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Studi di settore e Isa triennio 2016-2018: in arrivo le comunicazioni di anomalie

Il 15 novembre 2021 è stato infatti pubblicato il Provvedimento direttoriale n. 314145/2021 con il quale l’Agenzia delle Entrate ha approvato le modalità di messa a disposizione dei contribuenti soggetti agli Isa (nonchè dei loro intermediari) di elementi e informazioni al fine di introdurre nuove e più avanzate forme di comunicazione tra il contribuente e il fisco, anche in termini preventivi rispetto alle scadenze fiscali, finalizzate a semplificare gli adempimenti, stimolare l’assolvimento degli obblighi tributari e favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili.

Viene così attuato l’art.1, commi da 634 a 636, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di Stabilità 2015).

Si tratta in particolare delle seguenti informazioni, che sono comunicate ai contribuenti interessati mediante pubblicazione nel proprio cassetto fiscale:

  1. comunicazioni relative a possibili omissioni o anomalie nei dati dichiarati ai fini degli studi di settore o degli Isa, rilevate dall’Agenzia delle Entrate sia analizzando i dati stessi sia le altre fonti informative disponibili;
  2. risposte inviate dal contribuente, anche per il tramite del proprio intermediario, relative alle comunicazioni di cui al punto precedente utilizzando la specifica procedura informatica resa disponibile dall’Agenzia delle Entrate.
Ricevute tali comunicazioni, i contribuenti possono regolarizzare gli errori e le omissioni ricorrendo al ravvedimento operoso, e quindi beneficiando della riduzione delle sanzioni.

Sono 14 le tipologie di anomalie potenzialmente rilevabili dall’Agenzia. 

(MF/ms)




Detrazioni edilizie: il decreto “antifrode” e l’obbligo del visto di conformità

Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 269/2021 del Dl 11 novembre 2021 n. 157 (c.d. decreto “antifrode”) è da subito operativa l’estensione del visto di conformità su tutte le comunicazioni di opzione per le detrazioni edilizie.

A tal proposito, con il provv. n. 312528 pubblicato il 12 novembre, l’Agenzia ha reso disponibile il nuovo modello per la comunicazione delle opzioni per la cessione del credito o per lo sconto in fattura relative alle detrazioni previste per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica, rischio sismico, impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica. Il nuovo modello recepisce le modifiche introdotte dal Dl 157/2021.

Nel dettaglio, l’art. 1 comma 1 lett. b) del Dl 157/2021 introduce all’art. 121 del Dl 34/2020 il nuovo comma 1-ter, ai sensi del quale, nel caso di esercizio delle opzioni per sconto/cessione del credito di imposta, corrispondente alla detrazione “edilizia” altrimenti spettante, dispone che:

  • il contribuente richieda il visto di conformità (lett. a);
  • i tecnici abilitati asseverino la congruità delle spese sostenute secondo le disposizioni dell’art. 119 comma 13-bis del Dl 34/2020 (lett. b).
La novità di cui alla suddetta lett. a) implica quell’estensione del visto di conformità (sino a oggi richiesto solo con riguardo alle opzioni relative a detrazioni “edilizie” spettanti in misura superbonus 110%) a tutte le opzioni esercitate ai sensi dell’art. 121 comma 1 del Dl 34/2020, comprese dunque quelle relative a detrazioni “edilizie” diverse dal superbonus, che era stata messa a punto già nella bozza di testo portata all’approvazione del Consiglio dei Ministri del 10 novembre.

La novità di cui alla lett. b) del nuovo comma 1-ter dell’art. 121 del Dl 34/2020 è invece frutto dell’accordo politico trovato in seno al Consiglio dei Ministri; essa implica l’estensione dell’obbligo di attestazione, a cura di tecnici abilitati, di congruità delle spese (sino a oggi richiesta solo in relazione alle spese agevolate per interventi di efficienza energetica con ecobonus o superbonus e alle spese agevolate per altri tipi di interventi con superbonus) a tutte le spese agevolate che sono oggetto delle opzioni esercitate ai sensi dell’art. 121 comma 1 del Dl 34/2020.

In altre parole, nel caso di spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio agevolate con la detrazione Irpef al 50%, di rifacimento delle facciate agevolate con il bonus facciate al 90% e di riduzione del rischio sismico agevolate con il sismabonus 50-70-75-80-85%, l’attestazione di congruità delle spese, a cura di tecnici abilitati, rimane non necessaria se il beneficiario si avvale della “normale” detrazione in dichiarazione dei redditi (nel caso dell’ecobonus e del superbonus, l’attestazione era e continuerà a essere dovuta anche in questo caso), ma diviene necessaria se il beneficiario esercita le opzioni per lo sconto in fattura o la cessione del credito.

Ai sensi dell’art. 5 del Dl 157/2021, le disposizioni introdotte sono entrate in vigore già il 12 novembre 2021, giorno stesso di pubblicazione in Gazzetta.

Questo comporta, ad esempio, che tutte le opzioni ex art. 121 del Dl 34/2020 che saranno esercitate da qui in avanti, con riguardo a spese sostenute per interventi di rifacimento delle facciate agevolate con il bonus facciate al 90% (che scende poi al 60% per le spese sostenute nel 2022), ma anche con riguardo agli interventi di recupero del patrimonio edilizio agevolate con la detrazione IRPEF 50%, dovranno essere accompagnate dall’attestazione della congruità dei prezzi, a cura di un tecnico abilitato, la cui esistenza dovrà essere verificata dal professionista incaricato di rilasciare il visto di conformità sulla comunicazione di opzione.

Peraltro, l’attestazione di congruità (per tutte le opzioni, d’ora in poi) dovrà fare riferimento non solo ai prezzari individuati dal punto 13 del Dm 6 agosto 2020 “Requisiti” (prezzari regionali e prezzari DEI), ma anche, con riguardo a talune categorie di beni, ai valori massimi che saranno stabiliti con decreto del Ministero della transizione ecologica.

Tale è infatti l’integrazione normativa che il n. 2) della lett. a) del comma 1 dell’art. 1 del Dm “antifrode” apporta, in materia di attestazione di congruità delle spese, al disposto del comma 13-bis dell’art. 119 del Dl 34/2020.

Urgono opportuni chiarimenti sui profili di disciplina transitoria, essendo lecito aspettarsi che simili blitz normativi siano adeguatamente supportati da altrettanta immediatezza nella chiarificazione del quadro applicativo.

Nell’attesa, se è pacifico che sussiste l’obbligo di apporre il visto di conformità su tutti i modelli di comunicazione delle opzioni presentati telematicamente all’Agenzia delle Entrate da oggi in poi (anche se relativi a spese sostenute in precedenza), parrebbe di contro ragionevole riconoscere che l’attestazione di congruità non sia dovuta per quelle spese che, per cassa o per competenza, a seconda del soggetto beneficiario che le sostiene, si considerano sostenute prima del 12 novembre 2021, ancorché la relativa comunicazione di opzione risulti presentata solo a partire da tale data.

(MF/ms)
 




La nota di credito e gli errori di fatturazione

L’emissione di una nota di variazione in diminuzione dell’Iva, ai sensi dell’art. 26 del Dpr 633/72, rappresenta lo strumento principale (e generale) per porre rimedio agli errori compiuti in sede di fatturazione.

Qualora si riscontri un’impossibilità oggettiva di emettere nei termini l’anzidetta nota di variazione, è comunque possibile per il soggetto passivo fare ricorso all’istituto della restituzione dell’Iva da parte dell’Erario, disciplinato dall’art. 30-ter del Dpr 633/72.

I suddetti principi sono stati formulati dall’Agenzia delle Entrate nella risposta a interpello n. 762, pubblicata il 4 novembre 2021, in coerenza con un precedente proprio intervento sul tema (risposta n. 663/2021).

In merito alla possibilità generalizzata di avvalersi della nota di variazione come strumento “correttivo” di eventuali errori di fatturazione (fermo il termine annuale per l’emissione del documento ai sensi dell’art. 26 comma 3 del Dpr 633/72), si può affermare che l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate sia sufficientemente espansiva rispetto al tenore della norma di riferimento.

L’art. 26 comma 3 del Dpr 633/72 contempla, infatti, la variazione in diminuzione dell’imponibile e/o dell’imposta in caso di rettifica di inesattezze della fatturazione che abbiano dato luogo ad operazioni inesistenti in applicazione dell’art. 21 comma 7 del Dpr 633/72.

C’è da dire che, in linea generale, non tutti gli errori di fatturazione integrano l’inesistenza dell’operazione.

Per contro, l’affermazione delle Entrate è improntata a condivisibili canoni di ragionevolezza, giacché la correzione di una fattura errata dovrebbe essere sempre garantita, a maggior ragione quando gli elementi da variare siano solamente formali (ad esempio, per una non perfetta coincidenza con i dati anagrafici richiesti ai sensi dell’art. 21 comma 4 del Dpr 633/72).

Sotto un altro profilo, è importante la conferma che il cedente o prestatore possa effettuare la variazione in diminuzione nell’ipotesi in cui abbia addebitato l’imposta in eccesso, come nel caso in cui abbia applicato il regime di imponibilità in luogo di quello di esenzione o non imponibilità.

Si ricorda, infatti, come secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 24289/2020), oltre che per la stessa Agenzia delle Entrate (risoluzione n. 51/2021), nel caso appena descritto, il cessionario o committente non possa esercitare il pieno diritto alla detrazione per l’Iva eccedente e sia sanzionato nella misura proporzionale del 90% del tributo (art. 6 comma 6 del D.lgs. 471/97).

Come indicato nella risposta a interpello n. 762/2021, dunque, lo strumento principale e generale per rimediare è rappresentato proprio dalla nota di variazione.

Tanto premesso, l’Agenzia delle Entrate, con il documento di prassi appena richiamato, riconosce anche – a determinate condizioni – la possibilità, per il cedente o prestatore, di recuperare l’imposta mediante l’istituto disciplinato dall’art. 30-ter del Dpr 633/72.

Si osserva che la norma appena richiamata riveste “carattere residuale ed eccezionale, la cui applicazione è riservata ai casi in cui sussistano condizioni oggettive che non consentono il recupero dell’Iva secondo il metodo più generale, vale a dire l’emissione della nota di variazione in diminuzione ex art. 26 del Dpr 633/72”.

Sulla scorta della pronuncia della Cassazione n. 20843/2020, l’Agenzia chiarisce che il diritto al rimborso ex art. 30-ter del Dpr 633/72 è comunque riconosciuto, nel rispetto del principio di neutralità dell’imposta, laddove vi sia stato un errore a fronte del quale “il rischio di perdita del gettito fiscale può ritenersi insussistente” (si veda anche Corte di Giustizia Ue 11 aprile 2013, causa C-138/12). È il caso in cui la fattura erroneamente emessa “sia stata tempestivamente ritirata dal destinatario senza che questi ne abbia fatto uso fiscale (annotandola nel registro acquisti o in altre scritture contabili destinate ad evidenziare il diritto alla detrazione)”.

Nel caso di specie il cessionario o committente non ha mai annotato le fatture ricevute nel registro degli acquisti, né esercitato il diritto alla detrazione. Per questa ragione, secondo le Entrate, essendo decorsi i termini per emettere la nota di variazione, il soggetto passivo può avvalersi dell’istanza di cui all’art. 30-ter.

È ragionevole, dunque, che qualora il cessionario o committente si avveda dell’errore nell’applicazione dell’Iva non provveda alla registrazione del documento e all’esercizio del diritto alla detrazione.

Così facendo, oltre a non incorrere nella sanzione proporzionale, ai sensi dell’art. 6 comma 6 del D.lgs. 471/97, consentirebbe al cedente o prestatore un più ampio margine per il recupero dell’imposta erroneamente addebitata (anche oltre il termine annuale, mediante l’istituto di cui al citato art. 30-ter).

Occorre segnalare che, secondo l’Amministrazione finanziaria, è inibita la restituzione dell’imposta di cui all’art. 30-ter, richiesta dal soggetto passivo “per ovviare alla scadenza del termine per l’esercizio alla detrazione, qualora tale termine sia decorso per «colpevole» inerzia del soggetto passivo” (si veda anche la risposta n. 592/2020).

Resta da confermare l’ulteriore possibilità, per il soggetto passivo, di emendare l’errata fatturazione mediante ricorso all’istituto della dichiarazione integrativa ai sensi dell’art. 8 comma 6-bis del Dpr 322/98 (negato nella precedente risposta n. 663/2021).

(MF/ms)
 




Start up: entro il 9 dicembre 2021 le istanze per il contributo a fondo perduto

Dal 9 novembre fino al 9 dicembre 2021 è possibile presentare in via telematica le istanze per accedere al contributo a fondo perduto per le start up.

Con il provvedimento n. 305784, datato 8 novembre, l’Agenzia delle Entrate ha definito il contenuto informativo, le modalità e i termini di presentazione dell’istanza per il riconoscimento del contributo a fondo perduto di cui all’art. 1-ter del DL 41/2021, approvando altresì il modello e le relative istruzioni.

Tale provvedimento dà attuazione al DM 10 settembre 2021, pubblicato solo alcuni giorni fa in Gazzetta Ufficiale, che aveva stabilito la necessità di presentare apposita istanza per accedere al contributo.

L’art. 1-ter del Dl 22 marzo 2021 n. 41, introdotto in sede di conversione in legge, al fine di sostenere gli operatori economici colpiti dall’emergenza epidemiologica Covid-19, riconosce un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti titolari di reddito d’impresa che hanno attivato la partita Iva dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2018, la cui attività d’impresa, in base alle risultanze del Registro delle imprese tenuto presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, è iniziata nel corso del 2019.

Il contributo spetta in presenza dei seguenti requisiti:

  • i ricavi e i compensi conseguiti nel 2019 (soggetti “solari”) non devono superare l’importo di 10 milioni di euro;
  • l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2020 non deve essere inferiore almeno del 30% rispetto all’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2019, e pertanto non è stato possibile beneficiare del contributo a fondo perduto previsto dall’art. 1 del Dl 41/2021 (c.d. contributo “Sostegni”).
Il contributo non spetta ai soggetti la cui attività risulti cessata alla data del 23 marzo 2021, agli enti pubblici di cui all’art. 74 del TUIR, agli intermediari finanziari e società di partecipazione di cui all’art. 162-bis del TUIR.

L’istanza deve essere presentata all’Agenzia delle Entrate in via telematica dal 9 novembre al 9 dicembre 2021, utilizzando l’apposito modello approvato.

La predisposizione e trasmissione telematica dell’istanza è eseguita mediante un servizio web disponibile nell’area riservata del portale “Fatture e Corrispettivi” del sito internet dell’Agenzia delle Entrate.

La trasmissione può essere effettuata, per conto del soggetto richiedente, anche da parte di un intermediario, delegato al servizio del “Cassetto fiscale” dell’Agenzia delle Entrate o al servizio di “Consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche o dei loro duplicati informatici” del portale “Fatture e Corrispettivi”.

Nello stesso periodo è possibile, in caso di errore, presentare una nuova istanza, in sostituzione di quella precedentemente trasmessa.

L’istanza contiene, tra l’altro, le dichiarazioni in relazione all’eventuale superamento dei limiti degli aiuti di Stato rispetto a quelli ricevuti fino al momento della presentazione dell’istanza dal soggetto richiedente e, nel caso in cui il soggetto faccia parte di impresa unica, dagli altri soggetti facenti parte di tale impresa, nonché alla sussistenza degli ulteriori requisiti definiti dalle sezioni 3.1 e 3.12 del Quadro temporaneo aiuti di Stato.

Contributo in proporzione alle risorse

Il contributo è determinato nella misura massima di 1.000 euro per tutti i soggetti aventi i requisiti, tenuto conto del limite di spesa stabilito (20 milioni di euro).

Il provvedimento chiarisce che il valore del contributo a fondo perduto dipenderà dal rapporto tra il limite complessivo di spesa stabilito e l’ammontare complessivo dei contributi relativi alle istanze accolte.

Qualora l’ammontare complessivo dei contributi relativi alle istanze validamente presentate risulti superiore al limite di spesa, il contributo riconosciuto è pari a 1.000 euro moltiplicato la percentuale di ripartizione proporzionale dei fondi stanziati.

Il soggetto richiedente può scegliere, irrevocabilmente, nell’istanza se ottenere il valore totale del contributo come accredito sul conto corrente bancario o postale a lui intestato ovvero come credito d’imposta da utilizzare in compensazione tramite modello F24.

Il provvedimento rileva altresì che l’erogazione del contributo a fondo perduto è subordinata all’autorizzazione della predetta Commissione europea, della quale verrà data comunicazione sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate.
 

(MF/ms)




Omaggi di fine anno: le varie casistiche

Alla fine di ogni anno, in occasione delle festività, è consuetudine per diverse imprese predisporre nei confronti dei propri clienti gli omaggi di “Natale”.

Appare dunque interessante riassumere i profili Iva legati a tali regalie, analizzando anche gli aspetti operativi qualora gli omaggi vengano effettuati nei confronti di soggetti comunitari ovvero extracomunitari.
 

Premessa
Le cessioni “senza corrispettivo” (o gratuite) di beni la cui produzione o il cui commercio rientrano nell’attività propria dell’impresa sono imponibili ai fini Iva (art. 2, secondo comma, n. 4, del D.P.R. n. 633/1972), con diritto alla detrazione Iva senza limitazioni (sempre che non vi siano limitazioni a tale diritto proprie della società, ad esempio, pro-rata di detrazione).
Le cessioni gratuite di beni che rientrano nell’attività propria dell’impresa comportano l’emissione del documento di trasporto, al fine di superare le presunzioni di cessione (e di acquisto per il destinatario degli stessi), di cui al DPR 10 novembre 1997, n. 441, così come precisato dalla C.M. 23 luglio 1998, n. 193/E.
Soggetti esercenti attività d’impresa
Operativamente, la società che produce ovvero commercializza il bene ceduto gratuitamente potrà procedere nei confronti del cliente:
  • con la rivalsa dell’IVA (quindi, applicando l’IVA in fattura, che verrà pagata dal cliente e versata all’Erario dalla società, fermo restando il diritto alla detrazione dell’IVA in capo al cliente) ovvero
  • senza rivalsa dell’IVA.
A seconda di cosa decide la società, di seguito si riportano le regole amministrative/fiscali da seguire.
Modalità di assolvimento dell’obbligo di versamento dell’IVA da parte del cedente che ha proceduto alla rivalsa dell’IVA
In tale caso:
  • il cedente deve emettere fattura in duplice copia, così realizzando l’addebito dell’IVA;
  • il cessionario annota la fattura ricevuta nel registro IVA acquisti e può, conseguentemente, esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA.
Modalità di assolvimento dell’obbligo di versamento dell’IVA da parte del cedente in assenza della rivalsa dell’IVA
Il cedente potrà seguire una delle seguenti modalità operative, alternative tra loro:
a. emissione di fattura ordinaria: il soggetto cedente emette fattura in duplice copia e non esercita la rivalsa, specificandolo nella fattura con adeguata dicitura; il cessionario cui è destinato l’omaggio riceve la fattura e la annota nel registro IVA acquisti, senza procedere alla detrazione dell’IVA;
b. tenuta (art. 39 del D.P.R. n. 633/1972) e annotazione sul registro omaggi (C.M. 27 aprile 1973, n. 32/501388): l’annotazione delle cessioni gratuite deve riportare l’ammontare globale:
  • dei valori normali delle cessioni gratuite effettuate in ciascun giorno, distinto per aliquota;
  • della relativa imposta, distinta per aliquota.
Il registro non deve essere bollato prima della messa in uso, essendo sufficiente la sola numerazione progressiva delle pagine; inoltre, non è soggetto a imposta di bollo;
c. emissione di autofattura: risulta possibile anche emettere una sola autofattura mensile per tutte le cessioni del mese. In tale ipotesi, il documento, con la dicitura “autofattura per omaggi”, deve contenere indicazione:
  • del valore normale dei beni ceduti;
  • delle aliquote IVA applicabili;
  • delle relative imposte.
Il documento segue la numerazione delle fatture di vendita e viene annotato nel registro delle fatture emesse. L’imponibile fa parte del volume d’affari IVA. L’Agenzia delle entrate, in una FAQ (n. 17 del 27 novembre 2018 – pubblicata sul sito web), ha chiarito che, dal 1° gennaio 2019, le autofatture per omaggi vanno emesse come fatture elettroniche e inviate al SdI, così come previsto dal provvedimento direttoriale 30 aprile 2018, con riferimento all’autofattura denuncia di cui all’art. 6, comma 8 , lett. a), del D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 471. In tale ipotesi, la fattura elettronica viene inviata al SdI dall’emittente e ricevuta dallo stesso emittente, che nel documento viene indicato sia come cedente/prestatore, che come cessionario/committente
 
 

Registro omaggi

Ditta o ragione sociale: Beta S.p.A.;
Domicilio fiscale: Via Fiume 2, Milano (MI);
C.F. e P. IVA: 1111111111.
Data Quantità Denominazione omaggi Imponibile Percentuale IVA IVA Importo complessivo
1/12/2021 1 Impianto stereo 300,00 22% 66,00 366,00
2/12/2021 1 Casse stereo 100,00 22% 22,00 122,00
Totali 400,00 88,00 488,00
Sono, invece, escluse dall’IVA le cessioni gratuite di beni per i quali, all’atto dell’acquisto, non è stata operata la detrazione dell’imposta ai sensi dell’art. 19 del Dpr n. 633/1972 e quelle dei beni, la cui produzione o il cui commercio non rientrano nell’attività propria dell’impresa, di costo o valore unitario non superiore a euro 50 (n. 4 del secondo comma dell’art. 2 del D.P.R. n. 633/1972; a conferma di ciò si veda anche la C.M. 16 luglio 1998, n. 188/e, nella quale viene riportato letteralmente che:

Gli acquisti di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o il cui commercio non rientrano nell’attività propria dell’impresa, costituiscono sempre spese di rappresentanza con conseguente indetraibilità dell’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’art. 19-bis1 del D.P.R. n. 633/1972, a prescindere dal loro valore unitario e dal loro costo.
Ne consegue che la successiva cessione gratuita costituisce operazione non rilevante ai fini dell’IVA ai sensi dell’art. 2, secondo comma, n. 4).
Viceversa, gli acquisti di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o il cui commercio rientrano nell’attività propria dell’impresa, non costituiscono spese di rappresentanza e le relative cessioni gratuite devono essere assoggettate ad imposta ai sensi dell’art. 2, 2, secondo comma n. 4), del Dpr n. 633/72”.

Anche se ad oggi non vi è stata una pronuncia ufficiale, si ritiene preferibile emettere il DDT (ovvero altra prova di contenuto equivalente) anche per gli omaggi di beni che non rientrano nell’ambito dell’attività propria dell’impresa, al fine di dimostrare l’inerenza dell’acquisto.
 
 
Schema riassuntivo (con le novità del decreto Semplificazioni) vedi Allegato 1 
 
Lavoratori autonomi
Gli omaggi di beni effettuati dai lavoratori autonomi (artisti e professionisti) sono fuori dal campo di applicazione dell’IVA, in considerazione del fatto che manca il presupposto oggettivo ai sensi dell’art. 2, primo comma, n. 4), del D.P.R. n. 633/1972; conseguentemente, non vi è l’obbligo di emissione della fattura.
Infatti, la previsione normativa di cui all’art. 2, primo comma, n. 4), prima parte, del D.P.R. n. 633/1972, relativa alle cessioni “senza corrispettivo” (omaggi), non è applicabile agli esercenti arti e professioni. Più in dettaglio, la disposizione di legge fa riferimento ai beni oggetto dell’“attività propria dell’impresa”; conseguentemente, non può che riferirsi esclusivamente ai soggetti di cui all’art. 4 del D.P.R. n. 633/1972, ovvero ai soggetti che esercitano attività d’impresa e non anche agli artisti e professionisti soggetti passivi IVA. Sul tema la C.M. 30 aprile 1980, n. 20/270516, ha chiarito che “le cessioni gratuite di beni poste in essere da artisti e professionisti sono invece da considerare fuori del campo di applicazione del tributo, non esistendo disposizioni – analogamente a quanto previsto per le cessioni gratuite effettuate nell’esercizio di impresa – che ne prevedono l’imponibilità”. Gli artisti e professionisti possono, invece, procedere alla detrazione dell’IVA per i beni, ceduti gratuitamente, di costo unitario pari o inferiore a euro 50.
Soggetti di Paesi UE ed extra-UE
Tabella – Aspetti IVA degli omaggi con soggetti di altri Paesi della UE
 
Tipologia di operazione Regime IVA
Cessioni di beni prodotti o commercializzati abitualmente dall’impresa cedente
  • Anche nel caso in cui il cessionario sia un soggetto passivo IVA “stabilito” in altro Paese della UE, non si è in presenza di una cessione intracomunitaria di beni di cui all’art. 41 del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, in quanto manca l’onerosità della cessione;
  • ne consegue che la cessione a titolo gratuito è imponibile ai fini IVA (così come chiarito dalla C.M. 23 febbraio 1994, n. 13-VII-15-464, è applicabile la medesima disciplina prevista per le cessioni in Italia)
Cessioni di beni non prodotti o commercializzati abitualmente dall’impresa cedente
  • Cessione esclusa da IVA;
  • così come chiarito dalla C.M. n. 13-VII-15-464 del 1994, è applicabile la medesima disciplina prevista per le cessioni in Italia
Omaggi ricevuti da altro Paese della UE
  • L’operazione è soggetta a IVA nel Paese UE di provenienza. L’operatore italiano non effettua un acquisto intracomunitario;
  • l’eventuale fattura non va integrata né va emessa autofattura. Occorre, in ogni caso, vincere la presunzione di acquisto “in nero” e sembra ragionevole ritenere che la documentazione estera valga ai fini della prova contraria
Tabella – Aspetti IVA degli omaggi con soggetti extra-UE
 
Tipologia di operazione Regime IVA
Cessioni di beni prodotti o commercializzati abitualmente dall’impresa cedente
  • Cessioni non imponibili IVA ai sensi dell’art. 8, primo comma, lett. a) e b), del D.P.R. n. 633/1972;
  • obbligo da parte del cedente di porre in essere tutti i connessi adempimenti contabili e di documentazione dell’uscita dei beni dal territorio doganale dell’UE;
  • essendo cessioni senza corrispettivo, non rilevano ai fini del plafond per l’esportatore abituale
Cessioni di beni non prodotti o commercializzati abitualmente dall’impresa cedente
  • Cessioni fuori campo IVA ai sensi dell’art. 2, secondo comma, n. 4), del D.P.R. n. 633/1972;
  • necessità di redigere apposito documento comprovante l’operazione stessa (ad esempio, fattura pro forma)
Omaggi ricevuti da Paese extra-UE
  • All’atto dell’introduzione, sarà emessa regolare bolletta doganale anche in relazione ai beni non oggetto dell’attività, da trattare come qualsiasi altra importazione, salvo il pagamento del corrispettivo;
  • ai fini dell’evasione di dazi e IVA, la Dogana assume quale imponibile il valore di mercato dei beni, concetto simile al valore normale di cui all’art. 14 del D.P.R. n. 633/1972;
  • è necessario conservare i documenti doganali esteri per vincere la presunzione di acquisto “in nero”.
 
Acquisti (ovvero omaggi) di beni in Italia nel caso in cui il cedente estero non sia stabilito ai fini IVA in Italia
 
Con riferimento agli acquisti di beni (anche gratuiti e, quindi, rientranti nella fattispecie degli omaggi) territorialmente rilevanti ai fini IVA in Italia, effettuati da soggetti passivi IVA “stabiliti” in Italia, capita sovente che il cedente non sia “stabilito” ai fini IVA in Italia e che lo stesso abbia un rappresentante fiscale ovvero identificazione diretta IVA in Italia.
Per soggetto estero non “stabilito” ai fini IVA in Italia si intende il soggetto passivo d’imposta estero (UE ovvero extra-UE) che in Italia non ha la sede dell’attività economica e non ha una stabile organizzazione ai fini IVA. Ne consegue che risulta irrilevante, ai fini della “stabilità” IVA, il possesso in Italia di un rappresentante fiscale ovvero identificazione diretta IVA (di cui all’art. 35-ter del D.P.R. n. 633/1972).
Ciò premesso, così come stabilito dall’art. 17, secondo comma, del D.P.R. n. 633/1972, l’IVA relativa a beni e servizi territorialmente rilevanti in Italia deve sempre essere assolta dal cessionario o committente soggetto passivo IVA “stabilito” in Italia, mediante l’applicazione del meccanismo del reverse charge (se il cedente/prestatore estero è un soggetto passivo “stabilito” in altro Paese della UE diverso dall’Italia) ovvero autofattura (se il cedente/prestatore passivo estero è extra-UE), ancorché il cedente/prestatore sia identificato ai fini IVA in Italia, tramite identificazione diretta o rappresentante fiscale (sul punto si vedano le circolari 18 marzo 2010, n. 14/E, e 21 giugno 2010, n. 36/E).

Ne consegue che le fatture di cessioni (ovvero omaggi) di beni emesse da cedenti soggetti passivi d’imposta non “stabiliti” ai fini IVA in Italia nei confronti di cessionari soggetti passivi IVA “stabiliti” in Italia devono necessariamente essere emesse, ancorché non soggette a IVA ai sensi dell’art. 17, secondo comma, del D.P.R. n. 633/1972, dai cedenti esteri senza l’utilizzo dell’eventuale rappresentante fiscale ovvero identificazione diretta IVA.

Invece, i cessionari soggetti passivi IVA “stabiliti” in Italiaper tutti gli acquisti di beni territorialmente rilevanti in Italia, dovranno:

  • integrare (cd. reverse charge) la fattura ricevuta dal cedente soggetto passivo UE non “stabilito” ai fini IVA in Italia. Si deve ricordare che, in presenza di omaggi:
    • se i beni omaggiati sono prodotti ovvero commercializzati da parte del cedente estero, il cessionario italiano dovrà effettuare il reverse charge soggetto a IVA con diritto alla detrazione dell’IVA;
    • se i beni omaggiati non sono prodotti ovvero commercializzati da parte del cedente estero, il cessionario italiano non dovrà effettuare reverse charge (in quanto operazione fuori campo IVA in Italia);
  • emettere autofattura, se il cedente è stabilito in Paesi extra-UE e non “stabilito” ai fini IVA in Italia:
    • se i beni omaggiati sono prodotti ovvero commercializzati da parte del cedente estero, il cessionario italiano dovrà emettere autofattura soggetta a IVA con diritto alla detrazione dell’IVA;
    • se i beni omaggiati non sono prodotti ovvero commercializzati da parte del cedente estero, il cessionario italiano non dovrà emettere autofattura (in quanto operazione fuori campo IVA in Italia).
Tipologia di operazione Cedente/prestatore Cessionario/committente Adempimento in capo al cessionario/committente nazionale
Acquisti di beni (ovvero omaggi) territorialmente rilevanti ai fini IVA in Italia Soggetto passivo UE non “stabilito” ai fini IVA in Italia Soggetto passivo IVA italiano
Reverse charge
Con riferimento agli omaggi:
  • se i beni omaggiati sono prodotti ovvero commercializzati da parte del cedente estero, il cessionario italiano dovrà effettuare il reverse charge soggetto a IVA con diritto alla detrazione dell’IVA;
  • se i beni omaggiati non sono prodotti ovvero commercializzati da parte del cedente estero, il cessionario italiano non dovrà effettuare reverse charge (in quanto operazione fuori campo IVA in Italia)
Soggetto passivo extra-UE non “stabilito” ai fini IVA in Italia Soggetto passivo IVA italiano
Autofattura
Con riferimento agli omaggi:
  • se i beni omaggiati sono prodotti ovvero commercializzati da parte del cedente estero, il cessionario italiano dovrà emettere autofattura soggetta a IVA con diritto alla detrazione dell’IVA;
  • se i beni omaggiati non sono prodotti ovvero commercializzati da parte del cedente estero, il cessionario italiano non dovrà emettere autofattura (in quanto operazione fuori campo IVA in Italia).
Nel caso evidenziato, con riferimento agli acquisti di beni territorialmente rilevanti ai fini IVA in Italia, non si è in presenza di operazioni intracomunitarie. Ne consegue che non si dovrà procedere alla presentazione degli elenchi Intrastat beni, in quanto si tratta di operazioni nazionali (quindi, interne), fermo restando l’obbligo di presentazione dell’“esterometro”, qualora il reverse charge/autofattura non siano gestiti elettronicamente, ma in formato analogico.
Nell’operatività capita, comunque, sovente che il cedente/prestatore estero emetta fattura tramite il proprio rappresentante fiscale italiano ovvero identificazione diretta IVA in Italia, indicando che l’operazione è “esclusa da IVA e soggetta a inversione contabile ai sensi dell’art. 17, secondo comma, del D.P.R. n. 633/1972”. Tecnicamente, tale fattura non risulta corretta; infatti, l’Agenzia delle entrate, con la risoluzione 20 febbraio 2015, n. 21/E, ha chiarito che il documento emesso con indicazione della partita IVA italiana dal rappresentante fiscale ovvero identificazione diretta di un soggetto passivo estero “stabilito” nella UE, per una cessione effettuata nei confronti di un soggetto passivo IVA “stabilito” ai fini IVA in Italia, sia da considerare non rilevante come fattura ai fini IVA e debba essere richiesta al suo posto la fattura emessa direttamente dal fornitore estero. Il documento risulta, invece, corretto se, oltre all’indicazione della partita IVA del rappresentante fiscale ovvero identificazione diretta IVA, vi siano anche tutti gli estremi del cedente estero comunitario (quindi, anche indicazione della partita IVA estera).
Stante il contenuto della citata risoluzione n. 21/E del 2015, sembra ragionevole ritenere che, nel caso in esame, la fattura emessa da un rappresentante fiscale italiano di cedente/prestatore soggetto passivo extra-UE non debba riportare, necessariamente, anche i dati di quest’ultimo. Ne consegue che, in tale caso, la fattura emessa con i soli dati del rappresentante fiscale di soggetto extra-UE dovrebbe risultare corretta (a tali conclusioni si perviene anche leggendo l’art. 219-bis della Dir. CEE 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE, in tema di autofattura). Quindi, senza la necessità di aggiungere le informazioni del cedente/prestatore extra-UE.
 
 
 

(MF/ms)




Adesione al servizio di consultazione delle e-fatture: proroga al 31 dicembre 2021

Il 30 settembre scorso è scaduto il termine per aderire al servizio di consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche e dei loro duplicati informatici proposto dall’Agenzia delle Entrate, che consentiva di potere accedere ai file Xml transitati mediante SdI a decorrere dal 1° gennaio 2019.

A chi non avesse manifestato la scelta entro tale termine, sarebbe comunque stata consentita una successiva adesione, che avrebbe, tuttavia, permesso di consultare esclusivamente le fatture emesse e ricevute a partire dal giorno successivo alla stessa.

L’uso del condizionale si deve al fatto che il 3 novembre l’Agenzia delle Entrate, col provvedimento n. 298662, ha riaperto i termini per l’adesione, fissando la nuova scadenza al 31 dicembre 2021 e permettendo, in questo modo, di poter ancora “recuperare” le fatture “pregresse”.

La motivazione questa volta va ascritta non già a questioni inerenti alla tutela della privacy dei dati contenuti nei documenti, quanto piuttosto alle richieste degli operatori che “non hanno colto la differenza” tra l’adesione al servizio di conservazione delle fatture elettroniche “e quella prevista invece per il servizio di consultazione, nell’errato convincimento che l’adesione già prestata per il primo servizio” comportasse implicitamente anche la possibilità di fruire del secondo.

La scadenza era già stata oggetto in passato di numerose proroghe, in considerazione delle diverse interlocuzioni fra l’Agenzia e l’Autorità Garante della protezione dei dati personali, per la definizione delle misure di garanzia a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati. 

Negli ultimi provvedimenti che disponevano lo slittamento dei termini, si richiamava, infatti, l’introduzione dell’art. 14 del Dl n. 124/2019, che ha previsto nuovi termini per la memorizzazione delle e-fatture ed è stato disposto che i dati in esse contenuti “possano essere utilizzati dalla Guardia di Finanza, nell’assolvimento delle funzioni di polizia economica e finanziaria, e dall’Agenzia delle entrate e dalla Guardia di Finanza per le attività di analisi del rischio e di controllo a fini fiscali” (cfr. tra gli altri il provv. n. 17289/2021).

La norma stabiliva che Agenzia e Guardia di Finanza dovessero adottare “idonee misure di garanzia a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati mediante la previsione di apposite misure di sicurezza”, sentito il Garante.

La mancata proroga dell’ultima scadenza aveva lasciato intendere che le suddette questioni fossero state risolte e che, quindi, si dovesse ritenere concluso il periodo transitorio che consentiva a chiunque di potere accedere ai file Xml transitati via SdI, rendendo necessaria, a tal fine, la manifestazione dell’adesione.

Come sottolineato dall’Agenzia, invece, la riapertura dei termini si deve da un lato alla mancata comprensione circa la distinzione fra servizio di consultazione e servizio di conservazione e, dall’altro, alla “concomitanza della scadenza del 30 settembre 2021 con numerosi altri adempimenti fiscali, anche legati alla possibilità di fruire delle agevolazioni previste dalle norme a favore degli operatori colpiti dagli effetti negativi della pandemia”.

Il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro hanno, inoltre, segnalato all’Amministrazione finanziaria che “l’indisponibilità delle fatture pregresse rende più gravosi gli adempimenti da parte dei contribuenti e dei professionisti che li assistono, che devono eventualmente reperire i duplicati delle fatture presso i soggetti emittenti”. 

Il CNDCEC ha espresso al proposito, in un comunicato stampa, il proprio apprezzamento per la riapertura dei termini, affermando che di fronte “alle evidenti difficoltà createsi”, il provvedimento emanato “grazie anche alla proficua interlocuzione con il Consiglio nazionale (…) è una utile boccata d’ossigeno per contribuenti e professionisti”.

Quanto alla distinzione fra i servizi citati, si ribadisce che il servizio di conservazione offerto dall’Agenzia delle Entrate (provv. n. 89757/2018, §7), consente di assolvere agli obblighi di cui all’art. 39 del Dpr  633/72 (secondo cui le “fatture elettroniche sono conservate in modalità elettronica”), ai sensi delle disposizioni di cui al Dm 17 giugno 2014. In base all’accordo di servizio, l’Agenzia, entro 48 ore dalla data di ricezione della domanda di esibizione dei documenti conservati (salvo ritardi dovuti alla manutenzione del sistema), rende disponibile nell’area riservata il c.d. “pacchetto di distribuzione” o la comunicazione di anomalia della richiesta.

Le fatture elettroniche sono conservate a norma dall’Agenzia per la durata di quindici anni.

Il servizio di consultazione proposto gratuitamente dalla stessa Agenzia (provv. n. 89757/2018, § 8.1, 8-bis e 8-ter), permette, invece, di consultare e acquisire i file delle fatture elettroniche emesse e ricevute mediante SdI, all’interno di un’apposita area del portale “Fatture e Corrispettivi”. I file Xml restano disponibili fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di ricezione da parte del Sistema di Interscambio.

(MF/ms)
 




Split payment: pubblicati gli elenchi validi per il 2022

Sono disponibili sul sito del Dipartimento delle Finanze, nella sezione dedicata, gli elenchi validi per l’anno 2022 dei soggetti – società, fondazioni ed enti – tenuti all’applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti di cui all’art. 17-ter, comma 1-bis, del Dpr 26 ottobre 1972, n. 633 (split payment), pubblicati ai sensi del Dm 9 gennaio 2018.

Gli elenchi sono aggiornati al mese di ottobre 2021 e riguardano:

  • le società controllate di fatto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri (art. 2359, comma 1, n. 2 c.c.);
  • gli enti o le società controllate dalle Amministrazioni Centrali;
  • gli enti o le società controllate dalle Amministrazioni Locali;
  • gli enti o le società controllate dagli Enti Nazionali di Previdenza e Assistenza;
  • gli enti, le fondazioni o le società partecipate per una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70%, dalle Amministrazioni Pubbliche;
  • le società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana.
Non sono invece incluse le Amministrazioni pubbliche, di cui all’art. 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, comunque tenute all’applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti ex art. 17-ter, comma 1, Dpr 26 ottobre 1972, n. 633, per le quali è possibile fare riferimento all’elenco (c.d. elenco Ipa) pubblicato sul sito dell’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (www.indicepa.gov.it).

Si ricorda che l’elenco è pubblicato, a cura del Dipartimento delle finanze, entro il 20 ottobre di ciascun anno con effetti a valere per l’anno successivo, ai sensi dell’art. 5-ter, comma 2, del Dm 23 gennaio 2015.

L’aggiornamento avviene in via continuativa nel corso dell’anno ed è possibile effettuare la ricerca delle fondazioni, degli enti o delle società presenti negli elenchi tramite codice fiscale.

I soggetti interessati, con eccezione per le società quotate nell’indice FTSE MIB, possono segnalare al Dipartimento delle Finanze eventuali mancate o errate inclusioni negli elenchi ai fini del loro aggiornamento, esclusivamente mediante l’apposito modulo di richiesta e fornendo idonea documentazione a supporto dell’istanza presentata. È obbligatorio allegare la visura camerale.

Gli elenchi sono disponibili al seguente link: https://www1.finanze.gov.it/finanze3/split_payment/public/#/#testata

(MF/ms)




Modalità per la comunicazione delle operazioni con controparti non stabilite in Italia dal 2022

A decorrere dal 1° gennaio 2022, la comunicazione delle operazioni con controparti non stabilite in Italia (c.d. “esterometro”) è effettuata mediante il Sistema di Interscambio, trasmettendo i dati in formato XML, come previsto per le fatture elettroniche (art. 1 comma 3-bis del D.Lgs. 127/2015, come modificato dall’art. 1 comma 1103 della L. 178/2020).

Una delle novità consiste nei nuovi termini per effettuare la trasmissione dei dati.

Difatti, dal 1° gennaio 2022, la richiamata disposizione e il provv. n. 293384 dell’Agenzia delle Entrate del 29 ottobre (§ 9.3) prevedono:

  • quanto alle operazioni attive (nei confronti di soggetti non stabiliti in Italia), l’invio dei dati entro il termine di emissione delle fatture o dei documenti che certificano i corrispettivi;
  • quanto alle operazioni passive (da soggetti non stabiliti in Italia), l’invio dei dati entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione o del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.
In merito alle operazioni passive, anche alla luce del provv. n. 293384 del 29 ottobre, è da ritenersi ancora ammessa, dal 2022, l’integrazione analogica della fattura di acquisto ricevuta da operatore estero, e la successiva comunicazione della stessa in formato XML mediante SdI.

nuovi termini per l’invio dei dati, mediante SdI, delle operazioni passive che intercorrono con soggetti non stabiliti in Italia richiedono di prestare attenzione ai termini di registrazione prescritti, rispettivamente, per gli acquisti da soggetti stabiliti in altri Stati membri dell’Ue e per gli acquisti da soggetti stabiliti al di fuori dell’Ue.

Nel primo caso (acquisti da soggetti Ue), l’art. 17 comma 2 del DPR 633/72 rinvia agli artt. 46 e 47 del Dl. 331/93 quanto agli obblighi di fatturazione e registrazione.

In particolare, secondo il citato art. 47, il cessionario o committente nazionale è tenuto ad annotare le fatture ricevute da soggetti Ue (e integrate con l’imposta secondo l’aliquota applicabile), nel registro delle vendite, “entro il giorno 15 del mese successivo a quello di ricezione della fattura, e con riferimento al mese precedente”.

Le fatture saranno annotate anche nel registro degli acquisti, entro il termine per l’esercizio del diritto alla detrazione Iva.

Ponendo il caso di un acquisto per cui la fattura è ricevuta il 18 gennaio dal fornitore Ue, il documento è integrato con l’indicazione dell’imposta e deve essere annotato sul registro delle fatture emesse (o dei corrispettivi), entro il successivo 15 febbraio.

Per gli acquisti da soggetti extra Ue, invece, ai sensi dell’art. 17 comma 2 del Dpr 633/72, deve farsi riferimento ai termini ordinariamente previsti per le operazioni “interne”.

A differenza di quanto previsto per la procedura di integrazione e registrazione della fattura ricevuta da un fornitore Ue, gli adempimenti da porre in essere non sono normativamente condizionati dal momento di ricezione del documento del fornitore extra Ue.

È necessario, pertanto, avere contezza del momento di effettuazione dell’operazione, posto che generalmente l’autofattura deve essere emessa entro i successivi 12 giorni (art. 21 comma 4 del Dpr 633/72).

Per le cessioni di beni, il momento di effettuazione, ai sensi dell’art. 6 comma 1 del Dr 633/72, può essere determinato in modo sufficientemente agevole, facendo ricorso al momento di consegna o spedizione (beni mobili) o alla data di stipula dell’atto (beni immobili).

Per i servizi generici si guarda all’ultimazione

Per le prestazioni di servizi, “generiche”, si deve fare riferimento al momento di ultimazione del servizio ovvero, nel caso di prestazioni periodiche, alla data di maturazione dei corrispettivi (art. 6 comma 6 del Dpr 633/72).

Tale momento è determinante sia per la data di emissione dell’autofattura (art. 21 comma 4 lett. d) del Dpr 633/72) sia per l’invio della comunicazione transfrontaliera via SdI.

Secondo quanto previsto dall’Agenzia delle Entrate, ai fini del momento di effettuazione determinato a norma dell’art. 6 comma 6 del Dpr 633/72, per ragioni di certezza e di semplificazione, è anche possibile assumere come indice dell’effettuazione dell’acquisto proprio il momento di ricezione della fattura (circolare n. 35/2012 e circolare n. 16/2013, § 2.3). Il criterio potrebbe ancora tornare utile per l’emissione dell’autofattura e la sua trasmissione mediante SdI ai fini del c.d. “esterometro”.

(MF/ms)
 
 

Operazione Momento di effettuazione Termine di emissione dell’autofattura Termine di annotazione nel registro delle vendite Termine di invio dei dati allo SdI
Acquisto da soggetto Ue Vari Giorno 15 del mese successivo a quello di ricezione della fattura, e con riferimento al mese precedente Giorno 15 del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione o del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.
Acquisto di beni mobili da soggetto extra Ue
(facoltà di emettere autofattura elettronica in presenza di bolla doganale)
Consegna o spedizione del bene Dodicesimo giorno successivo a quello di effettuazione Giorno 15 del mese successivo al momento di effettuazione
Acquisto di beni immobili da soggetto extra Ue Stipula dell’atto Dodicesimo giorno successivo a quello di effettuazione
Prestazione di servizi “generica” ricevuta da soggetto extra Ue Ultimazione della prestazione (ovvero, per le prestazioni periodiche, data di maturazione dei corrispettivi) Giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione
Prestazione di servizi non “generica”, rilevante in Italia, ricevuta da soggetto extra Ue Pagamento del corrispettivo Dodicesimo giorno successivo a quello di effettuazione

(MF/ms)




Esportatori abituali: al via i controlli delle dichiarazioni di intento

I soggetti esportatori abituali che intendono avvalersi del regime di non imponibilità Iva, previa presentazione della dichiarazione d’intento, saranno sottoposti a specifiche procedure di analisi di rischio e di controllo, da parte dell’Agenzia delle Entrate.

All’esito dei suddetti controlli, potrebbero essere invalidate le lettere d’intento già presentate ed essere inibito il rilascio di nuove.

Lo ha previsto il provv. dell’Agenzia delle Entrate n. 293390, pubblicato il 29 ottobre, definendo i criteri su cui fondare la specifica attività di analisi di rischio e di controllo relativa ai soggetti esportatori abituali, come aveva previsto la legge di bilancio 2021 (art. 1 commi 1079-1083 della L. 178/2020).

Le disposizioni del provvedimento “hanno effetto a decorrere dal 1° gennaio 2022”; non appare chiaro, tuttavia, se i controlli periodici riguarderanno soltanto le lettere d’intento presentate a partire da tale data o anche quelle trasmesse per l’anno 2022 sino al 31 dicembre 2021.

Le valutazioni dell’Agenzia delle Entrate saranno essenzialmente rivolte a verificare l’effettivo possesso dei requisiti per la qualifica di esportatore abituale ai sensi dell’art. 1 comma 1 lett. a) del Dl.746/83.

A questo fine, tra l’altro, sarà possibile per l’Amministrazione finanziaria l’incrocio dei dati contenuti nelle dichiarazioni d’intento con le informazioni disponibili nelle banche dati in possesso dell’Agenzia delle Entrate e in altre banche dati pubbliche o private.

Secondo quanto indicato nel provvedimento, la valutazione del rischio da parte dell’Agenzia delle Entrate sarà fondata, in via prioritaria, su:

  • un’analisi delle criticità e delle anomalie desumibili dai dati esposti nelle lettere d’intento trasmesse;
  • specifici elementi di rischio individuati sulla posizione del titolare della ditta individuale o del legale rappresentante della società;
  • l’individuazione di elementi di rischio connessi alla posizione fiscale del soggetto passivo, con particolare riferimento alle omissioni e/o incongruenze nell’adempimento degli obblighi di versamento o dichiarativi;
  • l’individuazione di elementi di rischio derivanti dalle operazioni che concorrono alla formazione del plafond.
In caso di esito irregolare delle attività di analisi e di controllo condotte, le dichiarazioni d’intento saranno invalidate e rese irregolari al riscontro telematico dell’avvenuta presentazione all’Agenzia delle Entrate.

L’Agenzia ne darà notizia al soggetto interessato, con un’apposita comunicazione trasmessa a mezzo PEC, riportando il protocollo di ricezione della lettera d’intento invalidata e le relative motivazioni.

Sarà informato anche il cedente o prestatore destinatario della lettera d’intento invalidata.

Il soggetto passivo potrà presentare all’ufficio competente la documentazione utile a dimostrare il possesso dello status di esportatore abituale.

Ove riscontri la mancanza dei presupposti che hanno portato all’invalidazione della lettera d’intento, il predetto ufficio procederà, in autotutela, alla rimozione del blocco sulla dichiarazione d’intento.

A seguito dell’esito irregolare delle attività di analisi e controllo, inoltre, sarà inibita al soggetto passivo la facoltà di trasmettere ulteriori dichiarazioni d’intento tramite i canali telematici dell’Agenzia delle Entrate.

Laddove il soggetto effettui un tentativo di trasmissione del modello, riceverà dal sistema una ricevuta di scarto.

Scarto della e-fattura se la lettera d’intento è invalidata

Ai fini dell’emissione della fattura elettronica per operazioni non imponibili Iva in forza di una dichiarazione d’intento (art. 8 comma 1 lett. c) del Dpr 633/72), occorre utilizzare esclusivamente il tracciato XML della fattura ordinaria allegato al provv. n. 89757/2018, riportando:

  • nel campo 2.2.1.14 “Natura”, il codice specifico N3.5 “Non imponibili – a seguito di dichiarazioni d’intento”;
  • nel blocco 2.2.1.16 “AltriDatiGestionali” per ogni lettera d’intento, la dicitura “INTENTO”, il protocollo di ricezione della lettera d’intento e il suo progressivo nonché la data della ricevuta telematica rilasciata dall’Agenzia delle Entrate.
La formulazione del provvedimento, oltre che ovvie ragioni connesse ai campi da compilare del tracciato XML, porta a escludere l’emissione della fattura in forma semplificata di cui all’art. 21-bis del Dpr 633/72.

Viene stabilito, infine, che l’invalidazione della lettera di intento comporterà lo scarto della fattura elettronica trasmessa al SdI recante il titolo di non imponibilità Iva, come previsto dall’art. 1 comma 1181 della L. 178/2020. Il motivo dello scarto è reso noto al cedente o prestatore mediante apposita ricevuta.

(MF/ms)




Comunicazioni ex esterometro: osservazioni utili

Nel presentare le novità che, dal prossimo anno, interesseranno la comunicazione dei dati delle operazioni transfrontaliere, si è spesso fatto riferimento alla abrogazione dell’esterometro.

Si tratta di una definizione adottata non solo in dottrina, se si pensa che lo stesso legislatore, nelle Schede di lettura al Ddl. di bilancio 2021, ha rubricato le modifiche alla disciplina sotto la dicitura “Abolizione esterometro”.

Stando alla lettura del provvedimento n. 293384, pubblicato il 29 ottobre dall’Agenzia delle Entrate, con il quale sono state aggiornate “le regole tecniche per la trasmissione dei dati delle operazioni transfrontaliere” per adeguarle alle disposizioni di cui all’art. 1 comma 3-bis del DLgs. 127/2015, sarebbe più corretto riferirsi a nuove modalità di comunicazione di tali dati, piuttosto che a una eliminazione dell’adempimento.

Modificando le specifiche tecniche allegate sub A al provv. n. 89757/2018, viene previsto che:

– i dati relativi alle operazioni effettuate, a decorrere dal 1° gennaio 2022, verso soggetti non stabiliti in Italia siano comunicati, entro i termini di emissione delle fatture o dei documenti che ne certificano i corrispettivi, trasmettendo al Sistema di Interscambio un file XML con codice destinatario “XXXXXXX”;
– i dati relativi alle operazioni ricevute, a decorrere dal 1° gennaio 2022, da soggetti non stabiliti in Italia siano comunicati trasmettendo al Sistema di Interscambio file XML contraddistinti, a seconda dei casi, dai codici <TipoDocumento> TD17, TD18 o TD19, entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello di ricevimento della fattura che documenta l’operazione o a quello di effettuazione della stessa.

La comunicazione è facoltativa per le operazioni per le quali sia stata emessa o ricevuta una fattura elettronica o una bolletta doganale.

Nonostante il permanere di una distinzione fra i due adempimenti, ne risulta altrettanto evidente la sostanziale identità, almeno per quanto concerne il formato utilizzato per la creazione dei file e le modalità di trasmissione degli stessi.

Nondimeno, considerato il tenore della norma (art. 1 comma 3-bis del DLgs. 127/2015), non si può aderire alla tesi secondo cui le operazioni in commento dovrebbero essere obbligatoriamente documentate tramite fattura elettronica, posto che, in questo caso, la disciplina sarebbe stata introdotta in palese deroga alla decisione di esecuzione Ue 16 aprile 2018 n. 593, con la quale il Consiglio dell’Unione europea aveva autorizzato lo Stato italiano ad introdurre tale obbligo con esclusivo riferimento ai “soggetti passivi stabiliti sul territorio italiano”. A meno che si consideri che detta autorizzazione è stata concessa sino al 31 dicembre 2021, e che, pertanto, dal 1° gennaio 2022, si ritenga possa essere estesa anche ad altri soggetti (aspetto che, al momento, non è dato conoscere).

È ragionevole pensare che l’esterometro costituisca, in ogni caso, un adempimento differente rispetto alla fatturazione elettronica. La distinzione non sarebbe di poco conto, soprattutto con riferimento ai profili sanzionatori.

Si dovrebbe, così, scongiurare il rischio, paventato da AIDC e Confimi nel comunicato diffuso il 4 ottobre scorso, che, in caso di tardiva comunicazione delle cessioni di beni o delle prestazioni di servizi ricevute da soggetti non stabiliti, si possa incorrere non soltanto nelle sanzioni previste dall’art. 11 comma 2-quater del DLgs. 471/1997 per la tardiva comunicazione delle operazioni transfrontaliere, ma anche in quelle di cui all’art. 6 comma 9-bis del medesimo decreto, per l’omesso reverse charge. 

Nell’assunto che l’esterometro non sia obbligatoriamente sostituito dalla fatturazione elettronica, sarebbe ancora ammissibile, nel 2022, l’integrazione cartacea (“tradizionale”) della fattura di acquisto ricevuta da operatore estero, e la successiva comunicazione della stessa in formato XML mediante SdI. 

È chiaro che, alla luce di quanto emerge dal provvedimento, si sarebbe in presenza di un appesantimento delle procedure amministrative, rispetto alla sola integrazione elettronica.

Tuttavia, aderendo alla tesi della distinzione degli adempimenti, in caso di tardivo invio della comunicazione, non si incorrerebbe nella sanzione per omessa inversione contabile, che va da 500 euro a 20.000 euro, venendo, invece, colpiti soltanto dalla più “mite” ammenda per le violazioni riferite all’esterometro (2 euro per ciascuna fattura, entro il limite massimo di 400 euro mensili, riducibili nel caso in cui la trasmissione avvenga entro quindici giorni dalla scadenza).

Allo stesso modo, nel caso in cui, a fronte di operazioni attive verso soggetti non stabiliti, l’esterometro fosse trasmesso tardivamente, l’avvenuta emissione di una fattura “cartacea” potrebbe scongiurare l’applicazione della sanzione per omessa fatturazione.

Da tutto ciò emerge, tuttavia, come le disposizioni contenute nell’art. 1 comma 3-bis del DLgs. 127/2015 e il provvedimento in commento tradiscano l’evidente intento di promuovere l’adozione della fatturazione elettronica anche con riferimento alle operazioni intercorse con soggetti non stabiliti
 

(MF/ms)