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Cessione a San Marino: anche per le fatture cartacee cambia l’obbligo di indicare i dati nei modelli Intra

In relazione agli scambi con la Repubblica di San Marino, è venuto meno l’obbligo di indicare nei modelli Intra 1bis e Intra 1ter le informazioni riferite alla cessione di beni, anche laddove il soggetto obbligato emetta fattura in formato cartaceo: lo ha precisato l’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli con un avviso pubblicato sul proprio sito.

Al riguardo si ricorda quanto segue:

  1. per effetto dell’art. 12 del decreto “Crescita” (Dl. n. 34/2019, convertito con modifiche dalla L. n. 58/2019), gli adempimenti relativi ai rapporti di scambio con la Repubblica di San Marino devono essere effettuati in via elettronica secondo modalità stabilite con apposito decreto ministeriale;
  2. tale norma è stata attuata con il Dm. 21 giugno 2021, entrato in vigore il 1° ottobre 2021 in sostituzione del Dm. 24 dicembre 1993;
  3. successivamente sono stati emanati i Provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 2021/211273 e n. 2021/0248717.
Si ricorda che il richiamato Dm. 21 giugno 2021, stabilisce in particolare quanto segue:
  • sono non imponibili ai sensi degli artt. 8 e 9 del Dpr. n. 633/1972 le cessioni effettuate mediante trasporto o consegna dei beni nel territorio della Repubblica di San Marino, e i servizi connessi, da parte dei soggetti passivi Iva residenti, stabiliti o identificati in Italia, nei confronti di operatori economici che abbiano comunicato il numero di identificazione agli stessi attribuito dalla Repubblica di San Marino;
  • fatte salve talune eccezioni indicate dalla norma, è assimilato alle cessioni l’invio di beni nel territorio della Repubblica di San Marino, mediante trasporto o spedizione a cura del soggetto passivo in Italia o da terzi per suo conto;
  • in relazione alle cessioni di beni effettuate nell’ambito degli scambi tra Italia e San Marino (ex art. 71 del Dpr. n. 633/1972), dal 1° luglio 2022 dovrà essere emessa fattura elettronica attraverso il Sistema di interscambio;
  • gli operatori economici residenti, stabiliti o identificati in Italia, che per le cessioni di beni spediti o trasportati nella Repubblica di San Marino non sono obbligati ad emettere fattura elettronica, possono emettere alternativamente la fattura elettronica o cartacea;
  • è posto in capo al cessionario italiano che non abbia ricevuto fattura, o abbia ricevuto una fattura irregolare, l’obbligo di emettere la fattura stessa o provvedere alla sua regolarizzazione, nei termini di cui all’art. 6, comma 9-bis, del D.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471;
  • sono soggette ad Iva anche le cessioni di beni effettuate nei confronti di soggetti sammarinesi non operanti nell’esercizio di imprese, arti o professioni, mentre sono soggette ad imposta nella Repubblica di San Marino le cessioni di beni effettuate nei confronti di soggetti italiani non operanti nell’esercizio di imprese, arti o professioni.
(MF/ms)
 



Credito beni strumentali 4.0: adempimenti di fine anno

Con l’approssimarsi della fine del 2021 occorre porre attenzione agli adempimenti richiesti per fruire del credito d’imposta per i beni strumentali 4.0.

Quest’anno l’agevolazione ha riscosso molto interesse tra gli operatori, vista anche la misura rafforzata vigente nel 2021.

Alle imprese che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi 4.0 (indicati nell’allegato A annesso alla L. 232/2016), a decorrere dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2021, spetta un credito d’imposta nella misura:

  • del 50 per cento del costo, per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro,
  • del 30 per cento del costo, per la quota di investimenti superiori a 2,5 milioni e fino a 10 milioni di euro e
  • del 10 per cento del costo, per la quota di investimenti superiori a 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi complessivamente ammissibili pari a 20 milioni di euro.
Dal prossimo anno il credito d’imposta per i beni strumentali 4.0 verrà ridotto dal 50 al 40 per cento per gli investimenti fino a 2,5 milioni di euro, dal 30 al 20 per cento per la quota di investimenti superiori a 2,5 milioni e fino a 10 milioni di euro, restando nella misura del 10 per cento del costo, per la quota di investimenti superiori a 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi complessivamente ammissibili pari a 20 milioni di euro.

Secondo quanto previsto nella DDL Bilancio 2022 si assisterà al dimezzamento della misura di favore per gli anni 2023, 2024 e 2025.

A causa dei ritardi nella catena degli approvvigionamenti molte imprese hanno dovuto accettare, loro malgrado, la consegna del macchinario/impianto nel 2022.

In presenza di un ordine formalizzato nel 2021, è possibile mantenere il credito nella misura rafforzata sopra richiamata (es. al 50 per cento), pagando un acconto al fornitore di almeno il 20 per cento entro il 31 dicembre 2021, a condizione che la consegna del bene avvenga entro il 30 giugno 2022.

Infatti, in base all’articolo 1, comma 1056, L. 178/2020, l’investimento può essere effettuato entro il 30 giugno 2022, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2021 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione.

Analoghe conclusioni valgono per gli investimenti effettuati mediante contratti di locazione finanziaria.

In tal caso, si assume il costo sostenuto dal locatore per l’acquisto dei beni e per usufruire dell’estensione temporale al 30 giugno 2022 (consegna del bene al locatario o esito positivo del collaudo) è necessario che entro il 31 dicembre 2021:

  • entrambe le parti abbiano sottoscritto il relativo contratto di leasing e
  • sia avvenuto il pagamento di un maxicanone in misura almeno pari al 20 per cento della quota capitale complessivamente dovuta al locatore.
Per i beni tecnologicamente avanzati rientranti nel piano Industria 4.0 (materiali e immateriali), le imprese sono tenute inoltre a produrre una perizia asseverata rilasciata da un ingegnere o da un perito industriale iscritti nei rispettivi albi professionali o un attestato di conformità rilasciato da un ente di certificazione accreditato, da cui risulti che i beni possiedono caratteristiche tecniche tali da includerli negli elenchi di cui agli allegati e B annessi alla L. 232/2016, e sono interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura.

Per i beni di costo unitario di acquisizione non superiore a 300.000 euro, l’onere documentale di cui sopra può essere adempiuto attraverso una dichiarazione resa dal legale rappresentante ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al Dpr. 445/2000.

L’acquisizione della perizia tecnica giurata (o dell’attestato di conformità) o, nel caso in cui sia ammessa, della dichiarazione del legale rappresentante della società (o del titolare dell’impresa) deve avvenire entro il termine di chiusura del periodo d’imposta a partire dal quale si intende avvalersi dell’agevolazione.

Tuttavia, come chiarito dalla Circolare Mise 15 dicembre 2017, n. 547750, nel caso in cui l’acquisizione della perizia giurata o dell’attestato di conformità o dell’autocertificazione avvenga in un periodo d’imposta successivo a quello di entrata in funzione dei beni, l’impresa beneficiaria ha comunque diritto al credito d’imposta in misura rafforzata, ma dovrà aspettare il 2022 per fruirne in misura “piena” (fattispecie che ricorda l’ipotesi di tardiva interconnessione).

Da ultimo, in tema di adempimenti formali che non incidono sulla fruizione del beneficio, segnaliamo la comunicazione al Mise. Con riferimento agli investimenti effettuati nel 2020, ossia ricadenti nell’ambito di applicazione della disciplina di cui all’articolo 1, commi 189 e 190, L. 160/2019, il modello di comunicazione va trasmesso entro la data del 31 dicembre 2021 via PEC.

Con riferimento invece agli investimenti ricadenti nell’ambito di applicazione della disciplina 2021, di cui all’articolo 1, commi da 1056 a 1058, L. 178/2020, il modello di comunicazione va trasmesso entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi riferita a ciascun periodo d’imposta di effettuazione degli investimenti.

(MF/ms)
 




Dal 2022 sanzionati i soggetti che non consentono pagamenti tramite Pos

A partire dal 1° gennaio 2022, alla “mancata accettazione” di pagamenti, di qualsiasi importo, tramite carte di pagamento, anche da parte dei liberi professionisti, si applicherà la sanzione amministrativa di 30 euro aumentati del 4% del valore della transazione per la quale sia stata rifiutata l’accettazione del pagamento.

A prevederlo è un emendamento al Dl 152/2021 – con il quale sono state emanate disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) – approvato dalla Commissione Bilancio della Camera nell’iter di conversione in legge, che prevede l’introduzione di un nuovo art. 19-bis rubricato “Sanzioni per la mancata accettazione di pagamenti effettuati con carte di debito e credito”.

A tal riguardo, si ricorda che, ai sensi dell’art. 15 comma 4 del Dl 179/2012 convertito, i soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, “anche professionali”, avrebbero da tempo dovuto accettare pagamenti effettuati attraverso “carte di debito e carte di credito” (inciso che sarà sostituito proprio dall’art. 19-bis comma 1 lett. a) del Dl 152/2021 dal seguente: “carte di pagamento, relativamente ad almeno una carta di debito e una carta di credito”); fatti salvi i casi di oggettiva impossibilità tecnica (e ferme le disposizioni antiriciclaggio del D.lgs. 231/2007).

Tale obbligo, tuttavia, non è a oggi assistito da alcuna sanzione, dal momento che, in primo luogo, il Consiglio di Stato aveva espresso parere contrario (parere n. 1446/2018) allo schema di Dm che era stato predisposto in attuazione dell’art. 15 comma 5 del Dl 179/2012 convertito, e che avrebbe dovuto disciplinare le modalità, i termini e l’importo delle sanzioni amministrative pecuniarie (in base a tale disposizione, infatti, “con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia, vengono disciplinati le modalità, i termini e l’importo delle sanzioni amministrative pecuniarie, anche in relazione ai soggetti interessati, di attuazione della disposizione di cui al comma 4 anche con riferimento alle fattispecie costituenti illecito e alle relative sanzioni pecuniarie amministrative”).

L’art. 23 del Dl 124/2019 (c.d. “collegato alla legge di bilancio 2020”), peraltro, aveva previsto una soluzione sanzionatoria identica a quella ora riproposta che avrebbe dovuto divenire operativa a decorrere dal 1° luglio 2020. Questa disposizione era stata però poi soppressa in sede di conversione in legge.

La condotta sanzionata, comunque, non è quella di non munirsi di un POS (Point of Sale) per consentire il pagamento elettronico, ma la mancata accettazione di tale pagamento. Rispetto a essa, l’aumento del 4% del valore della transazione per la quale sia stata rifiutata l’accettazione del pagamento, rispetto alla sanzione fissa di 30 euro, è teso ad assicurare adeguata proporzionalità rispetto all’entità degli importi da pagare.

Si precisa, altresì, che per le sanzioni relative alle violazioni in questione trovano applicazione le procedure e i termini previsti dalla L. 689/1981; è espressamente esclusa, però, l’applicazione del pagamento in misura ridotta di cui all’art. 16 della L. 689/1981. All’accertamento delle violazioni sono chiamati a provvedere gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, nonché gli organi che, ai sensi dell’art. 13 comma 1 della L. 689/1981, sono addetti al controllo sull’osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro.

L’autorità competente a ricevere il rapporto relativo alle violazioni in questione è il Prefetto del territorio nel quale le stesse hanno avuto luogo.

Per l’uso di contanti, invece, da gennaio scatterà la soglia di 1.000 euro

In tema di pagamenti, inoltre, occorre tenere presente che, a partire dal prossimo 1° gennaio sarà anche operativo il nuovo limite di 999,99 euro (soglia di 1.000 euro) per i trasferimenti a qualsiasi titolo tra soggetti diversi di denaro contante. Si ricorda che l’art. 49 comma 3-bis del Dlgs. 231/2007 – come inserito dall’art. 18 comma 1 lett. a) del Dl 124/2019 convertito (c.d. Dl “fiscale”) – rispetto al limite al tempo previsto di 2.999,99 euro ha disposto un passaggio intermedio, che ha avuto inizio il 1° luglio 2020 e che si concluderà con la fine dell’anno, con il limite all’utilizzo del denaro contante fissato a 1.999,99 euro. Dall’inizio del 2022, invece, come detto, il limite sarà di 999,99 euro.

Si evidenzia, infine, che, in sede di conversione in legge del Dl 146/2021, il nuovo art. 5-quater, intervenendo sul citato art. 49 comma 3-bis del Dlgs. 231/2007, esclude la riduzione da 2.000 a 1.000 euro della soglia relativa all’utilizzo del contante per la negoziazione a pronti di mezzi di pagamento in valuta – attività svolta dai cambiavalute iscritti nel registro tenuto dall’Autorità prevista dall’art. 128-undecies del Dlgs. 385/1993 – ripristinando, a decorrere dal 1° gennaio 2022, quella dettata dal comma 3 del medesimo art. 49 del Dlgs. 231/2007 e pari a 3.000 euro.

(MF/ms)
 




Erogazioni pubbliche: obbligo informativo da adempiere entro il 31 dicembre 2021

La legge annuale per il mercato e la concorrenza Legge  n. 124/2017, ha introdotto l’obbligo per le imprese di indicare nella nota integrativa le informazioni relative a sovvenzioni, contributi, incarichi retribuiti e comunque vantaggi economici di qualunque genere ricevuti dalle pubbliche amministrazioni.

Per le imprese che non redigono la nota integrativa l’obbligo informativo deve essere assolto mediante pubblicazione delle medesime erogazioni e importi, su propri siti internet, secondo modalità liberamente accessibili al pubblico o, in mancanza di questi ultimi, sui portali digitali delle associazioni di categoria di appartenenza dell’impresa.

Premessa
L’art. 1, commi 125-129, della Legge 4 agosto 2017, n. 124, ha introdotto alcune misure in materia di trasparenza delle erogazioni di sovvenzioni pubbliche, con la finalità di prevenzione della corruzione, attraverso la previsione di numerosi obblighi di pubblicità delle decisioni e dell’organizzazione dei soggetti pubblici.
In proposito, si ricorda che tale disciplina è stata riformulata ad opera dell’art. 35, comma 1, Dl. 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 giugno 2019, n. 58.
L’intervento normativo di novella era stato adottato in ragione del fatto che la disciplina introdotta dalla citata Legge n. 124/2017 non aveva trovato ancora applicazione, a causa delle difficoltà interpretative delle relative disposizioni, che non specificavano in maniera chiara le differenti modalità di adempimento in capo alle seguenti categorie di soggetti.

Tali obblighi di trasparenza sono stati introdotti a decorrere dall’esercizio finanziario 2018 a carico di associazioni e imprese e consistono nella pubblicazione entro il 30 giugno di ogni anno delle informazioni relative a sovvenzioni, sussidi, vantaggi, contributi o aiuti, in denaro o in natura, non aventi carattere generale e privi di natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria ricevute da pubbliche amministrazioni nell’esercizio finanziario precedente.

Le norme citate obbligano, in primo luogo, le associazioni di protezione ambientale, le associazioni dei consumatori e degli utenti, le associazioni, le Onlus e fondazioni, nonché talune cooperative sociali, che svolgono attività a favore degli stranieri e imprese, di pubblicare nei propri siti Internet o analoghi portali digitali, entro il 30 giugno di ogni anno, le erogazioni effettuate dalle PA, di cui all’art. 1, comma 2, del D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e dai soggetti di cui all’art. 2-bis del D.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, e percepite nell’esercizio finanziario precedente.
Per le imprese, ugualmente destinatarie dell’obbligo di pubblicazione delle informazioni, è poi prevista una specifica disciplina circa tempi e modalità per l’espletamento di tale obbligo.
In particolare, i soggetti tenuti alla redazione della nota integrativa, sono obbligati a pubblicare nelle note integrative del bilancio di esercizio e dell’eventuale bilancio consolidato, gli importi e le informazioni relativi a sovvenzioni, sussidi, vantaggi, contributi o aiuti, in denaro o in natura, non aventi carattere generale e privi di natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria, agli stessi effettivamente erogati dai citati soggetti.
Con riferimento, invece, ai soggetti che redigono il bilancio in forma abbreviata, ai sensi dell’art. 2435-bis c.c. e ai soggetti comunque non tenuti alla redazione della nota integrativa, ossia piccoli imprenditori, società di persone soggette a obblighi semplificati e microimprese, la norma prevede che essi assolvano l’obbligo di pubblicazione, analogamente a quanto previsto per Onlus, associazioni e fondazioni, mediante pubblicazione delle medesime informazioni e importi, entro il 30 giugno di ogni anno, su propri siti Internet, secondo modalità liberamente accessibili al pubblico o, in mancanza di questi ultimi, sui portali digitali delle associazioni di categoria di appartenenza dell’impresa.
Al fine di evitare la divulgazione di informazioni non rilevanti, l’obbligo di pubblicazione non si applica ove l’importo monetario di sovvenzioni, sussidi, vantaggi, contributi o aiuti, in denaro o in natura, non aventi carattere generale e privi di natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria effettivamente erogati al soggetto beneficiario sia inferiore a 10.000 euro.
Il comma 125-ter del citato art. 1, ha introdotto, a partire dal 1° gennaio 2020, una sanzione amministrativa pecuniaria a carico di coloro che violano l’obbligo di pubblicazione.
Tali soggetti sono chiamati a pagare una sanzione pari all’uno per cento degli importi ricevuti con un importo minimo di 2.000 euro.
Si introduce, altresì, la sanzione amministrativa accessoria dell’adempimento degli obblighi di pubblicazione: si osserva che la sanzione accessoria viene fatta coincidere con la violazione dell’obbligo da cui deriva la sanzione principale.
In base alla Legge n. 689/1981, le sanzioni amministrative accessorie non sono applicabili fino a che è pendente il giudizio di opposizione.
Qualora il trasgressore dell’obbligo di pubblicazione non proceda alla pubblicazione stessa nonché al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria entro novanta giorni dalla contestazione, si applica la sanzione della restituzione integrale delle somme.
Infine, si segnala che la sanzione amministrativa è irrogata dalle stesse pubbliche amministrazioni eroganti il contributo oppure, se i contributi sono erogati da enti privati (ex art. 2-bis del D.lgs. n. 33/2013), dalle amministrazioni vigilanti o competenti per materia.

La disposizione dunque demanda alle amministrazioni eroganti l’onere di verificare l’adempimento degli obblighi di pubblicazione, verificando a seconda dei casi i siti internet e i documenti di bilancio. Per l’accertamento, la contestazione e l’applicazione della sanzione amministrativa si rinvia, in quanto compatibile, alla Legge n. 689/1981.

Il Decreto n. 52/ 2021
L’art. 11-sexiesdecies del Dl. 22 aprile 2021, n. 52, recante “Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19”, convertito dalla Legge 17 giugno 2021, n. 87, è intervenuto sul comma 125-ter.
Tale disposizione, come già anticipato, prevede che, a partire dal 1° gennaio 2020, l’inosservanza degli obblighi informativi in materia di sovvenzioni pubbliche, comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria a carico di coloro che violano l’obbligo di pubblicazione pari all’uno per cento degli importi ricevuti con un importo minimo di 2.000 euro, nonché la sanzione amministrativa accessoria dell’adempimento degli obblighi di pubblicazione.
La novella dispone che il termine a decorrere dal quale possono essere applicate le sanzioni “per l’anno 2021” sia “prorogato” al 1° gennaio 2022.
Osservazioni
La mancanza di una proroga con riguardo ai suddetti adempimenti pubblicitari, comporta che le imprese interessate devono procedere alla pubblicazione delle informazioni attinenti agli importi relativi a sovvenzioni, sussidi, vantaggi, contributi o aiuti, in denaro o in natura, non aventi carattere generale e privi di natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria, percepiti nell’anno 2020, entro il 31 dicembre 2021.
Infatti, non si può fare a meno di evidenziare che, la norma contenuta nel Decreto n. 52/202, porta solo allo slittamento dell’applicazione delle sanzioni a partire dal 1° gennaio 2022, in caso di violazione della normativa in argomento, mentre rimane il problema degli adempimenti pubblicitari, specie per i soggetti che non redigono la nota integrativa.
Costoro hanno l’obbligo di dotarsi di propri siti Internet, secondo modalità liberamente accessibili al pubblico o, in mancanza di questi ultimi, di “sfruttare” portali digitali delle associazioni di categoria di appartenenza dell’impresa.

Le società che redigono la nota integrativa, nel caso in cui sia già avvenuto il deposito del bilancio 2020 nel Registro delle imprese, dovrebbero provvedere a rettificare il documento, inserendo le erogazioni ricevute, per poi depositarlo di nuovo.

Infatti, per questi soggetti, come stabilito dal comma 125-bis, l’unico documento dove indicare le sovvenzioni e/o i contributi, è la nota integrativa.
Da ultimo, un aspetto che non deve essere trascurato attiene al fatto che la normativa stabilisce che sussiste l’obbligo dell’adempimento pubblicitario per gli importi relativi a sovvenzioni, sussidi, vantaggi, contributi o aiuti, in denaro o in natura, non aventi carattere generale e privi di natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria.

Si ritiene che non dovrebbero essere indicati gli aiuti Covid-19 percepiti dalle imprese a determinate condizioni né gli aiuti de minimis e quelli già registrati nel Registro nazionale degli aiuti di Stato (RNA).

Il condizionale è d’obbligo visto che la normativa non brilla per chiarezza, per cui i dubbi emergono continuamente e forse è il caso di intervenire con qualche chiarimento ufficiale.

(MF/ms)
 
 




Versamento acconto Iva 2021 entro il 27 dicembre 2021

I soggetti passivi sottoposti agli obblighi di liquidazione e versamento dell’Iva devono versare l’acconto 2021 entro il prossimo 27 dicembre (art. 6 comma 2 della L. 405/90).

Si tratta di un versamento autonomo che rappresenta un anticipo del pagamento d’imposta dovuto in relazione (circ. Agenzia delle Entrate n. 28/2017):

  • al mese di dicembre 2021, per i soggetti passivi mensili;
  • al quarto trimestre 2021, per i soggetti passivi trimestrali “per natura” (artt. 73 comma 1 lett. e) e 74 comma 4 del Dpr 633/72);
  • alla dichiarazione Iva relativa al 2021, per i soggetti passivi trimestrali “per opzione” (art. 7 del Dpr 542/99).
L’acconto Iva non è dovuto se di ammontare inferiore a 103,29 euro (art. 6 comma 4 della L. 405/90).

A titolo esemplificativo, inoltre, sono esonerati dal versamento i soggetti passivi che hanno cessato l’attività nel corso del 2021 e non sono tenuti a effettuare alcuna liquidazione periodica dell’imposta relativa al mese di dicembre 2021 (contribuenti mensili) oppure all’ultimo trimestre 2021 (contribuenti trimestrali).

Considerata la possibilità di applicare il metodo più favorevole di determinazione dell’acconto Iva, sono esonerati “di fatto” da tale versamento, per esempio, coloro che hanno iniziato l’attività nel 2021 oppure che prevedono di evidenziare un credito Iva nell’ultima liquidazione (mensile o trimestrale) relativa al 2021 o nella dichiarazione Iva per detto anno (C.M. n. 52/91).

I soggetti passivi tenuti a versare l’acconto Iva 2021 possono quantificare il relativo ammontare adottando una delle seguenti modalità:

  • il metodo storico (art. 6 comma 2 della L. 405/90), in base al quale l’acconto è determinato in misura pari all’88% del versamento effettuato o che si sarebbe dovuto effettuare: per il mese di dicembre 2020 (contribuenti mensili), maggiorato dell’eventuale conguaglio risultante dalla dichiarazione Iva per tale anno (circ. Agenzia delle Entrate n. 28/2017); per il quarto trimestre 2020 (contribuenti trimestrali “per natura”) o in base alla dichiarazione Iva per l’anno 2020 (contribuenti trimestrali “per opzione”);
  • il metodo previsionale (art. 6 comma 2 della L. 405/90), secondo cui l’acconto è pari all’88% dell’imposta che il soggetto passivo presume di dover versare: per il mese di dicembre 2021 (contribuenti mensili), per il quarto trimestre 2021 (contribuenti trimestrali “per natura”) o in sede di dichiarazione Iva per il 2021 (contribuenti trimestrali “per opzione”);
  • il metodo effettivo (art. 6 comma 3-bis della L. 405/90) che quantifica l’acconto Iva tenendo conto dell’imposta relativa alle operazioni annotate o che avrebbero dovuto essere annotate nei registri delle fatture e dei corrispettivi, nel periodo dal 1° al 20 dicembre 2021 (contribuenti mensili) o dal 1° ottobre al 20 dicembre 2021 (contribuenti trimestrali), nonché dell’Iva relativa alle operazioni effettuate nei suddetti periodi ma non ancora registrate, al netto dell’imposta detraibile per gli acquisti e le importazioni annotati nel relativo registro dal 1° al 20 dicembre 2021 (contribuenti mensili) o dal 1° ottobre al 20 dicembre 2021 (contribuenti trimestrali).
L’art. 1 comma 471 della L. 311/2004 prevede poi modalità particolari di determinazione dell’acconto Iva per i gestori dei servizi di telecomunicazione (Dm 24 ottobre 2000 n. 366) e le aziende che gestiscono determinati servizi pubblici (Dm 24 ottobre 2000 n. 370).

Il versamento non può essere rateizzato

Il versamento dell’acconto Iva deve essere effettuato, a mezzo modello F24, utilizzando il codice tributo:

  • “6013”, nel caso dei soggetti passivi mensili;
  • “6035”, nel caso dei soggetti passivi trimestrali.
Tale versamento non può essere rateizzato (art. 20 comma 1 del D.lgs. 241/97).

Per ulteriori approfondimenti sull’acconto Iva 2021, si rinvia alla Procedura pratica n. 60.

(MF/ms)
 




Esterometro via Sdi rinviato a luglio 2022

L’art. 5 comma 14-ter del Dl 146/2021, il cui Ddl. di conversione è stato approvato dalla Camera, differisce dal 1° gennaio al 1° luglio 2022 l’efficacia delle modifiche al c.d. “esterometro”, che prevedono l’invio dei dati via Sistema di Interscambio (SdI), con il formato della fattura elettronica.

Con il rinvio della nuova disciplina, la comunicazione delle operazioni con soggetti non stabiliti sarà effettuata, ancora per tutto il primo semestre 2022, secondo le attuali modalità e termini.

Ciò significa, tra l’altro, che dovranno essere trasmessi i dati, su base massiva, trimestralmente:

  • entro il 31 gennaio 2022, per le operazioni effettuate nel quarto trimestre 2021;
  • entro il 2 maggio 2022, per le operazioni effettuate nel primo trimestre 2022, essendo il 30 aprile un sabato;
  • entro il 22 agosto 2022, per le operazioni effettuate nel secondo trimestre 2022, essendo il 20 agosto un sabato e operando l’ulteriore differimento di cui all’art. 37 comma 11-bis del Dl 223/2006.
La nuova disciplina riguarderà, come anticipato, le operazioni effettuate dal 1° luglio 2022, guardando al momento di effettuazione delle cessioni e prestazioni, definito, ai fini Iva, dall’art. 6 del Dpr 633/72.

Solo a partire da quella data, sarà obbligatorio l’invio dei dati delle operazioni transfrontaliere via SdI, con il formato della fattura elettronica.

Al riguardo, sono già state aggiornate le specifiche tecniche della e-fattura, con provv. Agenzia delle Entrate n. 293384/2021 (che ha modificato il provv. n. 89757/2018), prevedendo tra l’altro che:

  • i dati relativi alle operazioni verso soggetti non stabiliti saranno trasmessi con codice destinatario “XXXXXXX”;
  •  dati relativi alle operazioni ricevute da soggetti non stabiliti saranno contraddistinti dai codici <TipoDocumento> TD17, TD18 o TD19.
Alla luce del rinvio della disciplina, l’Agenzia delle Entrate dovrebbe, comunque, aggiornare nuovamente il provv. n. 89757/2018 (e le relative specifiche tecniche), tenendo conto delle precedenti modalità di effettuazione del c.d. “esterometro”, per le operazioni effettuate sino al 30 giugno 2022.

Sino a quella data, resta facoltativa la trasmissione via SdI dei dati delle operazioni che intercorrono con soggetti non stabiliti, essendo la fattura elettronica pienamente sostitutiva dell’obbligo comunicativo, ai sensi dell’art. 1 comma 3-bis del D.lgs. 127/2015.

Resta, quindi, possibile per i soggetti passivi nazionali:

  • emettere fattura elettronica in formato XML, per le operazioni attive;
  • emettere autofattura in formato XML, per le operazioni ricevute da soggetti stabiliti al di fuori dell’Unione europea;
  • avvalersi della procedura di integrazione elettronica per le fatture ricevute da soggetti passivi stabiliti in altri Stati membri dell’Ue.
Si tratta di una facoltà che, per quanto imponga agli operatori termini più stringenti nell’invio dei dati, può far beneficiare di una semplificazione sul piano amministrativo.

Le novità non riguardano i soggetti non residenti, identificati ai fini Iva in Italia direttamente o mediante nomina di un rappresentante fiscale, i quali permangono esonerati all’adempimento.

Attualmente, stando ai chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate (circolare n. 14/2019), sono esonerati dalla comunicazione i soggetti che operano in base al regime c.d. “di vantaggio” e al regime forfetario per gli autonomi.

È da osservare, però, che alla luce della prospettata introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica anche per tali soggetti (si veda la decisione del Consiglio Ue del 13 dicembre 2021), tale esonero dovrà essere riconsiderato.

Regime sanzionatorio aggiornato dal 1° gennaio

L’art. 1 comma 1104 della L. 178/2020 (legge di bilancio 2021) ha anche previsto un nuovo regime sanzionatorio per le violazioni connesse alla comunicazione in esame, riferito alle “operazioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2022”.

Il Dl 146/2021, nel differire al 1° luglio 2022 le novità relative alle modalità e ai termini di invio dei dati delle operazioni di cui al c.d. “esterometro”, non ha altresì adeguato i termini per l’applicabilità del nuovo regime sanzionatorio.

Pertanto, attualmente l’art. 11 comma 2-quater del D.lgs. 471/97 è modificato, per le operazioni dal 1° gennaio 2022, prevedendo l’applicazione di una sanzione amministrativa pari a 2 euro, per ciascuna fattura non trasmessa correttamente o non trasmessa tempestivamente, e modificando, in particolare, il limite massimo.

Il nuovo importo massimo della sanzione è pari a 400 euro su base mensile, riducibile alla metà (entro il nuovo limite massimo di 200 euro per ciascun mese), se la trasmissione dei dati è effettuata entro i 15 giorni successivi ai termini previsti dall’art. 1 comma 3-bis del D.lgs. 127/2015.

(MF/ms)
 




Confermato ed esteso l’obbligo di fatturazione elettronica per il prossimo triennio

Nella riunione tenutasi nella giornata del 13 dicembre, il Consiglio dell’Unione europea ha deliberato l’adozione della proposta della Commissione Ue – già discussa dal Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) – circa la proroga per il triennio 2022-2024 della misura di deroga agli articoli 218 e 232 della direttiva 2006/112/Ce, che autorizza l’Italia ad adottare il sistema di fatturazione elettronica obbligatoria.

La vera novità, già annunciata nelle scorse settimane, consiste nell’estensione dell’obbligo ai soggetti passivi che si avvalgono della franchigia per le piccole imprese di cui all’art. 282 della direttiva 2006/112/Ce.

La proroga al 31 dicembre 2024 non determina alcun reale mutamento nel sistema “ordinario” di fatturazione elettronica delle operazioni B2B e B2C, né la necessità di operare modifiche legislative, posto che il testo dell’art. 1 comma 3 del D.lgs. 127/2015 (che ha introdotto l’adempimento) non prevede un termine di decadenza dell’obbligo; non può dirsi altrettanto per quanto attiene all’estensione della misura a minimi e forfetari, atteso che la medesima norma ne dispone, attualmente, l’esonero.

Essendo, quindi, indispensabile un intervento legislativo, è presumibile che la novità riguardante i soggetti che beneficiano di regimi agevolati non entri in vigore dal prossimo 1° gennaio 2022, ma in un momento successivo.

In questo senso, va considerato, in primis, che, in termini sistematici, “le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell’adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti” (art. 3 della L. 212/2000, c.d. “Statuto del contribuente”).

Secondariamente occorre che venga individuato un “veicolo” legislativo per l’introduzione della norma nell’ordinamento interno.

Una prima soluzione potrebbe consistere nell’inserimento di uno specifico emendamento all’interno della legge di bilancio 2022, in corso di approvazione, benché i tempi appaiano ormai molto stretti.

Parrebbe più probabile (ma anche in questo caso il condizionale è d’obbligo) che sia introdotta una disposizione specifica nell’usuale Dl. “milleproroghe” di fine anno, mediante la quale sia consentita, ancora per un periodo limitato, l’adozione della fattura cartacea per minimi e forfetari. In questo senso sarebbe sufficiente una modifica dell’art. 1 comma 3 ultimo periodo del D.lgs. 127/2015, che garantisse la possibilità di usufruire dell’esonero sino a un termine stabilito (ad esempio, per un ulteriore semestre).

In via residuale, potrebbe essere scelta la strada della “delega fiscale”; in questo caso, tuttavia, i tempi si potrebbero dilatare, in contrasto con i desiderata dell’Amministrazione finanziaria che necessiterebbe di disporre prima possibile di dati che le sono utili nella lotta all’evasione.

Nella richiesta alla Commissione Ue, l’Italia ha, infatti, sottolineato come l’estensione dell’ambito di applicazione della fattura elettronica ai soggetti che si avvalgono della franchigia per le piccole imprese “potenzierebbe la capacità dell’Agenzia delle entrate di lottare contro la frode e l’evasione dell’imposta sul valore aggiunto (Iva), fornendo un quadro completo delle fatture emesse da tutti i soggetti passivi” (cfr. proposta Commissione Ue del 5 novembre scorso).

Resta da capire quale sarà il destino dei soggetti che hanno esercitato l’opzione di cui agli artt. 1 e 2 della L. 398/91 (associazioni sportive dilettantistiche), attualmente esonerati dall’obbligo di fatturazione elettronica se nel periodo d’imposta precedente hanno conseguito proventi dall’esercizio dell’attività commerciale per un importo non superiore a 65.000 euro (o tenuti ad assicurare che il documento venga emesso “per loro conto dal cessionario o committente soggetto passivo d’imposta”, nel caso in cui abbiano superato detto importo ex art. 1 comma 3 del D.lgs. 127/2015).

Sulla base di quanto stabilito dalla decisione assunta dal Consiglio Ue, infatti, si potrebbe ipotizzare che anche tali soggetti siano chiamati a emettere e-fatture via SdI.

Sempre con riferimento all’ambito soggettivo, resta confermato che l’obbligo di emissione di fattura elettronica mediante Sistema di Interscambio riguarda esclusivamente “i soggetti stabiliti sul territorio italiano”. Permane, quindi, l’esclusione per i soggetti che non sono residenti o stabiliti e che possiedono esclusivamente un numero identificativo ex art. 35-ter del Dpr 633/72 o hanno nominato un rappresentante fiscale.

In questo contesto appare un unicum la definizione del perimetro soggettivo della fatturazione elettronica per le operazioni intercorse con la Repubblica di San Marino. Il Dm 21 giugno 2021, che introduce tale obbligo dal 1° luglio 2022, include, infatti, nell’ambito di applicazione non soltanto i soggetti passivi “residenti” o “stabiliti”, ma anche gli operatori semplicemente “identificati in Italia” (art. 1 del Dm 21 giugno 2021).

(MF/ms)
 




Al via le compensazioni del credito imposta “Super Ace”

Con la risoluzione 70/E/2021 dello scorso 10 dicembre l’Agenzia delle Entrate ha istituito il codice tributo per l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta derivante dalla conversione della “Super Ace” o “Ace innovativa”, introdotta dall’articolo 19, commi 2-7, Dl. 73/2021 (c.d. Decreto Sostegni-bis).

Il comma 3 della citata norma consente infatti la fruizione alternativa, tramite riconoscimento di un credito d’imposta, del rendimento nozionale Ace di cui all’articolo 1 Dl. 201/2011, per gli incrementi di capitale proprio effettuati nell’esercizio successivo a quello in corso al 31.12.2020.

La conversione dell’Ace in credito d’imposta si ottiene moltiplicando il rendimento nozionale, pari agli incrementi di capitale proprio effettuati nel 2021 entro un massimo di 5 milioni di euro e valutati al 15%, per l’aliquota Ires o Irpef in vigore nel periodo d’imposta in corso al 31.12.2020.

L’articolo 19, comma 6, Dl. 73/2021 offre tre modalità di fruizione alternative del credito d’imposta “Super Ace”:

  • l’utilizzo in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 D.lgs. 241/1997;
  • la richiesta a rimborso in dichiarazione dei redditi;
  • la cessione a terzi, che potranno usufruirne con le medesime modalità previste per il cedente, inclusa la facoltà di ulteriore e successiva cessione.
La conversione dell’Ace in credito d’imposta e la sua conseguente fruizione non sono automatiche, risultando subordinate all’invio di apposita Comunicazione all’Agenzia delle entrate, secondo modalità e termini di presentazione, contenuto e modalità attuative per l’eventuale cessione del credito definite dal provvedimento del Direttore delle Entrate prot. n. 238235/2021.

La finestra temporale per l’invio della Comunicazione decorre dal 20.11.2021 fino al termine ordinario per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2020.

La Comunicazione Ace può essere trasmessa anche con riferimento a singoli incrementi di capitale proprio ed eventuali incrementi di capitale proprio successivi sono oggetto di ulteriori Comunicazioni Ace in cui deve essere omesso il riporto degli incrementi indicati nelle Comunicazioni già validamente presentate.

L’istituzione del codice tributo per la compensazione in F24 consente dunque la fruizione a coloro che hanno già provveduto all’invio di anche solo una singola comunicazione all’Agenzia delle entrate e hanno ricevuto:

  • la conferma dall’Agenzia delle entrate di riconoscimento del credito, prevista entro al massimo 30 giorni dall’invio di ogni singola comunicazione;
  • in caso di crediti superiori a 150.000 euro, l’esito alle verifiche antimafia previste dal D.lgs. 159/2011.
La compensazione è possibile dal giorno successivo a quello di:
  • avvenuto versamento del conferimento in denaro;
  • ovvero dal giorno successivo alla rinuncia o alla compensazione di crediti;
  • ovvero dal giorno successivo alla delibera dell’assemblea di destinare, in tutto o in parte, a riserva l’utile di esercizio.
Il cessionario invece potrà utilizzare il credito d’imposta, con le stesse modalità previste per il soggetto cedente, dopo che:
  • il cedente abbia comunicato all’Agenzia delle entrate la cessione del credito;
  • il cessionario stesso ne abbia comunicato la relativa accettazione.
Il codice tributo da utilizzarsi in compensazione è il “6955” denominato “Credito d’imposta Ace – articolo 19, comma 3, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73”, da esporre nella sezione “Erario” in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a credito compensati”, ovvero, nei casi in cui il contribuente debba procedere al riversamento dell’agevolazione, nella colonna “importi a debito versati”.

Il campo “anno di riferimento” deve essere valorizzato con l’anno d’imposta a cui si riferisce il credito, dunque, per la generalità delle imprese con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, il 2021.

Come di consueto, il modello F24 che espone l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta deve essere presentato esclusivamente tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento.

Se l’importo compensato, anche tenuto conto dei precedenti utilizzi, eccede l’ammontare massimo spettante come risultante dalle comunicazioni validamente presentate e consultabile nel “Cassetto fiscale” del contribuente al link “Crediti Iva / Agevolazioni utilizzabili”, il relativo modello F24 è scartato.

(MF/ms)
 




Dall’1 gennaio 2022 il limite all’uso dei contanti si abbassa a 999,99 euro

A partire dal prossimo 1° gennaio occorrerà prestare attenzione ai pagamenti in contante (e, più in generale, ai trasferimenti a qualsiasi titolo tra soggetti diversi di denaro contante) perché sarà operativo il nuovo limite di 999,99 euro.

Si completerà così la “regressione” prevista dall’art. 49 comma 3-bis del D.lgs. 231/2007 – come inserito dall’art. 18 comma 1 lett. a) del Dl 124/2019 convertito (c.d. Dl “fiscale”) – che, rispetto al limite al tempo previsto di 2.999,99 euro, dopo un passaggio intermedio, che ha avuto inizio il 1° luglio 2020 e che si concluderà con la fine dell’anno, con il limite all’utilizzo del denaro contante fissato a 1.999,99 euro, ha disposto, dall’inizio del 2022, il limite di 999,99 euro.

Il divieto di utilizzare importi pari o superiori ai ricordati limiti riguarda, ex art. 49 comma 1 del D.lgs. 231/2007, il trasferimento di denaro contante (e di titoli al portatore) effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi (persone fisiche o giuridiche).

Il limite all’utilizzo del denaro contante, quale che ne sia la causa o il titolo, vale anche quando il trasferimento sia effettuato con più pagamenti inferiori alla soglia che appaiono artificiosamente frazionati

Ai sensi dell’art. 1 comma 2 lett. v del D.lgs. 231/2007 per operazione frazionata si intende un’operazione unitaria sotto il profilo economico, di valore pari o superiore ai limiti stabiliti dal D.lgs. 231/2007, posta in essere attraverso più operazioni, singolarmente inferiori ai predetti limiti, effettuate in momenti diversi ed in un circoscritto periodo di tempo fissato in 7 giorni (ferma restando la sussistenza dell’operazione frazionata quando ricorrano elementi per ritenerla tale).

Per tali trasferimenti è necessario ricorrere a banche, Poste italiane S.p.a., istituti di moneta elettronica e istituti di pagamento.

Le novità ricordate tendono ad allineare la disciplina relativa all’utilizzo del contante a quella prevista per gli assegni bancari, postali e circolari, che possono essere emessi o richiesti per importi pari o superiori a 1.000 euro solo indicando il nome o la ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità (art. 49 commi 5, 7 e 8 del D.lgs. 231/2007).

Dal punto di vista sanzionatorio, poi, si ricorda che, ai sensi dell’art. 63 comma 1 del D.lgs. 231/2007, fatta salva l’efficacia degli atti, alle violazioni della disciplina in questione si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 a 50.000 euro.

Per esigenze di coerenza sistematica, peraltro, si è previsto che, per le violazioni commesse e contestate dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021 il minimo edittale sia pari a 2.000 euro.

Per le violazioni commesse e contestate a decorrere dal 1° gennaio 2022, invece, il predetto minimo edittale sarà ulteriormente abbassato a 1.000 euro (art. 63 comma 1-ter del D.lgs. 231/2007, come inserito dall’art. 18 comma 1 lett. b) del Dl 124/2019 convertito).

Per le violazioni che riguardano importi superiori a 250.000 euro, invece, la sanzione è quintuplicata nel minimo e nel massimo edittali (art. 63 comma 6 del D.lgs. 231/2007).

L’art. 65 comma 9 del D.lgs. 231/2007 rende applicabile alla violazione relativa al limite all’utilizzo del denaro contante l’oblazione di cui all’art. 16 della L. 689/1981 (facoltà non esercitabile da chi se ne sia già avvalso per altra analoga violazione il cui atto di contestazione sia stato ricevuto dall’interessato nei 365 giorni precedenti la ricezione dell’atto di contestazione concernente l’illecito per cui si procede).

Peraltro, ai sensi dell’art. 68 del D.lgs. 231/2007, prima della scadenza del termine previsto per l’impugnazione del decreto che irroga la sanzione, il destinatario del decreto sanzionatorio può chiedere al Ministero dell’Economia e delle finanze procedente il pagamento della sanzione in misura ridotta. La riduzione ammessa è pari a un terzo dell’entità della sanzione irrogata. L’applicazione della sanzione in misura ridotta non è ammessa qualora il destinatario del decreto sanzionatorio si sia già avvalso, nei 5 anni precedenti, della stessa facoltà.

I limiti all’utilizzo del denaro contante presentano rilevanti conseguenze per i professionisti, che, si ricorda, sono obbligati a comunicare alle competenti Ragionerie territoriali dello Stato le infrazioni alle violazioni dei limiti di utilizzo del denaro contante delle quali acquisiscano notizia nello svolgimento della propria attività ex art. 51 comma 1 del D.lgs. 231/2007.

Appare, infine, opportuno evidenziare come, in sede di conversione in legge del Dl 146/2021, il nuovo art. 5-quater, con un intervento di “chirurgia legislativa” sul ricordato art. 49 comma 3-bis del D.lgs. 231/2007, esclude la riduzione da 2.000 a 1.000 euro della soglia relativa all’utilizzo del contante per la negoziazione a pronti di mezzi di pagamento in valuta – attività svolta dai cambiavalute iscritti nel registro tenuto dall’Autorità prevista dall’art. 128-undecies del D.lgs. 385/1993 – ripristinando, a decorrere dal 1° gennaio 2022, quella dettata dal comma 3 del medesimo art. 49 del D.lgs. 231/2007 e pari a 3.000 euro.

(MF/ms)
 

Variazioni dei limiti relativi al trasferimento del contante
Ambito temporale di riferimento Soglia
Dal 9 maggio 1991 al 26 dicembre 2002 20.000.000 lire
Dal 26 dicembre 2002 al 29 aprile 2008 12.500 euro
Dal 30 aprile 2008 al 24 giugno 2008 5.000 euro
Dal 25 giugno 2008 al 30 maggio 2010 12.500 euro
Dal 31 maggio 2010 al 12 agosto 2011 5.000 euro
Dal 13 agosto 2011 al 5 dicembre 2011 2.500 euro
Dal 6 dicembre 2011 al 31 dicembre 2015 1.000 euro
Dal 1° gennaio 2016 al 30 giugno 2020 3.000 euro
Dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021 2.000 euro
Dal 1° gennaio 2022 1.000 euro
 



Note di variazione e procedure concorsuali: chiarimenti dall’Agenzia delle Entrate

La risposta a interpello dell’Agenzia delle Entrate n. 801 del 3 dicembre 2021, rappresenta il primo documento di prassi successivo alla riforma della disciplina delle note di variazione Iva in diminuzione di cui all’art. 26 comma 2 ss. del Dpr 633/72.

Le nuove disposizioni, introdotte dall’art. 18 del Dl 73/2021 (conv. L. 106/2021), consentono al cedente o prestatore di emettere la nota di variazione già a partire dalla data in cui il cessionario o committente è assoggettato a una procedura concorsuale. In precedenza, invece, era necessario attendere che la procedura si fosse rivelata “infruttuosa”.

La riforma, per espressa previsione normativa, si applica alle procedure concorsuali avviate successivamente al 26 maggio 2021 (data di entrata in vigore del citato Dl 73/2021).

In maniera non inaspettata, stante anche la chiara decorrenza dettata dall’art. 18 del Dl 73/2021, l’Amministrazione finanziaria, con la risposta a interpello, conferma la validità della propria prassi già emanata, in relazione alle procedure aperte sino alla menzionata data del 26 maggio 2021.

Nel caso di specie, il cessionario o committente delle operazioni effettuate era stato ammesso alla procedura di concordato preventivo nell’anno 2019.

Quindi, trattandosi di data anteriore alla modifica legislativa, si fa rinvio ai chiarimenti della circ. Agenzia delle Entrate n. 8/2017 (§ 13.2), tali per cui “in caso di concordato preventivo, trattandosi di procedura concorsuale, la nota di variazione può essere emessa solo quando è definitivamente accertata l’infruttuosità della procedura”.

Nella fattispecie, al fine di individuare il momento in cui l’infruttuosità si verifica, sono ancora applicabili le indicazioni fornite, per le diverse procedure concorsuali, nell’ambito della C.M. n. 77/2000.

Per il concordato, si fa riferimento, segnatamente, “al momento in cui il debitore adempie gli obblighi assunti nel concordato stesso”.

Pertanto, secondo la prassi ministeriale, qualora “in caso di mancato adempimento, ovvero in conseguenza di comportamenti dolosi, venga dichiarato il fallimento del debitore, la rettifica in diminuzione può essere eseguita, solo dopo che il piano di riparto dell’attivo sia divenuto definitivo ovvero, in assenza di un piano, dopo la scadenza del termine per il reclamo avverso il decreto di chiusura del fallimento”.

In sostanza, per tutte le procedure concorsuali avviate sino al 26 maggio 2021, devono ancora essere tenuti in considerazione dagli operatori i documenti interpretativi emanati anteriormente al Dl 73/2021, poiché essi mantengono la propria validità.

Ciò significa, aderendo al consolidato orientamento dell’Agenzia delle Entrate, che se la procedura è stata avviata prima della riforma dell’art. 26 comma 2 del Dpr 633/72, la nota di variazione non può essere emessa dal cedente prima dell’infruttuosità della procedura concorsuale.

Andrebbe, peraltro, rilevato che, con riferimento alla versione previgente dell’art. 26 comma 2 in esame, la Cassazione ha ritenuto non necessario attendere la certezza dell’irrecuperabilità derivante dall’infruttuosità della procedura (Cass. n. 25896/2020). La Corte di Giustizia Ue, dal canto suo, aveva sancito la non conformità rispetto alla direttiva IVA della norma nazionale nella misura in cui, ai fini dell’emissione della nota di credito per il fornitore, richiedeva l’infruttuosità della procedura concorsuale in capo al cessionario o committente (osservando che in Italia una procedura concorsuale può avere anche durata superiore ai 10 anni).

Per le procedure avviate successivamente al 26 maggio 2021, invece, al momento non è stata emanata prassi ufficiale specifica.

Ai fini dell’emissione della nota di variazione, ci si limita al tenore del nuovo art. 26 commi 3-bis e 10-bis del Dpr 633/72, in virtù del quale la nota è emessa a partire dalla data in cui il cessionario o committente è assoggettato alla procedura, vale a dire, rispettivamente, dalla data:

  • della sentenza dichiarativa del fallimento;
  • del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa;
  • del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo;
  • del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.
(MF/ms)