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Legge di bilancio 2023: le principali novità fiscali

Sul Supplemento Ordinario della Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre è stata pubblicata la L. 29 dicembre 2022 n. 197 (legge di bilancio 2023), dopo aver ottenuto il via libera definitivo del Senato con 107 voti favorevoli, 69 contrari e un’astensione.

Il via libera è arrivato non senza discussioni e rallentamenti: dopo i problemi alla Camera, visti i tempi, anche nell’altro ramo del Parlamento non è stato possibile concludere l’esame in Commissione Bilancio col mandato al relatore, ma i gruppi parlamentari hanno convenuto sulla necessità di approvare rapidamente la manovra per evitare l’esercizio provvisorio.

Rispetto alla formulazione iniziale del testo, la manovra è stata modificata in più parti, anche a seguito dei rilievi della Commissione europea sul documento programmatico di bilancio, come nel caso del pagamento con POS.

Al riguardo, dal testo approvato in via definitiva è stata eliminata la misura in virtù della quale commercianti e professionisti avrebbero potuto rifiutare i pagamenti tramite carte per importi pari o inferiori a 60 euro, mentre è confermato l’innalzamento a 5.000 euro della soglia al trasferimento del denaro contante tra soggetti diversi.

Rimandando alla tabella in allegato all’articolo per un’elencazione delle principali novità introdotte nell’iter parlamentare, tra le misure di carattere fiscale si segnalano l’incremento dell’ammontare dei ricavi fino a concorrenza del quale le imprese sono ammesse al regime di contabilità semplificata, di cui all’art. 18 del Dpr 600/73, e la “flat tax incrementale” o “tassa piatta incrementale”, con cui viene tassata con un’imposta sostitutiva di IRPEF e relative addizionali, pari al 15%, la quota di reddito d’impresa o di lavoro autonomo maturata nel 2023 in eccedenza rispetto al più elevato dei redditi del triennio precedente.

Per quanto riguarda le agevolazioni, la legge di bilancio dispone la proroga dal 30 giugno 2023 al 30 settembre 2023 del termine “lungo” per effettuare gli investimenti in beni materiali 4.0 “prenotati” entro il 31 dicembre 2022, consentendo così anche per tali beni di fruire del più favorevole credito d’imposta per investimenti in beni materiali “4.0” di cui all’art. 1 comma 1057 della L. 178/2020. 

Slitta poi al 2023 il credito d’imposta per investimenti nel Mezzogiorno.

Sono riproposte le agevolazioni per l’assegnazione ai soci e vengono riaperte le disposizioni per l’estromissione agevolata dei beni immobili strumentali dell’imprenditore individuale, posseduti al 31 ottobre 2022, fissando quale finestra temporale per l’estromissione il periodo che va dal 1° gennaio 2023 al 31 maggio 2023.

Oltre alle disposizioni relative a definizione agevolata delle liti e rottamazione dei ruoli, la legge di bilancio contiene misure relative alle detrazioni edilizie, che riguardano il superbonus, il bonus barriere 75% e il bonus mobili. Viene anche reintrodotta la detrazione IRPEF dell’IVA pagata per l’acquisto di case ad alta efficienza energetica.

Lato IVA, accanto alla riduzione dell’aliquota al 10% sulle cessioni di pellet, viene estesa alle somministrazioni di gas metano usato per combustione per usi civili e industriali contabilizzate nelle fatture emesse per i consumi stimati o effettivi dei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2023 la riduzione dell’aliquota IVA al 5%. Inoltre, viene ridotta al 5% l’aliquota IVA per assorbenti e tamponi, eliminando anche la condizione che siano prodotti compostabili o lavabili, nonché quella per latte in polvere o liquido per l’alimentazione dei lattanti o dei bambini nella prima infanzia, condizionato per la vendita al minuto.

Sul fronte lavoro, la legge di bilancio stabilisce che fino al 31 marzo 2023 il datore di lavoro assicura lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile per i lavoratori pubblici e privati “fragili”.

Vengono estese anche per le assunzioni/trasformazioni effettuate nel corso del 2023 le agevolazioni contributive previste dalla L. 178/2020 per under 36 donne svantaggiate e introdotto un nuovo esonero del 100% dei contributi INPS in caso di assunzione di percettori di reddito di cittadinanza, alternativo a quello previsto dall’art. 8 del Dl 4/2019.

(MF/ms)




Tabelle Aci 2023 per i rimborsi chilometrici

Sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del 28 dicembre le tabelle nazionali 2023 dei costi chilometrici di esercizio di autovetture e motocicli elaborate dall’ACI, necessarie per determinare il compenso in natura per i veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti.

Si ricorda che per i veicoli di nuova immatricolazione concessi in uso promiscuo con contratti stipulati dal 1° luglio 2020, la percentuale per la determinazione del fringe benefit è definita in base alla quantità di emissioni di anidride carbonica.

Tale percentuale è:

  • pari al 25% per i veicoli con valori di emissione di CO3 inferiori a 60g/km;
  • pari al 30% per i veicoli con valori di emissione di CO2 superiori a 60 g/km ma non a 160 g/km;
  • pari al 40% per l’anno 2020 e al 50% a decorrere dal 2021 per i veicoli con valori di emissione di CO2 superiori a 160 g/km ma non a 190 g/km;
  • pari al 50% per l’anno 2020 e al 60% a decorrere dal 2021 per i veicoli con valori di emissione di CO2 superiore a 190 g/km.
Le tabelle ACI sono predisposte ogni anno entro il 30 novembre, vengono comunicate all’Agenzia delle Entrate, devono essere pubblicate in Gazzetta entro il 31 dicembre e sono valide per l’anno successivo.

Le tabelle pubblicate quindi, sono valide per il 2023 e sono suddivise in:

  • autovetture in produzione, a loro volta distinte in autovetture a benzina, gasolio, benzina-gpl e benzina-metano, ibrido-benzina e ibrido-gasolio, elettrici e ibridi plug-in;
  • autovetture fuori produzione, anch’esse distinte in base alla modalità di alimentazione (benzina, gasolio, benzina-gpl e benzina-metano, ibrido-benzina e ibrido-gasolio, elettrici e ibridi plug-in);
  • motoveicoli;
  • autocaravan.
 

(MF/ms)




Sterilizzate anche le perdite 2022

In forza dell’art. 3 comma 9 del Dl 198/2022 (c.d. decreto “Milleproroghe”) alle perdite civilistiche emerse nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2022 “non si applicano gli articoli 2446, secondo e terzo comma, 2447, 2482-bis, quarto, quinto e sesto comma, e 2482-ter del codice civile e non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545-duodecies del codice civile”.

Gli adempimenti ivi previsti sono posticipati all’assemblea che approverà il bilancio 2027.

La disposizione citata non ha fatto altro che sostituire, nel primo comma dell’art. 6 del Dl 23/2020 convertito, il riferimento al “31 dicembre 2021” con quello al “31 dicembre 2022”.

In precedenza, invece, le parole “31 dicembre 2021” erano state sostituite alle precedenti “31 dicembre 2020” dall’art. 3 comma 1-ter del Dl 228/2021 convertito.

Trova conferma, quindi, la contrarietà del legislatore rispetto alla posizione assunta dalla circ. Assonime n. 3/2021, § 4, secondo la quale, a prescindere dalla lettera della norma, sarebbe stata preferibile una interpretazione che ritenesse qualsiasi eventuale incremento delle perdite negli esercizi successivi al 2020 – fosse esso autonomamente rilevante o meno – assorbito dalla disciplina di posticipazione delle misure di riduzione e ricapitalizzazione dettata dall’art. 6, determinando l’attivazione dei rimedi a tutela del capitale soltanto alla chiusura del quinto esercizio successivo.

A favore di tale soluzione avrebbe dovuto deporre, a giudizio dell’Associazione, il fatto che la previsione avrebbe inteso attribuire alle società un idoneo percorso temporale per uscire dallo stato di difficoltà, non affidando la tutela del ceto creditorio e il potenziale recupero di redditività della gestione a una meccanica applicazione della disciplina del codice, ma a una attività gestionale sì ordinaria, ovvero non meramente conservativa, ma responsabilizzata anche alla luce dei nuovi obblighi sanciti dal riformato art. 2086 c.c.

Come segnalato dalla dottrina in modo quasi unanime, invece, la disciplina di cui all’art. 6 del Dl 23/2020 convertito non avrebbe potuto trovare applicazione alle perdite maturate nel 2021 (e negli esercizi successivi), con la conseguenza che le perdite maturate nel 2021, e che “autonomamente” avessero portato il capitale sotto il minimo, avrebbero dovuto essere ripianate “senza indugio”, mentre quelle che non avessero intaccato il capitale sociale avrebbero avuto il 2022 come anno di grazia, con obbligo di ripianamento nel 2023.

Si veda, ad esempio, la massima T.A.7 del Comitato Triveneto dei Notai, che ha affermato: “verificandosi negli esercizi successivi a quello 2020 perdite che, da sole o sommate a quelle di esercizi precedenti all’esercizio 2020 (dovendosi sempre escludere dal calcolo il risultato negativo dell’esercizio che comprende il 31 dicembre 2020 se il loro ripianamento è stato rinviato), eccedono di oltre un terzo il capitale sociale riducendolo al di sotto del minimo legale, troveranno piena applicazione le disposizioni contenute negli artt. 2447, 2482-ter e 2484, comma 1, n. 4, c.c”.

Tutto ciò, si sottolineava, in assenza di interventi normativi.

Interventi che, come evidenziato, si sono concretizzati con le previsioni contenute negli ultimi due Dl “Milleproroghe”.

Quindi, con particolare riguardo alla più recente novità, il termine entro il quale la perdita 2022 dovrà risultare diminuita a meno di un terzo, ex artt. 2446 comma 2 e 2482-bis comma 4 c.c., è posticipato al quinto esercizio successivo (esercizio 2027); l’assemblea che approverà il bilancio di tale esercizio dovrà ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate (art. 6 comma 2 del Dl 23/2020 convertito).

Nelle ipotesi previste dagli artt. 2447 o 2482-ter c.c., l’assemblea convocata senza indugio dagli amministratori, in alternativa all’immediata riduzione del capitale e al contemporaneo aumento del medesimo a una cifra non inferiore al minimo legale, potrà deliberare di rinviare queste decisioni alla chiusura del quinto esercizio successivo (esercizio 2027). L’assemblea che approverà il bilancio di tale esercizio dovrà procedere alle deliberazioni di cui agli artt. 2447 o 2482-ter c.c. Fino alla data dell’assemblea, non opererà la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484 comma 1 n. 4 e 2545-duodecies c.c. (art. 6 comma 3 del Dl 23/2020 convertito).

Le perdite in questione dovranno essere distintamente indicate nella Nota integrativa con specificazione, in appositi prospetti, della loro origine nonché delle movimentazioni intervenute nell’esercizio (art. 6 comma 4 del Dl 23/2020 convertito).

Si tenga presente, infine, che le perdite da considerare sono quelle emerse “nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2022”.

L’arco temporale preso in considerazione dalla norma, per quanto coincidente per tutte le società con un unico esercizio sociale, non è uguale per ciascuna di esse, ma dipende dalle scelte statutarie individuali sulla data di chiusura dell’esercizio (cfr. la massima Comitato Triveneto dei Notai T.A.2).

La novità, di conseguenza, riguarda non solo gli esercizi che hanno chiuso al 31 dicembre 2022, ma anche quelli a cavallo d’anno che comprendano la suddetta data (in primis 1° luglio 2022-30 giugno 2023).

(MF/ms)




Webinar fiscale “Approfondimenti, scadenze, opportunità imminenti” martedì 17 gennaio

Informiamo le Aziende Associate che il dottor Massimo Fumagalli dello Studio Qualitas martedì 17 gennaio 2023, alle ore 14.30, terrà il webinar fiscale “Approfondimenti, scadenze e opportunità imminenti”.
 

Questi i temi trattati:

  • Legge di bilancio 2023
  • Decreto Milleproroghe
  • Flash ultima ora

Per partecipare compilare il form cliccando qui

(MF/am)

 




Istat novembre 2022

Comunichiamo che l’indice Istat di novembre 2022, necessario per l’aggiornamento dei canoni di locazione, legati all’equo canone, è pari a + 11,5% (variazione annuale) e a + 15,6% (variazione biennale).
 
Entrambi gli indici considerati nella misura del 75% diventano rispettivamente + 8,625% e + 11,70%.
 
(MP/ms)
 




Dichiarazione Imu 2022: entro il 2 gennaio 2023 presentazione con il nuovo modello

Entro il 2 gennaio 2023 va presentata la dichiarazione IMU per comunicare ai Comuni le variazioni intervenute durante il 2021.

In realtà, la scadenza, a regime, è fissata al 30 giugno, ma quest’anno, in via del tutto eccezionale, è stata posticipata al 31 dicembre, che, cadendo di sabato dovrebbe slittare al giorno feriale successivo.

Va anche detto che quest’anno occorre fare particolarmente attenzione all’utilizzo del nuovo modello, approvato con D.M. 29 luglio 2022, valido non solo per l’IMU, ma anche per l’IMPi (l’imposta immobiliare sulle piattaforme marine).

Inoltre, gli enti non commerciali continuano a utilizzare il modello di dichiarazione di cui al decreto del MEF 26 giugno 2014; comunque, per gli enti non commerciali, vale la stessa scadenza di presentazione prevista per gli altri contribuenti.

In allegato sintesi delle principali novità.

(MF/ms)

 




Aumento tassi interesse: dal 2023 ravvedimenti più cari

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 292 del 15 dicembre 2022 è stato pubblicato il decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze 13 dicembre 2022, che modifica il tasso d’interesse legale di cui all’art. 1284 c.c. innalzandolo dall’attuale 1,25% al 5% in ragione d’anno a partire dal 1° gennaio 2023.

Tale innalzamento determina una serie di conseguenze sul piano fiscale e contributivo.

L’effetto più importante riguarda il calcolo delle somme da pagare in seguito al ravvedimento operoso ex art. 13 del Dlgs. 472/97.

In questo caso, infatti, il tasso legale da applicare è quello in vigore nei singoli periodi, secondo un criterio di pro rata temporis, ed è quindi pari allo 1,25% fino al 31 dicembre 2022 e al 5% dal 1° gennaio 2023 fino al giorno di versamento compreso.

Ancora, la nuova misura del tasso legale rileva per il calcolo degli interessi, non determinati per iscritto, in relazione:

  • ai capitali dati a mutuo (art. 45 comma 2 del TUIR);
  • agli interessi che concorrono alla formazione del reddito d’impresa (art. 89 comma 5 del TUIR).
Effetti sul valore degli usufrutti e delle rendite

Sul fronte delle imposte indirette, un successivo decreto adeguerà al nuovo tasso del 5% i coefficienti per determinare il valore, ai fini delle imposte di registro, ipotecaria, catastale, di successione e donazione:

  • delle rendite perpetue o a tempo indeterminato;
  • delle rendite o pensioni a tempo determinato;
  • delle rendite e delle pensioni vitalizie;
  • dei diritti di usufrutto a vita.
Ai fini contributivi il tasso di interesse legale ha effetto, in particolare, sulle sanzioni civili previste per l’omesso o ritardato versamento di contributi previdenziali e assistenziali, ai sensi dell’art. 116 della L. n. 388/2000.

Le sanzioni civili per omesso o ritardato versamento di contributi possono essere infatti ridotte fino alla misura del tasso di interesse legale, in caso di:

  • oggettive incertezze dovute a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o determinazioni amministrative sull’esistenza dell’obbligo contributivo;
  • fatto doloso di terzi, denunciato all’autorità giudiziaria;
  • crisi, riconversione o ristrutturazione aziendale di particolare rilevanza sociale ed economica in relazione alla situazione occupazionale locale ed alla situazione produttiva del settore;
  • aziende agricole colpite da eventi eccezionali;
  • aziende sottoposte a procedure concorsuali;
  • enti non economici e di enti, fondazioni e associazioni non aventi fini di lucro.
(MF/ms)



Conguaglio fiscale di fine anno: i sostituti alle prese con i fringe benefit

A fine anno, i datori di lavoro, in qualità di sostituti d’imposta, sono tenuti a effettuare le operazioni di conguaglio fiscale ai sensi dell’art. 23 commi 3 e 4 del DPR 600/73, finalizzate alla corretta quantificazione dell’IRPEF dovuta per il periodo d’imposta di riferimento (in questo caso, il 2022).

Tale operazione deve avvenire anche ai fini previdenziali, tuttavia, in quest’ultimo caso, appare necessario attendere l’apposita circolare INPS con le relative istruzioni operative.

Si ricorda che, ai sensi del comma 3 dell’art. 23 del DPR 600/73, il conguaglio fiscale deve essere effettuato entro il 28 febbraio dell’anno successivo (per l’anno d’imposta 2022, entro il 28 febbraio 2023) ovvero alla data di cessazione in caso di conclusione del rapporto lavorativo.

In sostanza il sostituto è tenuto a effettuare il conguaglio tra:

  • le ritenute operate sulle somme e i valori corrisposti durante l’anno (entro il 12 gennaio 2023 in virtù del principio di cassa allargato, se tali somme si riferiscono al 2022), comprese le mensilità aggiuntive, quali la tredicesima e, se spettante, la quattordicesima;
  • l’imposta dovuta sull’ammontare complessivo degli emolumenti stessi, tenendo conto delle detrazioni eventualmente spettanti (ad esempio detrazioni per redditi di lavoro dipendente e per carichi di famiglia).

Dalle operazioni di conguaglio può scaturire un credito o un debito per il lavoratore. In caso di conguaglio a credito le ritenute operate dal datore di lavoro durante il corso del periodo d’imposta sono state maggiori rispetto all’IRPEF effettivamente dovuta e pertanto tali somme dovranno essere restituite al lavoratore.

Invece, in caso di conguaglio a debito, l’IRPEF dovuta dal lavoratore è maggiore rispetto alle ritenute che sono state operate durante il periodo d’imposta e di conseguenza il datore dovrà trattenere e versare tale importo. In caso di incapienza delle retribuzioni a subire il prelievo delle imposte dovute in sede di conguaglio di fine anno, il lavoratore può dichiarare per iscritto al sostituto di volergli versare l’importo corrispondente alle ritenute ancora dovute, ovvero, di autorizzarlo a effettuare il prelievo sulle retribuzioni dei periodi di paga successivi (sugli importi di cui è differito il pagamento si applica l’interesse in ragione dello 0,50% mensile).

L’importo che al termine del periodo d’imposta non è stato trattenuto per cessazione del rapporto di lavoro o per incapienza delle retribuzioni deve essere comunicato all’interessato che deve provvedere al versamento entro il 15 gennaio dell’anno successivo.

Quest’anno le operazioni di conguaglio fiscale, nonché previdenziale, assumono una particolare rilevanza per effetto delle diverse novità che hanno interessato i lavoratori dipendenti, come l’esonero della quota IVS dello 0,8% a carico del lavoratore per i periodi da gennaio a giugno e del 2% per i periodi da luglio a dicembre 2022 ex art. 1 comma 121 della L. 234/2021 e art. 20 del DL 115/2022 (che, riducendo l’importo del contributo dovuto dal lavoratore, ha di conseguenza incrementato l’imponibile fiscale e l’imposta dovuta), l’introduzione dal 1° marzo 2022 dell’assegno unico e la conseguente revisione delle detrazioni per figli a carico (la cui precedente disciplina trova applicazione fino al 28 febbraio 2022), nonché l’innalzamento – per il periodo d’imposta 2022 – della quota di esenzione dei fringe benefit a 3.000 euro a opera dell’art. 12 del DL 115/2022 (come modificato dal DL 176/2022) e la loro estensione anche alle somme erogate o rimborsate per il pagamento delle bollette di acqua, luce e gas.

È proprio sull’incremento a 3.000 euro del limite di esenzione dei fringe benefit che i datori di lavoro dovranno porre particolare attenzione in sede di conguaglio fiscale di fine anno, considerato che alcuni datori hanno operato le ritenute durante la prima parte dell’anno, quando ancora la soglia di esenzione era fissata a 258,23 euro (ai sensi dell’art. 51 comma 3 del TUIR), oppure in vigenza del successivo aumento a 600 euro (ai sensi dell’art. 12 del DL 115/2022 ante modifica del DL 176/2022).

In particolare, fermo restando che in caso di superamento del limite di 3.000 euro l’intero importo concorre alla formazione del reddito (cfr. circ. Agenzia delle Entrate n. 35/2022, § 2.2), il datore di lavoro che ha riconosciuto al lavoratore un valore complessivo di fringe benefit non superiore al suddetto limite:

  • dovrà restituire al lavoratore le ritenute eventualmente operate sui fringe benefit durante il corso del periodo d’imposta 2022;
  • non sarà tenuto a sottoporre a tassazione il valore complessivo dei fringe benefit qualora durante il corso dell’anno non abbia applicato ritenute.

Viceversa, se il valore complessivo dei fringe benefit risulti superiore al limite di 3.000 euro nel periodo d’imposta 2022, il datore dovrà:

  • effettuare l’ordinario controllo se ha operato tutte le ritenute durante l’anno;
  • sottoporre a tassazione l’intero valore dei fringe benefit se non ha operato alcuna ritenuta durante l’anno.

(MF/ms)
 




Fringe benefit: gli omaggi natalizi nella nuova soglia a 3000 euro

Nella prassi di moltissime aziende le festività natalizie sono l’occasione per fare un regalo non solo ai clienti, ma anche ai dipendenti.

Si tratta solitamente di beni di modico valore (panettone, bottiglia, cesto) che, tuttavia, sulla base delle regole generali di determinazione del reddito di lavoro dipendente devono concorrere alla formazione del reddito del lavoratore.

Il disposto dell’art. 51 comma 1 del Tuir prevede infatti l’attrazione nell’alveo del reddito di lavoro dipendente di tutti i “valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”. Tali regole si applicano anche con riferimento ai titolari di redditi assimilati al lavoro dipendente ai sensi dell’art. 50 del Tuir, per effetto del rinvio operato dal successivo art. 52.

Le erogazioni liberali concesse ai dipendenti e ai soggetti assimilati (es. collaboratori coordinati e continuativi) sono quindi, come rilevato, assoggettate a tassazione.

Per attenuare tale rigoroso principio, il legislatore ha introdotto l’art. 51 comma 3 del Tuir, in base al quale non concorre a formare il reddito del dipendente il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d’imposta a 258,23 euro.

Come rilevato dall’Agenzia delle Entrate, con la circ. n. 59/2008 (§ 16), “tale disposizione da una parte consente di continuare ad agevolare talune forme di liberalità in natura di modico valore offerte usualmente ai dipendenti (come quelle legate alle festività) e, dall’altra, non è lesiva degli interessi erariali in quanto resta vincolata al rispetto dei limiti dettati dall’articolo 51 del Tuir.”

Per il 2022, la soglia di 258,23 euro è stata incrementata, da ultimo, a 3.000 euro, fermo restando il meccanismo di tassazione previsto dal citato art. 51 comma 3 in caso di superamento del limite. Pertanto, se il limite viene superato, concorre a formare il reddito l’intero valore e non solo la parte eccedente.

Risultano quindi non imponibili gli omaggi ricevuti che nel periodo d’imposta 2022 non superino, insieme all’ammontare degli altri fringe benefit, i 3.000 euro, includendo in tale conteggio anche i buoni acquisto concessi dall’impresa ai dipendenti (art. 51 comma 3-bis del Tuir) e tenendo presente che il benefit si considera percepito dal dipendente, e assume quindi rilevanza reddituale, nel momento in cui tale utilità entra nella disponibilità del lavoratore, a prescindere dal fatto che il servizio venga fruito in un momento successivo (circ. Agenzia delle Entrate n. 35/2022).

L’impresa dovrà quindi verificare, dipendente per dipendente, l’ammontare ancora disponibile del suddetto limite di 3.000 euro, considerando che lo stesso potrebbe essere stato impiegato nel 2022 anche per altri benefit (quale, ad esempio, l’auto in uso promiscuo) o per il rimborso delle utenze domestiche di acqua, luce e gas. A rigore, potrebbe bastare il regalo del panettone a far saltare tutta l’agevolazione.

Occorre altresì rilevare che il predetto regime dell’art. 51 comma 3 del Tuir rappresenta, come evidenziato dalla circ. n. 35/2022, un’agevolazione ulteriore, diversa e autonoma, rispetto al “bonus carburante” di cui all’art. 2 del Dl 21/2022, in base al quale, per il periodo d’imposta 2022, i datori di lavoro privati possono erogare ai propri dipendenti buoni benzina, o titoli analoghi, esclusi da imposizione fiscale ai sensi dell’art. 51 comma 3 del Tuir per un ammontare massimo di 200 euro per lavoratore.

Pertanto, al fine di fruire dell’esenzione da imposizione, i beni e i servizi erogati nel periodo d’imposta 2022 dal datore di lavoro a favore di ciascun lavoratore dipendente possono raggiungere un valore di 200 euro per uno o più buoni benzina e un valore di 3.000 euro per l’insieme degli altri beni e servizi (compresi eventuali ulteriori buoni benzina) nonché per le somme erogate o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.

Dal lato dell’impresa, il costo sostenuto dal datore di lavoro per l’acquisto di beni da destinare in omaggio ai dipendenti e ai soggetti fiscalmente assimilati (es. collaboratori coordinati e continuativi) è, in linea generale, deducibile dal reddito d’impresa secondo le norme relative ai costi per le prestazioni di lavoro di cui all’art. 95 comma 1 del Tuir.

Il suddetto art. 95 considera, infatti, deducibili dal reddito le spese sostenute a titolo di liberalità a favore dei lavoratori dipendenti e soggetti assimilati, purché queste non abbiano finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto. Tale esclusione è motivata da quanto disposto dall’art. 100 comma 1 del Tuir, che considera le spese sopraelencate deducibili dal reddito d’impresa per un ammontare non superiore al 5 per mille delle spese per prestazioni di lavoro dipendente.

(MF/ms)




Acconto Iva 2022: versamento entro il 27 dicembre 2022

I soggetti passivi Iva, entro il prossimo 27 dicembre 2022, saranno chiamati al calcolo, nonché all’eventuale versamento dell’acconto Iva.

Si ricorda che, per il versamento dell’acconto Iva, è possibile utilizzare, a seconda della convenienza economica del contribuente, i metodi previsionale, storico oppure analitico.

In allegato esaminiamo i tre metodi.
 

(MF/ms)