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Auto aziendali: chiarimenti sui termini di applicazione della nuova tassazione

Arriva la tanto attesa proroga per le auto aziendali benzina e diesel.

Nell’ambito delle novità introdotte alla Camera sul Decreto “bollette”, sul cui ddl di conversione in legge il Governo ha ottenuto la fiducia il 15 aprile 2025, viene infatti esclusa la stretta introdotta dalla Legge di Bilancio 2025 per le autovetture ordinate entro il 31 dicembre 2024 e concesse in uso promiscuo ai dipendenti dal 1° gennaio al 30 giugno 2025.

La nuova disciplina per la tassazione delle auto aziendali

L’art. 1, comma 48 della Legge di Bilancio 2025 (Legge n. 207/2024) ha apportato importanti novità in materia auto aziendali date in utilizzo promiscuo ai lavoratori dipendenti. Con una modifica all’art. 51, comma 4, lett. a) del TUIR, infatti, si prevede che:

  • per i veicoli di nuova immatricolazione,
  • concessi in uso promiscuo ai dipendenti a decorrere dal 1° gennaio 2025,
  • il fringe benefit imponibile sia calcolato come segue:
    • generalità dei veicoli: si assume il 50% dell’importo corrispondente a una percorrenza convenzionale di 15.000 km calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle Tabelle nazionali dell’ACI, al netto degli ammontari eventualmente trattenuti al dipendente;
    • veicoli elettrici ibridi plug-in: la percentuale è pari al 20%;
    • veicoli a batteria a trazione esclusivamente elettrica: la percentuale scende fino al 10%.

Viene quindi superata la disciplina introdotta dall’art. 1, comma 632, della Legge n. 160/2019 che si basava sulle emissioni di anidride carbonica.
 

Regole tassazione fringe benefit fino al 2024
Emissioni anidride carbonica Fino al 2019 2020 2021-2024
≤ 60 g/Km  
                                                            30% (senza verificare le emissioni)
25% 25%
Da 61 a 160 g/Km 30% 30%
Da 161 a 190 g/Km 40% 50%
Oltre 190 g/Km 50% 60%

 

 

Tassazione fringe benefit dal 2025
Tipologia di veicolo Fringe benefit
Veicoli elettrici ibridi plug-in 20%
Veicoli a batteria a trazione esclusivamente elettrica 10%
Altri veicoli (diversi dai precedenti) 50%

Anche in seguito alle novità della Legge di Bilancio 2025, resta fermo che l’importo del fringe benefit indicato nelle Tabelle ACI e calcolato con le nuove percentuali deve intendersi comprensivo di IVA.

La misura del fringe benefit tassabile è determinata in maniera forfetaria, in base ad una presunzione “assoluta” dei chilometri attribuiti all’uso personale del veicolo per il lavoratore e prescinde dalla reale percorrenza del mezzo stesso e dai costi sostenuti.

È del tutto irrilevante che il lavoratore sostenga a proprio carico taluni degli elementi che sono già stati considerati nella base di commisurazione del costo fissato dall’ACI, ad esempio il carburante.

Considerato che la percorrenza convenzionale è determinata su base annua, ai fini dell’imposizione fiscale e contributiva, il valore del fringe benefit imponibile deve essere:

  • ragguagliato in caso di concessione per periodi inferiori all’anno, nello specifico dividendo per 365 il valore annuo espresso nelle Tabelle ACI e moltiplicando il risultato per i giorni di assegnazione del veicolo;
  • suddiviso e assoggettato per quote mensili (o per i periodi interessati, se diversi dal mese), unitamente alle altre competenze del mese.

L’importo e le modalità di valorizzazione sono riportati nelle annotazioni alla Certificazione unica (c.d. modello CU) rilasciata ogni anno al dipendente.

Venendo all’entrata in vigore della “stangata” sulle auto aziendali si evidenzia la mancata previsione da parte della manovra 2025 di una disciplina transitoria per regolare il passaggio da vecchio a nuovo regime.

Applicando i chiarimenti forniti in passato dal Fisco, si dovrebbe ritenere pertanto che:

  • il nuovo regime si applica per tutte le assegnazioni avvenute dal 1° gennaio 2025,
  • a nulla rilevando la data dell’ordine (risoluzione n. 46/E/2020).

Per blindare il “vecchio” regime collegato alle emissioni occorre che la stipula del contratto (nel quale è opportuno specificare che l’obbligo del datore di lavoro si riferisce alla consegna del veicolo secondo le condizioni generali concordate con il fornitore) con il dipendente fosse avvenuta entro il 31 dicembre 2024.

Di qui l’invito al legislatore a valutare soluzioni correttive che non penalizzino il legittimo affidamento di contribuenti che ben potrebbero aver ordinato a fine 2024 autovetture aziendali effettivamente consegnate, immatricolate e quindi assegnate al dipendente solo nel 2025 con una importante penalizzazione a livello fiscale.
 
L’emendamento al Decreto “bollette”

Tali considerazioni sembrano essere state colte dal Governo con un emendamento al ddl di conversione in legge al Decreto “bollette”, firmato dai relatori Gianluca Caramanna di Fratelli d’Italia e Andrea Barabotti, della Lega e approvato definitivamente dalla Camera il 15 aprile 2025, che reca la tanto attesa clausola di salvaguardia per gli ordini 2024.

Nel dettaglio viene previsto che la versione dell’art. 51, comma 4, lett. a) del TUIR vigente al 31 dicembre 2024 continui ad essere applicata:

  • sia ai veicoli concessi in uso promiscuo dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2024;
  • che a quelli ordinati dai datori di lavoro entro il 2024 ma concessi in uso promiscuo tra il 1° gennaio 2025 ed il 30 giugno 2025.

Sei mesi di tempo in più quindi per l’entrata in vigore delle nuove norme nel caso di ordini 2024, tali da garantire che anche i tempi di consegna più lunghi non compromettano la validità della valutazione fiscale effettuata al momento dell’ordine.

La norma valuta gli oneri del rinvio per le casse dello Stato in misura pari a:

  • 8,3 milioni di euro per il 2025;
  • 9,5 milioni annui per il biennio 2026-2027;
  • 1,2 milioni per il 2028.

Conseguenze per il datore di lavoro e documentazione

Per il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 164 del TUIR il costo delle auto concesse ai dipendenti è deducibile al 70% (in luogo del 20%) senza limitazioni di importo (in luogo del tetto a 18.075,99), purché:

  • l’utilizzo del veicolo sia promiscuo, ossia attribuito da parte del datore di lavoro al dipendente per uso ai fini sia aziendali che personali;
  • risulti l’utilizzo del veicolo da parte del dipendente per la maggior parte del periodo d’imposta, ovvero per la metà più uno dei giorni che compongono il periodo d’imposta.

È inoltre necessario che:

  • l’utilizzo da parte del dipendente sia provato con certezza, ad esempio, mediante l’apposizione di una specifica clausola del contratto di lavoro del dipendente o da un contratto con data certa, da cui risulti l’assegnazione del veicolo (si veda fac simile lettera di assegnazione riportato di seguito);
  • l’utilizzo del veicolo rientri tra le mansioni del lavoratore

in allegato facsimile lettera di assegnazione autovettura aziendale uso promiscuo

(MF/ms)
 




Domicilio digitale anche per i cittadini

I cittadini possono eleggere il proprio domicilio digitale indicando un indirizzo di posta elettronica certificata nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate.

Ciò, al fine di ricevere gli atti, gli avvisi, i provvedimenti e le cartelle non più per posta con raccomandata a./r. bensì in modalità telematica, con l’effetto di rendere più semplici e sicure le modalità di recapito delle comunicazioni.

L’articolo 60-ter, comma 5, D.P.R. 600/1973, così come inserito dall’articolo 1, D.Lgs. 13/2024, recante disposizioni “in materia di accertamento tributario e di concordato preventivo biennale”, ha previsto che i cittadini persone fisiche, i professionisti e gli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in Albi, Elenchi, Registri professionali o nel Registro imprese – ossia i soggetti di cui all’articolo 6-quater, D.Lgs. 82/2005 – possono eleggere il domicilio digitale speciale presso il quale ricevere sia la notifica degli atti, avvisi e provvedimenti che per legge devono essere notificati, sia gli atti e comunicazioni dei quali la legge non prescrive la notifica.

L’articolo 1, D.Lgs. 13/2024, ha modificato,  altresì, l’articolo 26, comma 2, D.P.R. 602/1973, nonché introdotto l’articolo 26-bis, con conseguente estensione anche all’Agente della riscossione della disciplina relativa alla possibilità di utilizzo del domicilio digitale per la notifica e la comunicazione degli atti.

Per effetto degli interventi del Legislatore, l’Agenzia delle entrate:

  • con il provvedimento del 7.10.2024, ha regolato le modalità di comunicazione, variazione e revoca, attraverso le proprie funzionalità, dei dati del domicilio digitale speciale presso cui ricevere le notifiche e le comunicazioni;
  • con il comunicato stampa del 12.03.2025, ha pubblicizzato la messa a disposizione del servizio che consente di eleggere il domicilio digitale speciale, mediante l’accesso all’area riservata del proprio sito internet.
Il domicilio digitale va inteso come “un indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal regolamento (UE) 23 luglio 2014 n. 910 del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE, di seguito «Regolamento eIDAS», valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale” (ex articolo 1, comma 1, lettera n-ter), D.Lgs. 82/2005).

Colui che sceglie la nuova modalità non deve fare altro che accedere all’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate con le credenziali Spid, Cie (Carta d’identità elettronica) o CNS (Carta Nazionale dei Servizi) e indicare il proprio “domicilio digitale”, cioè per l’appunto un indirizzo di posta elettronica certificata (pec) o altro servizio di recapito certificato qualificato. Riceverà a quel punto, presso la stessa casella certificata, il codice necessario a validare l’operazione. Con le stesse modalità sarà, inoltre, possibile comunicare la variazione o la revoca del domicilio già registrato.

Le persone fisiche, i professionisti e gli enti di diritto privato non iscritti in albi, nel porre in atto la procedura di registrazione non possono indicare un indirizzo già associato ad altri.

La procedura è esclusa, invece, per i soggetti i cui indirizzi pec devono essere iscritti nell’Indice nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti (“Ini-Pec”).

In conclusione, il domicilio digitale speciale potrà dunque essere utilizzato:

  • dall’Agenzia delle entrate, per comunicare i propri atti, avvisi e provvedimenti, a decorrere dalla data di attivazione del servizio;
  • dall’Agente della riscossione per la notifica delle cartelle di pagamento e degli atti della procedura di riscossione coattiva mediante ruolo, nonché per l’invio delle comunicazioni e atti ex articolo 26-bis, D.P.R. 602/1973, riferiti a carichi allo stesso affidati dagli enti creditori, anche diversi dall’Agenzia delle entrate.
 

(MF/ms)




CCNL Legno Unital Confapi: minimi tabellare 2025

Si informano le aziende del comparto che, in data 14 aprile 2025, è stato sottoscritto l’accordo tra Unital Confapi e Feneal Uil, Filca Cisl, Fillea Cgil per l’adeguamento dei minimi tabellari relativi all’anno 2025 sulla base dell’indice IPCA.
Precisiamo che gli arretrati retributivi relativi ai mesi di gennaio, febbraio e marzo vanno corrisposti in cifra fissa senza alcun ricalcolo sugli istituti contrattuali e legali già liquidati nei suddetti mesi.
In allegato il testo dell’accordo.

(FV/fv)




Polizze catastrofali: chiarimenti sui beni in locazione

Dopo il rinvio del termine per stipulare le polizze a copertura dei danni causati dalle calamità naturali (art. 1 comma 101 ss. L. 213/2023) a opera del DL 39/2025, sono arrivate le prime risposte da parte del MIMIT, che fanno seguito ad alcune delle richieste di chiarimento più invocate.

Si ricorda che il DL 39/2025, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 31 marzo, ha differito il termine per stipulare le polizze in questione (fissato al 31 marzo dal DL 202/2024, c.d. “Milleproroghe”, che aveva posticipato il termine originario del 31 dicembre 2024) come segue:

  • per le imprese di medie dimensioni, il termine è rinviato al 1° ottobre 2025;
  • per le piccole e microimprese, la stipula deve effettuarsi entro il 31 dicembre 2025;
  • per le grandi imprese, la scadenza è rimasta quella del 31 marzo, ma il sistema sanzionatorio di cui all’art. 1 comma 102 L. 213/2023 si applica decorsi 90 giorni dalla data di decorrenza dell’obbligo assicurativo.
La nozione di micro, piccole, medie e grandi imprese a cui la disposizione fa riferimento è quella adottata dalla Direttiva (Ue) 2023/2775, che, tra l’altro, modifica l’art. 3 della Direttiva (Ue) 2013/34, prevedendo come criteri discretivi lo Stato patrimoniale, i ricavi e il numero di dipendenti.

Tra le incertezze che erano state evidenziate vi era la questione relativa ai beni condotti in locazione e al soggetto tenuto ad assicurarli, posto che l’art. 1-bis comma 2 del DL 155/2024 (“DL fiscale” collegato alla legge di bilancio 2025) conv. L. 189/2024 ha precisato che l’oggetto della copertura assicurativa in questione “è riferito ai beni elencati dall’articolo 2424, primo comma, sezione Attivo, voce B-II, numeri 1), 2) e 3), del codice civile, a qualsiasi titolo impiegati per l’esercizio dell’attività di impresa, con esclusione di quelli già assistiti da analoga copertura assicurativa, anche se stipulata da soggetti diversi dall’imprenditore che impiega i beni”, ma il rinvio alla norma civilistica sullo Stato patrimoniale potrebbe essere intesa nel senso che vanno assicurati i soli beni in proprietà.

Il MIMIT, valorizzando la norma del DL fiscale, ha spiegato che il riferimento all’art. 2424 c.c. deve essere inteso come un mero rinvio ai beni ivi elencati, ai fini della loro identificazione; pertanto, l’imprenditore “deve assicurare tutti i beni impiegati nell’esercizio dell’impresa e rientranti nei numeri 1), 2) e 3) sezione Attivo, voce B-II, di cui all’art. 2424 c.c., anche se sugli stessi l’impresa non ha il diritto di proprietà, con la sola esclusione dei beni già assistiti da analoga copertura assicurativa, anche se stipulata da soggetti diversi dall’imprenditore che impiega i beni”.

Quanto ai soggetti tenuti ad assicurarsi, il Ministero conferma che l’obbligo riguarda tutte le imprese con sede legale in Italia e le imprese aventi sede legale all’estero con una stabile organizzazione in Italia, tenute all’iscrizione nel Registro delle imprese ai sensi dell’art. 2188 c.c., indipendentemente dalla sezione nella quale sono iscritte, a esclusione delle sole imprese di cui all’art. 2135 c.c.

La questione dell’obbligo assicurativo in capo alle STP non è risolta esplicitamente, posto che, alla domanda se debba assicurarsi lo studio legale in cui viene esercitata l’attività professionale, il MIMIT, riprendendo la formulazione della legge, risponde che l’obbligo di stipulare la polizza discende dall’obbligo di iscrizione al Registro delle imprese. La risposta sembra doversi interpretare nel senso che l’iscrizione è il requisito a cui guardare per il sorgere dell’obbligo.

Si chiarisce, in ogni caso, che l’obbligo assicurativo riguarda solo le imprese che sono proprietarie o impiegano beni di cui all’art. 2424 comma 1, sezione Attivo, voce B-II, numeri 1), 2) e 3) c.c.; in mancanza, le imprese non sono soggette all’obbligo di stipula.

Il MIMIT prende in esame anche il caso in cui un immobile sia utilizzato sia come abitazione che come luogo di svolgimento per la propria attività di impresa, chiarendo (conformemente a quanto aveva ipotizzato l’ANIA nelle FAQ sul tema) che, se l’immobile è impiegato per l’esercizio dell’attività di impresa, questo ricade nel perimetro dell’obbligo assicurativo per la porzione di edificio destinata all’esercizio dell’attività.
 

(MF/ms)




Termini per l’emissione delle note di variazione sul 2024

Si avvicina il termine ultimo per presentare la dichiarazione IVA riferita all’anno 2024, da parte dei soggetti che ne sono obbligati. A norma dell’art. 8 del DPR 322/98, il modello IVA 2025 deve, infatti, essere presentato entro il 30 aprile 2025.

Il termine per presentare la dichiarazione annuale costituisce anche il riferimento per emettere le note di variazione in diminuzione, ai sensi dell’art. 26 comma 2 del DPR 633/72.

La norma appena richiamata, difatti, contiene un espresso rinvio all’art. 19 del DPR 633/72 per quel che concerne l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA “corrispondente alla variazione”.

L’art. 19 comma 1 del DPR 633/72, a sua volta, stabilisce che il diritto alla detrazione può essere esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui è sorto.

Alla luce di questi elementi, la circ. Agenzia delle Entrate n. 1/2018 ha indicato che:

  • la nota di variazione in diminuzione deve essere emessa entro il termine di invio della dichiarazione annuale IVA riferita all’anno in cui si è verificato il presupposto per operare la variazione;
  • il diritto alla detrazione può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa all’anno in cui la nota è stata emessa e alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo.
Il primo aspetto da esaminare concerne, dunque, il termine entro il quale le note di variazione devono essere emesse. Nel caso della dichiarazione IVA per il 2024, da presentare – come detto – entro il 30 aprile 2025, si deve avere riguardo alla data in cui il presupposto per la variazione in diminuzione si verifica (c.d. dies a quo).

Esso varia a seconda della fattispecie che legittima l’anzidetta variazione ai sensi dell’art. 26 del DPR 633/72.

Tra i casi più ricorrenti vi è l’assoggettamento del cessionario o committente insolvente a una procedura concorsuale.

Per le procedure avviate prima del 26 maggio 2021, ci si riferisce al momento in cui si ha certezza dell’infruttuosità della procedura concorsuale (da ultimo, risposta a interpello Agenzia delle Entrate n. 126/2024), mentre per quelle avviate dal 26 maggio 2021 compreso è la norma stessa a indicare che la variazione in diminuzione è possibile a partire dalla data in cui il debitore del corrispettivo non pagato “è assoggettato a una procedura concorsuale” (art. 26 comma 3-bis del DPR 633/72).

L’art. 26 comma 10-bis del DPR 633/72 individua il momento a partire dal quale il debitore si considera assoggettato a una procedura concorsuale. Ad esempio, ci si riferisce alla sentenza dichiarativa di fallimento o alla sentenza di apertura della liquidazione giudiziale (per la disciplina ex DLgs. 14/2019).

Nei casi di un sopravvenuto accordo tra le parti o di inesattezze della fatturazione, invece, il termine per emettere la nota è sganciato dal termine di presentazione della dichiarazione.

È possibile ricorrere alla nota di variazione in diminuzione, ai sensi dell’art. 26 comma 3 del DPR 633/72, “con riferimento a quelle operazioni per le quali non è ancora decorso il limite temporale di un anno dalla data di emissione della fattura” (risposta a interpello n. 269/2023).

È essenziale valutare con attenzione i termini sin qui descritti poiché, decorso il termine per emettere la nota, i rimedi per il recupero dell’IVA assolta, da parte del cedente o prestatore, richiedono il rispetto di condizioni particolarmente stringenti. Il primo istituto cui ricorrere è la domanda di restituzione dell’imposta, ai sensi dell’art. 30-ter comma 1 del DPR 633/72, se la mancata emissione della nota di credito nei termini non è dipesa da una colpevole inerzia del soggetto passivo (circ. n. 20/2021 e, da ultimo, risposta a interpello n. 153/2024).

In alternativa, è ammesso il recupero dell’imposta assolta se è spirato il termine per emettere la nota di credito, avvalendosi della dichiarazione IVA integrativa “a favore”, ma questa può essere presentata solo laddove vi sia “la presenza di errori ed omissioni cui rimediare” (circ. n. 20/2021).

Una volta emessa la nota di variazione in diminuzione (entro il termine della dichiarazione IVA riferita all’anno in cui si è verificato il presupposto), il secondo aspetto da esaminare è il termine entro il quale è possibile detrarre l’imposta a credito emergente dal documento. Emessa tempestivamente la nota di variazione, “l’imposta detratta confluirà nella relativa liquidazione periodica o, al più tardi, nella dichiarazione annuale IVA di riferimento” (circ. n. 20/2021).

Dunque, ponendo il caso di una nota di credito che è stata emessa nel periodo dal 1° gennaio al 30 aprile 2025, il diritto alla detrazione non deve essere esercitato per forza entro il termine della dichiarazione IVA riferita al 2024.

L’esercizio della detrazione può avvenire o nella liquidazione del periodo in cui la nota è stata emessa o, al più tardi, in sede di dichiarazione IVA relativa all’anno di emissione del documento (ossia la dichiarazione riferita al 2025, entro il 30 aprile 2026).
 

(MF/ms)




Codici Ateco 2025: altri chiarimenti

Con la risoluzione n. 24, pubblicata l’8 aprile, l’Agenzia delle Entrate ha fornito precisazioni sulla nuova classificazione ATECO 2025, che è entrata in vigore lo scorso 1° gennaio, in sostituzione della precedente ATECO 2007 – Aggiornamento 2022.

Dal punto di vista operativo, la nuova classificazione è attiva dal 1° aprile, sia per i contribuenti, sia per le pubbliche amministrazioni che la utilizzano. Ai fini amministrativi, non è necessario effettuare alcuna comunicazione in quanto il processo di riclassificazione è eseguito d’ufficio dalle Camere di commercio.

I codici ATECO, relativi alle attività prevalenti e secondarie, collegati alla propria posizione fiscale e registrati in Anagrafe tributaria sono consultabili accedendo alla propria area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate e consultando la sezione “Cassetto fiscale – Consultazioni – Anagrafica”.

Tutti gli operatori interessati dall’aggiornamento dei codici attività sono tenuti a utilizzare i nuovi codici negli atti e nelle dichiarazioni da presentare all’Agenzia delle Entrate.

Ad esempio, per le dichiarazioni IVA 2025 è possibile indicare i codici ATECO 2007 – Aggiornamento 2022 oppure i nuovi codici ATECO 2025, avendo cura di riportare il codice 1 nella casella “Situazioni particolari” presente nel frontespizio del modello (FAQ 5 marzo 2025).

L’adozione della nuova classificazione ATECO 2025 non comporta l’obbligo di presentare un’apposita dichiarazione di variazione dati ai sensi degli artt. 35 e 35-ter del DPR 633/72 e 7 comma 8 del DPR 605/73.

Codici comunicati nella prima dichiarazione di variazione dati effettuata

Tuttavia, viene precisato che il contribuente comunica i codici delle attività esercitate coerentemente con la nuova classificazione ATECO 2025 in occasione della presentazione della prima dichiarazione di variazione dei dati effettuata ai sensi di tali disposizioni, oppure se previsto da specifiche disposizioni normative o regolamentari.

Se il contribuente è iscritto nel Registro delle imprese, la dichiarazione dovrà essere effettuata con la Comunicazione Unica (ComUnica) messa a disposizione da Unioncamere; diversamente, dovrà utilizzare uno dei modelli pubblicati sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate (AA5/6 e AA7/10 per soggetti diversi dalle persone fisiche; AA9/12 per imprese individuali e lavoratori autonomi; ANR/3 per l’identificazione diretta ai fini IVA dei soggetti non residenti).

(MF/ms)




ISA 2025: approvati modelli e istruzioni

Sono stati approvati i modelli con cui i contribuenti comunicano all’Agenzia delle Entrate, in sede di dichiarazione dei redditi, i dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA) per il periodo di imposta 2024; è previsto che, al solo fine di acquisire le informazioni utili alla elaborazione dei relativi ISA da applicare anche alle società tra professionisti, ovvero alle società tra avvocati, i contribuenti che, nel periodo d’imposta 2024, hanno dichiarato redditi d’impresa derivanti dall’esercizio in via prevalente di determinate attività economiche, devono compilare il modello afferente quella specifica attività.

Premessa
Con Provvedimento del 17 marzo 2025, n. 131055, l’Agenzia delle Entrate ha approvato 172 modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale, da utilizzare per il periodo di imposta 2024 e un sistema di importazione dei dati degli indici sintetici di affidabilità fiscale ai fini della semplificazione del relativo adempimento dichiarativo. Con Provvedimento siglato nella stessa data (Provv. n. 131056/2025) è stato definito anche il percorso telematico per trasmettere i dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli Indici; poiché i modelli ISA costituiscono parte integrante di Redditi, con lo stesso Provvedimento sono approvati i controlli di coerenza tra i modelli in argomento.
Tali modelli devono essere presentati dai contribuenti che nel periodo d’imposta 2024 hanno esercitatoin via prevalente, una delle attività economiche del settore dell’agricoltura, delle manifatture, dei servizi, delle attività professionali e del commercio per le quali risultano approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale indicati nella Tabella 1, allegata alle Istruzioni Parte Generale dei modelli ISA e che sono tenuti all’applicazione degli stessi, ovvero che, ancorché esclusi dall’applicazione degli indici, sono comunque tenuti alla presentazione dei modelli, in quanto:

  • esercitano due o più attività di impresa, non rientranti nel medesimo indice sintetico di affidabilità fiscale, qualora l’importo dei ricavi dichiarati relativi alle attività non rientranti tra quelle prese in considerazione dall’indice sintetico di affidabilità fiscale, relativo all’attività prevalente, superi il 30 per cento dell’ammontare totale dei ricavi dichiarati;
  • svolgono attività d’impresa, arte o professione e partecipano a un gruppo IVA di cui al Titolo V-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
In allegato sintesi.

(MF/ms)




La preoccupazione di Confapi: “Arma commerciale pericolosa”

Il presidente Enrico Vavassori commenta l’introduzione dei dazi da parte degli Usa verso l’Europa. 

La Provincia (in allegato): La preoccupazione di Confapi: “Arma commerciale pericolosa”


Lecconotizie: PRESIDENTE ENRICO VAVASSORI: Dazi, Confapi e Confartigianato: “Dobbiamo tutelare le imprese”
 
LeccoToday: PRESIDENTE ENRICO VAVASSORI: Lanciato l’allarme sui dazi di Trump: “Colpito il cuore del nostro sistema produttivo”

 




Agenzia Entrate: pubblicata la nuova guida alla fatturazione elettronica

Nella giornata del 1° aprile, la prima di applicazione delle specifiche tecniche aggiornate, l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la nuova versione (1.10) della propria “Guida alla compilazione delle fatture elettroniche e dell’esterometro”.

La novità principale è certamente quella relativa alle istruzioni per la predisposizione del file XML per la comunicazione dell’omessa o irregolare fatturazione da parte del cedente o prestatore, cui è tenuto il cessionario o committente per evitare di incorrere nella sanzione prevista dall’art. 6 comma 8 del DLgs. 471/97, trasmettendo al Sistema di Interscambio un file con codice TD29.

Detta norma prevede che il soggetto passivo comunichi le suddette violazioni “all’Agenzia delle Entrate, tramite gli strumenti messi a disposizione dalla medesima, entro novanta giorni dal termine in cui doveva essere emessa la fattura o da quando è stata emessa la fattura irregolare”.

Altra novità risiede nel fatto che, rispetto alla sua previgente versione, l’art. 6 comma 8 del DLgs. 471/97 non richiede più il previo versamento dell’imposta.

Il cessionario o committente che non provvede alla regolarizzazione è soggetto a una sanzione pari al 70% dell’imposta con un minimo di 250 euro.

Un aspetto interessante sottolineato nella Guida pubblicata riguarda proprio il fatto che il file TD29 trasmesso al SdI “rappresenta una mera comunicazione”. Esso non costituisce più, quindi, un’autofattura, come accadeva per le violazioni commesse prima del 1° settembre 2024 (data di efficacia delle modifiche introdotte dal DLgs. 14 giugno 2024 n. 87).

Ne emerge una conseguenza decisamente significativa. Come precisato nella stessa Guida, il documento caratterizzato dal codice TD29 non ha alcuna rilevanza ai fini dell’imposta, nel senso che “non consente di esercitare la detrazione dell’IVA relativa all’acquisto”.

Ciò nonostante, nel file dovranno comunque essere indicati alcuni degli elementi richiesti dall’art. 21 comma 2 del DPR 633/72, tra cui, ad esempio, la natura, la qualità e la quantità dei beni e servizi acquistati o l’ammontare del corrispettivo.

Quanto alla compilazione, nelle istruzioni fornite dall’Agenzia viene chiarito che:

  • nel blocco <CedentePrestatore> vanno indicati i dati del soggetto passivo che ha ceduto il bene o prestato il servizio;
  • nel blocco <CessionarioCommittente> vanno riportati i dati del cessionario o committente che comunica l’omessa o l’irregolare fatturazione;
  • nel blocco <DatiTrasmissione> va valorizzato con sette zeri il campo <CodiceDestinatario>, mentre non va compilato il campo <PECDestinatario>;
  • nel campo <Data> presente nella sezione <DatiGenerali> del file, va inserita la data di effettuazione dell’operazione;
  • il campo <DatiFattureCollegate> va compilato nel solo caso di fattura irregolare per riportare gli estremi del documento;
  • nel campo <Numero> si potrà indicare una numerazione ad hoc.
È, inoltre, necessario riportare nel file l’imponibile non fatturato dal cedente o prestatore o quello non indicato nella fattura emessa, nonché la relativa imposta calcolata dal cessionario o committente; in presenza di operazioni non imponibili o esenti, va inserito il codice “Natura”.

L’Amministrazione finanziaria precisa infine nella Guida che il tipo documento TD29 può essere rettificato mediante trasmissione al SdI di un file con il medesimo codice e segno positivo o negativo a seconda della tipologia di errore che si desidera correggere.

TD20 ancora utilizzabile in alcuni casi

Rappresenta ancora una “vera” autofattura, invece, il file contraddistinto dal codice TD20, utilizzabile per l’omessa o irregolare fatturazione da parte del cedente o prestatore nelle operazioni soggette a inversione contabile (art. 6 comma 9-bis del DLgs. 471/97) o per le ipotesi di cui all’art. 46 comma 5 del DL 331/93 e quelle ad esse assimilate.

Data la peculiarità del regime, il cessionario o committente, laddove l’omissione o irregolarità riguardi una cessione o prestazione soggetta a reverse charge “interno”, potrà regolarizzare la violazione mediante la trasmissione al SdI di un file TD20, che riporti l’imponibile e un codice Natura della “famiglia” N6 (relativo all’operazione cui l’autofattura si riferisce), e l’invio, a seguire, di un tipo documento TD16 con l’indicazione della relativa imposta.

Analogamente, per le ipotesi di cui all’art. 46 comma 5 del DL 331/93 e assimilate, oltre al file TD20 potranno essere trasmessi documenti caratterizzati dai codici TD17, TD18 o TD19, che consentiranno di adempiere anche agli obblighi di cui all’art. 1 comma 3-bis del DLgs. 127/2015 (c.d. “esterometro”).

(MF/ms)




La comunicazione trimestrale del regime transfrontaliero di franchigia Iva

Con il provv. n. 155649, pubblicato il 28 marzo, l’Agenzia delle Entrate ha approvato il modello di comunicazione trimestrale che dovrà essere utilizzato dai soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato ammessi ad applicare il regime transfrontaliero di franchigia IVA in uno o più Stati membri dell’Unione europea.

Insieme al provv. 30 dicembre 2024 n. 460166, che definiva le modalità e i termini per la c.d. “comunicazione preventiva”, il provvedimento dà attuazione a detto regime, secondo quanto disposto dall’art. 70-terdecies comma 5 del DPR 633/72.

Va ricordato che gli operatori ammessi, contraddistinti dal “numero di identificazione EX”, sono tenuti a comunicare all’Agenzia delle Entrate, entro l’ultimo giorno del mese successivo a ogni trimestre civile (art. 70-unvicies del DPR 633/72):

  • il valore totale delle cessioni e delle prestazioni effettuate nel corso del trimestre nel territorio dello Stato oppure l’assenza di operazioni nel caso in cui non ne siano state effettuate;
  • il valore totale, espresso in euro, delle cessioni e prestazioni effettuate nel corso del trimestre in ciascuno degli altri Stati membri (ivi compresi quelli diversi dai Paesi Ue in cui è stata riconosciuta l’esenzione) o l’eventuale assenza di operazioni.
La comunicazione va presentata anche nell’eventualità in cui venga superata la soglia di 100.000 euro di volume d’affari annuo nell’Ue. In questo caso, come specificato nel provvedimento, il soggetto passivo ha 15 giorni di tempo per la trasmissione del modello, che decorrono dal superamento, ed è tenuto a “comunicare la data in cui si è verificato tale evento, nonché il valore delle cessioni e prestazioni effettuate dall’inizio del trimestre civile in corso fino alla predetta data” (provv. n. 155649/2025, § 3.3).

Qualora, infatti, sia superata tale soglia in corso d’anno, “il soggetto passivo cessa di applicare il regime di franchigia in tutti gli Stati di esenzione” a partire dal momento in cui avviene il superamento (art. 70-duovicies del DPR 633/72).

La trasmissione deve avvenire esclusivamente in modalità telematica e può essere effettuata direttamente dal contribuente o da un intermediario abilitato.

Nel caso in cui la presentazione sia avvenuta con un ritardo superiore a trenta giorni o qualora siano state inviate tardivamente due comunicazioni consecutive, l’Agenzia ne dà tempestiva informazione agli Stati membri in cui l’operatore è stato ammesso ad applicare il regime transfrontaliero di franchigia, “i quali possono sospendere temporaneamente le semplificazioni IVA connesse al predetto regime” (provv. n. 155649/2025, § 3.4).

Peculiare è poi la presentazione dei modelli “correttivi”. È possibile porre rimedio a errori o a omissioni trasmettendo nuovamente la comunicazione entro tre anni dal termine ordinario. Tale facoltà è concessa anche nell’ipotesi in cui “vengano meno, in tutto o in parte, le operazioni effettuate in un trimestre civile” (provv. n. 155649/2025, § 3.4).

Non è, invece, consentito apporre modifiche alla “Comunicazione finale” che sia stata presentata in conseguenza del superamento della soglia di euro 100.000 di volume d’affari annuo nell’Ue.

Con riguardo alla compilazione del modello, composto dal frontespizio e dal quadro A, nel quale vanno riportate le informazioni richieste dall’art. 70-unvicies del DPR 633/72, le istruzioni allegate al provvedimento contengono alcuni elementi interessanti.

Nel suddetto quadro A sono presenti, tra l’altro, nella sezione relativa alle operazioni effettuate in altri Stati Ue:

  • la colonna 2, che va compilata per ciascuno degli Stati membri (ivi compresi quelli in cui non è applicata l’esenzione) e che riporta il valore delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi (al netto dell’IVA), effettuate nel corso del trimestre in detto Stato;
  • la colonna 5, che va compilata solo nei righi relativi agli Stati Ue in cui l’operatore applica il regime di franchigia, e che riporta il codice ATECO dell’attività esercitata o di quella prevalente per il trimestre (se lo Stato membro ha fissato soglie di franchigia differenziate per settori di attività, occorre compilare “più righi per il medesimo Stato membro utilizzando moduli successivi al primo”).
Nella colonna 3 vanno invece indicate le operazioni effettuate nel trimestre precedente l’ammissione. A tal proposito, può essere utile richiamare uno degli esempi riportati nelle istruzioni. Si pensi a un soggetto passivo che presenta la suddetta comunicazione preventiva il 4 marzo, indicando le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei due anni precedenti e quelle relative al periodo tra il 1° gennaio e il 3 marzo. Ipotizzando che venga ammesso al regime dal 7 aprile, tale operatore sarà tenuto a presentare:
  • il modello relativo al secondo trimestre;
  • una comunicazione relativa al primo trimestre “indicando nella colonna 3 del quadro A solo le operazioni effettuate tra il 4 marzo e il 31 marzo”.
(MF/ms)