1

Comunicazione delle opzioni per le spese edilizie 2021 entro il 7 aprile

La comunicazione di opzione delle detrazioni edilizie per le spese sostenute nel 2021 e quella per le rate residue non fruite delle detrazioni riferite alle spese sostenute nel 2020 potrà essere trasmessa entro il 7 aprile 2022, anziché entro il 16 marzo.

Inoltre, l’Agenzia delle Entrate ha previsto una proroga dal 7 febbraio al 17 febbraio 2022 del termine ex art. 28 comma 2 del DL 4/2022, precedentemente al quale devono essere inviate le comunicazioni per le opzioni per gli interventi agevolabili per il 2020, 2021 e 2022.

Pertanto, la disciplina transitoria si applica ai crediti ceduti per i quali la relativa comunicazione all’Agenzia delle Entrate sia validamente trasmessa prima del 17 febbraio 2022 (ossia entro il 16 febbraio 2022).

La proroga al 7 aprile per le comunicazioni delle opzioni per le spese nel 2021 e per le rate residue delle spese nel 2020 è contenuta nel provvedimento dell’Agenzia delle Entrate pubblicato, che attua gli art. 119 e 121 del DL 34/2020 con riferimento alle detrazioni per gli interventi di ristrutturazione edilizia, recupero o restauro della facciata degli edifici, riqualificazione energetica, riduzione del rischio sismico, installazione di impianti solari fotovoltaici e infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici.

Modalità e i termini sono stati ridefiniti alla luce delle novità introdotte dall’art. 1 commi 28 e 29 della L. 234/2021 e dall’art. 28 del DL 4/2022.

Lo slittamento del termine, si legge nelle motivazioni del provvedimento, è stato disposto per consentire a contribuenti e intermediari di disporre di un più ampio lasso di tempo per trasmettere la comunicazione, considerato che la dichiarazione dei redditi precompilata sarà resa disponibile a partire dal 30 aprile 2022.

Il provvedimento approva il modello, le istruzioni e le specifiche tecniche, adeguati per gestire tutte le fattispecie di cessione delle rate residue di detrazione non fruite, in relazione agli interventi sulle parti comuni degli edifici.

Gli aggiornamenti saranno progressivamente resi disponibili a partire dalle comunicazioni delle opzioni inviate dal 4 e dal 24 febbraio 2022, così come già era stato preannunciato con il comunicato stampa del 28 gennaio 2022.

La notizia della proroga del periodo transitorio fino al 17 febbraio è stata invece “anticipata” con una FAQ e un comunicato stampa, ma l’Agenzia delle Entrate emanerà poi un apposito provvedimento. 

Si ricorda che l’art. 28 del DL 4/2022 modifica la disciplina delle cessioni dei bonus edilizi ex art. 121 comma 1 del DL 34/2020 consentendo solo una cessione del credito d’imposta. Il comma 2 contiene una disposizione transitoria per consentire in ogni caso “una ulteriore cessione” a terzi per quei “crediti che alla data del 7 febbraio 2022 sono stati precedentemente oggetto di una delle opzioni di cui al comma 1 dell’articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020”.

Dunque, precisa l’Agenzia nella Faq, la disciplina transitoria di cui al comma 2 opera in relazione ai crediti ceduti per i quali – precedentemente alla data del 7 febbraio 2022 – è stata validamente trasmessa la relativa comunicazione all’Agenzia delle Entrate, a prescindere dal numero di cessioni avvenute prima di tale data. Tali crediti possono essere oggetto solo di una ulteriore cessione, che potrà essere effettuata dal 7 febbraio 2022.

Visti i tempi tecnici necessari per l’adeguamento del software che consente la trasmissione telematica della comunicazione delle opzioni – scrive l’Agenzia – con successivo provvedimento ex art. 19-octies comma 4 del DL 148/2017, verrà prorogata la data a cui fare riferimento per individuare i crediti, precedentemente oggetto delle opzioni, che possono essere ceduti esclusivamente una ulteriore volta ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari. “In particolare, verrà prorogato dal 7 febbraio al 17 febbraio 2022 il termine di cui all’articolo 28, comma 2, del citato decreto-legge n. 4 del 2022, precedentemente al quale devono essere inviate le Comunicazioni per le opzioni relative agli interventi agevolabili per gli anni 2020, 2021 e 2022. Pertanto, la disciplina transitoria recata dal comma 2 si applica ai crediti ceduti per i quali la relativa comunicazione all’Agenzia delle entrate sia validamente trasmessa prima del 17 febbraio 2022 (ossia entro il 16 febbraio 2022)“.

Nella Faq successiva si chiede se un contribuente titolare di un credito, che il 28 gennaio 2022 ha comunicato all’Agenzia l’opzione di cessione, possa effettuare un’ulteriore cessione il 3 febbraio. Per le Entrate “la risposta è affermativa, poiché tale fattispecie rientra nella disciplina transitoria […], a condizione, ovviamente, che la cessione del 3 febbraio sia validamente comunicata all’Agenzia delle entrate prima del 17 febbraio 2022 […]. Per effetto della predetta disciplina transitoria il nuovo cessionario potrà, dal 17 febbraio 2022, effettuare «esclusivamente una ulteriore cessione ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari»”.

(MF/ms)
 




Le nuove regole per la cessione e lo sconto in fattura per i bonus edilizi

Le operazioni di cessione dei crediti corrispondenti ai bonus edilizi dovranno sottostare a nuove regole e presidi di controllo che limitano la circolazione dei benefici tra gli operatori.

Negli ultimi mesi, infatti, l’iniziativa legislativa si è concentrata nell’individuare misure di contrasto ai numerosi tentativi di frode basati sulla monetizzazione di bonus fittizi.

In particolare, i rimedi concepiti dal legislatore per contrastare tali fattispecie sono stati i seguenti:

  • estensione delle ipotesi in cui è necessario acquisire attestazioni da parte di professionisti abilitati;
  • eliminazione della possibilità di plurimi trasferimenti di bonus collegati ad un medesimo intervento;
  • intensificazione delle verifiche preliminari all’atto della ricezione delle comunicazioni di opzione all’Amministrazione finanziaria.
La prima soluzione adottata, precisamente quella consistente nella previsione di obblighi di attestazione in presenza di qualsiasi utilizzo del bonus diverso dalla detrazione, è stata ab origine introdotta dal Dl. 157/2021 (cd. Decreto controlli o Decreto antifrode), nel quale si prevedeva un obbligo generalizzato del visto di conformità e dell’attestazione di congruità sulle spese oggetto di opzione per lo sconto sul corrispettivo o per la cessione del credito.

Successivamente, tale decreto non è stato convertito in legge ed un emendamento alla Legge di bilancio 2022 ne ha recepito il contenuto con alcune modifiche.

L’articolo 121, comma 1-ter, Dl. 34/2020, all’esito della rivisitazione apportata dalla Legge di Bilancio 2022, ha confermato l’obbligo del visto di conformità e dell’attestazione della congruità delle spese in caso di opzione per la cessione del credito o per lo sconto in fattura, prevedendo tuttavia alcune ipotesi di esonero in presenza di opere minori che, alternativamente:

  • siano classificate come attività di edilizia libera, purché non si tratti di recupero e restauro della facciata di edifici;
  • siano di importo complessivo non superiore a 10.000 euro, salvo che non si tratti di recupero e restauro della facciata di edifici.
Dunque, con riferimento ai lavori eseguiti in regime di edilizia libera ai sensi dell’articolo 6 Dpr 380/2001 (Testo unico in materia edilizia), ed agli interventi di importo complessivo non superiore alla soglia di 10.000 euro, eseguiti sulle singole unità immobiliari o sulle parti comuni dell’edificio, diversi dal c.d. “bonus facciate”, sarà possibile continuare ad esercitare facoltà di optare per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, di importo massimo pari alla detrazione concessa o per la cessione del credito d’imposta corrispondente alla detrazione, senza necessità di visto di conformità e di asseverazione di congruità dei prezzi.

Contestualmente, l’articolo 1, comma 41, della Legge di bilancio 2022 ha abrogato il Dl. 157/ 2021, precisando che restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e facendo salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo decreto-legge.

A questo punto, è utile interrogarsi sull’ambito temporale di applicazione del nuovo perimetro di esonero così delineato, con particolare riguardo alle spese per interventi agevolabili in edilizia libera o di importo complessivo non superiore a 10.000 euro, sostenute nel periodo di vigenza del Decreto Antifrode (12.11.2021-31.12.2021), la cui opzione non sia ancora stata comunicata all’Agenzia delle Entrate.

Nelle faq pubblicate dall’Agenzia delle Entrate il 28 gennaio 2022, è stato ribadito il concetto di base già espresso nella circolare 16/E/2021, nella quale veniva chiarito che i nuovi obblighi di rilascio delle asseverazioni si applicano alle comunicazioni trasmesse in via telematica all’Agenzia delle Entrate a decorrere dall’entrata in vigore del Decreto.

In via speculare, posto che la Legge di bilancio 2022 è entrata in vigore il 1° gennaio 2022, le regole che fanno venir meno le attestazioni nelle ipotesi di cui sopra trovano applicazione anche alle spese sostenute nel 2021 (ed in particolare nel periodo 01.11.2021 – 31.12.2021), sebbene la relativa opzione non sia ancora stata comunicata all’Agenzia delle Entrate.

Pertanto, per gli interventi agevolabili in edilizia libera o di importo complessivo non superiore a 10.000 euro (fatta eccezione per gli interventi ammessi al bonus facciate), non ricorre l’obbligo del visto di conformità e dell’attestazione della congruità delle spese se la comunicazione di cessione è trasmessa all’Agenzia delle Entrate a decorrere dal 1° gennaio 2022.

Un ulteriore correttivo intrapreso per arginare le frodi, come accennato, è quello che si ricava nel recente Dl. 4/2022 (cd. Decreto sostegni-ter), il quale pone fine ai trasferimenti a catena dei crediti.

L’articolo 26 del Decreto elimina la facoltà di successiva cessione del medesimo credito escludendo passaggi successivi al primo e rendendo nullo ogni contratto stipulato in violazione del suddetto divieto.

Ciò implica che il beneficiario della detrazione potrà ancora cedere il credito ad altri soggetti, compresi banche e intermediari finanziari, ma questi non potranno cederlo a loro volta; i fornitori e le imprese che praticano lo sconto in fattura potranno recuperare lo sconto sotto forma di credito d’imposta e cederlo ad altri soggetti, compresi banche e intermediari finanziari, ma essi non potranno cederlo a loro volta.

La norma, inoltre, fissa una data a partire dalla quale i crediti già “passati di mano” possono essere ulteriormente ceduti per una sola volta.

Al comma 2, infatti, viene previsto che potranno essere trasferiti ulteriormente, per una sola ulteriore volta, ad altri soggetti, quei i crediti che, alla data del 7 febbraio 2022, risulteranno essere già oggetto di cessione.

Ad un’attenta analisi, la norma genera una discrasia tra i crediti comunicati prima e dopo la data del 7 febbraio. I primi, infatti, a differenza dei secondi, possono usufruire dell’ulteriore “ultima” cessione consentita dal Decreto sostegni-ter.

(MF/ms)
 




Iper-ammortamento utilizzabile dalla perizia tardiva

L’iper-ammortamento può essere utilizzato dal momento in cui viene acquisita la perizia, anche se ciò avviene “tardivamente”, fermo restando che ai fini dell’individuazione della disciplina agevolativa applicabile rileva il momento di effettuazione dell’investimento.

Lo ha ribadito l’Agenzia delle Entrate nella risposta n. 62 del 3 febbraio. In tema poi di interconnessione “tardiva” per il bonus investimenti è stata pubblicata la risposta n. 71.  

Come affermato dalla circolare n. 4/2017 (§ 6.3), per beneficiare dell’iper-ammortamento, i beni materiali di cui all’allegato A devono rispettare il requisito dell’“interconnessione” al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura.

L’interconnessione, insieme agli altri requisiti previsti dalla legge, deve essere attestata dai documenti indicati nell’art. 1 comma 11 della L. 232/2016 (documenti richiesti anche dalle successive disposizioni sugli iper-ammortamenti e sul credito d’imposta per investimenti), ossia dalla dichiarazione del legale rappresentante, dalla perizia tecnica o dall’attestato di conformità.

Tali documenti devono essere acquisiti dall’impresa entro il periodo d’imposta in cui il bene entra in funzione, ovvero, se successivo, entro il periodo d’imposta in cui il bene è interconnesso al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura; in quest’ultimo caso, l’agevolazione sarà fruita solo a decorrere dal periodo d’imposta in cui si realizza il requisito dell’interconnessione.

Tuttavia, come già evidenziato nella ris. n. 27/2018, il citato comma 11 non prevede alcun termine entro il quale, a pena di decadenza, devono essere acquisiti i documenti attestanti la sussistenza dei requisiti necessari per l’agevolazione.

Pertanto, considerato che la documentazione richiesta riveste un ruolo fondamentale nell’ambito della disciplina agevolativa (in quanto deve attestare, tra l’altro, il rispetto del requisito dell’interconnessione, indispensabile per la spettanza e per la fruizione del beneficio), tale risoluzione ha precisato che, qualora l’acquisizione dei documenti avvenga in un periodo d’imposta successivo a quello di interconnessione, la fruizione dell’agevolazione dovrà iniziare dal periodo d’imposta in cui i documenti vengono acquisiti.

In altri termini, l’assolvimento dell’onere documentale in un periodo di imposta successivo all’interconnessione non è di ostacolo alla spettanza dell’agevolazione, ma produce un semplice slittamento del momento dal quale si inizia a fruire del beneficio.

Ad esempio, nella risposta n. 62 l’Agenzia afferma che, nel caso di un bene rientrante nell’allegato A, acquistato, entrato in funzione e interconnesso nel 2017, per il quale la perizia giurata viene acquisita nel 2021, l’impresa potrà fruire dell’iper-ammortamento a partire dal periodo d’imposta 2021, mentre per i periodi d’imposta dal 2017 al 2020 potrà beneficiare del super-ammortamento.

La quota di iper-ammortamento annualmente fruibile dal 2021 sarà calcolata applicando il coefficiente di ammortamento fiscale del bene alla differenza tra la maggiorazione complessiva relativa all’iper-ammortamento e le quote di maggiorazione fruite a titolo di super-ammortamento nei periodi d’imposta 2017, 2018, 2019 e 2020 (cfr. circolare n. 4/2017, § 6.4.1, esempio 9).

Rilevanza dell’effettuazione dell’investimento

Considerando poi che nel caso di specie gli investimenti in beni iper-ammortizzabili sono stati effettuati in anni diversi (2017, 2018 e 2019), l’Agenzia ha precisato che la disciplina agevolativa applicabile ai singoli beni dipenderà dal momento di “effettuazione” dei singoli investimenti, determinato ai sensi dell’art. 109 commi 1 e 2 del TUIR, tenendo conto dell’eventuale “prenotazione” dell’investimento (accettazione dell’ordine e pagamento dell’acconto minimo del 20%). Pertanto, a titolo esemplificativo, un investimento “effettuato” a giugno 2019 e “prenotato” entro il 31 dicembre 2018 sarà incardinato nella disciplina di cui all’art. 1 comma 30 della L. 205/2017, mentre un investimento “effettuato” a giugno 2019 senza alcuna “prenotazione” sarà nella disciplina di cui all’art. 1 comma 60 della della L. 145/2018.

Quanto alla risposta n. 71, viene rilevato che nell’ipotesi di ritardo nell’interconnessione, l’agevolazione non viene meno purché le caratteristiche tecniche “4.0” siano presenti nel bene già anteriormente al suo primo utilizzo (o messa in funzione) e sempreché il soddisfacimento di tutte le caratteristiche tecnologiche e di interconnessione permanga per l’intero periodo di tempo in cui il soggetto beneficiario fruisce dell’agevolazione (cfr. risposta a interpello n. 394/2021 e circ. n. 9/2021).

Tuttavia, il fatto che l’interconnessione possa avvenire anche in un periodo d’imposta successivo non può estendersi fino a ricomprendere “qualsiasi” periodo d’imposta; la tardiva interconnessione deve dipendere da condizioni oggettive che devono essere documentate e dimostrate dall’impresa e non da comportamenti discrezionali e strumentali del contribuente.

(MF/ms)
 




Aiuti di Stato e autodichiarazione

La presentazione dell’autodichiarazione relativa agli aiuti di Stato richiesta dal Dm 11 dicembre 2021, ai fini del rispetto dei massimali previsti dal Quadro temporaneo, consentirà di non dover compilare, per tali aiuti, il prospetto di cui al rigo RS401 del modello REDDITI 2022.

Questa la novità prevista dalle istruzioni per la compilazione dei modello REDDITI 2022 in relazione al prospetto sugli aiuti di Stato.

Nell’ambito delle istruzioni per la compilazione del quadro RF del modello REDDITI SC 2022, viene evidenziato anzitutto che “i contribuenti che hanno beneficiato di contributi a fondo perduto erogati dall’Agenzia delle entrate nel periodo d’imposta oggetto della presente dichiarazione, sono tenuti a compilare il prospetto «Aiuti di Stato» del quadro RS (rigo RS401), riportando nella colonna 1, l’apposito codice aiuto desumibile dalla «Tabella codici aiuti di Stato», sempre che i dati necessari per la registrazione nel RNA (ad esempio, forma giuridica, dimensione impresa, settore, ecc.) non siano stati già comunicati mediante l’autodichiarazione di cui all’art. 3 del d.m. 11 dicembre 2021”.

In linea generale, secondo le istruzioni per la compilazione del rigo RS401, il prospetto aiuti di Stato deve essere compilato dai soggetti che nel periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione hanno beneficiato di aiuti fiscali automatici (aiuti di Stato e aiuti “de minimis”) nonché di quelli subordinati all’emanazione di provvedimenti di concessione o di autorizzazione alla fruizione, comunque denominati, il cui importo non è determinabile nei predetti provvedimenti ma solo a seguito della presentazione della dichiarazione resa a fini fiscali nella quale sono dichiarati, disciplinati dall’art. 10 del Regolamento.

Il prospetto va compilato anche dai soggetti che hanno beneficiato nel periodo d’imposta di aiuti fiscali nei settori dell’agricoltura e della pesca e acquacoltura, da registrare nei registri SIAN e SIPA.

Le nuove istruzioni evidenziano tuttavia che “Nel presente prospetto non vanno indicati i dati relativi agli aiuti di Stato che rientrano nell’ambito della Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19» (c.d. Temporary Framework) e successive modifiche, i cui dati necessari per la registrazione nel RNA (ad esempio, forma giuridica, dimensione impresa, settore, ecc.) sono stati già comunicati all’Agenzia delle Entrate mediante l’autodichiarazione di cui all’articolo 3 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 11 dicembre 2021, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 20 gennaio 2022 (per maggiori dettagli si rinvia alle istruzioni per la compilazione della citata autodichiarazione)”.

Allo stato attuale, per inciso, non è ancora stato pubblicato il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate che dovrà definire modalità e termini dell’autodichiarazione di cui all’art. 3 del DM 11 dicembre 2021, per cui si attendono le citate istruzioni per ulteriori indicazioni.

Nessuna compilazione dei dati ai fini dell’impresa unica

Riguardo poi al rigo RS402, in cui vanno indicati i codici fiscali dell’impresa unica in caso di regime “de minimis”, secondo le nuove istruzioni tale rigo va compilato anche in caso di aiuti ricevuti nell’ambito della Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19” (c.d. Temporary Framework), riportando anche i codici fiscali delle imprese con le quali il dichiarante si trova in una relazione di controllo ai fini della definizione di impresa unica, secondo la nozione europea di impresa utilizzata ai fini degli aiuti di Stato.

Tuttavia, le istruzioni precisano che nel caso in cui tali codici fiscali siano stati già dichiarati in sede di presentazione dell’autodichiarazione di cui all’art. 3 del DM 11 dicembre 2021, non occorre compilare il rigo RS402.

(MF/ms)
 




Agenzia delle Entrate: chiarimenti su emissione nota di variazione iva nelle procedure concorsuali

Con la circolare 20/E/2021 l’Agenzia delle Entrate ha fornito gli attesi chiarimenti in relazione alle modifiche apportate dall’articolo 18 del c.d. Decreto Sostegni bis (DL. 73/2021 convertito nella L. 106/2021).

La principale novità, che ha determinato diversi interventi all’interno della previsione contenuta nell’articolo 26 del Decreto Iva, attiene sostanzialmente alla possibilità, in caso di procedure concorsuali, di operare la nota di variazione in diminuzione sin dal momento di apertura della procedura medesima.

Riprendendo le stesse parole adottate dalle Entrate nel documento in commento “il legislatore ha, quindi, voluto “anticipare” il dies a quo relativo all’emissione della nota di variazione in diminuzione da parte del creditore in relazione alle procedure concorsuali”.

Successivamente all’emanazione del citato documento di prassi, l’Agenzia – in occasione di uno dei recenti Forum tradizionalmente organizzati dalla stampa specializzata – ha fornito un ulteriore chiarimento che, se confermato, potrebbe avere un notevole impatto operativo circa la possibilità di accelerare i tempi di recupero dell’Iva assolta in situazioni dove il cliente incorre in una procedura concorsuale, ma, nel contempo fornisce una possibile “scappatoia” a quanti, per inerzia, potrebbero farsi sfuggire il primo termine entro il quale si ritiene possibile emettere la nota di variazione in diminuzione.

Vediamo pertanto di sintetizzare, in primis, i principali chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate con la circolare 20/E/2021 e, a seguire, il chiarimento “ufficioso” che pertanto attende una conferma ufficiale.
 
 
 
I chiarimenti della circolare AdE 20/E/2021
 

Non è più necessaria la preventiva insinuazione al passivo Si ritiene che l’emissione della nota di variazione in diminuzione (a decorrere dalla data di avvio della procedura concorsuale) e, conseguentemente, la detrazione dell’imposta non incassata, non risulti preclusa al cedente/prestatore (creditore) che non abbia effettuato l’insinuazione al passivo del credito corrispondente.
Deve, quindi, intendersi superata la posizione assunta in proposito con precedenti documenti di prassi, secondo cui la nota di variazione in diminuzione è emessa in subordine alla “necessaria partecipazione del creditore al concorso” (cfr. circolare 77/2000 par.2.a, risoluzione 155/E/2001, risoluzione 89/E/2002 e risoluzione 195/E/2008.
Esercizio a partire dal quale è consentita l’emissione della nota
(dies a quo)
La data a partire dalla quale sono consentiti l’emissione della nota di variazione in diminuzione e, conseguentemente, l’esercizio del diritto alla detrazione dell’Iva in capo al cedente/prestatore è quella in cui il cessionario/committente è assoggettato alla procedura stessa.
Esercizio nel quale emettere la nota di variazione
(primo dies a quem)
La data entro cui emettere la nota di variazione in diminuzione deve essere individuata nel termine per la presentazione della dichiarazione Iva relativa all’anno in cui si sono verificati entrambi i presupposti per operare la variazione in diminuzione.
Esercizio nel quale operare la detrazione
(secondo dies a quem)
La data entro cui esercitare il diritto alla detrazione deve essere individuata nella data della liquidazione periodica Iva relativa al mese o trimestre in cui la nota viene emessa o, al più tardi, in sede di dichiarazione Iva relativa all’anno di emissione della nota.
Nota di variazione in diminuzione nel concordato preventivo In caso di concordato preventivo, a differenza delle altre procedure concorsuali, la parte dei corrispettivi fatturati dai creditori che dovrà essere pagata dai debitori sottoposti a detta procedura (debiti falcidiati) è individuata in modo specifico fin dal decreto di ammissione.
Da ciò discende, quindi, che il creditore può emettere una nota di variazione in diminuzione solo per la quota di credito chirografario destinata a restare insoddisfatta, in base alle percentuali definite dalla procedura.
Obbligo di registrazione e riversamento negli accordi di ristrutturazione e piani attestati
 
L’obbligo di registrazione della variazione, in rettifica della detrazione originariamente operata, permane in capo al cessionario/committente, negli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182-bis L.F. e nei piani attestati ai sensi dell’articolo 67, comma 3, lettera d). L.F. Tali istituti, infatti, non sono qualificabili come procedure concorsuali in senso stretto, in quanto mancano sia del carattere della “concorsualità”, sia di quello dell’“ufficialità”.
Procedure concorsuali interessate
 
Le nuove previsioni trovano applicazione solo con riferimento alle procedure concorsuali avviate dal 26 maggio 2021, data di entrata in vigore del Decreto Sostegni-bis.
Se il debitore, quindi, è stato sottoposto a una procedura concorsuale in una data precedente al 26 maggio 2021, si dovrà fare ancora riferimento alla precedente disciplina recata dal previgente testo dell’articolo 26, attendendo l’esito infruttuoso della stessa per poter emettere una nota di variazione in diminuzione.
Strumenti alternativi alla nota di variazione in diminuzione
 
 
 
  • Non è possibile presentare una dichiarazione integrativa Iva a favore ai sensi dell’articolo 8 comma 6-bis, DPR 322/1998 per recuperare l’imposta versata, laddove non si riscontri la presenza di errori ed omissioni cui rimediare (presupposti necessari ai fini della sua presentazione).
  • Per quanto concerne l’istituto disciplinato dall’articolo 30-ter DPR 633/1972, si ritiene che, trattandosi di una norma residuale ed eccezionale, questo trovi applicazione ogni qual volta sussistano condizioni oggettive che non consentono di esperire il rimedio di ordine generale (l’emissione di una nota di variazione in diminuzione). Deve ritenersi, quindi, che tale istituto non possa essere utilizzato per ovviare alla scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del diritto alla detrazione qualora tale termine sia decorso per “colpevole” inerzia del soggetto passivo.
 
Il “momento” di emissione della nota di variazione

In occasione del recente Forum organizzato dal quotidiano Italia Oggi lo scorso 13 gennaio 2022 è stato posto il seguente quesito all’Agenzia delle entrate: la nota di variazione in diminuzione può essere emessa negli anni successivi all’apertura della procedura concorsuale ma durante lo svolgimento della stessa?

Con un chiarimento che attende di essere eventualmente recepito in un documento ufficiale di prassi l’Agenzia ha risposto quanto segue:
Ciò detto, si ritiene che, per coloro che abbiano deciso di attendere l’esito della procedura – non avvalendosi della facoltà di emettere la nota di variazione alla sua apertura – la definitività del piano di riparto infruttuoso, che attesta il definitivo mancato pagamento del corrispettivo, possa costituire un autonomo presupposto per operare la variazione in diminuzione ex comma 2 dell’articolo 26”.

In pratica, secondo tali indicazioni, la nota di variazione in diminuzione potrebbe essere alternativamente emessa in due distinti momenti:

  • all’apertura della procedura concorsuale (senza doversi, quindi, insinuarsi al passivo);
  • all’esito della infruttuosità della procedura concorsuale (in questo caso con l’obbligo di doversi insinuare nella medesima).
Parrebbe pertanto esclusa – in ipotesi di probabile durata pluriennale della procedura concorsuale – la possibilità di emettere la nota di variazione in diminuzione negli anni “intermedi” della procedura stessa.

(MF/ms)
 




Bonus edilizi: scatta il divieto di sub-cessione

Il Dl 27 gennaio 2022 n. 4, recante, tra le altre, misure di contrasto alle frodi nel settore delle agevolazioni fiscali ed economiche, è stato pubblicato nella tarda serata di giovedì sulla Gazzetta Ufficiale n. 21.

Per quel che concerne i bonus edilizi, il comma 1 dell’art. 28 del Dl 4/2022 modifica il comma 1 dell’art. 121 del Dl 34/2020, disponendo ora che, relativamente alle spese sostenute dal 2020 al 2024 per gli interventi edilizi agevolati di cui al successivo comma 2, è possibile optare “alternativamente:

  1. per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d’imposta, di importo pari alla detrazione spettante, cedibile dai medesimi ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione;
  2. per la cessione di un credito d’imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione”.
La nuova formulazione consente in pratica, oltre allo sconto sul corrispettivo, solo una cessione del credito di imposta, mettendo fuori gioco tutte le cessioni successive alla prima.
La finalità di contrasto alle frodi sottostante all’innovazione normativa viene quindi perseguita eliminando alla radice la possibilità di “cessioni a catena” e consentendo esclusivamente:
  • le cessioni di crediti effettuate “direttamente” dal beneficiario che ha maturato il diritto alla corrispondente detrazione sostenendo le spese agevolate;
  • le cessioni di crediti effettuate dal fornitore che ha maturato il credito di imposta a fronte dello sconto sul corrispettivo applicato al proprio cliente per gli acquisti di beni e servizi agevolati.
Premesso che il sopravvenuto divieto di sub-cessione è entrato in vigore il 27 gennaio (giorno della pubblicazione del Dl 4/2022 in G.U.), l’art. 28 comma 2 reca una disposizione di carattere transitorio per consentire in ogni caso “una ulteriore cessione” a terzi per quei “crediti che alla data del 7 febbraio 2022 sono stati precedentemente oggetto di una delle opzioni di cui al comma 1 dell’articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020”.

Sul piano pratico, la norma transitoria aggiunge poco o nulla per quei crediti che, alla data del 7 febbraio 2022, sono stati oggetto della sola opzione per lo sconto sul corrispettivo e risultano ancora nella disponibilità del fornitore (perché già la norma a regime continua a consentire la possibilità di una ulteriore cessione a terzi del credito di imposta da parte del fornitore che lo ha maturato a fronte dello sconto sul corrispettivo applicato in fattura), mentre è di evidente interesse per tutti quei crediti di imposta che sono nella disponibilità di chi li detiene in forza di una compravendita dei crediti medesimi.

Resta da chiarire se il riferimento allo spartiacque del 7 febbraio 2022 vada letto:

  • con riguardo alla data in cui ha luogo l’esercizio dell’opzione tra le parti (cioè la data in cui si è perfezionato l’accordo di cessione tra cedente e cessionario),
  • o con riguardo alla data in cui l’opzione esercitata tra le parti viene comunicata telematicamente all’Agenzia delle Entrate,
  • o ancora con riguardo alla data in cui l’opzione si perfeziona per effetto dell’accettazione del cessionario sulla piattaforma telematica dell’Agenzia.
Se la terza ipotesi pare da scartare in partenza, rimane il dubbio tra le prime due, più pratico in verità che teorico, nel senso che, in teoria, pare pacifico che lo spartiacque debba essere riferito alla data in cui ha luogo l’esercizio dell’opzione tra le parti, ma sul piano pratico resta da verificare cosa riterrà di affermare in merito l’Agenzia delle Entrate, sin qui incline ad agganciare la decorrenza delle varie disposizioni alla data di comunicazione telematica delle opzioni.

Peraltro, nella denegata eventualità in cui fosse per l’appunto questa l’intenzione interpretativa dell’Agenzia, essa si troverebbe a essere declinata in un contesto operativo che, in modo francamente clamoroso, vede preclusa fino al 4 febbraio – giorno in cui sarà aggiornato il canale per la trasmissione delle comunicazioni – la possibilità di presentare le comunicazioni di opzione in relazione alle spese sostenute nel 2022 (rendendo quindi effettiva la disposizione transitoria, per tali fattispecie, solo nella misura in cui i contribuenti trovino “anime pie” disponibili a inviare le loro comunicazioni nell’unico weekend disponibile).

In questo evidente e preoccupante stato di logoramento del quadro operativo (che rischia di peggiorare nelle prossime settimane, a causa dell’incertezza su quale mai potrà essere il punto di caduta finale della normativa a seguito del processo di conversione in legge del decreto), il legislatore regala peraltro, al terzo e ultimo comma dell’art. 28 del Dl 4/2022, una perentoria declaratoria di nullità di tutti i contratti di cessione conclusi in violazione della nuova disciplina recata dal comma 1 dell’art. 121 del Dl 34/2020 e/o della norma transitoria di cui al comma 2 dell’art. 28 del Dl 4/2022.

(MF/ms)




Isa: approvati i modelli

Con il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 29368 pubblicato il 31 gennaio 2022 sono stati approvati i 175 modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini degli ISA (Indici sinterici di affidabilità) applicabili per il periodo d’imposta 2021, che costituiscono parte integrante dei modelli Redditi 2022.

Delle tre cause di esclusione connesse all’emergenza Covid-19 introdotte l’anno scorso, il provvedimento (così come le istruzioni alla compilazione) mantiene quella relativa ai contribuenti che hanno subito una diminuzione di almeno il 33% dei ricavi di cui all’art. 85 comma 1, esclusi quelli di cui alle lett. c), d) ed e), ovvero dei compensi di cui all’art. 54 comma 1 del Tuir, nel periodo d’imposta 2021, rispetto al periodo d’imposta 2019.

La permanenza della causa di esclusione anche per il periodo 2021 era stata approvata all’unanimità dalla Commissione degli Esperti per gli indici sintetici di affidabilità fiscale nel corso della riunione del 17 dicembre scorso.

Operando tale causa di esclusione, il modello Isa deve comunque essere compilato (senza le variabili “precalcolate”, circ. n. 16/2021, § 3.2) e allegato al modello Redditi, così come per le imprese “multiattività” che conseguono dalle attività non comprese nell’Isa relativo dell’attività prevalente ricavi superiori al 30% di quelli totali e per gli esercenti attività d’impresa e di arti o professioni che partecipano ad un gruppo Iva.

Per tutte le altre cause di esclusione, invece, è confermata l’esclusione dalla presentazione del modello Isa.

I nuovi modelli tengono conto dell’aggiornamento della classificazione delle attività economiche Ateco 2007 predisposto per la produzione e la divulgazione di dati statistici a partire dal 1° gennaio 2022, che sarà adottato per finalità statistiche e amministrative a partire dal 1° aprile 2022.

Permane nei quadri contabili F e H dei modelli l’avvertenza in merito al fatto che l’ammontare dei contributi e delle indennità di qualsiasi natura che non concorrono alla formazione del reddito, erogati in via eccezionale a seguito dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, non devono essere indicati in alcun rigo degli stessi.

Resta l’acquisizione degli ulteriori dati “precalcolati” nel Cassetto fiscale

Il provvedimento definisce inoltre le modalità per l’acquisizione degli ulteriori dati necessari ai fini dell’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale per il periodo d’imposta 2021, distinguendo tra:

  • acquisizione massiva dei dati da parte degli intermediari (differenziando ulteriormente a seconda che l’intermediario sia già in possesso di delega alla consultazione del cassetto fiscale oppure ne sia privo);
  • acquisizione puntuale da parte del contribuente e dell’intermediario delegato.
Il provvedimento indica che, in conseguenza delle attività di elaborazione degli indici da applicare a partire dal periodo d’imposta 2022, i dati economici, contabili e strutturali richiesti per l’applicazione degli Isa potranno essere accorpati, ridotti oppure sostituiti con quelli previsti nei quadri di determinazione del reddito dei modelli Redditi (come avvenuto con riguardo al quadro contabile H).

Infine, nell’allegato n. 4 al provvedimento sono individuate le attività economiche per le quali devono essere elaborati gli indici sintetici di affidabilità fiscale da applicare, a seguito del decreto di approvazione, a partire dall’annualità d’imposta 2022.

(MF/ms)
 




Il reverse charge nelle cessioni dei tablet: informazioni pratiche

Il meccanismo del reverse charge riguarda i prodotti identificati dal codice di Nomenclatura Combinata 8471 30 00 (“Tablet PC”).

Secondo quanto indicato dall’Agenzia delle Entrate con circ. 21/E/2016, per individuare i prodotti per i quali si applica il reverse charge, non deve farsi riferimento alla denominazione “commerciale” degli stessi, bensì alla circostanza che si tratti di beni della stessa qualità commerciale e con le stesse caratteristiche tecniche.

In ragione del fatto che le disposizioni in materia di Iva nazionali e comunitarie non prevedono una definizione di “Tablet PC”, può essere utile richiamare la descrizione utilizzata a livello commerciale per detti prodotti.

Si considera, generalmente, come “Tablet PC” un “computer portatile, dotato di tutta la connettività e di tutte le funzionalità che ci si aspetta da un normale PC dotato di sistema operativo”.

Oltre a queste funzionalità normali, “un Tablet PC può essere utilizzato con le dita o con una penna grazie alla presenza di un digitalizzatore integrato nello schermo”. Per cui, di fatto, “un Tablet PC è un normale PC portatile in grado di essere utilizzato in più situazioni e in più posti rispetto ad un normale PC portatile”.
 
Ambito applicativo

Il reverse charge per le cessioni di tablet PC si applica per le sole operazioni effettuate nella fase distributiva che precede quella del commercio al dettaglio dei prodotti.

Detta limitazione è giustificata dalla frequenza delle operazioni che caratterizza l’attività di commercio al dettaglio, tale da rendere particolarmente onerosa l’applicazione dell’inversione contabile.

L’esclusione dal reverse charge riguarda (ris. 36/E/2011, richiamata dalla circ. 21/E/2016):

  • le cessioni effettuate dai soggetti che esercitano attività di commercio al minuto e attività assimilate di cui all’art. 22 del Dpr 633/72, eseguite in “locali aperti al pubblico, in spacci interni, mediante apparecchi di distribuzione, per corrispondenza, a domicilio o in forma ambulante”, i cui cessionari sono, di regola, utilizzatori finali dei beni, ancorché soggetti passivi;
  • le cessioni effettuate da soggetti diversi da quelli di cui all’art. 22 del Dpr 633/72, purché eseguano le operazioni direttamente nei confronti di cessionari-consumatori finali.
Con la risposta all’interpello 894/E/2021 (in allegato alla presente) è stato invece confermato da parte dell’Agenzia delle Entrate che l’operazione rientra in regime di reverse charge se è effettuata nei confronti di cessionari soggetti passivi Iva ancorchè utilizzatori finali, inoltre non sussiste l’obbligo da parte del cedente di acquisire specifica attestazione e/o dichiarazione da parte del cessionario in ordine allo status di utilizzatore finale, ancorché soggetto passivo Iva (risposta a interpello 894/E/2021 che si allega alla presente).

Il reverse charge non è applicabile alle cessioni di beni diversi da quelli espressamente individuati dalla disposizione, come nel caso degli adattatori e dei cavi di rete (risposta a interpello 643/E/2021).
 
Soggetti non residenti

Nel caso di cessioni di tablet a soggetti non residenti, il cessionario è tenuto ad assolvere l’Iva mediante reverse charge anche se privo di stabile organizzazione in Italia.

In assenza di S.O. nel territorio dello Stato, il cessionario non residente dovrà, dunque, identificarsi ai fini Iva in Italia (ris. 28/E/2012, risposta a interpello 643/E/2021).

In sostanza, la formulazione “soggetto passivo d’imposta nel territorio dello stato” di cui all’art. 17 co. 5 del Dpr 633/72 (cui l’art. 17 co. 6 fa rinvio) si intende riferito alla generalità dei soggetti passivi (intesi come operatori economici), a prescindere dalla circostanza che siano stabiliti nel territorio dello Stato ovvero che siano ivi identificati ai fini Iva.
 
Beni usati

Il meccanismo del reverse charge è applicabile anche alle cessioni di tablet usati, sempreché non sussistano i presupposti per avvalersi del regime del margine di cui all’art. 36 del Dl 41/95.
 
Adempimenti

Sotto il profilo operativo, in caso di applicazione del reverse charge alle cessioni di tablet, il cedente è tenuto ad emettere fattura senza addebito d’imposta, con l’annotazione che trattasi di operazione soggetta all’inversione contabile, e con l’indicazione della norma di riferimento (art. 17 co. 6 lett. c) del Dpr 633/72).

Il cessionario è invece tenuto ad integrare la fattura con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e ad annotarla:

  • nel registro delle fatture emesse (o dei corrispettivi) entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro 15 giorni dal ricevimento della fattura, con riferimento al relativo mese;
  • nel registro degli acquisti, entro gli ordinari termini per l’esercizio del diritto alla detrazione Iva.
(MF/ms)



Beni e servizi non tassati ai dipendenti: torna la soglia di 258,23 euro

Dal 2022 torna a 258,23 euro il limite di non imponibilità delle erogazioni liberali in natura ai dipendenti previsto dall’art. 51 comma 3 del Tuir.

Allo stato attuale, infatti, né il Dl 146/2021 (c.d. Dl “Fisco-lavoro”), né la L. 234/2021 (legge di bilancio 2022) e nemmeno il Dl 228/2021 (c.d. Dl “Milleproroghe”) o, a quanto ci consta, la bozza del Dl “Sostegni-ter” hanno previsto la proroga del raddoppio a 516,46 euro della suddetta soglia di non imponibilità, così incrementata limitatamente al 2020 e 2021.

A norma dell’art. 51 comma 1 del Tuir, il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro (c.d. “principio di onnicomprensività”).

I beni e servizi forniti al dipendente diversi dalle somme in denaro vengono individuati con il termine fringe benefit dalla prassi dell’Amministrazione finanziaria.

L’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 51 del Tuir stabilisce, tuttavia, che non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se, complessivamente, di importo non superiore a 258,23 euro nel periodo d’imposta.

L’art. 112 del Dl 104/2020 (c.d. Dl “Agosto”) era intervenuto su tale disposizione, prevedendo che, limitatamente al periodo d’imposta 2020, l’importo del valore dei beni ceduti e dei servizi prestati dall’azienda ai lavoratori dipendenti che non concorre alla formazione del reddito ai sensi dell’art. 51 comma 3 del Tuir fosse elevato a 516,46 euro.

Successivamente, l’art. 6-quinquies del Dl 41/2021 (c.d. Dl “Sostegni”), introdotto in sede di conversione in legge, è intervenuto sull’art. 112 comma 1 del Dl 104/2020, sostituendo le parole “Limitatamente al periodo d’imposta 2020” con le parole “Limitatamente ai periodi d’imposta 2020 2021”.

Sulla base delle citate disposizioni, il raddoppio della soglia di non imponibilità riguarda quindi solo il 2020 e il 2021, tornando dal 2022 alla misura “originaria” di 258,23 euro.

Tanto premesso, si ricorda che nell’ipotesi in cui, nel periodo d’imposta, il valore dei beni e servizi in questione superi la soglia di esenzione di 258,23 euro, concorrerà a formare il reddito di lavoro dipendente l’intero importo riconosciuto e non l’eccedenza (cfr. circ. Agenzia delle Entrate n. 59/2008, § 16).

Ad esempio, nel caso in cui il valore normale dei beni e servizi complessivamente ceduti al dipendente nel periodo d’imposta 2022 sia pari a 400 euro, l’importo che concorre a formare il reddito è pari a 400 euro (e non a 141,77 euro, differenza tra 400 euro e soglia di esenzione di 258,23 euro).

Si evidenzia che la suddetta soglia di esenzione riguarda le sole erogazioni in natura, essendo invece escluse quelle in denaro (cfr. circ. Agenzia delle Entrate n. 28/2016, § 2.5.1).

In relazione alla soglia di esenzione, è stato altresì chiarito che (C.M. n. 326/97, § 2.3.1):

  • tale previsione si applica a tutti i fringe benefit, sia a quelli determinati in base al valore normale, sia a quelli determinati con metodi convenzionali (es. auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti, prestiti ai dipendenti, fabbricati in uso ai dipendenti);
  • il limite va considerato in relazione agli importi tassabili in capo al dipendente e, quindi, al netto di quanto è stato eventualmente corrisposto da quest’ultimo (comprensivo dell’eventuale Iva a carico del dipendente);
  • rilevano tutti i fringe benefit percepiti, anche se derivanti da altri rapporti di lavoro eventualmente intrattenuti nel corso dello stesso periodo d’imposta;
  • rilevano i beni ceduti e i servizi prestati non solo al dipendente, ma anche al soggetto a questo equiparato (es. pensionato, cassaintegrato), nonché al coniuge, ai figli e agli altri familiari indicati nell’art. 12 del TUIR, anche se non fiscalmente a carico;
  • si considera compenso in natura anche il diritto del dipendente di ottenere il fringe benefit da terzi.
In linea generale, anche i documenti di legittimazione (c.d. voucher) costituiscono fringe benefit in capo ai dipendenti (art. 51 comma 3-bis del Tuir).

Non rientra, invece, nell’ambito della soglia di esenzione l’importo dei buoni pasto che eccede il limite previsto dall’art. 51 comma 2 lett. c) del Tuir (circ. Agenzia delle Entrate n. 28/2016, § 2.5.2).

(MF/ms)
 




Modelli Intrastat 2022: la nuova struttura

Con la determinazione n. 493869/2021 dell’Agenzia delle Dogane e dei monopoli, d’intesa con le Entrate e l’Istat, sono stati approvati i nuovi modelli Intrastat e le nuove istruzioni di compilazione.

Le nuove modalità di presentazione si applicano a decorrere dalle operazioni effettuate nell’anno 2022. 

Sono confermate le precedenti modalità per gli elenchi riferiti al quarto trimestre 2021 o al mese di dicembre 2021, da presentare entro il 25 gennaio 2022.

La presentazione dei modelli Intrastat relativi alle vendite ha, oltretutto, assunto valore costitutivo ai fini del regime di non imponibilità Iva delle cessioni intracomunitarie, ai sensi dell’art. 41 comma 2-ter del Dl 331/93, fermi gli altri requisiti che qualificano le suddette cessioni.

Riepilogando le principali modifiche applicabili agli elenchi aventi periodi di riferimento decorrenti dal 1° gennaio 2022, si evidenzia che, per le cessioni di beni (modello Intra-1 bis):

  • i dati relativi alla natura della transazione sono stati disaggregati in due colonne A e B (quest’ultima obbligatoria solo per quei soggetti che hanno realizzato nell’anno precedente, o in caso di inizio dell’attività, presumono di realizzare nell’anno in corso, un valore delle spedizioni non superiore a 20 milioni di euro);
  • è stata prevista una semplificazione per le spedizioni di valore inferiore a 1.000 euro, in base alla quale è possibile utilizzare il codice convenzionale “99500000”, senza la necessità di procedere con la scomposizione della Nomenclatura combinata (colonna 7);
  • è introdotto, ai fini statistici, il dato relativo al Paese di origine delle merci (colonna 15).
Con riferimento alle cessioni è, altresì, introdotta la sezione 5 del modello Intra-1, vale a dire il nuovo elenco Intra-1 sexies, per le operazioni in regime di “call-off stock”, alla luce della nuova disciplina di cui all’art. 41-bis del Dl 331/93.

Nel modello, sono fornite le informazioni relative all’identità e al numero di identificazione Iva del soggetto destinatario dei beni trasferiti in un altro Stato membro sulla base di un accordo di “call-off stock”.

La compilazione dell’elenco Intra-1 sexies diviene, così, un adempimento che si aggiunge alla tenuta del registro di cui all’art. 50 comma 5-bis del Dl 331/93, ove riportare l’identità e il numero di partita Iva del soggetto passivo destinatario dei beni.

La tenuta del registro è, infatti, una delle nuove condizioni per il regime di “call-off stock” ai sensi del richiamato art. 41-bis del Dl 331/93.

Per gli acquisti di beni (modello Intra-2 bis), è confermata l’abolizione della presentazione su base trimestrale.

Per i soggetti tenuti alla presentazione mensile, la soglia di presentazione è innalzata a 350.000 euro (per gli acquisti effettuati nel trimestre o in almeno uno dei quattro trimestri precedenti), rispetto alla precedente soglia di 200.000 euro.

Inoltre, negli elenchi relativi agli acquisti intracomunitari di beni (Intra-2 bis) non sono più rilevate le informazioni relative allo Stato del fornitore, al codice Iva del fornitore e all’ammontare delle operazioni in valuta.

Come già rilevato per le cessioni, anche per gli acquisti di beni:

  • è possibile avvalersi del codice convenzionale “99500000”, nel caso di spedizioni di valore inferiore a 1.000 euro, senza disaggregare il dato della nomenclatura combinata;
  • i dati relativi alla natura della transazione sono stati suddivisi in due colonne A e B (quest’ultima non obbligatoria nel caso in cui il valore degli acquisti non superi 20 milioni di euro).
Relativamente alle prestazioni di servizi ricevute (modello Intra-2 quater), oltre alla conferma del venir meno dell’obbligo di presentazione su base trimestrale, rimane ferma la soglia di 100.000 euro (per almeno uno dei quattro trimestri precedenti).

Non è più prevista l’indicazione dei dati relativi al codice Iva del fornitore, all’ammontare delle operazioni in valuta, alla modalità di erogazione del servizio, alla modalità di incasso del corrispettivo, nonché al Paese di pagamento.

Resta possibile riepilogare, sommando i relativi importi, tutti i servizi ricevuti che presentano medesime caratteristiche, vale a dire il caso in cui siano uguali lo Stato della controparte, il codice del servizio, nonché il numero e la data della fattura (se forniti).
 

Abolito l’obbligo per le cessioni a San Marino

In via più generale, si rammenta che, per le operazioni effettuate dal 1° ottobre 2021, è venuto meno l’obbligo di indicare nei modelli i dati riferiti alle cessioni di beni verso San Marino anche laddove l’operazione sia certificata con fattura in formato cartaceo. Lo ha precisato un avviso dell’Agenzia delle Dogane e dei monopoli datato 16 dicembre 2021.

Il Dm 21 giugno 2021, infatti, nel disciplinare gli scambi tra i due Paesi, ha abrogato il precedente Dm 24 dicembre 1993, con effetti dal 1° ottobre 2021, abolendo di conseguenza l’obbligo di compilazione degli elenchi relativi alle vendite (Intra-1 bis e Intra-1 ter), per la sola parte fiscale, in riferimento alle cessioni di beni non imponibili dall’Italia a San Marino.

(MF/ms)