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Cliente fallito: quando detrarre l’Iva

La valutazione dei crediti non ancora incassati a fine anno porta alla verifica dell’eventualità che il cliente sia stato assoggettato a procedure concorsuali, con la necessità di imputare a perdita l’imponibile e la possibilità di recuperare l’Iva mediante emissione di una nota di credito, ai sensi dell’articolo 19 Dpr 633/1972.

I termini di emissione della nota di credito sono variati a seguito delle modifiche apportate dal Decreto sostegni-bis (articolo 18 Dl. 73/2021) convertito con modifiche dalla L. 106/2021) con riferimento alle procedure concorsuali avviate dal 26 maggio 2021.

Pertanto, qualora il mancato pagamento sia dovuto all’assoggettamento del debitore a procedure concorsuali avviate dal 26 maggio 2021, la variazione Iva conseguente può essere operata, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 26, commi 3 bis e 10 bis, Dpr 633/72, a partire dalla data di apertura della procedura concorsuale (senza quindi attenderne l’esito infruttuoso), ossia dalla data:

  • della sentenza dichiarativa del fallimento;
  • del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa;
  • del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo;
  • del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.
Tale diritto è esercitabile dalla data del decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182 bis L.F., ovvero dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, comma 3, lettera d), L.F.

L’emissione della nota di variazione in diminuzione e, conseguentemente, la detrazione dell’imposta non incassata, non risulta preclusa al cedente/prestatore (creditore) che non abbia effettuato l’insinuazione al passivo del credito corrispondente.

Risulta infatti superata la precedente posizione dell’Agenzia delle entrate (cfr. circolare 77/E/2000, paragrafo 2.a, nonché risoluzioni 155/E/2002, 89/E/2002 e 195/E/2008) in base alle indicazioni fornite dalla Corte di Giustizia Europea.

Dal momento in cui nasce il diritto alla detrazione dell’imposta, l’articolo 19, comma 1, secondo periodo Dpr 633/72 precisa che tale diritto è esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo.

Quindi se la nota di credito è emessa tempestivamente (cioè entro il termine di presentazione ordinario della dichiarazione annuale Iva relativa all’anno in cui si sono verificati i presupposti per operare la variazione in diminuzione) l’Iva a credito confluirà nella relativa liquidazione periodica, o al più tardi nella dichiarazione annuale Iva di riferimento.

Rileva in altre parole, ai fini della detrazione, anche il momento di emissione della nota di variazione, che rappresenta il presupposto formale necessario per l’esercizio concreto del diritto.

Esemplificando, se il presupposto per operare la variazione in diminuzione si verifica nel periodo d’imposta 2021, la nota di variazione può essere emessa, al più tardi, entro il termine di presentazione della dichiarazione Iva relativa all’anno 2021, vale a dire entro il 30 aprile 2022 (circolare 20/E/2021).

Se la nota è emessa nel periodo dal 1° gennaio al 30 aprile 2022, la detrazione può essere operata nell’ambito della liquidazione periodica Iva relativa al mese o trimestre in cui la nota viene emessa, ovvero direttamente in sede di dichiarazione annuale relativa all’anno 2022 (da presentare entro il 30 aprile 2023).

Nel caso in cui il termine per l’emissione della nota di variazione sia già spirato, non è possibile presentare una dichiarazione integrativa Iva a favore ai sensi dell’articolo 8, comma 6bis, Dpr 322/1998 per recuperare l’imposta versata, laddove non si riscontri la presenza di errori ed omissioni cui rimediare (presupposti necessari ai fini della sua presentazione).

L’emissione di una nota di variazione in diminuzione è, infatti, una facoltà cui il contribuente può rinunciare. Va detto, infine, che l’emissione di una nota di variazione produce effetti diversi dalla dichiarazione integrativa.

Mentre la prima assicura che sia rispettato il principio di neutralità dell’Iva (al diritto alla detrazione in capo a colui che emette la nota di variazione corrisponde, generalmente, l’obbligo di iscrivere l’imposta a debito per chi la riceve), la dichiarazione integrativa consente il solo recupero dell’imposta versata in misura superiore ma non anche il riversamento da parte di chi l’ha detratta.

Tale istituto non può essere utilizzato per ovviare alla scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del diritto alla detrazione qualora tale termine sia decorso per “colpevole” inerzia del soggetto passivo.

Il documento elettronico che permette di variare la sola Iva è il TD08 nota di credito semplificata, secondo la “guida alla compilazione delle fatture elettroniche e dell’esterometro” dell’Agenzia delle entrate versione 1.5 del 7 luglio 2021 e Faq n. 96 pubblicata il 19 luglio 2019.

I campi di riferimento da compilare sono quelli relativi al cedente, cessionario, imponibile, imposta ed estremi della fattura precedentemente emessa ed inviata da rettificare tra i Dati Generali nel blocco 2.1.2 – Dati fattura rettificata.

(MF/ms)

 
 




Valute estere: novembre 2021

Art. I

Agli effetti delle norme del titolo I del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che vi fanno riferimento, le medie dei cambi delle valute estere calcolati a titolo indicativo dall’ Uic sulla base di quotazione di mercato sono accertate per il mese di novembre 2021 come segue:
 

  Per 1 Euro
Dinaro Algerino 157,8523
Peso Argentino 114,4214
Dollaro Australiano 1,5615
Real Brasiliano 6,3434
Dollaro Canadese 1,4339
Corona Ceca 25,3912
Renminbi Yuan Cina Repubblica Popolare 7,2927
Corona Danese 7,4373
Yen Giapponese 130,1177
Rupia Indiana 85,0038
Corona Norvegese 9,9661
Dollaro Neozelandese 1,6262
Zloty Polacco 4,6962
Lira Sterlina 0,84786
Leu Rumeno 4,9494
Rublo Russo 83,1111
Dollaro USA 1,1414
Rand Sud Africa 17,7055
Corona Svedese 10,0459
Franco Svizzero 1,0522
Dinaro Tunisino 3,2625
Hryvnia Ucraina 30,2237
Forint Ungherese 364,5036
 

 
Sul sito dell’Agenzia delle Entrate, al seguente link, cambi di novembre sono a disposizione i dati sui cambi relativi alle restanti valute riportate nel decreto in oggetto.

(MP/bd)
 




Esterometro: gli adempimenti previsti per il 2022

Scade il 31 gennaio 2022 l’esterometro relativo al quarto trimestre 2021.

Trattasi, come noto, dell’onere di comunicare all’Agenzia delle entrate i dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato.

La trasmissione “massiva” dei dati, a cadenza trimestrale, verrà sostituita dall’invio dei dati per singolo file fattura al Sistema di Intercambio.

Secondo le disposizioni dell’articolo 1. Comma 3-bis, Dlgs. 127/2015, per le operazioni effettuate a partire dal 1° luglio 2022, la trasmissione telematica va effettuata utilizzando lo SdI secondo il formato XML previsto la fatturazione elettronica tra soggetti passivi Iva nazionali.

In origine tale nuova modalità di invio dei dati, in base alle disposizioni della Legge di bilancio 2021, doveva entrare in vigore con riferimento alle operazioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2022: con l’articolo 5, comma 14-ter, L. 215/2021 di conversione del Dl 146/2021 (Decreto Fiscale), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 301 del 20 dicembre 2021, è invece arrivata la proroga al 1° luglio 2022, che concede agli operatori ulteriori 6 mesi di tempo per adeguare i propri sistemi informatici.

Le novità in argomento sono accompagnate da modifiche alle specifiche tecniche ed ai termini per la trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate dei dati delle operazioni transfrontaliere.

Le specifiche tecniche dell’esterometro, di cui al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 89757 del 30 aprile 2018, e successive modificazioni, prevedono due modalità alternative per la trasmissione dei dati delle operazioni transfrontaliere:

  • la prima modalità (standard) prevede la predisposizione e l’invio trimestrale di un file contenente i dati fiscali puntuali di tutte le operazioni effettuate e ricevute da e verso operatori stranieri nel trimestre, da trasmettere entro la fine del mese successivo al trimestre di riferimento. Nel file contenente gli acquisti del trimestre (blocco DTR) occorre inserire i dati relativi alle fatture di acquisto intracomunitario di beni e/o le prestazioni di servizio ricevute, esponendo rispettivamente il Tipo documento TD10 e TD11. Per tutte le operazioni per le quali è stata emessa una bolletta doganale la trasmissione dei dati è facoltativa;
  • la seconda modalità (alternativa) prevede la predisposizione e l’invio, per ogni operazione, di un file conforme al tracciato e alle regole tecniche della fatturazione elettronica, da trasmettere al Sistema di interscambio. In tal caso, per le operazioni attive occorre impostare il campo del tracciato “codice destinatario” con un valore convenzionale XXXXXXX mentre per le operazioni passive vanno utilizzati i tipi di documento di seguito riportati:
  1. TD17 Integrazione/autofattura per acquisto servizi dall’estero,
  2. TD18 Integrazione per acquisto di beni intracomunitari,
  3. TD19 Integrazione/autofattura per acquisto di beni ex articolo 17, comma 2, Dpr. 633/1972,
  4. TD20 autofattura per regolarizzazione e integrazione delle fatture (ex articolo 46, comma 5, Dl. 331/1993).
Tali specifiche, aggiornate con il provvedimento n. 374343 del 23.12.2021 di modifica del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate n. 89757/2018, restano valide fino al 30 giugno 2022.

Pertanto, per chi deve trasmettere la comunicazione trimestrale delle operazioni transfrontaliere con riferimento al quarto trimestre 2021, la scadenza resta fissata al 31 gennaio 2022 ed i files XML contenenti il blocco DTR (acquisti) e DTE (vendite) dovrà essere creato nel rispetto delle specifiche tecniche aggiornate alla versione 1.6.4 (in vigore dal 1° gennaio 2022).

Con riferimento alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute dal 1° luglio 2022, invece, i dati delle operazioni transfrontaliere vanno trasmessi esclusivamente utilizzando il formato del file fattura elettronica, con termini differenziati per le operazioni attive e passive.

Per le prime, la trasmissione è effettuata entro i termini di emissione delle fatture o dei documenti che ne certificano i corrispettivi (sempre con codice destinatario XXXXXXX) mentre per le seconde, la trasmissione è effettuata entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione (in caso di operazioni Intra UE) o di effettuazione dell’operazione (in caso di operazioni extra UE).

Anche in questo caso, per tutte le operazioni per le quali è stata emessa una bolletta doganale la trasmissione dei dati resta facoltativa.

Il citato provvedimento n. 374343 del 23.12.2021 ha abrogato, infine, il precedente provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate n. 293384 del 28.10.2021.

A decorrere dal 1° luglio 2022, gli operatori Iva residenti dovranno trasmettere i dati delle operazioni estere all’Agenzia delle entrate utilizzando il formato della fatturazione elettronica, secondo le regole di compilazione previste dalle specifiche tecniche Allegato A, versione 1.7 in vigore dal 1° luglio 2022.

(MF/ms)
 




Dichiarazione Iva 2022: approvato il modello

Con il provvedimento n. 11160 dell’Agenzia delle Entrate del 14 gennaio, è stato approvato il modello di dichiarazione Iva 2022, riferito all’anno d’imposta 2021, unitamente al modello Iva Base e alle relative istruzioni.

Nella sua struttura complessiva, il modello rispecchia quello dell’anno precedente, fatte salve modifiche di dettaglio. Sono, altresì, confermati i termini per la presentazione della dichiarazione annuale.

In via ordinaria, il termine ultimo di invio è il 2 maggio 2022 (termine così differito rispetto al 30 aprile che è sabato, ai sensi dell’art. 7 comma 1 lett. h) del Dl 70/2011).

È necessario, tuttavia, “anticipare” la presentazione, entro il 28 febbraio 2022, qualora si intenda effettuare la comunicazione delle liquidazioni relative al quarto trimestre 2021 nell’ambito della dichiarazione annuale (compilando il quadro VP).

Il modello dichiarativo appena approvato non tiene ancora conto delle bozze dei documenti IVA precompilati. È, infatti, prevista la messa a disposizione della bozza di dichiarazione IVA, da parte dell’Agenzia delle Entrate, solamente a partire dalle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2022 (e, quindi,
con effetti solo sul prossimo modello).

Nell’ambito del modello approvato, sono confermate alcune novità dello scorso anno:

  • resta abolito il quadro VI, non essendo più necessario il riepilogo delle dichiarazioni d’intento ricevute dai fornitori degli esportatori abituali;
  • permane il rigo VA16 per indicare i versamenti sospesi a seguito dell’emergenza COVID-19, anche se la compilazione è adesso riservata solo a federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva, associazioni e società sportive, professionistiche e dilettantistiche, che abbiano fruito della sospensione dei versamenti in scadenza in gennaio e febbraio 2021 (nel corso del 2020, invece, i versamenti sospesi avevano riguardato una più amplia platea di soggetti).
Sono, inoltre, mantenute le specificazioni relative alle operazioni esenti con diritto alla detrazione dell’imposta per il 2021 individuate dall’art. 1 comma 452 e 453 della L. 178/2020, vale a dire le cessioni di vaccini anti COVID-19, di strumenti per la diagnosi del COVID-19 e le prestazioni strettamente connesse (per il 2020, riguardavano, invece, i beni oggi con aliquota del 5%).

Le istruzioni al modello dichiarativo precisano che le predette operazioni:

  • sono incluse nel rigo dedicato alle operazioni esenti di cui all’art. 10 del Dpr 633/72 (rigo VE33);
  • sono esposte nel campo “9” del rigo VF34, al fine di distinguere le medesime dalla generalità delle operazioni in regime di esenzione IVA per le quali, di regola, il diritto alla detrazione è precluso.
    Analoga modalità di esposizione riguarda ora le cessioni c.d. “presunte” effettuate verso le interfacce elettroniche (art. 10 comma 3 e art. 19, comma 3, lett. d-bis) del Dpr 633/72), nel campo “7” del rigo VF34.
Nel modello relativo all’anno d’imposta 2021, si è tenuto conto della nuova soglia di 2 milioni di euro per la compensazione “orizzontale” del credito IVA (o del rimborso in procedura semplificata), ai sensi dell’art. 1 comma 72 della L. 234/2021. In tale ottica, è stato eliminato il campo “6” nel rigo VX4 ove veniva attestato, da parte dei subappaltatori edili, il più alto limite di compensazione di cui beneficiavano in passato e che, attualmente, è assorbito nella nuova soglia di 2 milioni di euro.

Si segnala, inoltre, una doppia modifica relativa alle percentuali di compensazione per i prodotti agricoli:

  • è sostituita la percentuale del 6% con quella del 6,4%, per la legna da ardere e per il legno squadrato, come previsto dal Dm 19 dicembre 2021;
  • sono sostituite le percentuali del 7,65% e del 7,95% con quella del 9,5%, prevista dall’art. 68 del Dl 73/2021, per gli animali vivi della specie bovina e suina.
Nel nuovo modello di dichiarazione IVA sono, altresì, ridenominati i righi VO10 e VO11, ora riferiti alle “vendite a distanza intracomunitarie di beni”, per tenere conto delle novità del Dlgs. 83/2021 in materia di commercio elettronico.

Di conseguenza, è aggiornato anche il testo delle istruzioni, prevedendo la compilazione:

  • del rigo VO10, per i soggetti passivi IVA che, avendo effettuato nell’anno precedente prestazioni di servizi c.d. “TBE” verso privati consumatori nell’Ue e vendite a distanza intra-Ue al di sotto della soglia di 10.000 euro, comunicano di aver optato per l’applicazione dell’IVA “a destinazione” nel 2021;
  • del rigo VO11, per i soggetti passivi IVA che hanno inteso revocare, a partire dal 2021, l’opzione precedentemente espressa.
Peraltro, nel rigo VO10 è possibile comunicare anche l’opzione per la tassazione “a destino” delle vendite a distanza verso privati sammarinesi, disciplinate dall’art. 15 del Dm 21 giugno 2021.

Da ultimo, è introdotto il rigo VO17 per consentire di revocare l’opzione in precedenza esercitata per l’applicazione dell’IVA nello Stato del committente da parte dei soggetti che effettuano prestazioni c.d. “TBE” verso privati Ue ai sensi dell’art. 7-octies del Dpr 633/72.

(MF/ms)
 




Seminario fiscale: “Legge Bilancio 2022 e decreti collegati, novità ed altri adempimenti”

Lunedì 31 gennaio 2022, alle ore 14.30, si terrà il webinar con il dottore commercialista Massimo Fumagalli dello Studio Qualitas di Lecco: “Seminario fiscale: Legge Bilancio 2022 e decreti collegati, novità ed altri adempimenti”.

Verranno trattati questi argomenti:

  • aliquote Irpef 2022
  • proroga detrazioni in ambito edilizio;
  • differimento termini efficacia Sugar Tax e Plastic Tax
  • credito d’imposta beni strumentali “Transizione 4.0” 2023-2025
  • credito d’imposta R&S
  • rivalutazione dei beni e riallineamento dei valori fiscali
  • modalità di convocazione assemblee società
  • nomina responsabile della conservazione sostitutiva
  • proroga disposizioni di modifica della disciplina del terzo settore
  • limite annuo di crediti utilizzabili in compensazione

 
Per iscriversi CLICCARE QUI entro venerdì 28 gennaio 2022.

Lunedì mattina 31 gennaio vi invieremo il link per partecipare al webinar.

(MP/am)




Split payment: gli elenchi per l’anno 2022

Il regime Iva dello split payment prevede che, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi soggette ad Iva (il regime non si applica in caso di operazioni esenti, non imponibili o fuori campo), effettuate nei confronti di amministrazioni pubbliche ed altri soggetti specificamente individuati, l’Iva sia applicata ed esposta in fattura dal fornitore e versata all’Erario dai cessionari o committenti, anziché dal fornitore stesso come avviene ordinariamente.

L’ambito temporale di applicazione di tale meccanismo è al momento fissato fino al 30 giugno 2023 (decisione di esecuzione Ue 2020/1105 del Consiglio Ue del 24 luglio 2020, recante modifica della decisione di esecuzione Ue 2017/784).

Fondamentale per l’applicazione del regime di split payment è identificare l’ambito soggettivo, ovvero i soggetti cessionari e/o committenti destinatari delle disposizioni di cui all’articolo 17 ter Dpr 633/1972.

Deve trattarsi di operazioni effettuate nei confronti della Pubblica Amministrazione, come definite dall’articolo 1, comma 2, L. 196/2009, e successive modificazioni e integrazioni, e, ai sensi dell’articolo 17 ter Dpr 633/1972, nei confronti di:

0a) enti pubblici economici nazionali, regionali e locali, comprese le aziende speciali e le aziende pubbliche di servizi alla persona;
0b) fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 per una percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70 per cento;
a) società controllate, ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, n. 2), c.c., direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dai Ministeri;
b) società controllate direttamente o indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, comma 1. n. 1, c.c., da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 o da enti e società di cui alle lettere 0a), 0b), a) e c);
c) società partecipate, per una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70 per cento, da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 o da enti e società di cui alle lettere 0a), 0b), a) e b);
d) società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana identificate agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto; con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze può essere individuato un indice alternativo di riferimento per il mercato azionario.

Stante la criticità nel verificare facilmente se un soggetto cessionario/committente sia destinatario o meno del regime di split payment, il comma 1-quater dell’articolo 17bis stabilisce che, a richiesta dei cedenti o prestatori, i cessionari o i committenti (di cui ai commi 1 e 1bis) devono rilasciare un documento attestante la loro riconducibilità a soggetti per i quali si applicano le disposizioni del citato articolo.

Inoltre sul sito Internet istituzionale del Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economica e della Finanze sono pubblicati ogni anno (entro il 20 ottobre con effetti a valere dall’anno successivo) gli elenchi dei soggetti interessati dallo split per le cessioni o prestazioni effettuate nei loro confronti: l’inclusione nei citati elenchi determina un effetto costitutivo.

Per il 2022, come già per l’anno precedente, i soggetti sono suddivisi nelle seguenti sei categorie:

  • società controllate di fatto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri (articolo2359, comma 1, n. 2, c.c.);
  • enti o società controllate dalle Amministrazioni Centrali;
  • enti o società controllate dalle Amministrazioni Locali;
  • enti o società controllate dagli Enti Nazionali di Previdenza e Assistenza;
  • enti, fondazioni o società partecipate per una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70 per cento, dalle Amministrazioni Pubbliche;
  • società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana.
Sul sito è possibile effettuare la ricerca delle fondazioni, degli enti o delle società presenti avvalendosi della consultazione tramite codice fiscale.

I suddetti elenchi non ricomprendono le Amministrazioni pubbliche, come definite dall’articolo 1, comma 2, L. 196/2009 (con ricognizione da effettuarsi annualmente), per le quali è necessario fare riferimento all’elenco pubblicato sul sito dell’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (www.indicepa.gov.it).

I soggetti interessati, fatta eccezione per le società quotate nell’indice FTSE MIB, potranno segnalare eventuali mancate o errate inclusioni, in conformità con quanto disposto dalla normativa sopra richiamata, fornendo idonea documentazione a supporto, mediante apposito modulo di richiesta.

Per quanto riguarda il verificarsi o la perdita del requisito del controllo o dell’inclusione nell’indice FTSE, in base a quanto stabilito dal D.M. 23.01.2015, come modificato da ultimo dal D.M. 09.01.2018:

  • nel caso in cui il controllo, la partecipazione o l’inclusione nell’indice FTSE MIB si verifichi in corso d’anno entro il 30 settembre, le nuove fondazioni, enti e società controllate, partecipate o incluse nell’indice applicano il regime dello split payment alle operazioni per le quali è emessa fattura a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo;
  • nel caso in cui il controllo, la partecipazione o l’inclusione nell’indice FTSE MIB si verifichi invece in corso d’anno dopo il 30 settembre, le nuove fondazioni, enti e società controllate, partecipate o incluse nell’indice applicano il regime dello split payment alle operazioni effettuate a partire dal 1° gennaio del secondo anno successivo;
  • nel caso in cui il controllo, la partecipazione o l’inclusione nell’indice FTSE MIB venga a mancare in corso d’anno entro il 30 settembre, le fondazioni, enti e società non più controllate, partecipate o incluse nell’indice continuano ad applicare le disposizioni di cui al citato articolo 17ter fino al 31 dicembre dell’anno in corso;
  • nel caso in cui il controllo, la partecipazione o l’inclusione nell’indice FTSE MIB venga a mancare in corso d’anno dopo il 30 settembre, le fondazioni, enti e società non più controllate, partecipate o incluse nell’indice continuano ad applicare lo split payment alle operazioni per le quali è emessa fattura fino al 31 dicembre dell’anno successivo (circolare AdE 9/E/2018).
(MF/ms)
 



Organo di controllo nelle SRL: nomina, proroga e disciplina

In seguito all’entrata in vigore del Dlgs. 14/2019 e del successivo Dl. 32/2019 è stato modificato l’articolo 2477 cod. civ. stabilendo nuovi criteri per l’obbligo di nomina dell’organo di controllo nelle società a responsabilità limitata.

In particolare sono stati ridefiniti i parametri, di cui all’articolo 2477, comma 2, lettera c), cod. civ., ragion per cui la nomina scatta al momento del superamento per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti parametri:

  • totale dell’attivo di bilancio: euro 4.000.000;
  • totale delle vendite e delle prestazioni: euro 4.000.000;
  • dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 20.
Il medesimo articolo, secondo quanto disposto dalla lettera c), fa cessare l’obbligo di nomina qualora la società per tre esercizi consecutivi non ha superato nessuno dei sopra citati limiti.

Il tema della nomina dell’organo di controllo è stato oggetto di notevoli dibattiti e, purtroppo, di un susseguirsi di proroghe “sbagliate” e “dannose” (citando il comunicato stampa dell’ex Presidente del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, Massimo Miani).

Andando con ordine, la versione originaria del Codice della crisi fissava la scadenza per la nomina dell’organo di controllo al 16 dicembre 2019 prendendo come riferimento i bilanci relativi agli esercizi 2017 e 2018.

Tale termine è stato prorogato per la prima volta dalla L. 77/2020 – di conversione del Dl. 34/2020 – in particolare l’articolo 51-bis che ha posticipato la nomina obbligatoria all’approvazione del bilancio relativo all’esercizio 2021.

L’entrata in vigore del Decreto Rilancio ha portato con sé numerosi strascichi relativamente alla gestione degli incarichi già assegnati entro i termini vigenti prima della modifica recata dal decreto stesso. A tal proposito si sono susseguiti diversi interventi interpretativi.

In prima battuta il MISE, nel suo parere datato 1° ottobre 2020, ha ritenuto possibile per le società – ove ritenuto opportuno – procedere con l’interruzione anticipata dell’incarico secondo il disposto del Dm. 261/2012, nella parte in cui dispone che costituisce giusta causa di revoca la sopravvenuta insussistenza dell’obbligo di revisione per l’intervenuta carenza dei requisiti previsti dalla legge.

Successivamente, il MEF in risposta all’interrogazione parlamentare n. 3-01842 ha espresso chiaramente la possibilità per le società che avevano già provveduto a nominare un organo di controllo di non intervenire a modificare il rapporto instaurato in quanto la norma, prevedendo un termine finale entro il quale adempiere all’obbligo”, non sembra “possa interpretarsi come idonea a far venire meno l’obbligo medio tempore”.

Sulla stessa linea del MEF si è posto il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti di concerto con la Fondazione Nazionale, con il documento di ricerca pubblicato il 15.10.2020. Infatti, a loro avviso, non convince la tesi per cui le nuove previsioni di cui all’articolo 51-bis del Decreto Rilancio possano implicare di per sé una circostanza da cui desumere l’intervenuta insussistenza dell’obbligo della revisione”, ma si tratterebbe semplicemente di una disposizione recante il “differimento della data di scadenza.

In chiusura, però, non è stata preclusa la possibilità di una risoluzione consensuale ai sensi del già citato Dm. 261/2012.

In ultimo, Assirevi con il suo documento di ricerca 234R – aggiornato nell’aprile 2021 – sulla base delle interpretazioni sopra descritte, ha previsto sia la possibilità di proseguire regolarmente nell’incarico conferito all’organo di controllo sia, se ritenuto opportuno, di risolverlo consensualmente. 

L’interruzione anticipata dell’incarico è motivata oltre che dal mutuo consenso delle parti, anche dal differimento del termine entro cui nominare l’organo di controllo.

L’ulteriore proroga è stata introdotta dal Dl. 118/2021 che prevede – all’articolo 1-bis – lo slittamento dell’obbligo di nomina dell’organo di controllo all’approvazione del bilancio relativo all’esercizio 2022.

L’ennesimo slittamento in avanti ha creato un ulteriore dubbio interpretativo per tutte quelle Srl che, avendo diligentemente nominato l’organo di controllo entro il 16 dicembre 2019, si trovano – nell’assemblea di approvazione del bilancio 2021 – nella naturale scadenza triennale del
revisore legale o del sindaco unico.

A questo punto sorge spontaneo chiedersi se anche tali società possano godere della proroga introdotta dalla L. 147/2021, potendo quindi omettere – almeno per l’esercizio 2022 – di nominare il collegio sindacale, il sindaco unico o il revisore legale.

Il possibile equivoco interpretativo è stato “sgomberato” dall’intervento della Fondazione Nazionale dei Commercialisti con il documento di ricerca pubblicato lo scorso 4 novembre.

È stato ribadito che la proroga ha toccato unicamente l’articolo 379 del Codice della crisi e in nessun modo l’articolo 2477 cod.civ.

A tal proposito, il menzionato articolo 379 Codice della crisi, trova applicazione solamente ai fini della prima nomina dell’organo di controllo e del revisore legale per le società che non vi abbiano già provveduto successivamente al 16 marzo 2019”.

In conclusione, è possibile affermare che le società che hanno effettuato la nomina dell’organo di controllo o del revisore legale “soggiacciono” al regime di nomina e cessazione disciplinato dall’articolo 2477 cod. civ. qualora si tratti di Srl o di società cooperative.

(MF/ms)
 




Fattura elettronica: come rinnovare la conservazione sostitutiva gratuita dell’Agenzia delle Entrate

Per tutti coloro che hanno optato per la conservazione sostitutiva gratuita dell’Agenzia delle Entrate, all’avvio della fatturazione elettronica obbligatoria il 1° gennaio 2019, si raccomanda di prestare la massima attenzione alla necessità di conferma e rinnovo della conservazione stessa.

Benchè il servizio di conservazione dell’Agenzia delle Entrate sia gratuito, è però necessario confermare e/o rinnovare l’adesione ogni 3 anni.

Si ricorda che la conservazione sostitutiva è obbligatoria, e nel caso si sia optato per la conservazione sostituiva dell’Agenzia delle Entrate, il servizio è gratuito. Una volta aderito, non occorre fare nulla, è tutto automatico.

Siccome quando è partita la fatturazione elettronica, tutti coloro che hanno richiesto la conservazione sostitutiva dell’agenzia delle entrate (insieme alla registrazione della PEC o del Codice SDI), lo hanno fatto fra la fine del 2018 e l’inizio del 2019, si vedranno l’adesione Revocata o in Scadenza.

Come rinnovare la conservazione sostitutiva: entrare nel sito dell’Agenzia delle Entrate con le proprie credenziali, accedere alla sezione della fatturazione elettronica, poi alla sezione Conservazione e aderire nuovamente al servizio. Nel caso la conservazione sia scaduta da alcuni giorni, settimane o anche mesi, non è un problema, perchè in fase di rinnovo viene chiesta la data a partire dalla quale riavviare il servizio di conservazione. In questo caso si avrà cura di inserire il giorno in cui era scaduta.

(MF/ms)




Diritto camerale 2022: confermate le misure degli anni precedenti

Con la nota del Ministero dello Sviluppo economico n. 429691, pubblicata il 22 dicembre, sono state confermate per il 2022 le misure del diritto camerale annuale già dovute negli ultimi anni.

L’art. 28 comma 1 del Dl 24 giugno 2014 n. 90 aveva disposto la riduzione del diritto annuale dovuto alle Camere di Commercio per l’iscrizione nel Registro delle imprese o nel REA.

La riduzione del tributo è pari al 50% a decorrere dal 2017.

La base di calcolo su cui applicare la riduzione corrisponde al diritto annuale definito dal Dm 21 aprile 2011 (come disposto dall’art. 1 del Dm 8 gennaio 2015).

Per il 2022, in assenza di ulteriori interventi normativi, analogamente al 2021, il tributo viene determinato applicando la riduzione del 50% agli importi fissati dal citato decreto.

Relativamente alle imprese iscritte nella sezione ordinaria del Registro delle imprese, le misure sono le seguenti:

  • imprese individuali: 100 euro (unità locale 20 euro);
  • tutte le altre imprese: importi variabili in relazione all’aliquota applicabile per lo scaglione di fatturato relativo al 2021, con un minimo di 100 euro e un massimo di 20.000 euro (unità locale 20% di quanto dovuto per la sede principale con un massimo di 100 euro).
Per i soggetti iscritti nella sezione speciale del Registro delle imprese, il diritto è dovuto secondo quanto di seguito riportato:
  • imprese individuali (piccoli imprenditori, artigiani, coltivatori diretti, imprenditori agricoli):
    • 44 euro (unità locale 8,80 euro);
    • società semplici non agricole: 100 euro (unità locale 20 euro);
    • società semplici agricole: 50 euro (unità locale 10 euro);
    • società tra avvocati ex Dlgs. 96/2001: 100 euro (unità locale 20 euro).
Il tributo è dovuto anche dai soggetti iscritti al REA, i quali corrispondono un diritto annuale nella misura fissa pari a 15 euro.

Le unità locali e le sedi secondarie di imprese con sede principale all’estero devono versare, per ciascuna unità o sede, l’importo di 55 euro.

Il diritto annuale deve essere versato con arrotondamento all’unità di euro secondo le modalità indicate dalla nota Mise 3 marzo 2009 n. 19230.

Da aggiungere le maggiorazioni delle singole Camere di Commercio

Le predette misure del tributo non tengono conto delle maggiorazioni fino al 20% applicate dalle singole Camere di Commercio.

Per il triennio 2020, 2021 e 2022, le maggiorazioni sono state approvate con il Dm 12 marzo 2020 (ad esclusione della Cciaa di Perugia che ha deliberato una maggiorazione del 10%, per tutte le altre Cciaa la maggiorazione è al 20%).

Il diritto camerale è versato:

  • in unica soluzione;
  • con il modello F24, utilizzando il codice tributo “3850” da indicare nella sezione “IMU ed altri tributi locali”.
È possibile procedere al pagamento anche attraverso la piattaforma pagoPA.

Il termine di versamento coincide con quello del primo acconto delle imposte sui redditi (art. 8 comma 2 del Dm 359/2001).

Le imprese di nuova iscrizione possono versare il tributo contestualmente all’iscrizione o all’annotazione nel Registro delle imprese (art. 8 commi 3 e 4 del Dm 359/2001), oppure entro i successivi 30 giorni (art. 4 comma 1 del Dm 21 aprile 2011).

(MF/ms)
 




Rivalutazione dei beni e riallineamento dei valori civili e fiscali

Con l’approvazione definitiva del Ddl di bilancio 2022 da parte del Senato della Repubblica (con “replica” programmata nei prossimi giorni presso la Camera dei Deputati, presumibilmente senza modifica alcuna), vanno a consolidarsi le modifiche alle disposizioni, contenute nell’art. 110 del Dl 104/2020, riguardanti la rivalutazione dei beni e il riallineamento dei valori civili e fiscali.

Le modifiche in commento, operate per ragioni di gettito erariale, in ragione della sottostima degli effetti sul bilancio pubblico di tale ultima disposizione, hanno ad oggetto le sole immobilizzazioni immateriali, “responsabili” secondo la relazione tecnica al provvedimento della maggior parte dei risparmi in eccesso delle imprese rispetto al dato programmato.

In questo contesto, il nuovo comma 8-ter stabilisce che, con riferimento ai maggiori valori imputati ai sensi dei commi 4, 8 e 8-bis dello stesso art. 110 alle attività immateriali ammortizzabili, ai sensi dell’art. 103 del Tuir, per diciottesimi (marchi e avviamento), la deduzione è effettuata in misura non superiore ad un cinquantesimo.

Il nuovo comma 8-quater consente, però, che venga mantenuto l’ammortamento per diciottesimi, ma solo dietro il versamento dell’imposta sostitutiva prevista dall’art. 176 comma 2-ter del Tuir (a scaglioni dal 12% al 16%), al netto dell’imposta sostitutiva del 3% pagata per la rivalutazione o per il riallineamento.

Una terza opzione è quella di revocare, anche parzialmente, la disciplina fiscale dell’art. 110 del Dl 104/2020, con modalità e termini che verranno stabiliti da un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate. All’impresa che rinuncia agli effetti della rivalutazione o del riallineamento l’imposta sostitutiva del 3% pagata viene rimborsata, o ne è ammesso l’utilizzo in compensazione nel modello F24.

Le modalità attuative della disposizione saranno stabilite con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.

Pur se la norma sulla rinuncia presenta letteralmente un ambito potenzialmente più ampio, la sua ratio – e in questo senso sembra andare anche la Relazione al Ddl. di bilancio 2022 – ne dovrebbe circoscrivere l’ambito ai soggetti che hanno proceduto alla rivalutazione o al riallineamento dei valori dei marchi e dell’avviamento.

Il nuovo art. 110 comma 8-ter del Dl 104/2020 prevede, poi, un apposito meccanismo a seguito del quale, in presenza di operazioni realizzative, il periodo cinquantennale di deduzione è “traslato” sulle minusvalenze.

Più precisamente, nel caso di cessione a titolo oneroso, di assegnazione ai soci o di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero al consumo personale o familiare dell’imprenditore o, ancora, di eliminazione dal complesso produttivo:

  • la minusvalenza è deducibile, fino a concorrenza del valore residuo del maggior valore imputato a seguito della rivalutazione (oppure oggetto di riallineamento), in quote costanti per il residuo periodo di ammortamento come rideterminato in virtù delle nuove disposizioni;
  • per l’eventuale soggetto avente causa la quota di costo riferibile al residuo valore ammortizzabile di tale maggior valore, al netto dell’eventuale minusvalenza dedotta dal dante causa, è ammessa in deduzione in quote costanti per il residuo periodo di ammortamento.
Come precisato dalla Relazione al Ddl. di bilancio 2022, la disposizione è volta a specificare che il regime di deduzione cinquantennale delle componenti negative non viene meno se il soggetto perde la disponibilità del bene rivalutato o riallineato, ovvero non presenti più in bilancio il costo relativo all’attività immateriale. La norma interessa il solo caso in cui l’impresa rimanga “inerte” e accetti, quindi, l’allungamento a 50 anni del periodo di ammortamento fiscale (e non, quindi, le altre due casistiche, riferite al pagamento dell’ulteriore imposta sostitutiva del 9%-11%-13% e alla rinuncia agli effetti della rivalutazione).

Recupero cinquantennale traslato sul cessionario

Peraltro, occorreranno chiarimenti appositi in merito a casi come l’assegnazione ai soci (menzionata in modo espresso dalla nuova norma sulle minusvalenze, quando però le minusvalenze da assegnazione sono indeducibili ai sensi dell’art. 101 del Tuir), o la cessazione dell’attività (situazione, quest’ultima, in cui dovrebbe essere possibile portare in deduzione, come da principi generali, i cinquantesimi residui).

Va segnalato, da ultimo, che con la versione del Ddl. di bilancio 2022 approvata in via definitiva dal Senato non sono state recepite alcune proposte emendative che avrebbero permesso la trasformazione delle DTA riferite alle quote di ammortamento dei marchi e dell’avviamento nelle situazioni di perdita fiscale, le quali avrebbero consentito un “respiro” finanziario a molte imprese interessate dalla misura restrittiva introdotta.

(MF/ms)