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Tassa annuale sui libri sociali anno 2021

Entro il 16 marzo 2021 i contribuenti devono far fronte anche al versamento della tassa annuale di vidimazione dei libri sociali per l’anno 2021.
Soggetti tenuti al versamento sono tutte le società di capitali, tra cui le s.p.a., le s.r.l. e le s.a.p.a ad esclusione di:
  • società cooperative;
  • società di mutua assicurazione;
le quali sono comunque tenute, per la numerazione e la bollatura di libri e registri, al pagamento della tassa di concessione governativa di 67 euro per ogni 500 pagine o frazioni di 500 pagine;
  • società di capitali fallite in quanto i libri ed i registri devono essere vidimati dal giudice delegato senza spese;
  • i consorzi tra imprese che non abbiano assunto la forma di società consortili (risoluzione 411461/1990);
  • gli enti non economici, le associazioni e le fondazioni di volontariato (oltre che le imprese individuali e le società di persone).
Per quanto riguarda invece le società in liquidazione e le società sottoposte a procedure concorsuali la circolare 108/E/1996 ha precisato che tali soggetti sono comunque tenuti al versamento, sempre che permanga l’obbligo della tenuta dei libri vidimati (come ad esempio i libri sociali) nei modi previsti dal codice civile.
In caso di trasferimento della sede sociale e variazione della competenza di Uffici dell’Agenzia delle Entrate a cui effettuare il versamento con modello F24, la società che ha già provveduto al versamento della tassa non è tenuta ad effettuare un altro versamento in quanto il trasferimento non impone una nuova numerazione e bollatura dei libri e registri sociali.
L’ammontare della tassa dovuta dipende dal valore del capitale sociale o del fondo di dotazione al 1° gennaio dell’anno per il quale si effettua il versamento ed ammonta a:
  • 309,87 euro se il capitale sociale o il fondo di dotazione è inferiore o uguale a 516.456,90 euro;
  • 516,46 euro se il capitale sociale o il fondo di dotazione è superiore a 516.456,90 euro.
Per la determinazione dell’importo dovuto si deve far riferimento al capitale sociale risultante al 1° gennaio dell’anno; pertanto non assumono rilevanza eventuali variazioni del capitale successive alla data del 1° gennaio 2021, variazioni che invece saranno rilevanti per la determinazione dell’importo dovuto per l’anno 2022.
Le modalità di versamento sono diverse a seconda che il versamento sia effettuato per il primo anno di attività o per gli anni successivi:
  • il versamento per l’anno di inizio attività deve essere effettuato utilizzando il bollettino di c/c postale n. 6007 intestato a “Agenzia delle Entrate – Centro Operativo di Pescara – Bollatura Numerazioni Libri Sociali”, prima della presentazione della dichiarazione di inizio attività ai fini Iva, su cui vanno riportati gli estremi di versamento;
  • il versamento per gli anni successivi va effettuato, entro il 16 marzo di ciascun anno, utilizzando il modello F24, esclusivamente in modalità telematica, con il codice tributo “7085 – Tassa annuale vidimazione libri sociali“, indicando, oltre all’importo, l’anno per il quale il versamento viene eseguito.
L’importo versato è deducibile ai fini delle imposte (Ires ed Irap) e può essere compensato nel caso in cui il contribuente abbia dei crediti compensabili con modello F24, nel qual caso la delega di versamento dovrà essere presentata esclusivamente utilizzando i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate (Entratel/Fisconline).

Come precisato poi nella risoluzione 170/E/2000 i pubblici ufficiali sono autorizzati a provvedere alla bollatura e numerazione dei libri e registri delle società di capitali, senza richiedere la ricevuta attestante l’avvenuto pagamento della relativa tassa, qualora i libri ed i registri siano presentati prima dello scadere del termine previsto per il pagamento medesimo; infatti il controllo dell’avvenuto versamento dovrà essere effettuato, in un momento successivo, dall’Amministrazione finanziaria, anche in occasione di eventuali accertamenti, verifiche o ispezioni da parte degli organi preposti.
Nel caso di omesso versamento, come si evince dal sito internet dell’Agenzia delle Entrate, la sanzione amministrativa irrogabile varia dal 100 al 200% della tassa medesima e, in ogni caso, non può essere inferiore a 103 euro, come previsto dall’articolo 9, comma 1, D.P.R. 641/1972.
È possibile ricorrere all’istituto del ravvedimento operoso, beneficiando di una riduzione della sanzione a seconda di quando venga effettuato il versamento.

Per il versamento dell’imposta e degli interessi va utilizzato il modello F24 (con il consueto codice tributo “7085”), mentre per il versamento della sanzione è necessario utilizzare il modello F23 indicando il codice tributo “678T”, il codice ufficio “RCC” e la causale di versamento “SZ”.
Infine si segnala che secondo una parte della dottrina la corretta sanzione da applicare in caso di omesso versamento sia quella prevista dall’articolo 13, comma 2, D.Lgs 471/1997, pari quindi al 30% dell’importo dovuto.
Tale differente interpretazione comporta una diversa riduzione della sanzione in caso di ravvedimento operoso.

(MF/ms)




Bonus investimenti: la data del 16 novembre 2020 è uno spartiacque

La data del 16 novembre 2020 separa vecchia e nuova disciplina del bonus investimenti.

Nel corso di un convegno organizzato da Federmacchine e Anima, Marco Calabrò, dirigente del Ministero dello Sviluppo economico, ha risposto ad alcuni quesiti in merito ai crediti Transizione 4.0.
Tali chiarimenti, da quanto affermato, dovrebbero confluire in un documento di prossima pubblicazione.

Con particolare riferimento al nuovo credito d’imposta per investimenti in beni strumentali introdotto dalla L. 178/2020, viene analizzata la questione del coordinamento con la precedente agevolazione di cui alla L. 160/2019.
Si ricorda che la decorrenza delle nuove misure del credito d’imposta ex L. 178/2020 è fissata retroattivamente al 16 novembre 2020, per cui per gli investimenti effettuati nel periodo 16 novembre 2020-31 dicembre 2020 coesisterebbero, a livello normativo, la precedente agevolazione ex L. 160/2019 e la nuova agevolazione introdotta dalla L. 178/2020.

Calabrò afferma che la norma approvata è priva di disposizione di coordinamento temporale tra le due discipline (quella 2020 e quella appena introdotta) e questo genera incertezza nelle imprese.

Nel prossimo decreto, forse già nel c.d. “Ristori 5”, dovrebbe esserci un intervento che risponde a questi dubbi.

Tanto premesso, secondo l’interpretazione fornita dal dirigente, per gli investimenti “programmati” entro il 15 novembre 2020 (intendendo per “programmati” quelli con ordine accettato dal venditore e con avvenuto pagamento di acconti almeno pari al 20%), resta ferma la disciplina del credito d’imposta 2020 (quindi, per i beni 4.0, aliquota 40% fino a 2,5 milioni), se completati entro il 30 giugno 2021.
In linea più generale, il 15 novembre 2020 termina l’agevolazione precedente, mentre la finestra 2021, in sostanza, parte dal 16 novembre 2020 (quindi è come se fosse un periodo agevolato di 13 mesi e mezzo e non più annuale come in passato).
Con riferimento all’utilizzo dell’agevolazione, viene affermato che il periodo di compensazione di 3 anni (o un anno a determinate condizioni) va considerato come periodo minimo di compensazione. Non ci sono limiti a riportare a nuovo le eccedenze.
Tale chiarimento si aggiunge a quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate a Telefisco 2021, in cui è stato precisato che, in caso di mancato utilizzo per incapienza di parte della quota di 1/3 del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali ex art. 1 comma 1051 ss. della L. 178/2020, l’eccedenza può essere utilizzata l’anno successivo sommandosi alla quota. Viene inoltre sottolineato che al momento non è prevista la possibilità di cedere il credito d’imposta.

Altra questione riguarda poi la comunicazione da presentare al Ministero dello Sviluppo economico. Viene ribadito che tale comunicazione è solo a fini di monitoraggio e quindi non vincola l’accesso all’agevolazione.
Il decreto relativo al modello di comunicazione, che terrà conto dei codici tributo del credito sia 2020 che 2021, dovrebbe essere pubblicato nel primo semestre dell’anno.

Quanto ai beni immateriali 4.0, l’art. 1 comma 1058 della L. 178/2020 prevede un massimale di costi ammissibili pari a un milione di euro, applicabile, in assenza di precisazioni, a tutto il periodo agevolato (dal 16 novembre 2020 al 31 dicembre 2022).
Al riguardo, è stato affermato che si tratta di un errore tecnico della norma e sarà precisato che il limite di un milione sarà applicabile per ciascun periodo agevolato (e non come limite complessivo).
In merito al credito d’imposta ricerca, sviluppo e innovazione, è stato affermato che, in linea generale, le disposizioni interpretative operano già dalla precedente disciplina, mentre le nuove aliquote e i nuovi massimali operano dal 2021.
La necessità di relazione tecnica asseverata riguarda già il 2020.
 

(MF/ms)
 
 




Rivalutazione dei beni di impresa: relazione di stima

L’art. 110 del DL “Agosto” (DL 104/2020), conv. L. 126/2020 e modificato dalla L. n. 178/2020, ha riproposto la possibilità di rivalutare i beni di impresa risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019.
Oltre a richiamare, tra l’altro, l’applicabilità degli artt. 11, 13, 14 e 15 della L. n. 342/2000, la norma introduce rilevanti novità.

Dal punto di vista valutativo, il rinvio all’art. 11 della L. n. 342/2000 ripropone due questioni chiave: la necessità di una relazione di stima a supporto di amministratori e organo di controllo nell’attestare un regolare processo di rivalutazione, con indicazione dei criteri di stima utilizzati (valore d’uso e/o valore di mercato) e la scelta della configurazione da adottare (aspetto trattato in un prossimo articolo).

La norma non richiede una perizia di stima redatta da valutatori indipendenti.
Sulla sua opportunità negli anni si sono succeduti diversi orientamenti: nel documento di ricerca n. 71 (giugno 2001) Assirevi riteneva la perizia presidio indispensabile a garanzia di trasparenza e affidabilità, ferma anche la possibilità di farla redigere da tecnici interni all’azienda. Assonime ha suggerito la possibilità di utilizzare, in alternativa, listini prezzi o corrispettivi indicati in contratti preliminari (circolare n. 13/2001) e richiamato la necessità di una relazione di stima in contesti di precedenti rivalutazioni, a migliore supporto di amministratori e organi di controllo (n. 2/2013).
Perizia di stima che appare ancora più opportuna nell’attuale contesto di incertezza dovuta all’emergenza sanitaria e in relazione a beni rivalutabili quali partecipazioni e beni immateriali, oltre che in funzione della rilevanza dei valori in gioco.
Agli organi amministrativo e di controllo, comunque, viene richiesta un’analisi consapevole degli esiti della stima, anche per attuare un corretto processo di rivalutazione: il loro operato non potrà mai limitarsi a una mera ratifica priva di analisi critica della valutazione.
Gli amministratori, infatti, hanno il dovere di agire con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico, che presuppone l’obbligo di agire in modo informato e quindi la conoscenza non tanto della teoria e tecnica valutativa, quanto piuttosto delle attività che formano il processo di valutazione e ne possono condizionare il risultato.
Per queste ragioni, una relazione predisposta da un valutatore indipendente con le caratteristiche previste dai Principi italiani di valutazione (PIV) costituisce il migliore supporto per amministratori e organi di controllo a tutela del loro corretto operato e per evitare contestazioni circa il mancato rispetto delle previsioni normative, sino alla fattispecie estrema di falsa comunicazione sociale ex art. 2621 c.c. (Cass. SS.UU. 27 maggio 2016 n. 22474).
Secondo i PIV, le stime di rivalutazione dei beni di impresa sono riconducibili alle valutazioni ai fini di bilancio (PIV IV.7), ovvero valutazioni disciplinate dai principi contabili di riferimento e quindi c.d. “convenzionali”.

Stime riconducibili alle valutazioni ai fini di bilancio
Oltre ai generali requisiti di indipendenza e competenza tecnica declinati nel conceptual framework (PIV I.3.1), queste particolari stime richiedono all’esperto una specifica competenza circa disciplina normativa e principi contabili di riferimento, di cui va data disclosure completa e trasparente nella relazione di valutazione (PIV IV.7.1), oltre la consapevolezza del ruolo pubblico della sua attività.
La relazione, poi, deve illustrare tutti i passaggi del processo di valutazione svolto per consentire ai suoi fruitori di ripercorrerlo criticamente e di comprendere le ragioni delle scelte compiute. All’esperto, rispetto ad altre stime, è richiesta anche la condivisione dei suoi fogli di lavoro e calcolo con amministratori e organi di controllo, così da essere in grado di sostenere le proprie analisi e rispondere a richieste di dettaglio formulate, ad esempio dai revisori.
Non va infine dimenticato che le valutazioni ai fini di bilancio possono condurre a valori differenti rispetto alle valutazioni c.d. “libere”, ma devono comunque essere riconciliabili con tali stime e/o con i prezzi espressi dal mercato.

(MF/ms)




Prova della cessione Intra anche con dichiarazione dell’acquirente

Con la risposta n. 141/2021 del 3 marzo, l’Agenzia delle Entrate si è nuovamente espressa in merito alle modalità di prova del trasporto o spedizione dei beni dall’Italia in un altro Stato membro, in occasione di una cessione intra-Ue di beni mobili, confermando i precedenti orientamenti.

Nel caso esaminato, il trasporto dei beni all’estero è effettuato secondo diverse modalità: talvolta è a cura della società cedente (o di un terzo per suo conto), altre volte è a cura dei cessionari Ue (o di terzi per loro conto).

A sostegno dell’applicazione del regime di non imponibilità, di cui all’art. 41 comma 1 del DL 331/93 all’operazione di cui trattasi, la società cedente ha implementato una procedura di conservazione della documentazione contabile e fiscale finalizzata ad attestare l’effettiva movimentazione dei beni dall’Italia a un altro Stato membro mediante il seguente set documentale:

  • fattura di vendita emessa nei confronti del cliente Ue;
  • elenchi riepilogativi recanti le cessioni intraunionali effettuate;
  • rimessa bancaria dell’acquirente relativa al pagamento della merce;
  • copia del contratto o dell’ordine/conferma di vendita o di acquisto dai quali risultino gli impegni assunti con il cliente o gli accordi presi per corrispondenza con indicazione della destinazione dei beni;
  • DDT emesso dal cedente italiano con indicazione della destinazione dei beni, normalmente firmato dal trasportatore per presa in carico della merce;
  • documento di trasporto CMR firmato dal trasportatore per presa in carico della merce e dal destinatario per ricevuta.
La descritta procedura si applica a prescindere dalla circostanza che il trasporto sia curato dal cedente nazionale o dal cessionario Ue (o da terzi per loro conto), con l’unica accortezza di conservare, nel primo caso, anche la fattura del vettore incaricato della consegna e la documentazione comprovante il pagamento del corrispettivo pattuito per il trasporto delle merci.
Inoltre, considerata la difficoltà nel recupero del CMR firmato anche dal destinatario dei beni, per avvenuta ricezione degli stessi, è stata implementata una particolare procedura di attestazione da parte del cessionario che confermi l’avvenuta ricezione della merce nello Stato membro di destinazione.
Detta attestazione, controfirmata e timbrata dal cessionario, reca tra l’altro: l’identificativo e il numero di partita IVA del cessionario; il numero della fattura di vendita, oltre che la data e l’importo della stessa, l’indicazione del peso del materiale ricevuto, nonché una specifica dichiarazione del cliente il quale “conferma la ricezione e la consegna dei beni relativi alla sopra menzionata fattura”.

La società istante ha chiesto conferma della liceità della procedura in considerazione delle disposizioni dell’art. 45-bis del Regolamento Ue n. 282/2011, efficaci dal 1° gennaio 2020, che hanno uniformato le regole in materia di prova dell’avvenuto trasporto in relazione alle cessioni intra-Ue, introducendo una presunzione relativa.
L’Agenzia delle Entrate, conferma quanto espresso con la circolare n. 12 del 12 maggio 2020, ossia che può continuare ad applicarsi la prassi nazionale emanata anteriormente alle norme regolamentari unionali, in tutti i casi in cui non si renda applicabile la presunzione contenuta in queste ultime disposizioni.
In particolare, l’Amministrazione finanziaria, con la risposta a interpello n. 100/2019, richiamando la precedente ris. n. 19/2013, già aveva riconosciuto la validità, ai fini della prova delle cessioni intracomunitarie “franco fabbrica” (EXW), dell’utilizzo del CMR elettronico unitamente a un insieme di documenti dal quale si possono ricavare le medesime informazioni presenti nello stesso e le firme dei soggetti coinvolti (cedente, vettore, e cessionario). Tali documenti, per essere idonei a fornire la prova della cessione, secondo l’Agenzia, devono essere “conservati congiuntamente alle fatture di vendita, alla documentazione bancaria attestante le somme riscosse in relazione alle predette cessioni, alla documentazione relativa agli impegni contrattuali assunti e agli elenchi Intrastat”.

Si rammenta che, facendo riferimento alla prassi nazionale emanata in materia, ai fini di provare l’avvenuto trasporto in un altro Stato membro, resta ferma la valutazione, caso per caso, da parte dell’Amministrazione finanziaria.
(MF/ms)
 




Webinar “Novità fiscali e adempimenti” del 4 marzo 2021: ecco le slide

Si allegano le slide utilizzate durante il webinar "Novità fiscali e adempimenti" tenutosi giovedì 4 marzo 2021.

Relatore dell'incontro Massimo Fumagalli dello Studio Qualitas Commercialisti Associati di Lecco.

(SG/sg)




Slitta al 30 giugno il termine per l’adesione al servizio di consultazione delle fatture elettroniche

Ancora una proroga per il servizio di consultazione delle fatture elettroniche. In attesa della decisiva interlocuzione con l’Autorità Garante per la definizione delle necessarie misure di sicurezza a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati, l’Agenzia delle Entrate, con il provvedimento n. 56618, pubblicato domenica 28 febbraio, dispone che l’adesione al servizio che consente la consultazione e l’acquisizione delle e-fatture e dei loro duplicati informatici possa essere effettuata entro il 30 giugno 2021.
Viene scongiurata, quindi, la cancellazione dei file per i soggetti che non avessero manifestato la volontà di aderire al servizio entro il 28 febbraio. Secondo quanto previsto dai precedenti provvedimenti emanati dall’Agenzia e come riportato sul portale “Fatture e Corrispettivi”, in assenza di adesione entro detto termine, la stessa Agenzia avrebbe proceduto ad eliminare le fatture elettroniche “memorizzate durante il periodo transitorio”, mantenendo i soli “dati fattura” – id est i dati fiscalmente rilevanti di cui all’art. 21 del DPR 633/72, ad esclusione di quelli relativi alla natura, qualità e quantità dei beni e servizi che formano oggetto dell’operazione (di cui all’art. 21 comma 2 lett. g) del DPR 633/72) – “per le previste attività istituzionali di assistenza e di controllo automatizzato”, fino a che non fossero decorsi i termini per gli eventuali accertamenti o definiti gli eventuali giudizi.
Per comprendere le ragioni dell’ennesima proroga, occorre rammentare che l’art. 14 del DL 124/2019, modificando l’art. 1 del DLgs. 127/2015, ha disposto che i file delle fatture elettroniche trasmessi mediante SdI debbano essere memorizzati, nella loro interezza (ivi compresi, quindi, i dati “descrittivi”), “fino al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione di riferimento ovvero fino alla definizione di eventuali giudizi”, per essere utilizzati:
– dalla Guardia di Finanza nell’assolvimento delle proprie funzioni di polizia economica e finanziaria;
– dalla stessa Guardia di finanza e dall’Agenzia delle Entrate per le attività di analisi del rischio e di controllo a fini fiscali.
La norma prevede, altresì, che, sentito il parere dell’Autorità Garante, siano adottate “idonee misure di garanzia a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati, attraverso la previsione di apposite misure di sicurezza”.
In questi mesi, tuttavia, lo stesso Garante ha espresso parere negativo in ordine alla memorizzazione integrale dei file XML, sostenendo che anche qualora venissero assicurati “elevati livelli di sicurezza e accessi selettivi”, essa risulterebbe “sproporzionata in uno stato democratico, per quantità e qualità delle informazioni oggetto di trattamento, rispetto al perseguimento del legittimo obiettivo di interesse pubblico di contrasto all’evasione fiscale perseguito”.
Con provvedimento 7 agosto 2020 n. 151 l’Autorità, in ragione della necessità di individuare un preciso e certo “dies ad quem” entro il quale avrebbe dovuto avvenire la cancellazione dei file nell’ipotesi in cui l’operatore avesse deciso di non aderire, aveva richiesto che il differimento del termine per l’adesione al servizio di consultazione delle e-fatture, non fosse successivo alla data del 1° marzo 2021.
Tuttavia, come si legge nel provvedimento è, allo stato attuale, ancora attesa un’interlocuzione con il Garante per la definizione delle misure di garanzia che consentirebbero la memorizzazione integrale dei file come richiesto dall’art. 14 del DL 124/2019 e, per questo motivo, si è resa necessaria l’ulteriore proroga.
Lo slittamento potrebbe agevolare, in qualche misura, i soggetti che hanno aderito al servizio gratuito di conservazione delle fatture offerto dall’Agenzia delle Entrate (distinto e indipendente da quello di consultazione), che devono ancora effettuare l’upload delle fatture la cui data di emissione è coincidente o antecedente rispetto alla data di adesione al servizio.
Chi volesse, ad esempio, reperire i duplicati di file transitati dal SdI a decorrere dal 1° gennaio 2019, potrebbe, quindi, approfittare della proroga.

(MF/ms)




Start-up e Pmi innovative, detrazione Irpef del 50% per gli investitori

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 15 febbraio 2021 il decreto attuativo Mise (D.M. 28 dicembre 2020) relativo alla nuova agevolazione in regime “de minimis” che attua gli incentivi previsti dal Decreto “Rilancio” per chi investe in start-up e PMI innovative (D.L. n. 34/2020, art. 38, comma 7). L’importo massimo dell’investimento detraibile è fissato a 100.000 euro per periodo d’imposta, che sale a 300.000 euro per chi investe in PMI innovative.(MF/ms)

SOMMARIO:

  • AMBITO DI APPLICAZIONE
  • IMPRESA BENEFICIARIA
  • AGEVOLAZIONE FISCALE
  • INVESTIMENTO AGEVOLATO
  • PROCEDURA DI PRESENTAZIONE
  • CONDIZIONI PER FRUIRE DELL’AGEVOLAZIONE FISCALE
  • EFFICACIA
Vedi istruzioni in allegato.

(MF/ms)




Modelli Intra per acquisti dal Regno Unito a fine 2020: nessuna sanzione

L’Agenzia delle Dogane e dei monopoli, con due FAQ pubblicate nella sezione “Intrastat” del proprio sito, ha fornito alcune indicazioni utili in merito alla compilazione degli elenchi INTRA acquisti rispetto alle operazioni con controparti del Regno Unito, eseguite prima del 31 dicembre 2020 e registrate nel gennaio 2021.
Si ricorda che a partire dal 2021, per effetto della Brexit, il Regno Unito è divenuto un Paese terzo, ma le operazioni effettuate sino al 31 dicembre 2020 mantengono la natura intracomunitaria.
La prima risposta concerne l’esposizione negli elenchi INTRASTAT dei servizi ricevuti da operatori del Regno Unito prima del 31 dicembre 2020 e registrati in contabilità il 10 gennaio 2021.
Secondo l’Agenzia delle Dogane e dei monopoli, l’operazione è da riepilogare negli elenchi INTRA acquisti riferiti al mese di dicembre 2020 (o all’ultimo trimestre 2020, per chi presenta gli elenchi con periodicità trimestrale).
Nei modelli non è, peraltro, richiesta l’indicazione della data della fattura.
Inoltre, l’Amministrazione precisa che, per operazioni di questo tipo, considerata l’incertezza della compilazione, un’eventuale tardiva presentazione degli elenchi non comporta l’applicazione di sanzioni.
Sono, in ogni caso, esonerati dalla presentazione degli elenchi riferiti ai servizi ricevuti i soggetti passivi che, per ciascuno dei quattro trimestri precedenti, abbiano realizzato un ammontare totale trimestrale di acquisti inferiore a 100.000 euro.
La seconda risposta, di tenore analogo, concerne l’indicazione negli elenchi INTRASTAT degli acquisti di beni dal Regno Unito, spediti entro il 31 dicembre 2020, ma pervenuti in Italia (e registrati in contabilità) a inizio gennaio 2021.
Un’operazione di questo tipo è da riepilogare nei modelli INTRA riferiti al mese di dicembre 2020 (o all’ultimo trimestre 2020, per chi presenta gli elenchi con periodicità trimestrale). In linea generale, tutti gli acquisti di beni che siano arrivati in Italia nell’anno 2020 devono essere indicati negli elenchi riferiti a tale anno.
Sono esonerati i soggetti passivi che abbiano effettuato acquisti di beni per un ammontare totale trimestrale inferiore a 200.000 euro, per ciascuno dei quattro trimestri precedenti.
Anche in questo secondo caso, l’Agenzia delle Dogane e dei monopoli chiarisce che non sono previste sanzioni nel caso in cui i modelli siano presentati tardivamente.
La presentazione degli elenchi INTRA resta dovuta, anche per le operazioni successive al 1° gennaio 2021, in riferimento agli scambi commerciali con l’Irlanda del Nord.
A tale riguardo, la determinazione Agenzia delle Dogane e dei monopoli ha recepito le novità della direttiva 1756/2020/Ue, modificando le istruzioni per l’uso e la compilazione degli elenchi riepilogativi delle cessioni e degli acquisti intracomunitari di beni, affinché i numeri di identificazione IVA dei soggetti stabiliti nell’Irlanda del Nord siano caratterizzati dal prefisso “XI”.
Nessuna modifica per l’esterometro a seguito della Brexit
Pur in assenza di chiarimenti specifici sul punto da parte dell’Amministrazione finanziaria, è da ricordare che le operazioni (cessioni di beni e prestazioni di servizi) con controparti stabilite nel Regno Unito continuano a dover essere riportate nel c.d. “esterometro”, anche successivamente al 1° gennaio 2021.
La comunicazione delle operazioni transfrontaliere, di cui all’art. 1 comma 3-bis del DLgs. 127/2015, prescinde, infatti, dallo status comunitario o meno della controparte.
(MF/ms)




Al via l’uso del credito “Ricerca, sviluppo e innovazione” con i codici tributo

Con la risoluzione n. 13 del 1° marzo, l’Agenzia delle Entrata ha istituito i codici tributo “6938”, 6939” e “6940” per l’utilizzo in compensazione nel modello F24 del credito d’imposta per attività di ricerca, sviluppo e innovazione di cui alla L. 178/2020, nonché di quello specifico maggiorato per gli investimenti nel Mezzogiorno e nei territori colpiti dal sisma.
L’art. 1, comma 198 della L. 27 dicembre 2019 n. 160, come modificato dall’art. 1, comma 1064, lett. a) della L. 30 dicembre 2020 n. 178, dispone che per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2022 (quindi 2020-2022 per i soggetti “solari”), per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative è riconosciuto un credito d’imposta alle condizioni e nelle misure di cui ai commi da 199 a 206.
Il successivo comma 204 ha disposto che il credito d’imposta spettante è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del DLgs. n. 241/97, in tre quote annuali di pari importo, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello di maturazione.
Si ricorda che l’utilizzo del credito d’imposta è comunque subordinato all’avvenuto adempimento degli obblighi di certificazione della documentazione contabile previsti dall’art. 1 comma 205 della L. 160/2019. In altri termini, l’utilizzo in compensazione del credito maturato non potrà iniziare se non a partire dalla data in cui viene adempiuto l’obbligo di certificazione (circ. Agenzia delle Entrate n. 8/2019, § 3.1, ancorché con riferimento al precedente credito ricerca e sviluppo).
Al fine di utilizzare in compensazione tale agevolazione, è stato istituito il codice tributo “6938” denominato “Credito d’imposta investimenti in ricerca e sviluppo, transizione ecologica, innovazione tecnologica 4.0 e altre attività innovative – art. 1, c. 198 e ss., legge n. 160 del 2019”.
L’art. 244 comma 1 del DL 19 maggio 2020 n. 34 convertito ha inoltre stabilito che, al fine di incentivare più efficacemente l’avanzamento tecnologico dei processi produttivi e gli investimenti in ricerca e sviluppo delle imprese operanti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia nonché nelle Regioni Lazio, Marche e Umbria colpite dagli eventi sismici del 24 agosto, del 26 e del 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017, la misura del credito d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo di cui all’art. 1, comma 200 della L. 160/2019, inclusi i progetti di ricerca e sviluppo in materia di COVID-19, direttamente afferenti a strutture produttive ubicate nelle suddette regioni, è aumentata:
  • al 25% per le grandi imprese;
  • al 35% per le medie imprese;
  • al 45% per le piccole imprese.
La maggiorazione della misura del credito d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo direttamente afferenti a strutture produttive ubicate nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia è stata inoltre riconosciuta anche per gli anni 2021 e 2022 dall’art. 1, comma 185, della L. 178/2020.
Tanto premesso, al fine di utilizzare in compensazione tale agevolazione, è stato istituito il codice tributo “6939” denominato “Credito d’imposta investimenti in ricerca e sviluppo – Misura incrementale per gli investimenti nelle regioni del Mezzogiorno – art. 244, c. 1, DL n. 34 del 2020”.
È stato inoltre istituito il codice tributo “6940” denominato “Credito d’imposta investimenti in ricerca e sviluppo – Misura incrementale per gli investimenti nelle regioni del sisma centro Italia – art. 244, c. 1, DL n. 34 del 2020”.
Codici da utilizzare solo per l’incremento dell’aliquota
La risoluzione precisa che i codici “6939” e “6940” devono essere utilizzati esclusivamente per compensare il maggior credito d’imposta corrispondente all’incremento dell’aliquota dell’agevolazione previsto per gli investimenti in ricerca e sviluppo nelle regioni del Mezzogiorno e del sisma centro Italia.
In sede di compilazione del modello di pagamento F24, i suddetti codici tributo (“6938”, “6939”, “6940”) devono essere esposti nella sezione “Erario”, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a credito compensati” (ovvero, nei casi in cui il contribuente debba procedere al riversamento del credito, nella colonna “importi a debito versati”).
Il campo “anno di riferimento” va valorizzato con l’anno di maturazione del credito, nel formato “AAAA”. (MF/ms)
 



Fatture elettroniche 2019: ancora pochi giorni per la conservazione

Secondo quanto stabilito dall’art. 39 del DPR 633/72, le fatture elettroniche devono essere conservate in modalità elettronica, in conformità con quanto previsto dalle disposizioni del Codice dell’Amministrazione digitale (CAD).
L’adempimento risulta particolarmente rilevante in considerazione del fatto che, a decorrere dal 1° gennaio 2019, vige l’obbligo pressoché generalizzato di emissione delle e-fatture mediante Sistema di Interscambio con riferimento alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi poste in essere nel settore privato tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato. Considerato che il processo di conservazione dei documenti elettronici deve concludersi entro tre mesi dal termine di presentazione delle dichiarazioni annuali relative al periodo d’imposta cui i documenti si riferiscono e che le dichiarazioni dei redditi relative al periodo d’imposta 2019 dovevano essere presentate entro il 10 dicembre 2020, le fatture elettroniche emesse e ricevute via SdI nel 2019 dovranno essere portate in conservazione entro il 10 marzo 2021.
La disciplina della conservazione sostitutiva trova sempre applicazione con riferimento alle fatture elettroniche emesse verso la Pubblica Amministrazione (B2G) e nei confronti di soggetti privati (B2B e B2C). L’obbligo opera tanto per il cedente o prestatore emittente, quanto per il cessionario o committente, soggetto passivo, destinatario della e-fattura. Occorre, tuttavia, rammentare che devono ritenersi comunque esclusi dall’adempimento, relativamente ai documenti elettronici ricevuti, i soggetti aderenti al regime forfetario (cfr. FAQ Agenzia delle Entrate 19 luglio 2019 n. 110).
In virtù di quanto stabilito dall’art. 3 del DM 17 giugno 2014, i documenti informatici devono essere conservati in modo da rispettare le norme del codice civile, le disposizioni del DLgs. 7 marzo 2005 n. 82 (CAD) e le altre norme tributarie riguardanti la corretta tenuta della contabilità.
Il procedimento deve prevedere l’apposizione del riferimento temporale opponibile a terzi sul pacchetto di archiviazione, e, come già ricordato, deve concludersi entro tre mesi dal termine di presentazione delle dichiarazioni annuali, intendendosi tale, in un’ottica di semplificazione e uniformità del sistema, il termine di presentazione delle dichiarazioni dei redditi (art. 3 comma 3 del DM 17 giugno 2014).
I soggetti passivi cedenti/prestatori e cessionari/committenti possono conservare elettronicamente le fatture elettroniche e le note di variazione trasmesse e ricevute via SdI utilizzando il servizio gratuito messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate.
A tal fine sarà necessario accedere alla propria area riservata del portale “Fatture e Corrispettivi” e selezionare il link “Fatturazione elettronica e Conservazione”. Scegliendo l’opzione “Accedi alla sezione conservazione”, si aprirà una pagina attraverso la quale sarà possibile attivare il servizio. Dal giorno successivo all’attivazione tutte le fatture elettroniche e le note di variazione emesse e ricevute mediante SdI saranno portate automaticamente in conservazione.
Ne consegue il fatto che il sistema non conserva automaticamente le fatture elettroniche la cui data di emissione è coincidente o antecedente rispetto alla data di adesione al servizio di conservazione. Esse devono quindi essere volontariamente portate in conservazione dall’operatore (cedente/prestatore o cessionario/committente), mediante upload dei singoli file nell’apposita sezione dell’area riservata del portale “Fatture e Corrispettivi”.
Quanto ai profili sanzionatori, è opportuno segnalare che, ai sensi dell’art. 9 del D. Lgs. 471/97, è punito con la sanzione amministrativa da 1.000 euro a 8.000 euro chi non tiene o non conserva secondo le prescrizioni i documenti previsti dalla normativa IVA.

(MF/ms)