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Vendite intra-Ue con Iva se l’acquirente non è iscritto al Vies

Dall’1 luglio 2021 sono entrate in vigore le nuove regole Iva per il commercio elettronico, che riformano in modo significativo la disciplina applicabile alle vendite a distanza intra-Ue di beni.

Tra le novità di maggiore rilievo vi è la previsione, in luogo delle precedenti soglie di riferimento nazionali, di una soglia unica unionale pari a 10.000 euro oltre la quale tali vendite sono considerate rilevanti nello Stato di destinazione dei beni. La soglia in parola, da verificare su base annuale (nell’anno precedente e in quello in corso), tiene conto di tutte le vendite a distanza intracomunitarie effettuate dal fornitore, oltre che delle prestazioni di servizi Tte rese a privati in altri Stati membri (art. 59-quater della direttiva 2006/112/Ce).
Occorre rilevare che, sebbene le misure descritte riguardino principalmente i soggetti passivi Iva che effettuano vendite intra-Ue B2C, in talune ipotesi potrebbero incidere anche sull’operatività dei soggetti che di regola effettuano vendite intra-Ue B2B.
Si pensi a un’impresa italiana che, normalmente, effettua cessioni intracomunitarie di beni (B2B), curandone il trasporto direttamente o indirettamente, per le quali emette fattura non imponibile ex art. 41 comma 1 lett. a) del DL 331/93. L’imposta è applicata nello Stato membro di destinazione dall’acquirente mediante il meccanismo del reverse charge.

La medesima impresa potrebbe ricevere eccezionalmente ordini di acquisto (anche per importi elevati) da parte di soggetti passivi in altri Stati membri che, operando quasi sempre localmente, non hanno provveduto ad iscriversi al Vies. In tal caso, il regime di non imponibilità Iva non può ritenersi applicabile e l’operazione dovrebbe essere riqualificata come vendita a distanza intra-Ue rilevante nello Stato di destinazione dei beni.

Si ricorda che, dal 1° gennaio 2020, la direttiva 2018/1910/Ue (attualmente in corso di recepimento da parte dell’Italia) individua l’iscrizione al Vies come condizione sostanziale per l’applicazione del regime di non imponibilità Iva sugli scambi intracomunitari (art. 138 della direttiva 2006/112/Ce). In assenza di tale requisito, perciò, l’operazione non può qualificarsi come cessione intra-Ue non imponibile.
Quanto all’acquirente, egli, pur essendo in possesso di una partita Iva attiva e pur operando nell’ambito dell’attività economica, dovrebbe essere equiparato, per la stessa operazione, a un “privato consumatore”, con conseguente indetraibilità dell’imposta sull’acquisto. Ai sensi dell’art. 18 del Reg. Ue 282/2011, il fornitore che abbia ricevuto comunicazione del numero di identificazione IVA dal destinatario stabilito nell’Ue può considerare quest’ultimo come soggetto passivo (salvo che disponga di informazioni contrarie), soltanto qualora abbia ottenuto conferma mediante il sistema VIES della validità del numero identificativo.

Tornando al caso in esame, dunque, la cessione dei beni da parte dell’impresa italiana nei confronti del soggetto Ue non iscritto al Vies potrebbe essere ricondotta tra le vendite a distanza intracomunitarie di beni, così come definite dall’art. 14 della direttiva 2006/112/Ce (art. 38-bis del DL 331/93). In particolare, affinché possa configurarsi una vendita a distanza intra-Ue occorre che:

  • i beni siano spediti o trasportati a partire da uno Stato membro diverso da quello di arrivo a privati o soggetti equiparati;
  • il trasporto sia curato dal fornitore (anche indirettamente) o da terzi per suo conto;
  • i beni ceduti siano diversi da mezzi di trasporto nuovi e da beni ceduti previo montaggio o installazione, con o senza collaudo, da parte del fornitore o per suo conto;
Tali operazioni, come accennato, sono soggette ad Iva:
  • nello Stato di partenza dei beni, se il fornitore non ha superato la soglia annua di riferimento;
  • nello Stato di destinazione, se il fornitore ha superato la suddetta soglia.
In base alla disciplina vigente fino al 30 giugno 2021, però, un’impresa che effettuava sporadicamente operazioni B2C nell’Ue difficilmente poteva trovarsi a superare le soglie nazionali fissate dagli altri Stati membri (comprese tra 35.000 e 100.000 euro). Pertanto, pur non potendo qualificare la cessione come intracomunitaria, si trovava ad applicare l’aliquota Iva nazionale, senza necessità di assolvere gli obblighi Iva nello Stato di destinazione dei beni.

La previsione della soglia unica e complessiva di 10.000 euro, invece, rende più frequenti rispetto al passato le ipotesi di tassazione delle vendite “a destino”. L’impresa in argomento, pertanto, potrebbe trovarsi facilmente a superare il nuovo limite, con tutti gli oneri che ne conseguono, ossia l’identificazione nello Stato di destinazione dei beni ovvero l’adesione all’Oss.

È tuttavia probabile che, in un contesto nel quale si generano oneri aggiuntivi per il cedente e costi legati all’indetraibilità dell’imposta per il cessionario, quest’ultimo preferisca registrarsi ai fini del Vies.

(MF/am)




Valute estere giugno 2021

 

Art. I

Agli effetti delle norme del titolo I del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che vi fanno riferimento, le medie dei cambi delle valute estere calcolati a titolo indicativo dall’ Uic sulla base di quotazione di mercato sono accertate per il mese di giugno 2021 come segue:
 

  Per 1 Euro
Dinaro Algerino 161.2053
Peso Argentino 114,6489
Dollaro Australiano 1,5761
Real Brasiliano 6,0693
Dollaro Canadese 1,4713
Corona Ceca 25.4536
Renminbi Yuan Cina Repubblica Popolare 7,7391
Corona Danese 7,4364
Yen Giapponese 132,6314
Rupia Indiana 88,6298
Corona Norvegese 10,1444
Dollaro Neozelandese 1,6944
Zloty Polacco 4,5005
Lira Sterlina 0,85872
Leu Rumeno 4,9238
Rublo Russo 87,4561
Dollaro USA 1,2047
Rand Sud Africa 16,754
Corona Svedese 10,1172
Franco Svizzero 1,094
Dinaro Tunisino 3,3221
Hryvnia Ucraina 32,7993
Forint Ungherese 349.9373
 

 
Sul sito dell’Agenzia delle Entrate, al seguente link, cambi di giugno sono a disposizione i dati sui cambi relativi alle restanti valute riportate nel decreto in oggetto.

(MP/bd)
 




Versamento imposte: proroga dimezzata per i contribuenti Isa e forfetari

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 154 del 30 giugno scorso, è stato pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 giugno 2021 che dispone la proroga dei versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi, Irap e Iva dei contribuenti interessati dall’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale (Isa), compresi quelli aderenti al regime forfetario o dei c.d. “minimi”.

È quindi confermata la scadenza del 20 luglio 2021 per effettuare, senza la maggiorazione dello 0,4%, i versamenti che sarebbero scaduti il 30 giugno 2021.

A differenza dello scorso anno (cfr. Dpcm 27 giugno 2020), il Dpcm 28 giugno 2021 non prevede però la facoltà di effettuare i suddetti versamenti dal 21 luglio al 20 agosto 2021, con la maggiorazione dello 0,4% a titolo di interesse corrispettivo.

Rispetto alla proroga disposta per il 2020 e ad analoghe proroghe intervenute in anni precedenti, il Dpcm 28 giugno 2021, a fronte della “classica” proroga dal 30 giugno al 20 luglio 2021 dei versamenti senza la maggiorazione dello 0,4%, non ha provveduto a “rimodulare” anche il termine previsto per il versamento con lo 0,4%, consentendolo nel periodo dal 21 luglio al 20 agosto 2021.

Il comunicato stampa del Ministero dell’Economia e delle finanze n. 133 del 28 giugno 2021 non conteneva indicazioni al riguardo, ma la possibilità di beneficiare del termine “lungo” del 20 agosto per i versamenti con la maggiorazione dello 0,4% appariva del tutto probabile.

Anche lo scorso anno, infatti, il comunicato del Mef n. 147 del 22 giugno 2020, nell’annunciare la proroga, non faceva riferimento alla possibilità di versare entro il 20 agosto con lo 0,4%, facoltà invece poi “puntualmente” prevista dal Dpcm 27 giugno 2020, come avvenuto per analoghe proroghe in anni precedenti.

La diversa formulazione del Dpcm 28 giugno 2021 costituisce quindi una sostanziale novità, la quale comporta che il termine per i versamenti con la maggiorazione dello 0,4% a titolo di interesse corrispettivo rimanga fermo al 30 luglio 2021 per tutti i contribuenti che avevano come scadenza ordinaria il 30 giugno 2021.

In sostanza, per i soggetti che rientrano nell’ambito di applicazione del Dpcm 28 giugno 2021, la proroga da esso prevista è limitata a escludere la maggiorazione dello 0,4% per i primi 20 giorni, quindi fino al 20 luglio 2021; dopo tale data si ritorna al regime ordinario, con applicazione dello 0,4% dal 21 luglio e termine di versamento al 30 luglio 2021.

Il Dpcm 28 giugno 2021 conferma invece l’ambito soggettivo della proroga e le tipologie di versamenti interessati.

Come lo scorso anno, la proroga riguarda i soggetti che:

  • esercitano attività economiche per le quali sono stati approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale (Isa) e dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito, per ciascun indice, dal relativo decreto di approvazione del Ministro dell’Economia e delle finanze (pari a 5.164.569 euro);
  • applicano il regime forfetario di cui all’art. 1 commi 54-89 della L. 190/2014;
  • applicano il regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità di cui all’art. 27 comma 1 del Dl 98/2011 (c.d. “contribuenti minimi”);
  • presentano altre cause di esclusione dagli Isa (es. inizio o cessazione attività, non normale svolgimento dell’attività, determinazione forfetaria del reddito, ecc.), comprese quelle che sono state previste a seguito dell’emergenza da Covid-19.
Sono invece esclusi dalla proroga i contribuenti che svolgono attività agricole e che sono titolari solo di redditi agrari ai sensi degli artt. 32 ss. del Tuir (cfr. risposta a interpello Agenzia delle Entrate n. 330/2019).

Confermato inoltre che la proroga si estende ai soggetti che:

  • partecipano a società, associazioni e imprese che presentano i suddetti requisiti;
  • devono dichiarare redditi “per trasparenza”, ai sensi degli artt. 5, 115 e 116 del Tuir.
Con riferimento alle tipologie di versamenti interessati, il Dpcm 28 giugno 2021 conferma che la proroga riguarda i versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi, Irap e Iva. La proroga si estende quindi ai versamenti che seguono gli stessi termini delle imposte dirette (es. contributi Inps artigiani, commercianti e professionisti, Iva per adeguamento agli Isa, diritto camerale).

La proroga in esame non riguarda comunque i soggetti Ires che hanno termini ordinari di versamento successivi al 30 giugno 2021 per effetto della data di:

  • approvazione del bilancio o rendiconto (es. società di capitali “solari” che approvano il bilancio 2020 entro 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio);
  • chiusura del periodo d’imposta (es. società di capitali con esercizio 1° luglio 2020-30 giugno 2021).
(MF/ms)



Cartelle di pagamento e dilazione dei ruoli: sospeso il versamento fino al 30.09.21

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il 30 giugno un decreto legge contenente misure urgenti in materia fiscale, di tutela del lavoro, dei consumatori e di sostegno alle imprese.

In base alla bozza circolata prima della riunione, viene disposta, ancora una volta, la sospensione dei termini di pagamento di somme derivanti da cartelle di pagamento, accertamenti esecutivi e avvisi di addebito Inps.

Non viene, di contro, prorogato il termine per il pagamento delle rate da rottamazione dei ruoli, né vengono dettate norme specifiche per la ripresa delle rate da dilazione delle somme iscritte a ruolo.

Come anticipato, i versamenti derivanti da cartelle di pagamento scadenti dall’8 marzo 2020 al 31 agosto 2021 sono sospesi, e vanno eseguiti, in unica soluzione, entro la fine del mese successivo, dunque entro il 30 settembre 2021.

In base alla normativa vigente, la sospensione sarebbe terminata a fine giugno e il pagamento sarebbe dovuto avvenire entro il 31 luglio 2021.

Uguale considerazione, per espressa disposizione normativa, vale per gli accertamenti esecutivi in tema di fiscalità locale, in materia doganale e per gli avvisi di addebito emessi dall’Inps.

Non resta che ribadire, ancora una volta, come la proroga debba applicarsi anche agli accertamenti esecutivi ex art. 29 del Dl 78/2010, relativi a imposte sui redditi, Iva e Irap, siccome così prevede la legge.

Non può accettarsi l’opinione dell’Agenzia delle Entrate (per tutte, si veda la circolare n. 5 del 2020), secondo cui la proroga, per gli accertamenti esecutivi, opera solo per la fase successiva all’affidamento del carico, quindi mai in considerazione del fatto che nella menzionata fase nemmeno ci sono termini di versamento propriamente intesi.

Premesso ciò, i pagamenti andranno eseguiti entro fine settembre 2021, ma sarà comunque possibile domandare la dilazione dei ruoli.

Ove la domanda venga presentata entro il 30 settembre 2021, il debitore non potrà considerarsi moroso.

Anche le rate da dilazione dei ruoli ex art. 19 del Dpr 602/73, se scadenti nel predetto iato temporale, sono destinate ad essere prorogate.

Emerge in questa ipotesi un problema non da poco.

Ormai dal marzo 2020 le rate sono state oggetto di continue proroghe, quindi, in assenza di un intervento ad hoc del legislatore, i debitori, a settembre 2021, dovranno pagare un considerevole numero di rate.

In considerazione del periodo emergenziale, il Dl 137/2020, per facilitare i debitori, ha solo previsto che la decadenza si verifica a seguito del mancato pagamento di dieci rate anche non consecutive, e non di cinque.

A questo punto, appare imprescindibile un intervento atto a spalmare il debito da dilazione in un arco temporale maggiore, in considerazione del fatto che molti debitori non hanno i fondi per onorare un carico che viene potenzialmente ad essere pesante.

Sempre per effetto delle disposizioni contenute nella bozza, non saranno adottati pignoramenti né disposte misure cautelari sino al 31 agosto 2021. Del pari, le procedure di blocco dei pagamenti delle Pubbliche Amministrazioni sono sospese sino al 31 agosto 2021.

Urge una norma ad hoc per la ripresa delle dilazioni dei ruoli

In modo analogo, la procedura di compensazione volontaria dei crediti d’imposta con debiti iscritti a ruolo (art. 28-ter del Dpr 602/73) non opera sino a fine agosto 2021.

Nulla viene detto per il pagamento delle rate da rottamazione dei ruoli e da saldo e stralcio degli omessi versamenti, che continua a dover avvenire:

  • entro il 31 luglio 2021 per le rate scadute nel 2020;
  • entro il 30 novembre 2021 per le rate in scadenza il 28 febbraio, il 31 marzo, il 31 maggio e il 31 luglio 2021.
(MF/ms)



Memorizzazione fatture elettroniche e adesione al servizio di consultazione : ufficiale la proroga al 30.09.21

È stato emanato in data 30 giugno il Provvedimento direttoriale 30 giugno 2021, n. 17289 , con il quale l’Agenzia delle Entrate ha disposto:
  1. la proroga dal 30 giugno 2021 al 30 settembre 2021 del periodo transitorio per la memorizzazione delle fatture elettroniche;
  2. la possibilità, per gli operatori Iva, i loro intermediari delegati e i consumatori finali, di aderire – entro il 30 settembre – al servizio di consultazione e acquisizione delle proprie fatture elettroniche.
Al riguardo si ricorda quanto segue:
  • con il Provvedimento 21 dicembre 2018, n. 524526, sono state modificate le modalità – previste dal Provvedimento 30 aprile 2018, n. 89757- con le quali l’Agenzia delle Entrate memorizza e rende disponibili in consultazione agli operatori Iva o ai loro intermediari, le fatture elettroniche emesse e ricevute nonché, ai consumatori finali, le fatture elettroniche ricevute. Si tratta in particolare del servizio di “Consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche o dei loro duplicati informatici”;
  • l’art. 14 del Dl. 26 ottobre 2019, n. 124, modificando l’art. 1 del D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 127, ha previsto nuovi termini per la memorizzazione delle fatture elettroniche e ha disposto che i dati contenuti nelle fatture possano essere utilizzati dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Entrate.
(MF/ms)



Imu: le esenzioni dal pagamento per Covid-19 vanno dichiarate entro il 30 giugno 21

Il comma 769 dell’art. 1 della L. 160/2019 contiene le disposizioni riguardanti la dichiarazione dell’Imu così come ridisciplinata a decorrere dal 1° gennaio 2020.

Al riguardo si evidenzia che la dichiarazione:

  • deve essere presentata, in alternativa trasmessa telematicamente, entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione;
  • ha effetto anche per gli anni successivi (purché non siano intervenute variazioni rilevanti ai fini del calcolo dell’imposta; cfr. ris. Min. Economia e finanze 6 novembre 2020 n. 7/DF).
  • Così se il possesso dell’immobile ha avuto inizio o sono intervenute variazioni nel corso del 2020 la dichiarazione Imu deve essere presentata entro il 30 giugno 2021 (circ. Mef 18 marzo 2020 n. 1/DF).
Un apposito Dm individuerà i casi in cui la dichiarazione sarà obbligatoria, ma fintanto che il nuovo modello non viene approvato, può essere utilizzato quello previsto dal Dm 30 ottobre 2012.

Il comma 769 dell’art. 1 della L. 160/2019 e le istruzioni per la compilazione del modello approvato dal Dm 30 ottobre 2012 stabiliscono che l’obbligo dichiarativo sorge soltanto nei seguenti casi:

  •  quando sono intervenute variazioni rispetto a quanto risulta dalle dichiarazioni già presentate;
  • nei casi in cui si sono verificate variazioni che non sono, comunque, conoscibili al Comune.
Oltre ai casi espressamente indicati dal citato comma 769 per beneficiare delle esenzioni Imu (es. per gli immobili “merce” dal 2022 e per gli immobili assimilati all’abitazione principale destinati ad alloggi sociali o delle Forze armate), nella risposta Min. Economia e finanze 8 giugno 2021, il Dipartimento delle Finanze ha evidenziato che i soggetti che nel 2020 hanno fruito dell’esenzione dal versamento della prima e/o seconda rata Imu 2020, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica Covid-19, sono tenuti a presentare la dichiarazione Imu entro il 30 giugno 2021 per comunicare il diritto al beneficio fiscale.

Secondo le Finanze, infatti, queste informazioni non sarebbero a conoscenza dei Comuni e nel modello dichiarativo i soggetti passivi dovranno barrare la casella “esenzione”.

L’esenzione dal versamento della prima e/o della seconda rata dell’Imu per l’anno 2020 è stabilita:

  •  dall’art. 177 del Dl 34/2020 secondo cui non è dovuta la prima rata Imu 2020 relativa a determinati immobili (stabilimenti balneari e termali, immobili in D/2 e relative pertinenze e immobili degli agriturismi, dei villaggi turistici, degli ostelli della gioventù, dei rifugi di montagna, delle colonie marine e montane, degli affittacamere per brevi soggiorni, delle case e appartamenti per vacanze, dei bed & breakfast, dei residence e dei campeggi, a condizione che i relativi soggetti passivi Imu siano anche gestori delle attività ivi esercitate, nonché immobili rientranti nella gruppo D in uso da parte di imprese esercenti attività di allestimenti di strutture espositive nell’ambito di eventi fieristici o manifestazioni);
     
  • dall’art. 78 del Dl 104/2020 (c.d. decreto “Agosto”) secondo cui non è dovuta la seconda rata dell’Imu 2020 per gli immobili adibiti a stabilimenti balneari marittimi, lacuali e fluviali, nonché immobili degli stabilimenti termali, gli immobili rientranti nella categoria D/2 e relative pertinenze, immobili degli agriturismi, dei villaggi turistici, degli ostelli della gioventù, dei rifugi di montagna, delle colonie marine e montane, degli affittacamere per brevi soggiorni, delle case e appartamenti per vacanze, dei bed & breakfast, dei residence e dei campeggi, a condizione che i relativi soggetti passivi siano anche gestori delle attività ivi esercitate (l’esenzione per le pertinenze di immobili rientranti nella categoria D/2 si applica anche relativamente alla prima rata 2020), gli immobili rientranti nella gruppo D in uso da parte di imprese esercenti attività di allestimenti di strutture espositive nell’ambito di eventi fieristici o manifestazioni, gli immobili rientranti nella categoria D/3 destinati a spettacoli cinematografici, teatri e sale per concerti e spettacoli, a condizione che i relativi soggetti passivi siano anche gestori delle attività ivi esercitate, gli immobili destinati a discoteche, sale da ballo, night-club e simili, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività ivi esercitate;
     
  • dagli artt. 9, 9-bis e 9-ter del Dl 137/2020 (c.d. decreto “Ristori”) che hanno stabilito che non è dovuta la seconda rata dell’Imu per l’anno 2020 per gli immobili e relative pertinenze nei quali si esercitato le attività riferite ai codici Ateco specificatamente individuati (allegato 1), a condizione che i relativi soggetti passivi siano anche gestori delle attività ivi esercitate e per gli immobili dove si esercitano le attività riferite ai codici Ateco riportati nell’allegato 2, a condizione che i soggetti passivi siano anche gestori delle attività e che gli immobili siano siano ubicati nel territorio di una “zona rossa.
(MF/ms)
 



Super Ace 2021 anche come credito d’imposta

La maggiore appetibilità della Super Ace 2021, rispetto all’Ace “ordinaria”, discende non soltanto dal ben più elevato coefficiente di remunerazione della variazione in aumento del capitale proprio (15% contro 1,3%), ma anche dalla possibilità di fruire dell’agevolazione, in alternativa alle modalità “ordinarie”, nella forma di un credito di imposta che può essere (art. 19 comma 6 del Dl. 73/2019):
  • utilizzato, senza limiti di importo, in compensazione ai sensi dell’art. 17 del D.lgs. 241/97;
  • chiesto a rimborso;
  • ceduto a terzi, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti (in questo caso, sia il primo che i successivi cessionari fruiscono del credito di imposta con le stesse modalità previste per l’originario beneficiario).
L’opzione per la fruizione della Super Ace 2021 nella forma di credito di imposta compensabile senza limiti, rimborsabile o cedibile, deve essere esercitata mediante presentazione all’Agenzia delle Entrate di apposita comunicazione.

Ai sensi del comma 7 dell’art. 19 del Dl. 73/2021, le modalità, i termini di presentazione e il contenuto della comunicazione (nonché le modalità attuative per la cessione del credito) saranno approvate con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate che dovrà essere emanato entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del Dl. 73/2021.

Ai sensi dell’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 19 del Dl. 73/2021, il credito di imposta è utilizzabile già a partire dal giorno successivo a quello in cui si verifica un incremento rilevante del capitale proprio, fermo restando che deve venire previamente presentata l’apposita comunicazione all’Agenzia delle Entrate.

In particolare, ferma restando la previa presentazione della predetta comunicazione, il credito di imposta è utilizzabile a partire dal giorno successivo:

  • del versamento del conferimento in denaro;
  • della definitiva rinuncia da parte del socio al credito vantato verso la società (o del suo utilizzo in compensazione con il debito da sottoscrizione delle azioni o quote);
  • della delibera assembleare che destina a riserva, in tutto o in parte, l’utile dell’esercizio.
Se, a causa di eventi rilevanti successivi, la variazione in aumento del capitale proprio diviene inferiore di quella riconducibile agli incrementi rilevanti sui quali è stato calcolato e fruito il credito di imposta, il credito di imposta deve essere restituito in proporzione a tale minore importo.

Ai sensi del comma 3 dell’art. 19 del Dl. 73/2021, il credito di imposta spettante a titolo di super Ace 2021 si determina applicando sugli incrementi rilevanti, fermo restando il limite massimo di 5 milioni di euro, il coefficiente di remunerazione del 15% e le aliquote di imposta previste dagli artt. 11 (aliquote Irpef progressive per scaglioni) e 77 (aliquota Ires proporzionale del 24%) del Tuir.

Quanto precede implica che, nel caso di incrementi rilevanti per 1.000.000 di euro (cfr. circ. n. 21/2015, § 2.2):

  • se il beneficiario è un soggetto Ires, il credito di imposta super Ace 2021 è pari a 36.000 euro (= 1.000.000 x 15% x 24%);
  • se il beneficiario è un soggetto Irpef, il credito di imposta super Ace 2021 è pari a 63.475,50 euro [= 15% x (15.000 x 23% + 13.000 x 27% + 27.000 x 38% + 20.000 x 41% + 925.000 x 43%)].
Oltre che utilizzabile in compensazione ex art. 17 del D.lgs 241/97 senza limiti, richiedibile a rimborso e cedibile a terzi con facoltà di ulteriori cessioni, il credito di imposta super Ace 2021 (comma 6 dell’art. 19 del Dl. 73/2021):
  • non è produttivo di interessi;
  • non concorre alla formazione del reddito di impresa e della base imponibile Irap, né rileva ai fini del rapporto di cui all’art. 109 comma 5 del Tuir.
È inoltre previsto che “il credito di imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi”.

Ai sensi del secondo periodo del comma 6 dell’art. 19 del Dl. 73/2021, i soggetti che acquistano il credito di imposta dall’originario beneficiario della Super Ace 2021 (o che lo acquistano da altri che sono stati a loro volta cessionari del medesimo e non originari beneficiari dell’agevolazione) “rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito di imposta in modo irregolare o in misura maggiore al credito ricevuto”.

Il principio è lo stesso che vale, nell’ambito dell’art. 121 del Dl. 34/2020, per le cessioni dei crediti di imposta corrispondenti alle detrazioni “edilizie”.

(MF/ms)




Aiuti Covid: modalità di pubblicazione entro l’1 gennaio 2022

Tra le pieghe del cd. “Decreto Riaperture”, DL. 22 aprile 2021, n. 52, nel corso del percorso di conversione del decreto in legge, ha trovato spazio anche una misura che con le riaperture non ha assolutamente nulla a che fare, ma che era più che auspicata per quanto, a parere di chi scrive, utile solo a rinviare un problema, invece che a risolverlo.

Ci riferiamo all’obbligo di indicazione in nota integrativa, o di pubblicazione su proprio sito internet, oppure – se sprovvisti – sui portali delle associazioni di categoria, delle informazioni relative ai contributi o sussidi statali ricevuti nell’anno precedente.

Tale obbligo, previsto dall’articolo 1, commi 125 e seguenti della Legge 124/2017, come modificato dall’articolo 35 del decreto “Crescita”, decreto-legge 34/2019, prevede che:

  • le imprese che esercitano attività commerciali di cui all’art. 2195 c.c. (sono quindi esclusi i liberi professionisti), nonché le Onlus, le fondazioni e talune cooperative sociali;
  • sono tenute ordinariamente entro il termine del 30 giugno;
  • all’indicazione in nota integrativa (bilancio ordinario) oppure alla pubblicazione sul proprio sito internet ed in mancanza sul sito delle associazioni di categoria;
  • delle informazioni relative a sovvenzioni, sussidi, vantaggi, contributi o aiuti, in denaro o in natura, non aventi natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria, effettivamente erogati alle imprese stesse dalle pubbliche amministrazioni nell’anno precedente, se di importo superiore a 10mila euro nel periodo interessato.
In caso di mancato adempimento, ai sensi dell’articolo 1 comma 125-ter della L. 124/2017 sono previste sanzioni pesanti, per non dire esorbitanti, soprattutto se si pensa all’applicazione di questa disposizione (nata per garantire “trasparenza” in ordine alle imprese che si giovano di aiuti statali), alla particolare natura dei numerosi aiuti Covid-19 riconosciuti, che francamente non si vede come possano creare squilibri di mercato che non siano quello di tentare di tenere in vita le imprese stesse.

Tali sanzioni sono così definite:

  • sanzione peri all’1% degli importi ricevuti, con un minimo di 2.000 euro, nonché sanzione accessoria dell’adempimento agli obblighi di pubblicazione;
  • decorsi 90 giorni dalla contestazione senza che il trasgressore abbia ottemperato agli obblighi di pubblicazione e al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria, si applica la sanzione della restituzione integrale del beneficio ai soggetti eroganti.
A questo punto è doveroso dare evidenza la novità introdotta con il Dl. 52/2021: l’articolo 11-sexiesdecies dispone una proroga delle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 125-ter, della legge 4 agosto 2017, n. 124, ovvero interviene sull’aspetto sanzionatorio, prevedendo che per l’anno 2021 il termine ultimo di pubblicazione è prorogato al 1° gennaio 2022.

Di conseguenza, gli obblighi di pubblicazione degli importi e delle informazioni relative ai contributi,sovvenzioni, aiuti ricevuti nel periodo 1° gennaio 2020 – 31 dicembre 2020 potrà essere adempiuto entro il 1° gennaio 2022, invece che entro il 30 giugno 2021.

Si tratta senza dubbio di una (piccola) buona notizia, mentre resta lo stupore nel constatare che nonostante si sia attraversata – o meglio, si stia ancora attraversando – una pandemia di proporzioni epiche, il delirio burocratico non accenna a fare il benché minimo passo indietro: anche gli aiuti Covid, quindi, dopo essere stati evidenziati in Redditi, eventualmente essere ripresi in RU se trattasi di crediti di imposta, ulteriormente riportati nel quadro RS ai fini della pubblicazione nel registro degli Aiuti di Stato, continueranno a perseguitarci anche per l’obbligo di pubblicazione sul sito internet del contribuente o dell’associazione di categoria.

Peraltro, come specificato dal comma 125-quinquies della L. 124/2017, anche laddove ci si trovi dinnanzi a aiuti di stato e aiuti de minimis contenuti nel RNA, pubblicati nella sezione trasparenza a cura dei soggetti che concedono o gestiscono gli aiuti, non ci si potrà esimere dalla pubblicazione; infatti, si dovrà comunque dichiarare l’esistenza di aiuti oggetto di obbligo di pubblicazione nell’ambito del Registro nazionale degli aiuti di Stato nella nota integrativa del bilancio oppure, per i soggetti non tenuti alla redazione della nota integrativa, sul proprio sito internet o, in mancanza, sul portale digitale delle associazioni di categoria di appartenenza.

Sfugge la logica di tutto questo, e ancor più pare essere sfuggito al legislatore che non tutti i contribuenti dispongono di un sito internet, e nemmeno sono iscritti ad una qualsivoglia associazione di categoria, e grida veramente vendetta il fatto che possano essere costretti ad iscriversi solo per adempiere all’ennesima (del tutto inutile) comunicazione.

Peraltro, anche l’indicazione dei contributi in nota integrativa vale a titolo di “pubblicità” solo in casi limitati.

Infatti, l’indicazione in nota integrativa nel caso di bilancio abbreviato o in calce allo stato patrimoniale, nel caso delle microimprese, parrebbe non essere sufficiente, posto che l’articolo 1 comma 125-bis della L. 124/2017 testualmente recita “I soggetti che redigono il bilancio ai sensi dell’articolo 2435-bis del codice civile e quelli comunque non tenuti alla redazione della nota integrativa assolvono all’obbligo di cui al primo periodo mediante pubblicazione delle medesime informazioni e importi, entro il 30 giugno di ogni anno, su propri siti internet, secondo modalità liberamente accessibili al pubblico o, in mancanza di questi ultimi, sui portali digitali delle associazioni di categoria di appartenenza.” A tal proposito, vedasi anche Tassonomia Principi Contabili Italiani versione 2018-11-04: istruzioni operative per il suo utilizzo in conseguenza delle variazioni normative XBRL. Si arriva così alla conclusione paradossale che proprio i soggetti più piccoli, seppure costituiti sotto forma di società di capitale, non possano eludere il problema del sito o dell’associazione di categoria, nemmeno dando le dovute notizie in sede di deposito di bilancio.

In ogni caso, se ne riparla per la scadenza del 1° gennaio 2022, sperando che nel frattempo si abbia il buon cuore di eliminare questo ennesimo appesantimento, quanto meno con riferimento a tutti gli aiuti che sono stati concessi in ragione dell’emergenza epidemiologica.

(MF/ms)




Contributo automatico Decreto Sostegni-bis, al via gli accrediti

Dovrebbe partire dal 16 giugno 2021, l’erogazione dei contributi a fondo perduto “automatici” previsti dall’art. 1 commi 1-4 del Dl 73/2021 (c.d. decreto “Sostegni-bis”).
 
Stando a quanto annunciato durante un’audizione informale del Ministro dell’economia e delle finanze, Daniele Franco – ma non confermato, al momento, da alcun comunicato ufficiale – l’Agenzia delle Entrate dovrebbe iniziare dal 16 giugno a corrispondere i contributi a fondo perduto, con la stessa modalità scelta per il precedente (accredito diretto o credito d’imposta da utilizzare in compensazione nel modello F24), senza necessità di presentare alcuna istanza.
 
Il contributo è riconosciuto in misura pari a quello del Dl “Sostegni”.

Secondo il Ministro, “il 16 giugno l’Agenzia delle Entrate effettuerà un pagamento a tutti coloro che hanno beneficiato del primo intervento, dello stesso importo”.
 
Il numero delle domande relative all’agevolazione del decreto Sostegni è stato leggermente inferiore al previsto: le risorse non utilizzate sia nel Dl 41/2021, sia nell’intervento che ripete il Dl 41/2021 saranno poi utilizzate per rafforzare altri contributi a fondo perduto.
 
Nella medesima audizione il Ministero ha affermato che, accanto all’intervento che ripete quello del Dl 41/2021, si prevedono due misure integrative.
 
Una prima misura riguarda le partite Iva che possono chiedere un’integrazione basata sul calo medio mensile di fatturato 1° aprile 2020-31 marzo 2021 rispetto ai 12 mesi precedenti.
 
Secondo le valutazioni dell’Agenzia delle Entrate, riportate dal Ministro, circa 280.000 partite Iva dovrebbero ricevere un contributo maggiore con l’integrazione, mentre circa 360.000 partite Iva potrebbero ottenere un contributo per la prima volta (spostando il periodo di riferimento di tre mesi).

Per questi soggetti i coefficienti di calcolo previsti dal Dl Sostegni-bis sono più elevati rispetto a quelli del decreto precedente, secondo il Ministro, per compensarli del fatto che ricevono il contributo ora, una sola volta.
 
Stando a quanto affermato dal Ministro, il contributo integrativo potrà essere richiesto a partire dal 23 giugno e all’inizio di luglio verranno avviati i pagamenti.
 
La stima è che tali interventi valgano circa 3,4 miliardi.
 
La terza componente del fondo perduto si concentra sui risultati economici dei contribuenti, anziché sul fatturato.
 
Si prevede che i contribuenti (con fatturato inferiore a 10 milioni nel 2019) che hanno subito un peggioramento del risultato economico di esercizio possano chiedere un contributo.

Questo intervento verrà attuato tenendo conto per ciascun contribuente dei ristori già percepiti nel 2020 e nella prima parte del 2021; si cercherà quindi di perequare, come affermato dal Ministro, “guardando chi ha avuto di più e chi ha avuto meno”.
 
Tali contributi saranno distribuiti al termine dell’estate prossima, sulla base dei risultati di esercizio.
 
Sul tema, si segnala che il CNDCEC il 15 giugno, ha presentato una lettera al Ministro dell’Economia Daniele Franco per denunciare l’impossibilità di rispettare il termine del 10 settembre 2021 attualmente previsto per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020, a cui il legislatore ha inteso subordinare la presentazione dell’istanza per il riconoscimento del contributo “perequativo”.
 
Da qui la necessità, secondo il Consiglio nazionale, di prorogare tale termine al 31 ottobre 2021.

La difficoltà era già stata segnalata durante l’audizione sul decreto “Sostegni-bis” dalla Commissione Bilancio della Camera del 3 giugno. 
 
(MF/ms)
 




Riforma Iva su e-commerce, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto attuativo

Sulla Gazzetta Ufficiale del 15 giugno è stato pubblicato il D.lgs. n. 83/2021, che recepisce nel nostro ordinamento gli artt. 2 e 3 della direttiva 2017/2455/Ue, nonché la direttiva 2019/1995/Ue.

Tali disposizioni fanno parte del pacchetto di misure volte a riformare l’applicazione dell’Iva sul commercio elettronico, con lo scopo di facilitare le operazioni transfrontaliere, combattere le frodi e assicurare alle imprese nella Ue condizioni di parità con le imprese di paesi terzi.

Il decreto, molto atteso dagli operatori del settore, modifica in particolare il Dpr 633/72 e il Dl 331/93, riformando la disciplina delle vendite a distanza, introducendo nuovi obblighi per le piattaforme digitali che facilitano tali vendite nella Ue ed estendendo l’ambito applicativo del regime dello sportello unico, che da Mini One Stop Shop (MOSS) diventa OSS (One Stop Shop).

Infatti, una delle principali novità della riforma concerne la possibilità di avvalersi del regime speciale (versione Ue e non Ue) non più soltanto per le prestazioni di servizi TTE, ma per una più vasta gamma di operazioni (la generalità delle prestazioni di servizi B2C nella Ue, le vendite a distanza intracomunitarie di beni, ecc.).

Anche per tali operazioni, perciò, sarà possibile dichiarare e versare l’Iva dovuta in altri Stati Ue nel solo stato di identificazione, mediante portale web, senza che il soggetto passivo sia tenuto a identificarsi ai fini Iva in ciascuno Stato membro in cui effettua le cessioni di beni e le prestazioni di servizi.

Inoltre, posto che dal 1° luglio viene abolita l’esenzione Iva per le merci di valore trascurabile importate nella Ue, viene introdotto un regime speciale di importazione per le vendite a distanza di beni importati di valore non superiore a 150 euro (Import One Stop Shop). Ricorrendo all’IOSS, l’importazione di beni di valore modesto, trasportati o spediti dal fornitore o per suo conto a un privato in uno Stato membro, è esente da Iva.

L’imposta viene riscossa presso l’acquirente come parte del prezzo e dichiarata e versata tramite lo sportello unico per le importazioni (art. 74-sexies1 del Dpr 633/72).

Lo sportello unico “esteso”, dunque, contempla tre regimi speciali: OSS regime Ue, OSS regime non Ue e IOSS.

Possono registrarsi al regime Ue:

  • i soggetti passivi stabiliti nell’Unione che prestano servizi a privati in uno stato membro in cui non dispongono di alcuna sede e/o che effettuano vendite a distanza intracomunitarie di beni;
  • i soggetti passivi non stabiliti nell’Unione che effettuano vendite a distanza intracomunitarie di beni;
  • le interfacce elettroniche considerate “fornitori presunti” per talune vendite a distanza intracomunitarie di beni e/o cessioni nazionali (art. 2-bis del Dpr 633/72).
Il regime non Ue, invece, è rivolto ai soggetti passivi non stabiliti nell’Unione che prestano servizi B2C nella Ue.

Infine, possono registrarsi all’IOSS tutti i soggetti passivi (stabiliti o meno nell’Unione, comprese le interfacce elettroniche) che effettuano vendite a distanza di beni importati da un territorio o un Paese terzo di valore non superiore a 150 euro.

Tuttavia, i soggetti che non dispongono di una sede nell’Ue sono tenuti a nominare un intermediario (salvo che siano stabiliti in un Paese con cui l’Ue ha concluso un accordo di mutua assistenza in materia di Iva).

Alla luce di quanto descritto, dunque, un soggetto passivo con sede nell’Ue può avvalersi:

  • dell’OSS Ue per “centralizzare” l’assolvimento dell’Iva in relazione alle vendite a distanza intracomunitarie di beni e ai servizi B2C rilevanti in altro Stato membro;
  • dell’IOSS per le vendite a distanza di beni importati di valore non superiore a 150 euro.
Invece, un soggetto passivo non stabilito nell’Ue può avvalersi:
  • dell’OSS Ue per le vendite a distanza intracomunitarie di beni;
  • dell’OSS non Ue per i servizi B2C resi nella Ue;
  • dell’IOSS per le vendite a distanza di beni importati di valore non superiore a 150 euro.
Si ricorda che l’adesione ai diversi regimi è già possibile dal 1° aprile scorso.

In concreto, un soggetto registrato in Italia all’OSS e/o all’IOSS trasmetterà in via elettronica le dichiarazioni indicanti le prestazioni/cessioni cui si applica il regime speciale e verserà in Italia l’Iva dovuta negli altri Stati membri.

La dichiarazione è presentata con cadenza trimestrale per l’OSS e con cadenza mensile per l’IOSS.

Il ricorso ai regimi speciali è facoltativo.

Tuttavia, se un soggetto passivo sceglie di avvalersene, deve applicare il regime per tutte le operazioni rientranti nello stesso.

La definizione delle modalità operative di applicazione dei regimi speciali è demandata a successivi provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate o dell’Agenzia delle Dogane e monopoli.

In ultimo, si precisa che il D.lgs. 83/2021 entra in vigore dal 30 giugno 2021, ma che le relative disposizioni si applicano alle operazioni effettuate a partire dal 1° luglio 2021. 

(MF/ms)