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Adeguamento dei sistemi contabili per il “nuovo Esterometro”

Con riferimento alle operazioni effettuate a partire dall’1 gennaio 2022, sono modificate le modalità mediante le quali i soggetti passivi Iva trasmettono i dati delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi con controparti non stabilite in Italia.

Difatti, a seguito dei cambiamenti apportati dalla legge di bilancio 2021 all’art. 1 comma 3-bis del Dlgs. 127/2015, i predetti dati saranno trasmessi in via telematica, in formato xml, avvalendosi del sistema di interscambio (SdI).

L’intento è quello di consentire all’Agenzia delle Entrate una puntuale e tempestiva elaborazione delle bozze dei registri Iva, nonché delle liquidazioni periodiche e della dichiarazione annuale “precompilata”.

La novità più sensibile, per le operazioni effettuate dal 2022, riguarda dunque i termini per trasmettere all’amministrazione finanziaria i dati delle operazioni con l’estero.

Come stabilisce il novellato art. 1 comma 3-bis del Dlgs. 127/2015, la trasmissione telematica dei dati relativi alle operazioni svolte nei confronti di soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato “è effettuata entro i termini di emissione delle fatture o dei documenti che ne certificano i corrispettivi”.

In altre parole, nel caso in cui l’operazione sia documentata mediante fattura, si dovrà, in linea generale, fare riferimento al termine di 12 giorni dal momento di effettuazione della cessione o prestazione, come richiesto dall’art. 21 comma 4 del Dpr 633/72.

Sul fronte delle operazioni ricevute da soggetti passivi non stabiliti in Italia, invece, il termine per la trasmissione telematica dei dati è il quindicesimo giorno del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione o di effettuazione dell’operazione.

Per gli acquisti intracomunitari e i servizi “generici” ricevuti da soggetti Ue, quanto descritto è coerente con il termine di registrazione delle fatture previsto dall’art. 47 del Dl 331/93.

Le nuove regole di trasmissione dei dati, per le operazioni effettuate dal 2022, andranno a sostituire l’attuale invio massivo effettuato su base trimestrale (c.d. “esterometro”).

Ciò impone, agli operatori, una modifica dei sistemi contabili attualmente in uso nonché una verifica delle procedure gestionali interne. Soprattutto per le operazioni passive, richiedenti l’integrazione della fattura ricevuta o l’emissione di autofattura, è necessario verificare che il documento elettronico sia trasmesso al Sistema di Interscambio entro il nuovo e più stringente termine.

Peraltro, è da osservare come alla revisione della disciplina si accompagni anche un nuovo regime sanzionatorio.

Per le operazioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2022, si prevede la sanzione amministrativa pari a 2 euro per ciascuna fattura, con un limite massimo di 400 euro mensili.

La sanzione è ridotta alla metà, entro il limite massimo di 200 euro per ciascun mese, se la trasmissione omessa è effettuata (oppure se la trasmissione errata è corretta) entro i quindici giorni successivi al termine per la trasmissione dei dati di cui al nuovo art. 1 comma 3-bis del Dlgs. 127/2015.

Resta inalterata, secondo l’art. 11 comma 2-quater del Dlgs. 471/97, l’inapplicabilità dell’istituto del cumulo giuridico.

Ultima comunicazione entro il 31 gennaio 2022

Per le operazioni effettuate nel 2021, i dati sono ancora trasmessi mediante la comunicazione trimestrale, fatta salva la possibilità di emettere, in sostituzione dell’adempimento, fattura elettronica via SdI su base facoltativa.

La gestione dell’intero flusso mediante fatturazione elettronica rimane appetibile anche nel 2022, ricordando, tra l’altro, che, grazie alle specifiche tecniche nella versione 1.6 (attualmente vigente), è consentita anche l’integrazione elettronica e l’invio tramite SdI delle fatture di acquisto con applicazione del reverse charge “esterno”, oltre all’emissione di autofatture in formato elettronico (già ammessa con la circ. Agenzia delle Entrate n. 14/2019).

Al di là delle novità introdotte per le operazioni effettuate dal 1° gennaio 2022, è da precisare che rimane confermato il termine del 31 gennaio 2022 per effettuare la comunicazione relativa all’ultimo trimestre (ottobre-dicembre) 2021, secondo quanto attualmente stabilito dall’art. 1 comma 3-bis del Dlgs. 127/2015.

(MF/ms)
 




Nuova disciplina delle note di variazione nelle procedure concorsuali

Con l’articolo 18 Dl 73/2021 (cosiddetto decreto “Sostegni-bis”), convertito senza sostanziali modifiche dalla legge di conversione 106/2021, viene riformulato l’articolo 26 Dpr 633/1972 in tema di note di variazione ai fini Iva al fine di prevedere, nell’ambito delle procedure concorsuali, la possibilità di esercitare il diritto alla detrazione da mancato pagamento emettendo la nota di credito ai fini Iva già a partire dalla data in cui il cedente o il prestatore è assoggettato a una procedura concorsuale, senza quindi dover attendere l’infruttuoso esperimento della stessa.

Il tema non è nuovo e già il legislatore in anni non troppo lontani aveva “provato” ad introdurre una modifica dello stesso tenore.

Infatti, la legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi 126 e 127, L. 208/2015) aveva già novellato il citato articolo 26 del decreto Iva allo scopo di anticipare al momento di apertura di una procedura concorsuale la possibilità di emettere una nota di credito anziché doverne attendere l’infruttuosa conclusione per l’esercizio del relativo diritto.

Successivamente, però, la legge di bilancio 2017 (articolo 1, comma 567, L. 232/2016) ha abrogato la disposizione precedente, ripristinando la regola secondo cui l’emissione di nota di credito Iva e, dunque, la possibilità di portare in detrazione l’Iva corrispondente alle variazioni in diminuzione, in caso di mancato pagamento connesso a procedure concorsuali, può avvenire solo una volta che dette procedure si siano concluse infruttuosamente.

Le soluzioni ora proposte dal legislatore con la nuova disposizione in commento, rubricato “Recupero iva su crediti non riscossi nelle procedure concorsuali”, rispondono anche e soprattutto ad esigenze di carattere comunitario posto che, come chiarito dalla Corte di Giustizia Ue nella causa C-246/16 a commento della disposizione recata dall’articolo 90, secondo paragrafo, della direttiva 2006/112/Ce (direttiva Iva), uno stato non può subordinare la riduzione della base imponibile dell’Iva all’infruttuosità di una procedura concorsuale qualora tale procedura possa durare più di dieci anni, poiché ciò violerebbe il principio di neutralità dell’imposta.

Entrando nel merito delle modifiche apportate dall’articolo 18 del Decreto Sostegni bis, il primo comma lettera a) elimina dal comma 2 dell’articolo 26 del decreto Iva i riferimenti alle conseguenze delle procedure concorsuali, che vengono ora compiutamente disciplinate nel nuovo comma 3-bis, introdotto dalla lettera b) dell’articolo in esame.
 
Nuovo “dies a quo” per il recupero dell’Iva

Nella nuova previsione viene in primo luogo chiarito che il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione l’imposta e di emettere nota di variazione anche in caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, da parte del cessionario o committente già a partire dalla data in cui quest’ultimo è assoggettato a una procedura concorsuale.

A questo proposito la lettera f) comma 1 del citato articolo 18 introduce un nuovo comma 10-bis all’articolo26 del decreto Iva, per chiarire che il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

Resta invece fermo che il diritto alla detrazione dell’Iva recata dalla nota di variazione è esercitabile:

  • dalla data del decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti, ai sensi dell’articolo 182-bis L.F.;
  • dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano di risanamento e di riequilibrio, pubblicato nel registro delle imprese e attestato ai sensi dell’articolo 67, comma 3, lettera d), L.F.
Per contro, così come previsto dalle vigenti disposizioni, la verifica della infruttuosità della procedura di recupero resta condizione indispensabile per l’esercizio del diritto alla detrazione ove il mancato pagamento dipenda da procedure esecutive individuali.
 
Procedura concorsuale senza obbligo di registrazione della nota di credito

La lettera c) dell’articolo 18 Dl 73/2021 aggiunge un periodo al comma 5 dell’articolo 26 del decreto Iva. Tale norma prevede, ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione, che il cessionario o il committente registrino la variazione (a norma dell’articolo 23 del decreto Iva, vale a dire nel registro fatture, ovvero a norma dell’articolo 24 del medesimo decreto e, cioè, nel registro corrispettivi), nei limiti della detrazione operata, salvo il diritto alla restituzione dell’importo pagato al cedente o prestatore a titolo di rivalsa.

Per effetto delle modifiche in commento, si chiarisce che l’obbligo di registrazione non sussiste nel caso in cui il mancato pagamento derivi da procedure concorsuali ai sensi del comma 3-bis, lettera a), Dpr 633/1972.
 
Nota di variazione in aumento in caso di successivo pagamento

La lettera d) dell’articolo 18 Dl 73/2021 introduce un nuovo comma 5-bis nell’articolo 26 del decreto Iva. Le nuove disposizioni prevedono che, se il corrispettivo è pagato successivamente all’esperimento di procedure concorsuali o esecutive individuali nei confronti del cessionario o committente, devono essere assolti gli obblighi di registrazione connessi alla variazione dell’imponibile o dell’imposta (note di variazione in aumento di cui all’articolo 26, comma 1, Dpr. 633/1972).

In tal caso, il cessionario o committente che abbia assolto all’obbligo di registrazione della variazione di cui al comma 5 ha diritto di portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione in aumento.
 
Ampie modalità di registrazione delle note di credito

La lettera e) della richiamata disposizione, con una norma di coordinamento, introduce il riferimento al nuovo comma 3-bis nel comma 8 dell’articolo 26 del decreto Iva.

Pertanto, anche nel caso di procedure concorsuali o esecutive individuali le variazioni possono essere effettuate dal cedente o prestatore del servizio e dal cessionario o committente anche mediante apposite annotazioni in rettifica sul registro fatture, sul registro corrispettivi e sul registro acquisti.
 
Norma di coordinamento per le procedure esecutive individuali

Infine, la lettera g) del comma 1 apporta una modifica di coordinamento, stabilendo che le norme di cui al comma 12 dell’articolo 26 si applicano ai soli fini delle procedure esecutive individuali rimaste infruttuose.

Il richiamato comma 12 stabilisce che una procedura esecutiva individuale si considera in ogni caso infruttuosa:

a) nell’ipotesi di pignoramento presso terzi, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti che presso il terzo pignorato non vi sono beni o crediti da pignorare;
b) nell’ipotesi di pignoramento di beni mobili, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti la mancanza di beni da pignorare ovvero l’impossibilità di accesso al domicilio del debitore ovvero la sua irreperibilità;
c) nell’ipotesi in cui, dopo che per tre volte l’asta per la vendita del bene pignorato è andata deserta, si decida di interrompere la procedura esecutiva per eccessiva onerosità.
 
Decorrenza delle nuove disposizioni

In ordine alla decorrenza della nuova disciplina, il comma 2 dell’articolo 18 Dl 73/2021 prevede che le nuove norme sulle note di credito Iva:

  • emesse a seguito dell’apertura di procedure concorsuali ai sensi dell’articolo 26, comma 3-bis, lettera a), Dpr. 633/1972;
  • relative agli obblighi di registrazione di cui al comma 5 secondo periodo dell’articolo 26 Dpr 633/1972,
si applicano alle procedure concorsuali avviate dal 26 maggio 2021 (data di entrata in vigore delle modifiche in commento). 

(MF/ms)
 
 
 
 
 
 
 




Contributo perequativo: condizioni per il riconoscimento

Con un comunicato stampa diffuso il 6 settembre 2021, il Mef ha annunciato il Dpcm di proroga al 30 settembre del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi per i soggetti che intendono trasmettere l’istanza per il riconoscimento del contributo a fondo perduto “perequativo”.

L’art. 1, commi da 16 a 27, del Dl 25 maggio 2021 n. 73 convertito (c.d. “Sostegni-bis”) ha previsto, subordinandolo all’autorizzazione della commissione europea, il riconoscimento di un contributo a fondo perduto, con finalità perequative, a favore degli operatori economici che hanno registrato un peggioramento del risultato economico d’esercizio relativo al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020 rispetto a quello relativo al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019.

Possono beneficiare di tale contributo i soggetti esercenti attività d’impresa, arte e professione o che producono reddito agrario, titolari di partita Iva attiva al 26 maggio 2021, residenti o stabiliti nel territorio dello stato, che abbiano conseguito un ammontare di ricavi o di compensi non superiore a dieci milioni di euro nel secondo periodo di imposta antecedente al periodo di entrata in vigore del Dl (2019 per i soggetti “solari”).

Il comma 24 del citato art. 1 del Dl n. 73/2021 aveva previsto che l’istanza per il riconoscimento di tale contributo a fondo perduto potesse essere trasmessa solo se la dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020 fosse presentata entro il 10 settembre 2021.

Il Ministero dell’economia e delle finanze, con l’annunciato Dpcm, ha disposto che il termine del 10 settembre 2021 di cui al citato art. 1 comma 24 del Dl 73/2021 sia prorogato al 30 settembre 2021.

Nel comunicato è stato precisato, inoltre, che per tutti gli altri contribuenti la scadenza per l’invio del modello dichiarativo Redditi 2021 resta il 30 novembre.

La proroga è stata concessa “considerate le esigenze generali rappresentate dalle categorie professionali in relazione ai numerosi adempimenti fiscali da porre in essere per conto dei contribuenti e all’esposizione, nei modelli di dichiarazione dei redditi relativi all’anno d’imposta 2020, delle informazioni aggiuntive riferite alle molteplici misure agevolative introdotte”.

Non è stata, tuttavia, accolta la richiesta di spostare, come inizialmente richiesto, sino al 31 ottobre il suddetto termine. 

“Uno spostamento del termine al 31 ottobre sarebbe stato sicuramente più congruo, ma la data del 30 settembre è comunque più ragionevole di quella del 10 settembre” ha commentato il Presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Massimo Miani, che ha aggiunto: “Pur apprezzando la disponibilità all’ascolto delle ragioni dei commercialisti da parte del Mef e dell’Agenzia delle Entrate, siamo purtroppo ancora una volta costretti a sottolineare come le proroghe continuino ad arrivare sul filo di lana. Si poteva fare di più e meglio, garantendo maggiore serenità ai professionisti già due mesi fa”.

Intanto solo sabato, con il provvedimento n. 227357/2021 sono stati definiti i campi delle dichiarazioni dei redditi (730 e modelli REDDITI PF, SP, ENC e SC) relative ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2019 e al 31 dicembre 2020 necessari per la determinazione del valore dei risultati economici d’esercizio.

Eventuali aggiornamenti saranno pubblicati nell’apposita sezione del sito internet dell’Agenzia delle Entrate e ne sarà data relativa comunicazione.

Un decreto definirà la percentuale di riduzione

Il passo successivo sarà l’emanazione del decreto ministeriale che dovrà definire la percentuale di variazione del risultato economico d’esercizio tra i due periodi d’imposta, determinante per stabilire la possibilità di accesso e il calcolo del contributo.

L’ammontare del contributo “perequativo” è infatti determinato applicando tale percentuale alla differenza tra i suddetti risultati economici d’esercizio (al netto di tutti i contributi a fondo perduto coronavirus ricevuti).

L’importo del contributo non può essere comunque superiore a 150.000 euro.

Inoltre, come evidenziato dal provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 227357/2021, sulla base delle determinazioni del sopra richiamato decreto ministeriale, con successivo provvedimento saranno approvati il modello, le istruzioni e le specifiche tecniche per presentare telematicamente le istanze con cui richiedere il contributo “perequativo”.

(MF/ms)
 




Fatture elettroniche San Marino: individuato il codice destinatario

In data 31 agosto 2021, l’ufficio tributario di San Marino ha reso noto il codice destinatario che dovrà essere utilizzato come hub per la ricezione o lo smistamento delle fatture elettroniche relative ai rapporti di scambio con la Repubblica Italiana.

Il codice destinatario, registrato dall’ufficio della Repubblica di San Marino, è dunque composto dalla seguente sequenza alfanumerica di 7 caratteri: 2R4GTO8.

La comunicazione da parte dell’amministrazione sammarinese fa seguito all’accordo raggiunto tra Repubblica Italiana e San Marino (scambio di lettere del 26 maggio 2021) e, da parte italiana, al decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze del 21 giugno 2021 che ha stabilito le regole fiscali applicabili ai rapporti di scambio tra i due stati.

In seguito, il provv. Agenzia delle Entrate 5 agosto 2021 n. 211273 ha definito le modalità tecniche per la predisposizione, trasmissione e ricezione delle fatture elettroniche relative alle operazioni con controparti residenti nella Repubblica di San Marino, rinviando al provv. 30 aprile 2018 n. 89757 che già disciplina la fattura elettronica nei rapporti tra soggetti passivi Iva stabiliti in Italia.

Di fatto, il provvedimento delle Entrate ha replicato, anche negli scambi con San Marino, le specifiche tecniche allegate al provvedimento che già disciplina, in ambito interno, la fatturazione elettronica B2B e B2C.

La fatturazione elettronica tra i due stati avviene avvalendosi del sistema di interscambio e dei controlli operati, da un lato, dall’ufficio tributario sammarinese, che è accreditato come “nodo attestato” al SdI stesso e, dall’altro, dalla direzione provinciale di Pesaro Urbino.

Pertanto, le fatture elettroniche B2B relative a cessioni di beni spediti o trasportati nella Repubblica di San Marino vengono trasmesse dal sistema di interscambio all’Ufficio di San Marino, il quale nei quattro mesi successivi all’emissione comunica l’esito dei controlli sul documento, verificato il regolare assolvimento dell’imposta sull’importazione (art. 7 comma 1 del Dm 21 giugno 2021).

Trascorso tale periodo, in caso mancata convalida della fattura, l’operazione è assoggettata a Iva e il soggetto passivo italiano, entro i successivi trenta giorni, è tenuto a emettere la nota di variazione in aumento ex art. 26 comma 1 del Dpr 633/72.

Ragionevole attendersi un’informativa dal fisco italiano

In quest’ottica, è essenziale il codice destinatario reso noto dagli uffici sammarinesi, il quale sarà attivo dal 1° ottobre 2021 e che, come indicato dagli stessi uffici dovrà essere preventivamente comunicato alle controparti ai fini della corretta trasmissione dei documenti in formato elettronico.
È ragionevole attendersi che l’informativa relativa al codice di cui trattasi sia replicata anche dall’amministrazione finanziaria italiana, con un prossimo documento ufficiale.

(MF/ms)




Bonus pubblicità 2021: comunicazione per l’accesso prorogata al 31 ottobre

La comunicazione per l’accesso al credito d’imposta per investimenti pubblicitari 2021 deve essere presentata dal 1° al 31 ottobre 2021, non più dal 1° al 30 settembre 2021 come era stato previsto dal Dl “Sostegni-bis”.

Lo ha annunciato il Dipartimento per la comunicazione e l’editoria, con un apposito comunicato pubblicato il 31 agosto.

In particolare, viene reso noto che, a causa degli interventi di aggiornamento della piattaforma telematica a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 67, comma 10 del Dl 25 maggio 2021, n. 73, convertito con modificazioni dalla legge 23 luglio 2021 n. 106, si rende necessario posticipare il periodo per l’invio della comunicazione per l’accesso al credito di imposta per gli investimenti pubblicitari per l’anno 2021 (“prenotazione”).

Il Dipartimento ha quindi previsto che la finestra temporale per l’invio della comunicazione telematica per l’accesso al beneficio sia spostata nel periodo dal 1° al 31 ottobre 2021 (anziché dal 1° al 30 settembre 2021).

Si ricorda che con l’art. 67, comma 10 del Dl 73/2021 convertito (c.d. decreto “Sostegni-bis”) il “regime derogatorio” introdotto nell’anno 2020 è stato prorogato per gli anni 2021 e 2022, ed è stato esteso anche agli investimenti pubblicitari effettuati sulle emittenti televisive e radiofoniche locali e nazionali, analogiche o digitali, non partecipate dallo Stato.

Per entrambe le annualità il credito d’imposta di cui all’art. 57-bis del Dl 50/2017 deve quindi essere calcolato – sia per gli investimenti pubblicitari sui giornali che per gli investimenti pubblicitari sulle emittenti radio-televisive – nella misura unica del 50% del valore degli investimenti pubblicitari effettuati e non sul solo incremento rispetto all’investimento effettuato nell’anno precedente.

In linea generale, per l’accesso all’agevolazione, i soggetti interessati devono presentare mediante l’apposito modello:

  • la “comunicazione per l’accesso al credito d’imposta”, contenente i dati degli investimenti effettuati o da effettuare nell’anno agevolato;
  • la “dichiarazione sostitutiva relativa agli investimenti effettuati”, resa per dichiarare che gli investimenti indicati nella comunicazione per l’accesso al credito d’imposta, presentata in precedenza, sono stati effettivamente realizzati nell’anno agevolato e che gli stessi soddisfano i requisiti richiesti.
In considerazione delle novità del Dl “Sostegni-bis”, l’art. 67 comma 10 del Dl 73/2021 convertito aveva differito la finestra temporale che consente la comunicazione per l’accesso al beneficio per il 2021, prevista inizialmente dal 1° al 31 marzo 2021, al periodo dal 1° al 30 settembre 2021.

Il comunicato del 31 agosto ha quindi previsto lo slittamento ulteriore ad ottobre della finestra temporale di presentazione della citata comunicazione per l’accesso, precisando inoltre che resta invariata la modalità per la presentazione del modello di comunicazione telematica, che dovrà essere inviato tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, attraverso l’apposita procedura disponibile nella sezione dell’area riservata “Servizi per” alla voce “Comunicare”, accessibile con Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID), Carta Nazionale dei Servizi (CNS) o Carta d’Identità Elettronica (CIE) o con le credenziali Entratel e Fisconline.

Si ricorda inoltre che, ai fini della concessione dell’agevolazione, l’ordine cronologico di presentazione delle domande non è rilevante. In caso di insufficienza delle risorse disponibili, infatti, è prevista la ripartizione percentuale.

Valide le comunicazioni presentate dal 1° al 31 marzo 2021

Come evidenziato sul sito del Dipartimento per l’informazione e l’editoria, restano comunque valide le comunicazioni telematiche trasmesse nel periodo compreso tra il 1° e il 31 marzo 2021 (periodo di presentazione previsto in via “ordinaria”), sulle quali il calcolo per la determinazione del credito d’imposta sarà automaticamente effettuato sulla base delle intervenute disposizioni normative relative all’anno 2021.
Dovrebbe essere comunque possibile “sostituire” la prenotazione già inviata a marzo, inviandone una nuova, sempre nel periodo dal 1° al 31 ottobre 2021.

Salvo diversa indicazione, la dichiarazione sostitutiva degli investimenti effettuati dovrebbe poi essere presentata dal 1° al 31 gennaio 2022 (periodo previsto “a regime”).

(MF/ms)
 




“Lipe” in scadenza per il secondo trimestre 2021

Il 16 settembre 2021 scade il termine per presentare la comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche Iva relativa al secondo trimestre 2021, ai sensi dell’art. 21-bis del Dl. 78/2010. A tale fine, occorre utilizzare il modello approvato con il provv. Agenzia delle Entrate n. 62214/2018.

Nel rigo VP2 si deve riportare l’ammontare complessivo delle operazioni attive (imponibili, non imponibili ed esenti), comprese quelle non soggette a Iva per carenza del presupposto territoriale per le quali è obbligatoria la fatturazione (art. 21 comma 6-bis del Dpr 633/72). Sono da considerare anche le operazioni a esigibilità differita e quelle effettuate con applicazione del meccanismo del reverse charge o dello split payment.

Con riguardo alle operazioni in reverse charge, infatti, nelle risposte fornite dall’Agenzia delle Entrate il 26 maggio 2017 è stato chiarito che:

  • il cedente o prestatore indica la sola base imponibile nel predetto rigo VP2;
  • il cessionario o committente è, invece, tenuto a esporre la base imponibile nel rigo VP3 (totale operazioni passive) e l’imposta nel rigo VP4 (Iva esigibile) nonché, qualora detraibile, nel rigo VP5 (Iva detratta).
La Procedura Pratica n. 29 analizza nel dettaglio le modalità di compilazione del modello.

Analogamente, nell’ipotesi di operazioni soggette ad Iva con il meccanismo dello split payment, il cedente o prestatore è tenuto a riportare la sola base imponibile nel rigo VP2.

Ancora in tema di operazioni attive, qualora queste siano a esigibilità differita, è necessario che il cedente o prestatore riporti la base imponibile (rigo VP2) nel mese o trimestre di effettuazione dell’operazione e l’IVA (rigo VP4) nel periodo in cui si verifica l’esigibilità.

L’obbligo comunicativo sussiste anche nei casi in cui dalla liquidazione periodica emerga un’eccedenza a credito. Sono esonerati dall’adempimento, invece, coloro che non sono obbligati alla presentazione della dichiarazione annuale Iva oppure all’effettuazione delle liquidazioni periodiche, sempre che nel corso dell’anno non vengano meno le predette condizioni di esonero (art. 21-bis comma 3 del Dl 78/2010).

Si pensi al caso dei soggetti che applicano il regime forfetario (art. 1 comma 54 e ss. della L. 190/2014), esonerati dalla dichiarazione Iva e dalle liquidazioni periodiche. Per questi ultimi soggetti risulta irrilevante persino l’eventuale insorgenza di un debito d’imposta connesso all’effettuazione di acquisti con il meccanismo del reverse charge.

Secondo quanto indicato dall’Agenzia delle Entrate nelle risposte fornite il 26 maggio 2017, per i soggetti che nel periodo di riferimento non hanno effettuato alcuna operazione (né attiva né passiva), non sussiste l’obbligo di invio della relativa comunicazione, sempreché non vi siano crediti da riportare dal trimestre precedente.

Sul fronte delle operazioni passive, invece, si ritiene che non debbano essere riportati nel rigo VP3 gli importi delle “fatture” di acquisto “fuori campo o non soggette a IVA”. Questa conclusione si fonda sulla circostanza che tali documenti, anche se annotati nel registro di cui all’art. 25 del Dpr 633/72 pur in assenza di un obbligo, non costituiscono fatture ai sensi dell’art. 21 del Dpr 633/72 (circ. Assonime n. 22/2017).

Ne consegue che non sarebbero da includere nella comunicazione, ad esempio, le operazioni passive fuori campo Iva per carenza del presupposto soggettivo, oggettivo o territoriale dell’imposta, così come le somme escluse dal computo della base imponibile ex art. 15 del Dpr 633/72.

Registri precompilati disponibili dal terzo trimestre

L’invio della comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche Iva del secondo trimestre 2021 è ancora “scollegato” dalla nuova disciplina di messa a disposizione delle bozze dei registri Iva “precompilati” da parte dell’Agenzia delle Entrate, in favore dei soggetti passivi residenti e stabiliti in Italia che liquidano l’imposta trimestralmente per opzione.

Quest’ultima disciplina, prevista dall’art. 4 del D.Lgs. 127/2015, concerne infatti le operazioni Iva effettuate a decorrere dal 1° luglio 2021 (terzo trimestre 2021).

Si ricorda che, come stabilito nel provv. Agenzia delle Entrate n. 183994/2021 (§ 2 e 5), in relazione al trimestre per cui la bozza dei registri Iva sarà convalidata o integrata dal soggetto passivo, l’Agenzia delle Entrate elaborerà la bozza della comunicazione della liquidazione periodica Iva, la quale sarà messa a disposizione dal sesto giorno del secondo mese successivo al trimestre di riferimento.

(MF/ms)




Bonus investimenti 4.0: la perizia deve essere “asseverata”

Per il credito d’imposta investimenti in beni materiali e immateriali “4.0” di cui alla L. 178/2020, è richiesta, oltre all’indicazione della specifica norma agevolativa in fattura, una perizia “asseverata” e non più “semplice” com’era previsto ai fini del precedente credito d’imposta ex L. 160/2019.

A norma dell’art. 1 comma 195 della L. 160/2019, in relazione agli investimenti previsti dai commi 189 e 190 (beni “Industria 4.0”), le imprese sono tenute a produrre una perizia tecnica semplice rilasciata da un ingegnere o da un perito industriale iscritti nei rispettivi albi professionali o un attestato di conformità rilasciato da un ente di certificazione accreditato, da cui risulti che i beni possiedono caratteristiche tecniche tali da includerli negli elenchi di cui agli allegati A e B annessi alla L. n. 232/2016 e sono interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura.

Per i beni di costo unitario di acquisizione non superiore a 300.000 euro, il suddetto onere documentale può essere adempiuto attraverso una dichiarazione resa dal legale rappresentante ai sensi del Dpr. 445/2000.

Tale disposizione è stata in sostanza riproposta nell’art. 1 comma 1062 della L. 178/2020, prevedendo tuttavia la redazione di una perizia “asseverata” e non più “semplice”.

Ai sensi del comma 1062 dell’art. 1 della L. 178/2020, i soggetti beneficiari sono infatti tenuti a produrre, per i beni di costo superiore a 300.000 euro, una “perizia asseverata” o un attestato di conformità da cui risulti che:

  • i beni possiedono caratteristiche tecniche tali da includerli negli elenchi di cui agli allegati A e B annessi alla L. n. 232/2016;
  • sono interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura.
In linea generale, la perizia semplice è una relazione tecnica con la quale il professionista attesta una situazione di fatto.

La perizia asseverata deve invece contenere un’assunzione di responsabilità da parte del professionista in ordine alla certezza e veridicità dei suoi contenuti (si veda anche risposta interpello Agenzia delle Entrate 9 ottobre 2020 n. 461 e il documento del Consiglio nazionale dei periti industriali “Linee guida Transizione 4.0” di maggio 2021).

Possono effettuare la perizia anche agli agronomi

Si rileva che l’art. 56-ter del DL 77/2021, inserito in sede di conversione in legge, ha integrato l’art. 1 comma 195 della L. 160/2019 (non anche l’art. 1 comma 1062 della L. 178/2020), prevedendo che, relativamente al settore agricolo, la perizia tecnica può essere rilasciata anche da “un dottore agronomo o forestale, da un agrotecnico laureato o da un perito agrario”.
Come rilevato dal Conaf in un comunicato del 20 luglio, “l’estensione del credito di imposta al settore primario è stata un’ottima intuizione del Governo, poiché consente alle imprese agricole di sfruttare importanti agevolazioni utili a stimolare gli investimenti e favorire la transizione digitale. Per portare a compimento l’obiettivo del legislatore, però, occorreva consentire l’intervento di specialisti con una profonda conoscenza di un settore peculiare com’è quello agricolo.”
Nel dossier relativo al Dl. 77/2021 si legge che “i beni strumentali in questione sono quelli cha dànno diritto alla fruizione dello specifico credito d’imposta introdotto dalla legge di bilancio per il 2020 (L. 160/2019)”.
La suddetta previsione dovrebbe tuttavia essere applicabile anche in relazione alla perizia asseverata richiesta ai fini del credito ex L. 178/2020, anch’esso fruibile dalle imprese agricole. Sul punto sarebbe tuttavia auspicabile una conferma ufficiale.

(MF/ms)




Servizi Inps online: accesso con Pin prorogato fino al 30 settembre 2021

L’accesso ai servizi on line dell’Inps attraverso il Pin, con profili differenti da quello di cittadino, è consentito fino al 30 settembre 2021, in luogo del 31 agosto 2021.

Lo ha reso noto lo stesso Istituto previdenziale con il messaggio n. 2926.

Si ricorda che con la circ. n. 95 dello scorso 2 luglio 2021, l’Inps ha stabilito che i Pin già rilasciati alla data del 1° ottobre 2020 – e rimasti in vigore nel periodo transitorio – saranno dismessi entro il 30 settembre 2021.

La stessa circolare aveva previsto che l’accesso mediante Pin, da parte di soggetti con profili diversi da quello di cittadino, sarebbe stato inibito dalla data del 1 ° settembre 2021.

Ciò per dare attuazione a quanto previsto dall’art. 24 comma 4 del Dl 76/2020 convertito (Dl “Semplificazioni”).

Ciò avrebbe comportato che profili come quello da intermediario (ad esempio, il commercialista o il consulente del lavoro), per accedere al portale Inps ed effettuare gli adempimenti in favore dei propri delegati, avrebbero dovuto dotarsi necessariamente dello Spid, ovvero della Cie o Cns, entro il 31 agosto 2021.

Tra questi adempimenti, spicca sicuramente la presentazione della domanda per l’esonero contributivo introdotto dalla L. 178/2020 (legge di bilancio 2021).

Tuttavia, a seguito delle diverse richieste pervenute da parte degli interessati, l’Inps ha ritenuto opportuno spostare il termine indicato con la citata circolare e permettere, anche dopo il 1° settembre 2021, di poter accedere mediante Pin anche ai profili diversi da quello di cittadino, quali: intermediario, azienda, associazione di categoria, Pubblica Amministrazione, professionista esercente l’attività di medico o di avvocato.

L’argomento attinente alla dismissione del PIN Inps e dell’utilizzo di strumenti alternativi (Spid, Cie e CNS) ha suscitato particolare interesse anche sotto un altro profilo, quello relativo alle deleghe delle identità digitali.

È di pochi giorni fa, infatti, la dibattuta circolare n. 127, attraverso cui l’Istituto previdenziale ha illustrato la procedura per il conferimento e la gestione delle deleghe per consentire, a decorrere dal 16 agosto 2021, al cittadino impossibilitato ad utilizzare in autonomia i servizi on line, di delegare un’altra persona di sua fiducia all’esercizio dei propri diritti nei confronti dell’Istituto.

Problematico il profilo relativo alle deleghe delle identità digitali

L’aspetto maggiormente criticato riguarda la modalità attraverso cui il delegante deve richiedere la delega, ovverosia recandosi di persona presso una qualsiasi struttura territoriale dell’Inps ed esibendo la documentazione richiesta (modulo AA08, richiesta di registrazione della delega dell’identità digitale, e la copia del documento di riconoscimento del delegante).

La richiesta della registrazione della delega può essere effettuata da una persona diversa dal delegante esclusivamente in specifici casi (ad esempio per persone allettate di lungo periodo), ma anche in questo caso rimane obbligatorio recarsi presso la struttura Inps.

Considerato anche il periodo di emergenza sanitaria, sembra inadeguata la scelta dell’Inps di obbligare il delegante (o altra persona, in determinati casi) a recarsi presso una propria struttura territoriale per richiedere la delega all’identità digitale e non abbia, invece, attuato un meccanismo differente o alternativo, che avrebbe permesso di richiedere la delega anche telematicamente.

(MF/ms)
 




“Recapture”: rideterminazione bonus investimenti in caso di cessione dei beni

L’art. 1 comma 1060 della L. n. 178/2020 prevede un meccanismo di rideterminazione del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali, sia “ordinari” che “4.0” (c.d. “recapture”).

Tale disposizione mira a garantire che la concessione dell’agevolazione sia collegata al concreto sfruttamento dei beni agevolati per un periodo minimo nell’economia dell’impresa (così circ. Agenzia delle Entrate n. 9/2021, § 7.1).

In particolare, viene previsto che se, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di entrata in funzione o per i beni “4.0” di avvenuta interconnessione, i beni agevolati sono ceduti a titolo oneroso ovvero sono destinati a strutture produttive ubicate all’estero (anche se appartenenti allo stesso soggetto), il credito d’imposta è corrispondentemente ridotto, escludendo dall’originaria base di calcolo il relativo costo.

Ad esempio, in caso di investimenti in beni materiali “ordinari” effettuati nel 2021, i beni agevolati non devono essere ceduti a titolo oneroso o destinati all’estero fino al 31 dicembre 2023.

Se un bene “4.0” da Allegato A acquistato nel 2021 entra in funzione nel 2021 e poi viene interconnesso nel 2022, il “periodo di osservazione” non è il biennio 2022-2023, ma quello 2023-2024 (così risposte Agenzia delle Entrate a Telefisco 2020 con riferimento al precedente credito d’imposta).

Nella circ. Agenzia delle Entrate n. 8/2019, emanata a commento del meccanismo di recapture nell’ambito della disciplina dell’iper-ammortamento di cui all’art. 7 comma 2 del Dl 87/2018 (che si attiva nelle ipotesi assimilabili a quelle del presente credito d’imposta) è stato affermato che: “la fattispecie della cessione del singolo bene debba essere separata dalla diversa ipotesi del trasferimento del bene agevolato all’interno di un compendio aziendale oggetto di un’operazione straordinaria (indipendentemente dal fatto che questa sia fiscalmente neutrale o realizzativa). In quest’ultima ipotesi, infatti, il trasferimento del bene nell’ambito di un’azienda o di un ramo d’azienda, diversamente dall’ipotesi del trasferimento del singolo cespite, non vanifica la finalità sottesa alle disposizioni agevolative (…)”. Come affermato dalla circ. Agenzia delle Entrate n. 9/2021 (§ 5.6.1), tali chiarimenti si applicano anche al credito d’imposta in esame.

L’Agenzia ha inoltre precisato che la disposizione antielusiva, prevista al fine di garantire – quantomeno nel medio periodo – la stabilità e la durata degli investimenti oggetto dell’agevolazione, fa riferimento a situazioni in cui il soggetto beneficiario estromette volontariamente (e anticipatamente rispetto ai tempi minimi previsti) i beni agevolati dal regime d’impresa o dall’esercizio dell’arte e professione.

La norma intende, in altri termini, escludere dall’agevolazione investimenti a carattere temporaneo, realizzati al solo fine di fruire del credito d’imposta.

Pertanto, nel caso di furto del bene oggetto di investimento, comprovato dalla relativa denuncia alle autorità competenti, la fuoriuscita del bene dal regime di impresa o dall’esercizio dell’attività di arti e professioni, proprio perché indipendente dalla volontà del beneficiario, non comporta l’applicazione della disposizione citata e, quindi, la rideterminazione dell’agevolazione (circ. Agenzia delle Entrate n. 9/2021, § 7.2).

Inoltre, l’Agenzia, nella medesima circolare n. 9/2021, ha affermato che la ratio della disciplina e del relativo meccanismo di recupero dell’agevolazione nell’ipotesi di violazione del vincolo di territorialità è di ostacolare comportamenti volti alla fruizione in Italia di un’agevolazione fiscale, senza che il bene stesso abbia contribuito al processo di trasformazione tecnologica e digitale dell’impresa ubicata nel territorio nazionale, titolare del medesimo bene.

In tal senso, ancorché con riferimento all’analoga disposizione del precedente credito d’imposta, si è espressa anche la risposta a interpello Agenzia delle Entrate n. 259/2021, affermando poi che l’utilizzo temporaneo di beni agevolabili per lo svolgimento di attività di manutenzione su impianti (pipeline) al di fuori del territorio dello Stato non configura un’ipotesi di delocalizzazione, a condizione che i beni appartengano alla struttura produttiva italiana sotto il profilo organizzativo, economico e gestionale e che siano utilizzati nell’attività ordinariamente svolta dalla stessa.

Nel caso di investimenti effettuati mediante contratto di leasing, nella circolare n. 9/2021 (§ 7.1) è stato chiarito che costituiscono causa di rideterminazione dell’incentivo il mancato esercizio del diritto di riscatto e la cessione del contratto di leasing durante il “periodo di sorveglianza”; in tal caso il credito va rideterminato escludendo dall’originaria base di calcolo il costo sostenuto dal locatore.

Il credito d’imposta non sarà oggetto di rideterminazione qualora, nel periodo di sorveglianza, il bene acquisito in proprietà a seguito di riscatto venga successivamente ceduto a una società di leasing nel contesto di un’operazione di sale and lease back.

Resta ferma l’applicazione dell’art. 1 commi 35 e 36 della L. 205/2017, che esclude la rideterminazione in caso di investimenti sostitutivi per i beni materiali di cui all’Allegato A.

(MF/ms)




Bonus investimenti cumulabile nel limite del costo sostenuto

Il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali, a norma dell’art. 1 comma 1059 della L. 178/2020, è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano a oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile Irap del credito stesso, non porti al superamento del costo sostenuto.

Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate, nella circolare n. 9/2021 (§ 6), ha affermato che, come si evince anche dal tenore letterale della disposizione, l’agevolazione in esame risulta cumulabile con altre misure di favore (fiscali e non) insistenti sugli stessi costi ammissibili al credito d’imposta, nel limite massimo rappresentato dal costo sostenuto.

Eventuali ulteriori limitazioni alla fruizione del credito di imposta, rileva l’Agenzia, possono derivare dalla circostanza che siano le discipline di tali altre misure di favore a prevedere un divieto di cumulo con altre disposizioni agevolative.

Tanto premesso, al fine di appurare che, a seguito del cumulo degli incentivi, i costi relativi agli investimenti ammissibili al credito d’imposta non risultino coperti oltre il limite massimo, rappresentato dal 100% del loro ammontare, l’Agenzia delle Entrate, nella citata circolare n. 9/2021, ha chiarito che:

  • in primo luogo, è necessario individuare i costi riferibili ai beni oggetto di investimento ammissibili a entrambe le discipline agevolative e assumere, quali costi rilevanti ai fini del credito d’imposta, l’importo complessivo dei costi ammissibili, al lordo dei contributi agli stessi correlati (cioè per il loro intero ammontare), anche se di tali costi il contribuente non è rimasto inciso per effetto dei contributi erogati a suo favore;
  • occorre quindi calcolare il credito di imposta teoricamente spettante e sommare tale importo teorico a quello degli altri incentivi pubblici concessi sui medesimi investimenti. Il risultato di tale somma non deve superare il “costo sostenuto” ovverosia l’ammontare complessivo dei costi ammissibili di competenza del periodo di imposta per il quale il contribuente intende avvalersi del credito.
Nella sommatoria si deve anche tenere conto, come evidenziato dall’Agenzia, del beneficio ascrivibile alla non concorrenza del credito d’imposta alla formazione del reddito e della base imponibile IRAP disposta dal penultimo periodo dell’art. 1 comma 1059 della L. 178/2020.

Pertanto:

  • se la somma dell’importo degli altri incentivi concessi sugli investimenti ammissibili e del credito di imposta in oggetto, maggiorato del suddetto risparmio d’imposta, risulta minore o uguale al costo agevolabile, è possibile beneficiare del credito di imposta per il suo intero importo;
  • qualora, invece, il risultato della somma fosse superiore, il contribuente sarà tenuto a ridurre corrispondentemente il credito d’imposta spettante in modo che, sommato agli altri incentivi pubblici (fiscali e non) concessi per il medesimo investimento in beni strumentali, non venga superato il limite massimo rappresentato dal 100% dei costi sostenuti.
In merito alla verifica del limite con riferimento al cumulo con i c.d. “contratti di sviluppo”, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti con la risposta a interpello n. 508/2021.

Cumulabilità con il credito d’imposta investimenti nel Mezzogiorno
L’Agenzia delle Entrate, in alcune risposte a interpello, ha affermato la cumulabilità del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali con il credito d’imposta per investimenti nel Mezzogiorno e con il credito di imposta sisma centro Italia ex art. 18-quater del DL 8/2017.
Il credito di imposta per investimenti in beni strumentali, essendo una misura di carattere generale, è infatti cumulabile, in relazione ai medesimi investimenti, con le suddette agevolazioni, a condizione che tale cumulo non porti al superamento del costo sostenuto per l’investimento.
La disciplina del credito di imposta Mezzogiorno (e di quello per il sisma centro Italia) esclude la cumulabilità con altri aiuti di Stato, anche de minimis, non escludendo tuttavia espressamente la possibilità di cumulo con misure di carattere generale (cfr. risposte interpello nn. 360/2020 e 157/2021.

(MF/ms)