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Le principali novità della dichiarazione Iva 2021

Con provvedimento n. 13095/2021 del 15.01.2021 è stato approvato il modello Iva 2021 e le relative istruzioni per la compilazione.
Tra le principali novità presenti nel modello di quest’anno, da trasmettere entro il 30 aprile, si evidenzia l’esenzione Iva per le cessioni di beni necessari per il contenimento e la gestione dell’emergenza Covid-19, l’estensione del regime forfetario all’attività di oleoturismo, alcune modifiche alla disciplina delle prestazioni di servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione ed elettronici rese a committenti non soggetti passivi, nonché un nuovo rigo riservato ai soggetti che hanno usufruito dei provvedimenti agevolativi di sospensione dei versamenti emanati a seguito dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Sono state introdotte, inoltre, alcune semplificazioni in materia di dichiarazioni d’intento, a seguito della soppressione dell’obbligo di comunicazione delle dichiarazioni ricevute dagli esportatori abituali.
Con riferimento alle cessioni di determinati beni utili a contrastare la diffusione del Covid-19, si ricorda che l’articolo 124 D.L. 34/2020 ha introdotto l’esenzione Iva fino al 31 dicembre 2020; gli stessi, a decorrere dal 1° gennaio 2021 scontano l’Iva al 5%.
Inoltre, il comma 453 della Legge di bilancio 2021 ha previsto, dal 20 dicembre 2020 al 31 dicembre 2022, l’esenzione Iva per le cessioni di vaccini anti Covid-19, autorizzati dalla Commissione europea o dagli Stati membri, e per le prestazioni di servizi strettamente connesse a tali vaccini. Entrambe le disposizioni garantiscono il diritto alla detrazione dell’imposta, ai sensi dell’articolo 19, comma 1, D.P.R. 633/1972.
La dichiarazione Iva 2021 accoglie, pertanto, le operazioni attive e passive riferite alle cessioni esenti dei richiamati prodotti.
Dal lato vendite, il cedente dovrà indicare nel rigo VE33 l’ammontare delle operazioni esenti di cui all’articolo 10 D.P.R. 633/1972, ricomprendendo anche le operazioni esenti di cui all’articolo 124 D.L. 34/2020 e all’articolo 1, comma 453, L. 178/2020.
Nel quadro VF, sezione 3-A, rigo VF34, è stato introdotto un nuovo campo 9 per tenere conto, in sede di determinazione della percentuale di detrazione, delle cessioni di beni di cui all’articolo 124 D.L. 34/2020 e all’articolo 1, comma 453, L. 178/2020.
Sul versante degli acquisti, invece, il cessionario espone nel Rigo VF16, campo 2, gli acquisti esenti Iva in argomento.
Nel quadro VA, sezione 2, è stato inserito il nuovo rigo VA16 riservato ai soggetti che hanno usufruito dei provvedimenti agevolativi di sospensione dei versamenti, emanati a seguito dell’emergenza sanitaria da Covid-19.
In particolare, il rigo è riservato ai soggetti che, essendone legittimati, non hanno effettuato nel 2020, alle scadenze previste, i versamenti Iva – compreso il saldo relativo al 2019 – avvalendosi delle disposizioni di sospensione.

In casella 1 occorre inserire il codice reperibile dalla “Tabella versamenti sospesi Covid-19” posta in Appendice. Il campo 2 accoglie l’importo dei versamenti sospesi in virtù della disposizione normativa individuata dal codice indicato nella casella 1.
I soggetti che, nel corso del periodo d’imposta, hanno sospeso i versamenti in base a diverse disposizioni dovranno compilare più campi per indicare gli importi sospesi, in relazione a ciascuna disposizione normativa di cui gli stessi hanno usufruito.
Il rigo va compilato anche dalle società, in possesso delle caratteristiche che consentono individualmente di beneficiare delle disposizioni di sospensione emanate a seguito dell’emergenza sanitaria da Covid-19, che abbiano partecipato nel 2020 ad una procedura di liquidazione Iva di gruppo, consentendo a detta procedura di escludere dalla liquidazione periodica di gruppo la componente a debito riferibile a dette società, oppure di sospendere l’intero versamento della procedura stessa (circolare 11/E/2020, risposta 2.16).
Nel quadro VQ è stata prevista la nuova colonna 7 riguardante l’ammontare dell’Iva periodica versata a seguito della ripresa dei versamenti dopo la sospensione per eventi eccezionali, nel periodo compreso tra il giorno successivo alla data di presentazione della dichiarazione relativa al 2019 e la data di presentazione della dichiarazione relativa al presente anno d’imposta.
I soggetti che hanno fruito di particolari agevolazioni (sospensione dei termini di adempimenti e versamenti d’imposta) per effetto del verificarsi di eventi eccezionali devono comunque indicare nel quadro VH (qualora debba essere compilato, ovvero nel quadro VP), in corrispondenza dei singoli periodi (mesi o trimestri), gli importi a debito risultanti dalle liquidazioni periodiche e dell’acconto.
Nella sezione 3, è stato previsto il nuovo rigo VL41, per indicare nel campo 1, la differenza, se positiva, tra l’Iva periodica dovuta e l’Iva periodica versata; nel campo 2, la differenza, se positiva, tra il credito che si sarebbe generato qualora l’Iva periodica dovuta fosse stata interamente versata entro la data di presentazione della dichiarazione annuale (“credito potenziale”) e il credito effettivamente liquidato nel rigo VL33.
Per quanto riguarda, invece, gli oneri gravanti sui fornitori degli esportatori abituali, si ricorda che l’articolo 12-septies D.L. 34/2019 ha ridefinito la disciplina delle dichiarazioni d’intento prevedendo la soppressione dell’obbligo di comunicazione delle dichiarazioni d’intento ricevute in apposito quadro della dichiarazione annuale Iva, oltre che dell’obbligo di tenere un registro delle dichiarazioni d’intento. Conseguentemente, il quadro VI è stato soppresso.
Resta fermo, invece, l’onere di verificare che la dichiarazione d’intento sia stata emessa prima dell’effettuazione dell’operazione, definita dall’articolo 6 D.P.R. 633/1972.
Tale adempimento può essere assolto, indistintamente, in uno dei seguenti modi:

  • avvalendosi della funzionalità offerta dall’Agenzia delle entrate – Consultazioni delle dichiarazioni d’intento destinatario – all’interno del “Cassetto fiscale” del contribuente;
  • utilizzando la procedura di controllo “senza registrazione”, inserendo il numero di protocollo della dichiarazione d’intento, composto di due parti: la prima, formata da 17 cifre (es. 20060120341234567), la seconda (progressivo), di 6 cifre, separata dalla prima dal segno “-” oppure “/” (es. 000001).
Nel Quadro VO, sezione 1, è stato previsto infine il rigo VO16, riservato ai soggetti che effettuano le prestazioni di servizi indicate nell’articolo 7-octies nei confronti di committenti non soggetti passivi stabiliti in Stati membri dell’Unione europea diversi dall’Italia. Nella sezione 2, rigo VO26, è stata inserita la casella 2 per comunicare la revoca dell’opzione in precedenza esercitata. Nella sezione 3, è stato introdotto il rigo VO36, riservato ai soggetti che esercitano l’attività oleoturistica e comunicano di aver optato per l’applicazione dell’Iva e del reddito nei modi ordinari. (MF/ms)
 



Imposta di bollo su fattura elettronica

Come noto, sulle operazioni in generale non assoggettate ad Iva (se di ammontare superiore a 77,47 euro) è dovuta l’imposta di bollo: è dovuta ad esempio sulle operazioni fuori campo Iva ex articolo 15 D.P.R. 633/1972 oppure ex articolo 7-ter D.P.R. 633/1972, sulle operazioni non imponibili con dichiarazione di intento di cui all’articolo 8, comma 1, lettera c) D.P.R. 633/1972, mentre non è applicata sulle operazioni relative a cessioni di beni all’estero non imponibili articolo 8, comma 1, lettere a) o b), D.P.R. 633/1972.

A seguito dell’introduzione della fatturazione elettronica, i termini e le modalità di assolvimento dell’imposta di bollo su tali documenti, originariamente disciplinati dall’articolo 6, comma 2, D.M. 17.6.2017, sono stati ulteriormente oggetto di modifica ad opera del D.M. 4.12.2020 a decorrere dalle fatture emesse dal 1° gennaio 2021.

Questo significa che per il versamento dell’imposta di bollo relativa alle fatture emesse nel 4° trimestre 2020 ha continuato ad essere applicato il termine come modificato dal Decreto Liquidità (D.L. 23/2020): entro il giorno 20 del mese successivo al trimestre di riferimento. Il versamento doveva essere stato fatto entro lo scorso 20 gennaio.

Dal 01.01.2021 l’articolo 1 D.M. 4.12.2020 stabilisce che:

  • il pagamento dell’imposta relativa alle fatture elettroniche emesse nel primo, nel terzo e nel quarto trimestre solare dell’anno di riferimento è effettuato entro l‘ultimo giorno del secondo mese successivo alla chiusura del trimestre (quindi 31 maggio, 30 novembre, 28 febbraio);
  • il pagamento dell’imposta relativa alle fatture elettroniche emesse nel secondo trimestre solare è effettuato entro l’ultimo giorno del terzo mese successivo alla chiusura del trimestre (quindi 30 settembre).

Inoltre viene precisato che:

  • nel caso in cui l’ammontare dell’imposta di bollo complessivamente dovuta sulle fatture elettroniche emesse nel primo trimestre solare dell’anno non superi l’importo di 250 euro, il contribuente, in luogo della scadenza ordinaria, può procedere al pagamento entro il termine previsto per il versamento dell’imposta relativa al secondo trimestre solare dell’anno di riferimento (quindi 30 settembre);
  • nel caso in cui l’importo dell’imposta di bollo dovuta in relazione alle fatture elettroniche emesse nei primi due trimestri solari dell’anno, complessivamente considerato, non superi l’importo di 250 euro, il pagamento dell’imposta di bollo complessivamente dovuta sulle fatture elettroniche emesse nei predetti trimestri può essere effettuato entro il termine previsto per il versamento dell’imposta relativa al terzo trimestre solare dell’anno di riferimento (quindi 30 novembre).

Per le fatture elettroniche inviate attraverso il Sistema di interscambio, l’Agenzia delle entrate, sulla base dei dati in suo possesso, provvede, per ciascun trimestre, all’integrazione delle fatture che non riportano l’evidenza dell’assolvimento dell’imposta di bollo ma per le quali l’imposta risulta dovuta, mettendo l’informazione a disposizione del cedente o prestatore, o dell’intermediario delegato, con modalità telematiche entro il giorno 15 del primo mese successivo alla chiusura del trimestre.

Tuttavia, se il cedente o il prestatore, o l’intermediario delegato, ritiene che, in relazione ad una o più fatture integrate dall’Agenzia delle entrate, non risultino realizzati i presupposti per l’applicazione dell’imposta di bollo, procede, entro l’ultimo giorno del primo mese successivo alla chiusura del trimestre, alla variazione dei dati comunicati, eccetto che per il secondo trimestre solare dell’anno, dove il termine è fissato nel 10 settembre dell’anno di riferimento.

In assenza di variazioni da parte del contribuente, si intendono confermate le integrazioni effettuate.

Si evidenzia che le modalità tecniche per l’effettuazione delle suddette integrazioni, della loro messa a disposizione, della consultazione e della variazione dei dati relativi all’imposta di bollo da parte del cedente o prestatore, o dell’intermediario delegato, verranno stabilite con apposito Provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate.

Poi l’Agenzia delle entrate deve rendere noto al cedente o prestatore, o all’intermediario delegato, sempre in modalità telematica, entro il giorno 15 del secondo mese successivo alla chiusura del trimestre (20 settembre per il secondo trimestre), l’ammontare dell’imposta di bollo complessivamente dovuta sulle fatture elettroniche inviate tramite lo SdI in ciascun trimestre solare, calcolata sulla base delle fatture per le quali il cedente o prestatore ha indicato l’assolvimento dell’imposta e delle integrazioni eventualmente variate dal contribuente.

Il successivo versamento dell’imposta di bollo può essere effettuato mediante il servizio presente sul sito dell’Agenzia, nell’area riservata del soggetto passivo Iva, con addebito su conto corrente bancario o postale o tramite modello F24, utilizzando i seguenti codici tributo: 2521 per il 1° trimestre; 2522 per il 2° trimestre; 2523 per il 3° trimestre; 2524 per il 4° trimestre.

(MF/ms)




Brexit: principali effetti in ambito fiscale e lavorativo

1 premessa

Il Regno Unito ha esercitato il proprio diritto di recesso dall’Unione europea (c.d. “Brexit”) con effetto dalle ore 23:00 inglesi del 31.1.2020, corrispondenti alle ore 0:00 dell’1.2.2020 nell’ora dell’Eu­ro­pa Centrale. Da tale momento, il Regno Unito ha assunto ai fini fiscali lo status di Stato extracomu­nitario, anche se è stato previsto un periodo transitorio che ha avuto termine il 31.12.2020.

In data 29.1.2020, il Parlamento europeo ha infatti ratificato il testo dell’Accordo di recesso del Re­gno Unito dall’Unione europea, caratterizzato:

  • dalla previsione di un periodo transitorio dall’1.2.2020 al 31.12.2020, durante il quale sono rimaste vigenti nei confronti del Regno Unito le disposizioni dell’Unione europea, come se il predetto Stato fosse ancora uno Stato membro;
  • dall’uscita effettiva del Regno Unito dal territorio doganale e fiscale dell’Unione europea, a decorrere dall’1.1.2021.

Dall’1.2.2020, il Regno Unito ha inoltre cessato di prendere parte ai lavori delle istituzioni europee (es. Parlamento europeo).
 

Il 24.12.2020 l’Unione europea e il Regno Unito hanno poi stipulato un Accordo commerciale e di cooperazione (EU-UK Trade and Cooperation Agreement), che regola molte materie aventi ad og­getto gli scambi di beni, gli investimenti, la prestazione di servizi e la mobilità delle persone, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 31.12.2020.

Di seguito si analizzano i principali effetti in ambito fiscale (IVA e imposte dirette) e lavorativo dell’u­scita del Regno Unito dall’Unione europea, alla luce del suddetto Accordo del 24.12.2020.

2 iva

Nei rapporti con il Regno Unito, il diritto dell’Unione europea si è reso applicabile, a norma dell’art. 127 dell’Accordo di recesso, solo fino al termine del periodo transitorio (31.12.2020), anche ai fini dell’IVA.

A decorrere dall’1.1.2021, il diritto dell’Unione europea ha cessato di avere applicazione nei rapporti con il Regno Unito, ivi inclusa la direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto.

Le disposizioni nazionali in materia di IVA, nonché la predetta direttiva, stabiliscono regimi IVA dif­ferenti per le operazioni transfrontaliere aventi ad oggetto beni, a seconda che queste avvengano all’interno dell’Unione europea ovvero oltrepassando i confini dell’Unione europea.

Il fatto che il Regno Unito sia divenuto, a tutti gli effetti, un “Paese terzo” comporta, tra l’altro, che abbiano assunto nuovamente rilevanza le barriere doganali nei rapporti con tale Paese.

Analoghe considerazioni possono farsi per le prestazioni di servizi, in particolare per quelle che, in base alle regole che determinano il luogo di effettuazione dell’operazione, sono territorialmente rilevanti ai fini IVA nel Regno Unito, poiché non potranno più applicarsi le regole comunitarie.

2.1 cessioni di beni

In considerazione del fatto che, dall’1.1.2021, sono tornate ad assumere rilevanza le barriere doga­nali tra Italia e Regno Unito, non essendo più quest’ultimo parte del territorio dell’Unione europea, è mutato il trattamento IVA delle cessioni di beni tra i menzionati Paesi.

È necessario distinguere a seconda che le operazioni coinvolgano esclusivamente soggetti passivi d’imposta o anche “privati”, come riassunte nella tabella che segue.
 

Cedente Cessionario Conseguenze
Soggetto passivo in Italia Soggetto passivo nel Regno Unito L’operazione non è più qualificabile come cessione intracomunitaria di beni, non imponibile ai fini IVA in Italia ai sensi dell’art. 41 co. 1 lett. a) del DL 331/93, bensì come cessione all’esportazione, non imponibile ai fini IVA:

  • ai sensi dell’art. 8 co. 1 lett. a) del DPR 633/72, qualora il trasporto e l’esportazione dei beni sia effettuato dal cedente italiano (o da terzi per suo conto);
  • ai sensi dell’art. 8 co. 1 lett. b) del DPR 633/72, qualora il trasporto e l’esportazione dei beni sia effettuato dal cessionario in­­glese (o da terzi per suo conto) entro 90 giorni dalla consegna degli stessi nel territorio nazionale.
Soggetto passivo in Italia “Privato” nel Regno Unito L’operazione non è più qualificabile come vendita “a distanza” nel ter­ritorio dell’Unione europea (con assoggettamento ad IVA in Italia al di sotto di una determinata soglia e salva la possibilità di optare), qualificandosi invece come cessione all’esportazione, non imponibile ai fini IVA ai sensi dell’art. 8 co. 1 lett. a) del DPR 633/72, in quanto il trasporto e l’esportazione dei beni è effettuato dal cedente italiano (o da terzi per suo conto).
Soggetto passivo nel Regno Unito Soggetto passivo in Italia L’operazione non è più qualificabile come acquisto intracomunitario di beni di cui all’art. 38 co. 1 del DL 331/93, soggetto ad IVA in Italia mediante inversione contabile, bensì assume rilievo come importazione di beni ai sensi dell’art. 67 co. 1 del DPR 633/72, avente ad oggetto l’introduzione nel territorio dello Stato di beni provenienti da uno Stato non compreso nel territorio doganale dell’Unione europea.
Soggetto passivo nel Regno Unito “Privato” in Italia L’operazione non è più qualificabile come vendita “a distanza” nel ter­ritorio dell’Unione europea (con assoggettamento ad IVA nel Re­gno Unito al di sotto di una determinata soglia e salva la possibilità di opzione del cedente), qualificandosi invece come importazione, sog­getta ad IVA in Italia, ai sensi dell’art. 67 del DPR 633/72, essendo introdotti nel territorio dello Stato beni provenienti da uno Sta­to non compreso nel territorio doganale dell’Unione europea.

2.2 movimentazioni di beni

La presenza delle barriere doganali tra Italia e Regno Unito incide anche sul regime IVA e doganale applicabile alle movimentazioni di beni tra i due Stati che non comportano il trasferimento della proprietà, vale a dire:

  • il trasferimento di beni propri per finalità rientranti nell’esercizio d’impresa;
  • il trasferimento di beni propri per operazioni di perfezionamento;
  • il trasferimento di beni da installare e cedere.

Non è più possibile applicare le norme previste per i trasferimenti intracomunitari di beni e dovrà farsi riferimento alle norme IVA previste per le cessioni all’esportazione, ove applicabili, oltre che alle disposizioni doganali in materia di esportazione di beni.
2.3 prestazioni di servizi “GENERICHE”

Pur essendo il Regno Unito divenuto un Paese terzo, ai fini IVA, dall’1.1.2021, restano fermi i criteri di territorialità dell’imposta per le prestazioni di servizi “generiche”, sia nel caso in cui siano rese a soggetti passivi d’imposta sia nel caso in cui siano rese a “privati”:

·     le prestazioni di servizi “generiche” rese a committenti soggetti passivi d’imposta sono territorialmente rilevanti in Italia se è ivi stabilito il committente stesso (art. 7-ter co. 1 lett. a) del DPR 633/72);

·     le prestazioni di servizi “generiche” rese a committenti non soggetti passivi d’imposta sono territorialmente rilevanti in Italia se è ivi stabilito il prestatore (art. 7-ter co. 1 lett. b) del DPR 633/72).

2.4 prestazioni di servizi “non GENERICHE” B2B

Nella seguente tabella sono evidenziate le prestazioni di servizi “non generiche” B2B e le eventuali modifiche a seguito della conclusione del periodo transitorio dell’Accordo di recesso.

 

Natura della prestazione Criterio di territorialità Conseguenze
Servizi relativi a beni immobili Luogo di ubicazione dell’immobile Immutato  
Trasporti passeggeri Luogo di effettuazione del trasporto (in proporzione alla distanza percorsa nello Stato) Immutato
Ristorazione e catering Luogo di materiale esecuzione Immutato  
Ristorazione e catering a bordo di aereo, nave o treno Luogo di partenza del
trasporto
Immutato, fatta eccezione per i servizi di trasporto passeggeri effettuati in parte nel Regno Unito (prima dell’1.1.2021 considerato territorio dell’Unione europea ai fini IVA e successivamente non più)  
Locazione a breve termine di mezzi di trasporto Luogo di messa a disposizione del bene e di utilizzo dello stesso Immutato, salvo che il bene sia consegnato e/o utilizzato nel territorio del Regno Unito (prima dell’1.1.2021 considerato territorio dell’Unione europea ai fini IVA e successivamente non più)  
Accesso a manifestazioni culturali, artistiche, ecc. Luogo di svolgimento della manifestazione Immutato  

2.5 prestazioni di servizi “non GENERICHE” B2C

Nella seguente tabella sono evidenziate le prestazioni di servizi “non generiche” B2C e le eventuali modifiche a seguito della conclusione del periodo transitorio dell’Accordo di recesso.

 

Natura della prestazione Criterio di territorialità Conseguenze
Servizi relativi a beni immobili Luogo di ubicazione dell’immobile Immutato  
Trasporti passeggeri Luogo di effettuazione del trasporto (in proporzione alla distanza percorsa nello Stato) Immutato
Trasporti intra-UE di beni Luogo di partenza del
trasporto
Non più applicabile per i trasporti con il Regno Unito  
Trasporti interni ed extra-UE di beni Luogo di effettuazione del trasporto (in proporzione alla distanza percorsa nello Stato) Immutato  
Ristorazione e catering Luogo di materiale esecuzione Immutato  
Ristorazione e catering a bordo di aereo, nave o treno Luogo di partenza del
trasporto
Immutato, fatta eccezione per i servizi di tra­sporto passeggeri effettuati in parte nel Regno Unito (prima dell’1.1.2021 considerato territorio dell’Unione europea ai fini IVA e successivamente non più)  

 

Natura della prestazione Criterio di territorialità Conseguenze
Locazione a breve termine di mezzi di trasporto Luogo di messa a disposizione del bene e di utilizzo dello stesso Immutato, salvo che il bene sia consegnato e/o utilizzato nel territorio del Regno Unito (prima dell’1.1.2021 considerato territorio dell’Unione europea ai fini IVA e successivamente non più)
Locazione a lungo termine di mezzi di trasporto diversi dalle imbarcazioni da diporto Domicilio del committente e luogo di utilizzo del bene Immutato, salvo che il bene sia utilizzato nel territorio del Regno Unito (prima dell’1.1.2021 considerato territorio dell’Unione europea ai fini IVA e successivamente non più)
Locazione a lungo termine di imbarcazioni da diporto Luogo di stabilimento del prestatore e luogo di messa a disposizione del bene e di utilizzo dello stesso Immutato, salvo che il bene sia consegnato e/o utilizzato nel territorio del Regno Unito (prima dell’1.1.2021 considerato territorio dell’Unione europea ai fini IVA e successivamente non più)
Prestazioni di servizi relative ad attività culturali, artistiche, ecc. Luogo di svolgimento dell’attività Immutato
Accesso a manifestazioni culturali, artistiche, ecc. Luogo di svolgimento della manifestazione Immutato
Prestazioni di intermediazione (in nome e per conto del cliente) Luogo di rilevanza territoriale dell’operazione intermediata Immutato
Lavorazioni e perizie su beni mobili materiali Luogo di materiale esecuzione dell’operazione Immutato
Telecomunicazioni, teleradiodiffusioni e commercio elettronico Luogo di stabilimento del committente Immutato, salvo il venir meno della possibilità di avvalersi del meccanismo del MOSS per assolvere l’IVA nello Stato di destinazione del servizio
Cessioni di diritti d’autore, diritti su invenzioni industriali, marchi e simili

 

Prestazioni pubblicitarie

 

Consulenza e assistenza tecnica o legale

 

Operazioni finanziarie, bancarie e assicurative

Luogo di stabilimento del prestatore Per le prestazioni rese da un soggetto passivo italiano a un “privato” nel Regno Unito, l’operazione era territorialmente rilevante in Italia sino al 31.12.2020 (dall’1.1.2021 è fuori campo IVA in Italia)

2.6 aspetti documentali e comunicativi

Gli effetti si producono anche in relazione agli obblighi identificativi, documentali e comunicativi:

  • non è più necessaria l’iscrizione al VIES per le operazioni con controparte inglese, mentre per espletare le formalità doganali è necessario acquisire il codice EORI;
  • per le prestazioni di servizi “generiche”, la prova dello status di soggetto passivo IVA del com­mittente inglese dovrà essere fornita con mezzi diversi dalla verifica nel database VIES;
  • la prova dell’invio dei beni nel Regno Unito, per l’applicazione del regime di non imponibilità, è data dalla documentazione doganale;
  • le cessioni di beni e le prestazioni di servizi B2B non dovranno più essere riportate negli elenchi riepilogativi INTRASTAT;
  • mutano alcune codifiche utilizzate nella presentazione del c.d. “esterometro”.

2.7 procedura di registrazione in italia

I soggetti passivi stabiliti nel Regno Unito possono operare in Italia e ottenere il rimborso dell’IVA assolta nell’esercizio dell’attività economica mediante la nomina di un rappresentante fiscale ai sensi dell’art. 17 co. 3 del DPR 633/72.

Essendo stato sottoscritto il 24.12.2020 un “Accordo di principio” tra Regno Unito e Unione europea, e in assenza di un c.d. “periodo di grazia”, prudenza vuole che ci si attenga, per quanto concerne obblighi e diritti ai fini IVA, alle norme previste per gli scambi con Paesi terzi. Ciò vale anche se l’Accordo raggiunto, essendo volto a stabilire il quadro per la cooperazione amministrativa tra le parti, potrebbe già contenere gli elementi necessari a garantire il perdurare dell’applicabilità, ad esempio, dell’istituto dell’identificazione diretta per i soggetti passivi non residenti, di cui all’art.
35-ter del DPR 633/72.

Il medesimo approccio prudenziale, sul punto, è stato tenuto dall’Agenzia delle Entrate nella FAQ pubblicata il 31.12.2020, riservandosi di fornire chiarimenti in merito alla possibilità di avvalersi dell’istituto dell’identificazione diretta ai fini IVA quando sarà completata “la collazione e l’analisi degli elementi di dettaglio degli accordi da ultimo raggiunti” tra l’Unione europea e il Regno Unito.

2.8 operazioni transfrontaliere incompiute al 31.12.2020

L’Accordo di recesso prevede alcune norme volte a regolare le operazioni transfrontaliere che, per motivi fattuali restano incompiute al termine del periodo transitorio, quali, ad esempio, le operazioni che hanno ad oggetto beni spediti nel 2020 i quali giungono a destinazione nel 2021.

Per le cessioni di beni, l’art. 51, § 1 dell’Accordo di recesso fissa un principio generale in base al quale mantengono la natura di operazioni intra-UE le operazioni aventi ad oggetto beni la cui spedizione o trasporto:

  • ha inizio in vigenza del periodo transitorio;
  • ha fine quando il periodo transitorio è terminato.

 Pertanto, le stesse si qualificheranno comunque come:

  • cessioni intra-UE e non come cessioni all’esportazione, nel Paese da cui partono;
  • acquisti intra-UE e non come importazioni, nel Paese nel quale arrivano.

Conseguentemente le operazioni rilevano ai fini della compilazione, nel 2021, degli elenchi riepilogativi INTRASTAT.

Tuttavia, sarà comunque richiesto l’appuramento presso la Dogana dello Stato di destinazione dei beni, al fine di dimostrare la natura dell’operazione mediante documentazione che attesti l’inizio del trasporto o della spedizione nel 2020.

Inoltre, l’art. 51, § 3 dell’Accordo di recesso fa salva la possibilità di presentare l’istanza di rimborso di cui alla direttiva 2008/9/CE, sussistendone le condizioni, mediante portale elettronico entro il 31.3.2021, in favore:

  • dei soggetti passivi IVA stabiliti in uno Stato membro della UE che hanno effettuato acquisti nel Regno Unito nel corso del 2020;
  • dei soggetti passivi IVA stabiliti nel Regno Unito che hanno effettuato acquisti in uno Stato membro della UE nel corso del 2020.

Le previsioni della citata direttiva continueranno ad applicarsi per 5 anni dopo il termine del periodo transitorio sia alle istanze presentate nel 2021 in relazione al 2020, sia alle istanze di rimborso già presentate al termine del 2020.
2.9 rapporti con l’irlanda del nord

L’Accordo di recesso garantisce una sorta di continuità territoriale unionale all’Irlanda del Nord, in considerazione della quale tale territorio:

  • resta soggetto alla normativa UE per le cessioni di beni;
  • è considerato Paese terzo per le prestazioni di servizi.

Per quanto riguarda l’identificazione dei soggetti passivi nell’Irlanda del Nord, è stata emanata la direttiva UE 20.11.2020 n. 1756.

La direttiva prevede che i soggetti passivi che effettuano nell’Irlanda del Nord cessioni di beni (com­prese le cosiddette cessioni intracomunitarie) o acquisti intracomunitari di beni (anche da parte di enti non soggetti passivi) siano identificati, in conformità alla normativa IVA, con il codice “XI”, diverso da quello del Regno Unito (che inizia con “GB”).

La direttiva IVA stabilisce, infatti, che di norma i prefissi dei numeri di identificazione IVA nell’Unio­ne europea siano basati sul codice ISO 3166 – alfa 2 – con il quale può essere identificato lo Stato membro da cui è stato attribuito, ma per i territori che non hanno un codice specifico nell’ambito di tale sistema è prevista la possibilità di usare codici “X”.

3 IMPOSTE SUI REDDITI

Nei rapporti con il Regno Unito, il diritto dell’Unione europea continua ad applicarsi, a norma dell’art. 127 dell’Accordo di recesso, solo fino al termine del periodo transitorio anche ai fini delle im­poste sui redditi (le quali, a differenza dell’IVA, non sono armonizzate). Una eccezione è pre­vi­sta nell’art. 100, § 1 dell’Accordo, che fa salva l’applicazione della direttiva 2010/24/UE sulla ri­scos­sione dei crediti tributari per ulteriori 5 anni dopo la fine del periodo di transizione.

Occorre distinguere tre casistiche diverse:

  • norme interne che attuano direttive comunitarie e che menzionano i rapporti con Stati membri dell’Unione europea → cessano di trovare applicazione;
  • norme interne resesi necessarie per tutelare le libertà fondamentali (in particolar modo stabilimento e circolazione dei capitali) e che menzionano i rapporti con Stati membri dell’Unione europea → cessano di trovare applicazione;
  • norme interne che regolano i rapporti con Stati “white list” (o che consentono un adeguato scambio di informazioni) → continuano ad esplicare efficacia, facendo il Regno Unito parte della suddetta lista.

 

Brexit – Imposizione sui redditi
Disposizioni interne di matrice comunitaria che menzionano i rapporti con Stati dell’Unione europea Norme di recepimento delle direttive Cessano di trovare applicazione
Norme a tutela del rispetto delle libertà fondamentali
Disposizioni interne che fanno riferimento agli Stati compresi nella white list (o che garantiscono un adeguato scambio di informazioni) Continuano ad esplicare efficacia

3.1 NORME DI RECEPIMENTO DELLE DIRETTIVE

Le principali direttive in materia di imposizione sui redditi che vengono meno per effetto del recesso del Regno Unito dall’Unione europea sono riassunte nella tabella che segue.

 

Direttiva Norma interna di
recepimento
Conseguenze
2009/133/CE Artt. 178 ss. del TUIR Viene meno il regime delle operazioni straordinarie intracomunitarie, che a certe condizioni accorda un regime di neutralità.
2011/96/UE Art. 27-bis del
DPR 600/73
Viene meno l’esenzione da ritenuta sui dividendi pagati alle società del gruppo del Regno Unito.
2003/49/UE Art. 26-quater del
DPR 600/73
Viene meno l’esenzione da ritenuta sulle royalties e sugli interessi pagati alle società del gruppo del Regno Unito.

 

Direttiva Norma interna di
recepimento
Conseguenze
2011/16/UE DLgs. 4.3.2014 n. 29
DLgs. 15.3.2017 n. 32
DM 23.2.2017
DLgs. 18.5.2018 n. 60
DLgs. 30.7.2020 n. 100
Vengono meno molte delle procedure di scambio automatico finalizzate al contrasto all’evasione e alle frodi, previste solo in ambito intracomunitario (si veda, però, quanto sotto riportato).

Scambio automatico di informazioni

Restano in vigore, nei rapporti con il Regno Unito, le procedure di scambio automatico:

  • dei dati dei conti finanziari (conti correnti e di deposito, conti titoli, azioni, obbligazioni, ecc.) dei non residenti;
  • dei country by country report.

Questi dati continueranno ad essere forniti dal Regno Unito all’Italia (e dall’Italia al Regno Unito) in virtù dell’adesione del Regno Unito alla Convenzione OCSE per la mutua assistenza ai fini fiscali (accordo sovranazionale a livello mondiale).

Potrebbero, inoltre, rimanere in vita anche le procedure di scambio automatico dei ruling internazionali e degli accordi sui prezzi di trasferimento (regolate in Italia dal DLgs. 32/2017) e dei dati del­le operazioni internazionali “aggressive” (regolate in Italia dal DLgs. 100/2020), se le parti daranno attuazione a quanto previsto nella Parte II, Titolo XI, Cap. V, art. 5.2 dell’Accordo commerciale e di cooperazione del 24.12.2020, secondo cui il Regno Unito e l’Unione europea si impegnano, anche dopo il 31.12.2020, a mantenere inalterati gli standard fissati dall’OCSE su queste materie.

3.2 NORME A TUTELA DEL RISPETTO DELLE LIBERTà FONDAMENTALI

A seguito del recesso del Regno Unito dall’Unione europea vengono meno numerose disposizioni che regolano i rapporti con Stati dell’Unione europea.

Occorrerà, tuttavia, chiarire se specifiche disposizioni, tra quelle che seguono, possano rimanere in vita per effetto di interpretazioni estensive delle clausole dell’Accordo commerciale e di cooperazio­ne del 24.12.2020 che stabiliscono la non discriminazione per gli investimenti effettuati da ciascuna delle parti.

3.2.1 Oneri deducibili e detraibili

Per effetto del recesso del Regno Unito dall’Unione europea vengono meno, in capo alle persone fisiche residenti in Italia:

·     la deducibilità dal reddito complessivo dei contributi a fondi pensione istituiti nel Regno Unito (art. 10 co. 1 lett. e-bis) del TUIR);

·     la detrazione d’imposta per i canoni di locazionedegli studenti di Università con sede nel Regno Unito (art. 15 co. 1 lett. i-sexies) del TUIR).

3.2.2 Dividendi e plusvalenze

Nei rapporti con il Regno Unito viene meno la disposizione dell’art. 47-bis del TUIR, che per presunzione assoluta non considera mai privilegiati, ai fini della tassazione dei dividendi e delle plusvalenze, i regimi accordati da Stati dell’Unione europea.

3.2.3 Consolidato fiscale

Per effetto del recesso del Regno Unito dall’Unione europea vengono meno:

·     la possibilità di optare per il consolidato fiscale tra società “sorelle”, se la controllante è residente nel Regno Unito (art. 117 co. 2-bis del TUIR);

·     la possibilità di consolidare le stabili organizzazioniitaliane di società con sede nel Regno Unito (art. 120 co. 1-bis del TUIR).

3.2.4 Trasferimento della sede all’estero

Per effetto del recesso del Regno Unito non è più possibile optare per la rateizzazione dell’im­posta “in uscita” (exit tax), di cui all’art. 166 co. 9 del TUIR, se il trasferimento della sede dell’im­presa avviene verso il Regno Unito.

Analoga preclusione è prevista per le operazioni assimilate al trasferimento “diretto” (es. incorporazione, da parte di società con sede nel Regno Unito, di società italiane).

3.2.5 Redditi di natura finanziaria

Le principali disposizioni in materia finanziaria che vengono meno per effetto del recesso del Regno Unito dall’Unione europea sono riassunte nella tabella che segue.

 

Norma Conseguenze
Art. 1 del
DLgs. 239/96
Viene meno l’esenzione da ritenuta per gli interessi dei titoli emessi dai “grandi emittenti” con azioni quotate nei mercati del Regno Unito (l’esenzione è, però, salva se le azioni sono quotate in Italia o in un altro Stato membro dell’Unione europea).
Art. 26 co. 5-bis del DPR 600/73 Viene meno l’esenzione da ritenuta per gli interessi dei finanziamenti a lungo termine alle imprese erogati da banche stabilite nel Regno Unito (la norma dovrebbe, però, continuare ad applicarsi agli investitori istituzionali soggetti a vigilanza nel Regno Unito).
Art. 27 co. 3 del DPR 600/73 Viene meno la ritenuta ridotta dell’11% sui dividendi corrisposti a fondi pensione istituiti nel Regno Unito.
Art. 27 co. 3-ter del DPR 600/73 Viene meno la ritenuta ridotta dell’1,20% sui dividendi corrisposti a società di capitali ed enti commerciali residenti nel Regno Unito, se non rientranti nel regime “madre-figlia”.

3.2.6 Altre novità

Per effetto del recesso del Regno Unito dall’Unione europea vengono meno, ad esempio:

  • la possibilità di accedere al regime forfetario per i soggetti residenti nel Regno Unito che producono in Italia almeno il 75% del proprio reddito complessivo (art. 1 co. 57 lett. b) della L. 190/2014);
  • la possibilità, per i residenti italiani titolari di immobili nel Regno Unito, di assolvere l’IVIE sul valore catastale (art. 19 co. 15 del DL 201/2011);
  • l’esenzione dall’imposta italiana sulle successioni dei titoli di Stato emessi dal Regno Unito (art. 12 co. 1 lett. h) e i) del DLgs. 346/90).

3.3 NORME CHE FANNO RIFERIMENTO AI RAPPORTI CON STATI “WHITE LIST

Come già rilevato, continuano ad esplicare efficacia nei rapporti con il Regno Unito le norme fiscali che fanno riferimento ai rapporti con Stati appartenenti alla white list, o che garantiscono un adeguato scambio di informazioni.

Tra queste si menzionano, a titolo esemplificativo:

  • le diverse disposizioni che accordano ai residenti di Stati appartenenti alla white list (Regno Unito, quindi, compreso) l’esenzione dalle imposte italiane sulle plusvalenze su partecipazioni qualificate, sugli interessi delle obbligazioni dei “grandi emittenti”, sui proventi degli OICR ita­liani, ecc.;
  • le disposizioni che consentono ai residenti italiani di evitare l’adozione nel quadro RW dell’ap­proccio “look through”,se le partecipazioni rilevanti detenute sono localizzate nel Regno Unito;
  • la possibilità di optare per l’imposizione sostitutiva del 7% per i residenti nel Regno Unito ti­to­lari di pensioni estere che trasferiscono la residenza in Italia;
  • la possibilità, per le imprese, di dedurre le perdite su creditiverso clienti residenti nel Regno Unito assoggettati a procedure concorsuali equivalenti a quelle previste dal diritto italiano.

4 principali effetti in materia di sicurezza sociale e distacco dei lavoratori

Per quanto concerne la legislazione applicabile in materia di sicurezza sociale nello scenario post Brexit, occorre prendere in considerazione il Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale contenuto nell’Accordo commerciale e di cooperazione stipulato il 24.12.2020.

Si tratta, in estrema sintesi, di un Accordo multilaterale tra il Regno Unito e l’Unione europea, che trova applicazione nei confronti:

  • di tutti gli Stati membri, ma non di Gibilterra e dei territori d’oltremare;
  • delle persone, compresi gli apolidi e i rifugiati, che sono o sono state soggette alla legislazione di uno o più Stati cui trova applicazione lo stesso Protocollo, nonché ai loro familiari e superstiti.

4.1 Principi di coordinamento e legislazione applicabile

Nell’ambito del Protocollo in questione, trovano conferma i principi di:

  • non discriminazione tra gli Stati membri dell’Unione europea;
  • parità di trattamento;
  • assimilazione di prestazioni, redditi, fatti o avvenimenti;
  • totalizzazione dei periodi;
  • abolizione delle clausole di residenza (tale principio non trova applicazione con riferimento alle prestazioni in denaro relative alle prestazioni di invalidità e di disoccupazione);
  • divieto di cumulo delle prestazioni.

In merito alle regole di definizione della legislazione applicabile, si segnala che molti criteri sono stati mutuati dal regolamento (CE) 29.4.2004 n. 883, quali:

  • l’unicità della legislazione applicabile;
  • il principio di territorialità;
  • il regime applicabile ai pubblici dipendenti, a coloro che svolgono un’attività subordinata o autonoma normalmente a bordo di una nave, ovvero a coloro che non rientrano nelle ipotesi richiamate, per i quali assume rilevanza centrale lo Stato di residenza.

Diversamente dal citato regolamento, nell’ambito di applicazione materiale non rientrano le presta­zioni familiari, nonché le seguenti prestazioni previdenziali:

  • pensioni sociali ai cittadini senza risorse;
  • pensioni e indennità in favore di mutilati e invalidi civili;
  • pensioni e indennità ai sordomuti;
  • pensioni e indennità ai ciechi civili;
  • integrazione della pensione minima;
  • integrazione dell’assegno d’invalidità;
  • assegno sociale;
  • maggiorazione sociale.

4.2 Principali novità in materia di distacco ed esercizio di attività in più Stati

L’art. SSC.11 del Protocollo contiene le novità più interessanti in materia di distacco e individua soluzioni transitorie in attesa della comunicazione da parte del singolo Stato membro all’Unione euro­pea sul regime applicabile.

In particolare, si conferma quanto previsto dal regolamento (CE) 29.4.2004 n. 883, stabilendo la deroga al principio di territorialità per un periodo massimo di 24 mesi per il lavoratore autonomo e subordinato.

Inoltre, si prevede che gli Stati membri debbano comunicare all’Unione europea l’intenzione di derogare o meno alla disposizione sopra riportata. In assenza della comunicazione si mantiene il regime previsto dal regolamento 883/2004.

Restano inoltre confermati, all’art. SSC.12 del Protocollo, i criteri previsti dal regolamento (CE) 29.4.2004 n. 883 e applicabili a coloro che esercitino la propria attività contemporaneamente in due o più Stati membri, consentendo il versamento dei contributi in un solo Stato, nel rispetto del principio dell’unicità della legislazione applicabile.

Rispetto a quanto disposto in materia dal suddetto regolamento, è poi previsto che:

  • la persona che esercita abitualmente un’attività subordinata in due o più Stati membri (e non nel Regno Unito) è soggetta alla legislazione del Regno Unito se non esercita una parte consistente di tale attività nello Stato di residenza e se:
  • è alle dipendenze di una o più imprese o datori di lavoro, tutti aventi la propria sede legale o il proprio domicilio nel Regno Unito;
  • risiede in uno Stato membro ed è alle dipendenze di due o più imprese o datori di lavoro, tutti aventi la propria sede legale o il proprio domicilio nel Regno Unito e nello Stato membro di residenza;
  • risiede nel Regno Unito ed è alle dipendenze di due o più imprese o datori di lavoro, alme­no due dei quali hanno la propria sede legale o il proprio domicilio in Stati membri diversi;
  • risiede nel Regno Unito ed è alle dipendenze di una o più imprese o datori di lavoro, nessuno dei quali hanno la propria sede legale o il proprio domicilio in un altro Stato;
  • la persona che esercita abitualmente un’attività autonoma in due o più Stati membri (e non nel Regno Unito) senza esercitarne una parte consistente nello Stato di residenza è soggetta alla legislazione del Regno Unito se il centro di interessi della sua attività si trova nel Regno Unito. Tale disposizione non si applica alle persone che esercitano abitualmente un’attività subordinata e un’attività autonoma in due o più Stati membri.

(MF/ms) 




Inps, nuova convenzione con Confapi e OO.SS.

La circolare Inps n. 108/2020 ha fornito le istruzioni operative in merito alla convenzione siglata in data 27 settembre 2019 da Confapi e le organizzazioni sindacali nazionali CGIL- CISL e UIL, in attuazione dell’Accordo Interconfederale sulla Rappresentanza del 26 luglio 2016.

Le parti, con la sottoscrizione della convenzione, hanno affidato all’Inps il servizio di raccolta, elaborazione e comunicazione del numero delle deleghe sindacali rilasciate per ciascun ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro riconducibili all’area di rappresentanza di Confapi.
Relativamente alla rilevazione del dato associativo, l’Istituto ha predisposto una sezione nella denuncia contributiva, attraverso la quale le aziende forniranno le informazioni relative al contratto collettivo nazionale di lavoro applicato ed alle organizzazioni sindacali cui aderiscono i lavoratori.
In particolare, nell’ambito della sezione “Denuncia Aziendale” dei flussi Uniemens mensili dovranno essere compilati gli elementi relativi a:

  • contratto collettivo nazionale di lavoro applicato ai dipendenti;
  • federazione sindacale di categoria cui i dipendenti aderiscono;
  • numero dei lavoratori aderenti, con separata evidenza del numero degli iscritti appartenenti a unità produttive con più di quindici dipendenti ove siano presenti rappresentanze sindacali aziendali (RSA/RSU), oppure non sia presente alcuna forma di rappresentanza sindacale.

A tal fine, sono stati attribuiti dei codici identificativi (vedi allegato 2) specifici e relativi ai contratti collettivi nazionali riferibili all’area di rappresentanza di Confapi, nonché è stata effettuata una codifica (vedi allegato 3) anche delle organizzazioni sindacali firmatarie dell’Accordo Interconfederale del 26 luglio 2016.
I dati raccolti verranno elaborati dall’Inps che aggregherà, per ciascun contratto collettivo nazionale di lavoro, il dato relativo al numero delle deleghe conferite a ciascuna organizzazione sindacale di categoria, relativamente al periodo gennaio- dicembre di ogni anno.
 
Prima di poter procedere all’invio delle informazioni, le imprese o i loro intermediari, dovranno ottenere dall’Inps per ciascuna matricola associata allo stesso codice fiscale, il codice di autorizzazione “0Y” avente il significato di “Azienda che conferisce i dati relativi alla rappresentanza delle organizzazioni sindacali per la contrattazione collettiva nazionale di categoria – industria”.

L’attivazione del codice è accessibile all’interno del Cassetto Previdenziale Aziende; dal menù Contatti/Nuova richiesta scegliere Posizione Aziendale e l’opzione Variazione Dati Aziendali che apparirà nell’oggetto della comunicazione.

Il testo da inviare potrà essere il seguente: “Si richiede il rilascio del codice di autorizzazione “0Y“, come previsto alla circolare Inps n. 108/2020 – Convenzione tra Inps-Inl e Confapi Cgil Cisl e Uil per l’attività di raccolta, elaborazione e comunicazione dei dati relativi alla rappresentanza delle organizzazioni sindacali per la contrattazione collettiva nazionale di categoria”.

L’Inps evidenzia che, sul piano temporale, i datori di lavoro potranno fornire, con cadenza mensile, gli elementi informativi utili per la rilevazione delle deleghe sulla base delle indicazioni descritte, con la presentazione delle denunce Uniemens relative ai periodi di competenza decorrenti da ottobre 2020.
Si precisa, altresì, che, in fase di avvio, con la denuncia afferente al mese di ottobre 2020, saranno accettati anche i dati informativi sulla rappresentanza sindacale, già disponibili, riferiti al periodo gennaio 2020 – settembre 2020.
 
Nel caso in cui non fosse possibile rispettare i tempi prescritti ovvero ci fosse la necessità di integrare/sostituire i dati già trasmessi, i datori di lavoro potranno fornire tali informazioni con le dichiarazioni contributive Uniemens relative alle mensilità immediatamente successive, ma per periodi di riferimento non anteriori a gennaio 2020.
 
Si allegano i documenti. 
 
(FP/tm)




Istat: aggiornamento canoni di locazione dicembre 2020

Comunichiamo che l’indice Istat di dicembre 2020, necessario per l’aggiornamento dei canoni di locazione, legati all’equo canone, è pari a – 0.2% (variazione annuale) e a 0,2% (variazione biennale).

Entrambi gli indici considerati nella misura del 75% diventano rispettivamente – 0,150% e -0,150%.

(MP/bd)




Superbonus: è online il sito dedicato

Dal 19 gennaio, all’indirizzo http://www.governo.it/superbonus, è on line il sito dedicato al superbonus del 110%.

Come spiega Palazzo Chigi, sul sito, oltre a tutte le informazioni sui requisiti e su come ottenere la detrazione, è presente una sezione FAQ (risposte alle domande frequenti), a cura di Agenzia delle Entrate ed Enea, e la possibilità di inviare i propri quesiti.

Il Governo sottolinea che il superbonus è una misura di incentivazione che punta a rendere più efficienti e più sicure le abitazioni e consiste in una detrazione del 110% che si applica sulle spese per interventi di efficientamento energetico o per quelli di adeguamento antisismico sostenute dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2022.

I beneficiari possono scegliere se utilizzare direttamente la detrazione al 110%, cedere il credito d’imposta a terzi o esercitare l’opzione dello sconto in fattura.

(MF/ms) 




Esportatori abituali: novità dalla Legge di Bilancio 2021

Il Sistema di Interscambio non permetterà di emettere una fattura elettronica con il titolo di non imponibilità IVA indicando il numero di protocollo di una dichiarazione d’intento invalidata, in quanto predisposta da un soggetto che non è in possesso della qualifica di esportatore abituale.
Lo ha previsto la legge di bilancio 2021 (art. 1 commi 1079-1083 della L. 178/2020).

Al fine di inibire il rilascio delle dichiarazioni d’intento ai falsi esportatori abituali e di invalidare quelle illegittime, gli Uffici dell’Amministrazione finanziaria effettueranno specifiche analisi di rischio e conseguenti attività di controllo sostanziale.

Resta da comprendere come potranno essere effettuate verifiche sostanziali, in merito all’effettivo possesso dello status di esportatore abituale, su un numero elevato di soggetti.
La stessa Amministrazione finanziaria, nell’ambito della risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-03673 del 26 febbraio 2020, non aveva ritenuto verosimile che “un Ufficio Territoriale possa procedere ad un controllo sostanziale dei contenuti della dichiarazione d’intento ricevuta, ancorché telematicamente, al fine di verificare i requisiti così da autenticarne la validità”.

Ragionevolmente, è ipotizzabile che le suddette verifiche possano consistere in un’analisi dei dati risultanti dalla dichiarazione IVA dell’anno precedente e in controlli relativi all’inclusione del soggetto passivo nella banca dati VIES nonché agli elenchi INTRASTAT e alle dichiarazioni d’intento già presentate.

Le nuove disposizioni si avvalgono di quanto previsto dall’art. 12-septies del DL 34/2019, il quale stabilisce che gli estremi del protocollo di ricezione della dichiarazione d’intento “devono essere indicati nelle fatture emesse in base ad essa”.

Sarà, dunque, possibile invalidare le dichiarazioni d’intento precedentemente emesse, operare un incrocio automatico tra il sistema della fatturazione elettronica e una lettera d’intento ideologicamente falsa nonché, in tal caso, inibire l’emissione da parte del cedente o prestatore di una fattura elettronica via SdI con il titolo di non imponibilità IVA di cui all’art. 8 comma 1 lett. c) del DPR 633/72.

Si rammenta, peraltro, che a decorrere dal 1° gennaio 2021 è obbligatoria l’emissione delle fatture elettroniche, nei confronti degli esportatori abituali, con lo specifico codice natura “N3.5” invece del più generico “N3”, adottabile sino al 31 dicembre 2020.

Una semplificazione è, invece, prevista in sede dichiarativa, essendo stata anticipata dalle bozze del modello IVA 2021 (riferito all’anno d’imposta 2020) l’abolizione del quadro VI ove i fornitori di esportatori abituali erano tenuti a riepilogare i dati delle lettere d’intento ricevute.

Nella legge di bilancio 2021 trovano spazio, inoltre, alcune novità con riguardo al settore nautico, che saranno applicabili alle operazioni effettuate a partire dal sessantesimo giorno successivo all’adozione di un apposito provvedimento dell’Agenzia delle Entrate (art. 1 commi 708-712 della L. 178/2020).

In particolare, per effetto di quanto previsto dall’art. 1 comma 708 della L. 178/2020, il regime di non imponibilità di cui all’art. 8-bis del DPR 633/72 potrà essere applicato, dal cedente o prestatore, solamente a condizione che il cessionario o committente – intenzionato ad acquistare beni e/o servizi senza applicazione dell’IVA – rilasci una specifica dichiarazione che attesti l’effettiva navigazione in “alto mare” della nave.

La menzionata disposizione stabilisce, tra l’altro, che una nave si considera adibita alla navigazione in “alto mare” se ha effettuato nell’anno solare precedente (o, in caso di primo utilizzo, effettua nell’anno in corso) un numero di viaggi in “alto mare” superiore al 70% del totale dei viaggi effettuati. 

La dichiarazione di impiego della nave “in alto mare” dovrà essere predisposta utilizzando il modello che sarà approvato dall’Agenzia delle Entrate e trasmessa telematicamente a quest’ultima. Gli estremi del protocollo di ricezione della dichiarazione dovranno essere indicati dal fornitore nella fattura.

Dichiarazione d’intento anche per il settore navale

La legge di bilancio 2021 prevede anche specifiche disposizioni in merito alla territorialità IVA delle prestazioni di servizi B2C relative all’utilizzo di imbarcazioni da diporto di cui all’art. 7-sexies lett. e-bis) del DPR 633/72.

 Le novità riguardano le prestazioni di noleggio, locazione, leasing e simili, non a breve termine (possesso o utilizzo dell’imbarcazione per più di 90 giorni) e prevedono che l’utilizzatore del mezzo sia tenuto a rilasciare una dichiarazione sull’effettivo utilizzo del bene nel territorio dell’Unione europea.
Anche per questa fattispecie, l’art. 1 comma 710 della L. 178/2020 prevede l’invio di una dichiarazione all’Agenzia delle Entrate, la quale rilascia apposita ricevuta.

(MF/ms)




Crediti imposta per investimenti in nuovi beni strumentali

Con la risoluzione n. 3 del 13 gennaio, l’Agenzia delle Entrate ha istituito i codici tributo necessari per l’utilizzo in compensazione, mediante F24, dei crediti d’imposta per gli investimenti in nuovi beni strumentali. Si tratta, nello specifico, dei codici tributo “6932”, “6933”, “6934”, relativi al credito d’imposta ex L. 160/2019, rispettivamente, per investimenti in beni materiali “ordinari”, materiali “4.0” e immateriali “4.0”, nonché dei codici tributo “6935”, “6936”, “6937” relativi al nuovo credito d’imposta ex L. 178/2020, rispettivamente, per investimenti in beni materiali e immateriali “ordinari”, materiali “4.0” e immateriali “4.0”.

Con riferimento all’agevolazione prevista dall’art. 1 comma 185 ss. della L. 160/2019, il credito spettante è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del DLgs. 241/97, in cinque quote annuali di pari importo (1/5 all’anno), ridotte a tre (1/3 all’anno) per i soli investimenti in beni immateriali “4.0”.

Il credito d’imposta è utilizzabile (art. 1 comma 191 della L. 160/2019): nel caso degli investimenti in beni materiali “ordinari”, a decorrere dall’anno successivo a quello di entrata in funzione dei beni (ad esempio, in caso di bene entrato in funzione nel 2020, la prima quota del credito d’imposta sarà quindi utilizzabile a partire dal prossimo 18 gennaio 2021); per gli investimenti nei beni “Industria 4.0”, a decorrere dall’anno successivo a quello dell’avvenuta interconnessione. Nel caso in cui l’interconnessione dei beni di cui all’Allegato A alla L. 232/2016 avvenga in un periodo d’imposta successivo a quello della loro entrata in funzione, è comunque possibile iniziare a fruire del credito d’imposta “generale” del 6% per la parte spettante.

In ogni caso, la fruizione dell’agevolazione non è soggetta all’obbligo di preventiva presentazione della dichiarazione dei redditi da cui emergono i crediti stessi (in tal senso, risposta Agenzia delle Entrate a Telefisco 2020 con riferimento, in generale, ai crediti d’imposta di natura agevolativa).

Tanto premesso, per consentire l’utilizzo in compensazione di tale credito d’imposta tramite il modello F24, da presentare esclusivamente tramite i servizi telematici resi disponibili dall’Agenzia delle Entrate, la risoluzione n. 3/2020 ha istituito i seguenti codici tributo:

–          “6932” denominato “Credito d’imposta investimenti in beni strumentali nuovi (diversi dai beni di cui agli allegati A e B alla legge n. 232/2016) – art. 1, comma 188, legge n. 160/2019”;

–          “6933” denominato “Credito d’imposta investimenti in beni strumentali nuovi di cui all’allegato A alla legge n. 232/2016 – art. 1, comma 189, legge n. 160/2019”;

–          “6934” denominato “Credito d’imposta investimenti in beni strumentali nuovi di cui all’allegato B alla legge n. 232/2016 – art. 1, comma 190, legge n. 160/2019”.

La ris. n. 3 istituisce anche i codici per l’utilizzo in compensazione del nuovo credito d’imposta per investimenti in beni strumentali previsto dall’art. 1 comma 1051 ss. della L. 178/2020 che, a differenza del precedente, nel caso di investimenti in beni “ordinari” è utilizzabile già a decorrere dall’anno di entrata in funzione dei beni, mentre per gli investimenti nei beni “4.0” a decorrere dall’anno di avvenuta interconnessione.

Utilizzo già dall’anno di entrata in funzione nella nuova disciplina

Il credito d’imposta, utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’art. 17 del DLgs. 241/97, spetta per i beni materiali e immateriali (sia “ordinari” che “4.0”) in tre quote annuali di pari importo, ma per i soggetti con ricavi/compensi inferiori a 5 milioni di euro che hanno effettuato investimenti in beni materiali e immateriali “ordinari” dal 16 novembre 2020 al 31 dicembre 2021 spetta in un’unica quota annuale.

Tanto premesso, per consentire l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta in esame, sono istituiti i seguenti codici tributo:

–          “6935” denominato “Credito d’imposta investimenti in beni strumentali nuovi (diversi dai beni di cui agli allegati A e B alla legge n. 232/2016) – art. 1, commi 1054 e 1055, legge n. 178/2020”;

–          “6936” denominato “Credito d’imposta investimenti in beni strumentali nuovi di cui all’allegato A alla legge n. 232/2016 – art. 1, commi 1056 e 1057, legge n. 178/2020”;

–          “6937” denominato “Credito d’imposta investimenti in beni strumentali nuovi di cui all’allegato B alla legge n. 232/2016 – art. 1, comma 1058, legge n. 178/2020”.

Tutti i nuovi codici tributo, sia quelli relativi alla L. 160/2019 sia alla L. 178/2020, devono essere indicati nella sezione “Erario” del modello F24 nella colonna “importi a credito compensati” e l’“anno di riferimento” va valorizzato con l’anno di entrata in funzione ovvero di interconnessione dei beni.

I crediti d’imposta non sono comunque soggetti ai limiti di utilizzo previsti dall’art. 1 comma 53 della L. 244/2007, dall’art. 34 della L. 388/2000 e dall’art. 31 del DL 78/2010.

(MF/ms) 




Corrispettivi telematici: è terminato il periodo transitorio

È terminato il 31 dicembre 2020 il c.d. periodo “transitorio” di applicazione degli obblighi di memorizzazione e invio telematico dei corrispettivi previsto dall’art. 2 comma 6-ter del DLgs. 127/2015. Pertanto, a partire dal 1° gennaio 2021, fatti salvi gli esoneri previsti dal DM 10 maggio 2019, anche gli esercenti “minori” devono:

–          memorizzare i corrispettivi mediante i registratori telematici o la procedura web “Documento commerciale on line”;

–          trasmettere gli stessi all’Agenzia delle Entrate mediante tali strumenti ed entro il termine di 12 giorni dall’effettuazione dell’operazione.

Non è più possibile, dunque, nella generalità dei casi, rilevare i corrispettivi mediante scontrino o ricevuta fiscale, provvedendo poi all’invio mensile dei dati tramite i servizi web dell’Agenzia delle Entrate. L’ultimo invio “mensile”, relativo ai dati del mese di dicembre 2020 da parte dei soggetti “minori” che ancora si avvalevano della moratoria delle sanzioni, è previsto entro il 1° febbraio 2021 (il 31 gennaio è domenica).

Si rammenta, peraltro, che fino al prossimo 31 marzo, per effetto del provv. n. 389405/2020, è ancora possibile utilizzare la versione 6.0 del tracciato di invio dei dati, mentre dal 1° aprile 2021 diverrà obbligatorio l’utilizzo della nuova versione.

Una novità riguarda anche i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema TS, in quanto il DL 183/2020 ha rinviato di un anno (al 1° gennaio 2022) le previsioni ad essi rivolte concernenti le modalità di trasmissione dei corrispettivi (art. 2 comma 6-quater del DLgs. 127/2015).

In tale contesto, si innestano le novità della legge di bilancio 2021 (art. 1 commi 1109-1114 della L. 178/2020), con la quale è stato specificato che la memorizzazione dei corrispettivi e, a richiesta del cliente, la consegna del documento commerciale o della fattura, devono avvenire non oltre il momento di ultimazione dell’operazione; inoltre, è stato rinviato al 1° luglio 2021 il termine a partire dal quale è possibile avvalersi di sistemi evoluti di incasso per l’invio telematico dei corrispettivi (art. 2 commi 5 e 5-bis del DLgs. 127/2015).

La novità più rilevante riguarda, però, il regime sanzionatorio, che viene disciplinato in maniera più organica. In caso di mancata o non tempestiva memorizzazione o trasmissione dei corrispettivi, nonché in caso di memorizzazione o trasmissione con dati incompleti o non veritieri, è prevista una sanzione pari al 90% dell’IVA relativa all’importo non memorizzato o non trasmesso, con riferimento a ciascuna operazione (art. 6 comma 2-bis del DLgs. 471/97).

La sanzione per ciascuna violazione, in ogni caso, non può essere inferiore a 500 euro. È prevista però una sanzione più leggera per le violazioni relative all’invio dei corrispettivi che non hanno inciso sulla corretta liquidazione del tributo, pari a 100 euro per ciascuna trasmissione (dunque, non per operazione), pur essendo preclusa l’applicazione del cumulo giuridico (art. 11 comma 2-quinquies del DLgs. 471/97). Inoltre, in caso di reiterate violazioni può essere disposta la chiusura dei locali commerciali (art. 12 comma 2 del DLgs. 471/97). È esplicitato, peraltro, che le sanzioni fin qui richiamate si applicano anche per i corrispettivi rilevati da distributori automatici o da distributori di carburante ex art. 2 commi 1-bis e 2 del DLgs. 127/2015.

La legge di bilancio ha poi stabilito che (fatte salve le procedure alternative previste):

–          in caso di omessa installazione dei registratori telematici, si applica la sanzione da 1.000 a 4.000 euro;

–          in caso di mancato o irregolare funzionamento degli apparecchi si applica la sanzione del 90% per ciascuna operazione, commisurato all’imposta relativa all’importo non memorizzato o non trasmesso.

Qualora non vi siano omesse annotazioni, la mancata tempestiva richiesta di intervento per la manutenzione o l’omessa verifica periodica degli apparecchi nei termini di legge è soggetta ad una sanzione da 250 a 2.000 euro. Infine, salvo che il fatto costituisca reato, chiunque manomette o altera i registratori o fa uso di essi allorché siano stati manomessi o alterati, o consente che altri ne faccia uso al fine di eludere le disposizioni dell’art. 2 comma 1 del DLgs. 127/2015, è punito con una sanzione da 3.000 a 12.000 euro (art. 11 comma 5-bis del DLgs. 471/97).

Obblighi estesi ai distributori di carburante “minori”

Si ricorda, in ultimo, che dal 1° gennaio 2021 l’obbligo di invio dei corrispettivi di cui all’art. 2 comma 1-bis del DLgs. 127/2015 si applica anche alle cessioni di benzina e gasolio da parte dei distributori di carburante con erogato 2018 non superiore a 1,5 milioni di litri (secondo le regole del provv. n. 106701/2018, ossia con invio dei dati entro il mese successivo al mese o trimestre di riferimento, a seconda della periodicità delle liquidazioni). Resta fermo, per i distributori, l’esonero dall’invio dei dati per le operazioni al dettaglio, diverse dalle cessioni di benzina o di gasolio, effettuate in via marginale (art. 2 comma 2 del DM 10 maggio 2019).

(MF/ms) 




Credito d’imposta: nuove sanzioni

La L. 178/2020 (c.d. Legge di Bilancio 2021) conferma il ruolo sempre più pervasivo dei crediti d’imposta nel quadro degli incentivi fiscali a carattere nazionale disponendo la proroga, talora con potenziamenti e modifiche, dei principali in vigore nel periodo 2020, nonché l’introduzione di nuovi.

In allegato si offre una panoramica dei principali crediti d’imposta contenuti nella Legge di Bilancio 2021.

(MF/ms)