differimento dei termini di versamento dell’IMU in presenza di “situazioni particolari”, con riferimento alle entrate di propria competenza (art. 1 comma 777 lett. b) della L. 160/2019; cfr. ris. Min. Economia e Finanze 8 giugno 2020 n. 5/DF).

Quanto alla liquidazione dell’imposta, l’IMU è dovuta per anni solari, proporzionalmente alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto lo stesso (art. 1 comma 761 della L. 160/2019).

Per determinare l’imposta dovuta, va conteggiato per intero il mese durante il quale il possesso si è protratto per più della metà dei giorni di cui il mese stesso è composto. 

A tal fine, va calcolato in capo all’acquirente dell’immobile:

  • il giorno di trasferimento del possesso;
  • l’intero mese del trasferimento se i giorni di possesso risultano uguali a quelli del cedente.
IMU da liquidare in proporzione ai mesi di possesso

Quindi, se un immobile è stato ceduto il 15 aprile 2024, l’intero mese va conteggiato in capo all’acquirente.

Ai fini del versamento, l’importo da pagare deve essere arrotondato all’unità di euro per difetto, se la frazione è inferiore o uguale a 0,49 euro, o per eccesso, se la frazione è superiore a 0,49 euro.

In ogni caso, il versamento dell’IMU non è dovuto se l’importo complessivamente spettante al Comune per l’intero anno è inferiore a 12 euro, salvo che sia stabilito diversamente dall’ente locale (artt. 25 della L. 289/2002 e 1 comma 168 della L. 296/2006).

In relazione alle modalità di pagamento, è possibile provvedervi mediante modello F24 (con i codici tributi e secondo le indicazioni della ris. Agenzia delle Entrate 29 maggio 2020 n. 29), bollettino postale o piattaforma PagoPA (con le modalità che saranno stabilite da apposito DM).

I soggetti titolari di partita IVA sono tenuti ad effettuare i versamenti esclusivamente con modalità telematiche (provv. Agenzia delle Entrate 26 maggio 2020 n. 214429).
 

(MF/ms)




Lipe 2024, aggiornamento con la nuova soglia dei versamenti iva periodici

Il prossimo 31 maggio scade il termine per presentare la comunicazione dei dati delle liquidazioni IVA riferite al primo trimestre 2024 (“soggetti trimestrali”) o ai mesi di gennaio, febbraio e marzo 2024 (soggetti “mensili”).

Il modello è stato aggiornato con il provv. Agenzia delle Entrate 14 marzo 2024 n. 125654 ma non presenta modifiche sostanziali rispetto alle ultime comunicazioni effettuate, né si segnalano novità rispetto all’ambito soggettivo e oggettivo dell’adempimento.

Si rammenta, in particolare, che sono obbligati a presentare il modello tutti i soggetti passivi IVA fatti salvi coloro che non sono tenuti a effettuare le liquidazioni periodiche e/o a presentare la dichiarazione IVA annuale.

Ad esempio, sono esonerati i soggetti che, per tutto il periodo d’imposta, annotano esclusivamente operazioni esenti, così come i soggetti in regime forfetario o “di vantaggio” e i produttori agricoli in regime di esonero da adempimenti ex art. 34 comma 6 del DPR 633/72 (i quali non effettuano le liquidazioni IVA, né presentano la dichiarazione).

La comunicazione torna dovuta qualora, nel corso dell’anno, dovessero venire meno le condizioni di esonero dalle liquidazioni e/o dalla dichiarazione.

Inoltre, non sussiste l’obbligo di invio della comunicazione LIPE per i soggetti che, nel trimestre in oggetto, non hanno posto in essere alcuna operazione rilevante ai fini IVA (né attiva né passiva), salvo che vi siano crediti da riportare dal trimestre precedente (rigo VP8). Lo aveva chiarito l’Agenzia delle Entrate, in una delle FAQ pubblicate il 26 maggio 2017.

Come anticipato, con il provv. n. 125654/2024, è stato aggiornato il modello di comunicazione, con effetti a partire dalle liquidazioni periodiche relative al 2024.

La principale modifica consiste nell’adeguamento, in corrispondenza del rigo VP7, della soglia prevista per il versamento dell’IVA periodica.

L’art. 9 del DLgs. 1/2024, in vigore dallo scorso 13 gennaio, ha incrementato detta soglia da 25,82 a 100 euro sia per i soggetti passivi con liquidazioni IVA mensili sia per i soggetti passivi con liquidazioni trimestrali (per obbligo o per opzione), unitamente ad altre semplificazioni per il pagamento dei tributi in attuazione della legge delega di riforma fiscale.

In sostanza, qualora l’importo dell’IVA periodica non superi 100 euro il versamento può essere effettuato insieme all’IVA dovuta per il mese o trimestre successivo (il cui importo è incrementato in maniera corrispondente).

La circ. Agenzia delle Entrate n. 9/2024 ha formulato alcuni esempi. Con riferimento a un soggetto passivo che effettua le liquidazioni periodiche su base mensile, si è ipotizzato che dalla liquidazione IVA dei mesi di gennaio, febbraio, marzo e aprile 2024 risultino importi dovuti pari, rispettivamente, a 60 euro, 10 euro, 20 euro e 40 euro.

In tal caso, il soggetto in parola aveva la possibilità di versare l’IVA a debito di gennaio (inferiore a 100 euro) entro il 16 maggio 2024, congiuntamente agli importi dovuti per i mesi di febbraio, marzo e aprile (per un totale di 130 euro).

Infatti, il cumulo con l’IVA dovuta per il mese di aprile comporta il superamento del nuovo limite introdotto dal DLgs. 1/2024.

Nell’ambito della comunicazione LIPE da presentare entro il prossimo 31 maggio, il riporto al periodo successivo del debito IVA andrà segnalato compilando il rigo VP7 dei quadri VP relativi alle liquidazioni di febbraio e marzo 2024.

Analoghe considerazioni possono essere fatte per i trimestri successivi, fermo restando che il versamento, anche se di importo inferiore al limite minimo, deve comunque essere effettuato entro il 16 dicembre dell’anno di riferimento.

Le ulteriori modifiche al modello hanno carattere di dettaglio e sono finalizzate ad adeguare la modulistica e le relative specifiche tecniche alla normativa vigente:

  • è stata sostituita l’informativa sul trattamento dei dati personali;
  • la descrizione del rigo VP10 è stata sostituita dalla seguente: “Versamenti auto F24 elementi identificativi”;
  • nelle istruzioni, è stato eliminato il codice 2 relativo agli “Eventi eccezionali” e sono state aggiornate le indicazioni relative alla compilazione del rigo VP10, con il rinvio al modello F24 elementi identificativi.
 
 
Irregolare invio dei dati sanabile entro 15 giorni

Per l’omessa, incompleta o infedele comunicazione dei dati delle liquidazioni è dovuta la sanzione amministrativa da 500 a 2.000 euro (art. 11 comma 2-ter del DLgs. 471/97) ridotta alla metà se la regolarizzazione avviene entro 15 giorni dalla scadenza (15 giugno 2024, nel caso in esame), ferma l’ulteriore riduzione derivante dal ravvedimento operoso (art. 13 del DLgs. 472/97).

Laddove si intenda regolarizzare la comunicazione prima della dichiarazione IVA annuale per il 2024 (da inviare entro il 30 aprile 2025), è necessario un invio “sostitutivo” del modello precedente, unitamente al versamento della sanzione (ris. Agenzia delle Entrate n. 104/2017).
 

(MF/ms)




Approvato il decreto sanzioni tributarie

Approvato dal Governo, in via definitiva, nel corso del Consiglio dei Ministri n. 82 del 24 maggio 2024 , il Decreto legislativo recante la revisione del sistema sanzionatorio tributario (A.G. n. 144), emanato in attuazione dei princìpi di cui all’art. 20 della Legge di delega per la riforma fiscale (Legge n. 111/2023).

Lo schema in esame è composto di 7 articoli:

  • l’art. 1 concerne le disposizioni comuni alle sanzioni amministrative e penali,
  • l’art. 2 apporta modifiche al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, avente ad oggetto la riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi,
  • l’art. 3 reca modifiche al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, avente ad oggetto le disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, mentre
  • l’art. 4 novella diverse disposizioni normative, aventi ad oggetto la revisione delle sanzioni amministrative in materia di tributi sugli affari, sulla produzione e sui consumi, nonché di altri tributi indiretti,
  • l’art. 5 indica la decorrenza dell’efficacia di alcune disposizioni,
  • l’art. 6, contiene le disposizioni finanziarie,
  • l’art. 7 disciplina l’entrata in vigore

In allegato le novità in sintesi.

(MF/ms)




Istat aprile 2024

Comunichiamo che l’indice Istat di aprile 2024, necessario per l’aggiornamento dei canoni di locazione è pari a + 0,8 % (variazione annuale) e a + 8,8 % (variazione biennale).
 
Entrambi gli indici considerati nella misura del 75% diventano rispettivamente + 0,6 % e + 6,6 %.

(MP/ms)




Cambiavalute aprile 2024

Art. I

Agli effetti delle norme dei titoli I e II del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, che vi fanno riferimento, le medie dei cambi delle valute estere calcolati a titolo indicativo dalla Banca d’Italia sulla base delle quotazioni di mercato sono accertate per il mese di aprile 2024 come segue:
 

  Per 1 Euro
Dinaro Algerino 144,3179
Peso Argentino 930,5175
Dollaro Australiano 1,6469
Real Brasiliano 5,4975
Dollaro Canadese 1,4661
Corona Ceca 25,278
Renminbi (Yuan)Cina Repubblica Popolare 7,7658
Corona Danese 7,4596
Yen Giapponese 165,0295
Rupia Indiana 89,4676
Corona Norvegese 11,6828
Dollaro Neozelandese 1,7992
Zloty Polacco 4,3026
Sterlina Gran Bretagna 0,85658
Nuovo Leu Rumeno 4,973
Rublo Russo 0
Dollaro USA 1,0728
Rand (Sud Africa) 20,2378
Corona Svedese 11,591
Franco Svizzero 0,9761
Dinaro Tunisino 3,3663
Hryvnia Ucraina 42,2601
Forint Ungherese 392,4114
 

 
Sul sito dell’Agenzia delle Entrate, al seguente link, cambi di aprile, sono a disposizione i dati sui cambi relativi alle restanti valute riportate nel decreto in oggetto.

(MP/ms)
 




Proroga “Sugar tax” e “Plastic tax”

Il Ddl di conversione in legge del D.L.n. 39/2024 ha nuovamente differito l’efficacia dell’imposta sulle bevande edulcorate (c.d. “sugar tax”), nonché l’efficacia dell’imposta sul consumo dei manufatti in plastica con singolo impiego (c.d. “plastic tax”) che prenderanno il via, rispettivamente, dal 1° luglio 2025 e dal 1° luglio 2026.

Si analizzano di seguito i punti salienti delle due discipline istituite al fine di promuovere, attraverso lo strumento dell’imposizione fiscale, un disincentivo nell’utilizzo comune dei prodotti di materiale plastico e di favorire, al tempo stesso, la progressiva riduzione della produzione, e quindi del consumo di manufatti di plastica monouso, nonché un disincentivo al consumo delle poco salutari bevande zuccherate.

Sugar tax

L’imposta sul consumo delle bevande analcoliche edulcorate (c.d. “sugar tax”) è stata istituita dall’art. 1, commi 661-676, della Legge 27 dicembre 2019, n. 160, come modificato dall’art. 1, comma 1086 , della Legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Legge di Bilancio 2021).

Per bevande edulcorate si intendono i prodotti finiti e prodotti predisposti per essere utilizzati come tali previa diluizione, rientranti nelle voci NC 2009 e 2202 della nomenclatura combinata dell’UE (succhi di frutta, compresi i mosti di uva, o di ortaggi e legumi, nonché le acque minerali e le acque gassate), condizionati per la vendita e destinati al consumo alimentare umano:

  • ottenuti con l’aggiunta di edulcoranti, ossia qualsiasi sostanza, di origine naturale o sintetica, in grado di conferire sapore dolce alle bevande;
  • aventi un titolo alcolometrico inferiore o uguale a 1,2 per cento in volume.
Sono esenti dall’imposta le bevande edulcorate il cui contenuto complessivo di edulcoranti è inferiore o uguale, rispettivamente (art. 1 , comma 666, della Legge n. 160/2019):
  • 25 grammi per litro, nel caso di prodotti finiti;
  • 125 grammi per chilogrammo, nel caso di prodotti da diluire.
Plastic tax

Sempre la Legge di Bilancio 2020 (Legge n. 160/2019), con l’art. 1 , commi 634-658 ha istituito l’imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego (MACSI) che hanno o sono destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari.

I MACSI che possono essere anche in forma di fogli, pellicole o strisce ed hanno le seguenti caratteristiche:

  • sono realizzati con l’impiego, anche parziale, di materie plastiche costituite da polimeri organici di origine sintetica;
  • non sono ideati, progettati o immessi sul mercato per compiere più trasferimenti durante il loro ciclo di vita o per essere riutilizzati per lo stesso scopo per il quale sono stati ideati.
Come anticipato in premessa, dopo le modifiche approvate in Commissione Finanze, l’efficacia delle misure in argomento sarà demandata:
  • al 1° luglio 2025, per la “sugar tax”;
  • al 1° luglio 2026, per la “plastic tax”.
Venendo in contro alle richieste degli operatori che denunciavano le difficoltà di implementazione del tributo e il rischio di ricadute occupazionali per i settori interessati.

(MF/ms)




Registro dei titolari effettivi: operatività sospesa fino al 19 settembre

Con le ordinanze pubblicate il 17 maggio (nn. 1849, 1850, 1851, 1852 e 1853), il Consiglio di Stato ha accolto le richieste cautelari presentate da diverse associazioni fiduciarie contro le sentenze del TAR dello scorso 9 aprile, sospendendone l’esecutività, e ha fissato per la trattazione del merito dei ricorsi in appello le udienze pubbliche del 19 settembre 2024.

Come si ricorderà, una prima sospensione del Registro era avvenuta a pochi giorni dalla scadenza originaria fissata all’11 dicembre 2023, a causa dell’ordinanza n. 8083/2023, emessa il 7 dicembre dalla sezione quarta del TAR del Lazio, che aveva accolto l’istanza cautelare di sospensione presentata da diverse associazioni fiduciarie nei confronti del MIMIT, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’Economia e delle finanze, nonché dell’Unione italiana delle Camere di commercio.

Il Tribunale amministrativo aveva successivamente dichiarato infondati tali ricorsi con le sentenze pubblicate il 9 aprile 2024.

Sulla questione Assofiduciaria era intervenuta con un comunicato diffuso il 24 aprile, dove rendeva noto di aver ricevuto la notizia che diverse Camere di Commercio, “in modo disorganico tra di loro”, dopo aver ricevuto la pratica telematica della titolarità effettiva in relazione a mandati fiduciari “standard” nella sezione speciale del Registro dei trust e degli istituti giuridici affini, avevano risposto comunicando il preavviso di rifiuto ai sensi dell’art. 10-bis della L. n. 241/1990, ovvero invitando a regolarizzare la comunicazione.

Nelle ordinanze pubblicate si sottolinea come le questioni prospettate dalle parti risultino di particolare complessità ed esigano “l’approfondimento proprio della fase di merito, in specie in relazione alle tematiche di conformità della normativa interna al diritto unionale”.

Inoltre, si legge nei documenti, in difetto di misura cautelare, i soggetti appellanti sarebbero onerati “del complesso di adempimenti previsti dalla normativa in questione e della rilevazione dei dati, attività che, all’esito della fase di merito, potrebbero risultare non legittimamente imposte”.

Le ordinanze del Consiglio di Stato in esame hanno importanti ricadute sotto il profilo strettamente operativo.

In primo luogo, è noto a tutti che in costanza della precedente sospensiva disposta dal TAR molte Camere di commercio territoriali hanno continuato ad accettare sia le pratiche di comunicazione che quelle di variazione della titolarità effettiva, consentendo in tal modo l’ulteriore popolamento del Registro.

È altrettanto noto che, a seguito della sentenza di rigetto emessa dal TAR lo scorso 9 aprile, il MIMIT ha fissato all’11 aprile 2024 la scadenza del termine per la trasmissione delle pratiche del titolare effettivo, di fatto creando i presupposti per l’applicazione delle sanzioni in misura ridotta per coloro i quali avessero effettuato la comunicazione nei 30 giorni successivi alla predetta scadenza.

La nuova sospensiva disposta dal Consiglio di Stato interviene dunque a termini scaduti.

È lecito chiedersi, di conseguenza, se le Camere di commercio siano legittimate ad accettare comunicazioni in pendenza del termine previsto per la decisione nel merito da parte del Consiglio di Stato oppure, come già avrebbero dovuto fare nelle more della precedente sospensiva, sospendere qualsivoglia operatività relativa al Registro.

Non va dimenticato, infatti, che la decisione pendente ha ad oggetto l’operatività stessa del Registro che, nel frattempo, continua però a popolarsi.

Quanto appena detto introduce un ulteriore tema di discussione in merito all’accreditamento per la consultazione, già attivo anche per alcune categorie professionali come, ad esempio, quella dei commercialisti: sotto questo aspetto ci si interroga sulla valenza assunta, pendente iudicio, dalle risultanze di un Registro a supporto degli adempimenti di adeguata verifica della clientela. Di conseguenza, è verosimile attendersi nell’immediato un’interruzione degli accessi al Registro.

Da ultimo, non sarà sfuggito ad aziende e commercialisti impegnati nelle attività di deposito dei bilanci che la possibilità di confermare i dati del titolare effettivo in tale occasione non è ancora operativa, in quanto non risulta disponibile il tasto “conferma” nell’applicativo DIRE. A parere di Infocamere ciò è coerente con la circostanza che la conferma contestuale al deposito del bilancio, che è una possibilità e non un obbligo, deve in ogni caso rispettare il termine dei 12 mesi dalla prima comunicazione o dall’ultima comunicazione di variazione o conferma.

Ne discende che laddove tale termine non sia rispettato le Camere di commercio potranno applicare la sanzione per deposito tardivo. In assenza del tasto “conferma”, il relativo adempimento può essere assolto facoltativamente con apposita pratica in DIRE, ovviamente previo pagamento dei diritti di segreteria.
 

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