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Comunicato Agenzia Entrate: malfunzionamento sistema informatico

Dalle ore 14.07 del 30 marzo alle ore 18.30 del 31 marzo si sono verificati dei malfunzionamenti ai collegamenti telematici e telefonici dell’Agenzia delle Entrate, a seguito di alcuni cali di tensione elettrica che hanno danneggiato i sistemi impiantistici di Sogei S.p.A.

Con apposita nota stampa, Sogei S.p.A. (partner tecnologico dell’Agenzia delle entrate) ha tuttavia comunicato che non sono stati in alcun modo persi né alterati dati e informazioni.

L’Agenzia delle entrate, alla luce delle criticità appena richiamate ha quindi emanato, nella giornata di venerdì 1° aprile, un provvedimento di irregolare funzionamento degli uffici (provvedimento prot. n. 103772/2022), che è stato pubblicato sul sito della stessa Agenzia delle entrate quale forma di pubblicità legale idonea a sostituire la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Ai sensi dell’articolo 1 D.L. 498/1961, infatti, “Qualora gli uffici finanziari non siano in grado di funzionare regolarmente a causa di eventi di carattere eccezionale non riconducibili a disfunzioni organizzative dell’amministrazione finanziaria, i termini di prescrizione e di decadenza nonché quelli di adempimento di obbligazioni e di formalità previsti dalle norme riguardanti le imposte e le tasse a favore dell’erario, scadenti durante il periodo di mancato o irregolare funzionamento, sono prorogati fino al decimo giorno successivo alla data in cui viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il decreto di cui all’articolo 3”.

Tutti gli adempimenti in scadenza lo scorso 30 e 31 marzo risultano quindi prorogati all’11 aprile.

Si pensi, a mero titolo di esempio, agli obblighi di trasmissione telematica delle fatture elettroniche, alla presentazione del modello Eas, del modello Intra-12, alla trasmissione della dichiarazione e al versamento dell’Iva mensile per gli aderenti al regime Ioss, nonchè alla dichiarazione dei redditi per le società con periodo d’imposta fino al 30.04.2021.

Specifiche precisazioni sono state invece fornite con riferimento alle comunicazioni di opzione per i bonus edilizi.

Come noto, infatti, i cessionari del credito e i fornitori che hanno praticato lo sconto in fattura possono utilizzare il credito d’imposta a decorrere dal giorno 10 del mese successivo a quello della corretta ricezione dell’apposita comunicazione da trasmettere all’Agenzia delle entrate.

Il “blocco” dei sistemi che ha interessato gli ultimi giorni del mese di marzo avrebbe potuto pertanto comportare uno slittamento nella possibilità di fruire del credito d’imposta di ben un mese, con possibilità di utilizzo del credito oggetto di comunicazione nel mese di aprile solo dal 10 maggio.

Per tale motivo, con il richiamato provvedimento prot. n. 103772/2022, di venerdì scorso, è stato precisato che i crediti emergenti dalle comunicazioni delle opzioni per la cessione del credito e lo sconto in fattura relative ai bonus edilizi, inviate entro il 5 aprile 2022saranno comunque caricati entro il 10 aprile 2022 sulla Piattaforma cessione crediti, a disposizione dei fornitori che hanno praticato gli sconti e dei cessionari, al pari dei crediti emergenti dalle comunicazioni inviate entro il 31 marzo 2022.

In altre parole, per poter fruire del credito d’imposta dal 10 aprile, sarà possibile trasmettere la comunicazione fino al 5 aprile.

(MF/ms)




Certificato EUR1: nuove modalità di richiesta emissione

Nell’ambito delle procedure relative alle esportazioni sono state riviste quelle relative al rilascio e controllo del certificato di circolazione EUR.1, EUR MED ed A.TR a decorrere dal 1° aprile 2022.

La semplificazione procedurale in materia di previdimazione dei certificati di circolazione (più volte prorogata, in ultimo dalla circolare 44/D/2021 fino al 31 marzo 2022) si è conclusa, in quanto ritenuta non più attuale rispetto al mutato quadro normativo.

I certificati di circolazione sono utilizzati in ambito doganale per dichiarare l’origine preferenziale delle merci e poter beneficiare delle agevolazioni tariffarie contenute in accordi preferenziali fra UE e paesi terzi e delle misure tariffarie concesse unilateralmente dalla stessa UE nei confronti di taluni paesi o territori in via di sviluppo.

Per quanto concerne le dichiarazioni doganali di esportazione verso paesi accordisti per i quali è previsto un reciproco trattamento preferenziale, i protocolli origine allegati agli accordi prevedono che il rilascio dei predetti certificati comprovanti l’origine sia effettuato dai competenti uffici territoriali, su apposita richiesta formulata dal soggetto esportatore, o da un suo rappresentante.

La presentazione di specifica documentazione a titolo di prova dell’origine, ai fini della concessione del trattamento preferenziale, riguarda in particolare:

  • Certificati EUR 1, previsti negli accordi preferenziali di libero scambio e rilasciati dalle autorità doganali dei paesi di esportazione;
  • Certificati EUR MED, per i prodotti che beneficiano di trattamento preferenziale sulla base delle regole applicabili ai paesi appartenenti all’area del cumulo pan-euro-mediterraneo (Convenzione Pan Euro Med);
  • Certificati ATR, qui citati per completezza pur non essendo una prova dell’origine, per i prodotti in posizione di libera pratica entro l’ambito dell’Unione doganale UE/Turchia.
Gli operatori economici possono operare dal 1° aprile secondo le modalità indicate nella circolare 12/D/2022 del 29.03.2022 dell’Agenzia delle Dogane:
  1. procedura ordinaria
  2. procedura “facilitata”
  3. procedura full digital.
Utilizzando la procedura ordinaria, il soggetto esportatore, direttamente o tramite suo rappresentante doganale, richiede il certificato di circolazione indicando nella casella 44 – sezione documenti della dichiarazione di esportazione – uno dei corrispondenti codici previsti dall’articolo 3 della Determinazione Direttoriale prot. n. 23641/RU del 21.01.2021 (26YY richiesta del certificato di circolazione delle merci EUR.1; 27YY richiesta del certificato A.T.R.; 28YY richiesta del certificato di circolazione delle merci EURMED). Dopo il download dei dati e la stampa del certificato, il medesimo viene presentato all’Ufficio delle Dogane dove è stata registrata la dichiarazione doganale di esportazione per l’apposizione del timbro e della firma. In caso di controllo automatizzato (CA) dell’operazione, l’Ufficio delle Dogane provvede con immediatezza alla validazione del certificato medesimo.

La richiesta di rilascio del certificato di circolazione, effettuata mediante l’inserimento nella casella 44 della dichiarazione di esportazione dell’apposito codice documento, comporta la piena assunzione di responsabilità in merito alla sussistenza dei presupposti e requisiti, previsti dai vigenti

Accordi, che conferiscono il carattere di origine preferenziale unionale o dello status unionale alle merci esportate. L’operatore economico (esportatore e/o il suo rappresentante), con l’utilizzo di uno dei codici previsti dall’articolo 3 della citata Determinazione Direttoriale, dichiara altresì sotto la sua responsabilità di essere in condizione di rendere immediatamente disponibili – in caso di richiesta dell’ufficio doganale in sede di controllo in linea o a posteriori – la cd. “dichiarazione dell’esportatore” e i documenti idonei a comprovare l’origine preferenziale unionale delle merci oggetto di esportazione.

La procedura “facilitata” si differenzia da quella ordinaria per il fatto che l’esportatore stampa il certificato su un formulario/modello tipografico in proprio possesso e che è stato in precedenza validato con timbro e firma dal competente Ufficio delle Dogane. L’accesso a tale procedura è riservato ai soggetti A.E.O. che siano titolari di autorizzazione a luogo approvato e che abbiano manifestato e dimostrato specifiche ed oggettive difficoltà operative anche correlate alla distanza dall’Ufficio delle Dogane di esportazione (a titolo esemplificativo, un tempo di percorrenza di oltre mezz’ora) oppure all’effettuazione delle operazioni di esportazione al di fuori dell’orario di operatività dell’Ufficio medesimo.

La procedura full digital, invece, può essere al momento utilizzata limitatamente al progetto denominato “EUR1 Full Digital” che, dal 1°marzo 2021, in via sperimentale, si applica per la richiesta ed il rilascio dei certificati di circolazione EUR.1 relativi ad operazioni di esportazione verso la Confederazione Svizzera, secondo le modalità declinate con circolare 13/2021. Attualmente sono in corso interlocuzioni con l’autorità doganale turca per una prossima completa digitalizzazione anche del certificato AT.R.

In alternativa ai certificati di circolazione, sia le vigenti disposizioni integrative unionali (articolo 75 e segg. Regolamento esecutivo UE 2447/2015) sia gli accordi preferenziali prevedono, quale prova dell’origine, la compilazione e l’emissione – da parte del soggetto esportatore – di una dichiarazione su fattura, o su altro documento commerciale, resa secondo il modello allegato allo specifico accordo.

La dichiarazione di origine preferenziale in fattura può essere compilata, a seconda delle disposizioni contenute negli accordi:

  • dall’esportatore autorizzato;
  • dall’esportatore registrato al sistema REX (previsto ad esempio negli accordi con Canada, Giappone, Regno Unito, Vietnam);
  • da qualsiasi esportatore ancorché non autorizzato/registrato per ogni spedizione il cui valore totale non superi 6.000 euro.
(MF/ms)



Tenuta e stampa dei registri elettronici

Nel caso in cui i documenti fiscalmente rilevanti consistano in registri tenuti in formato elettronico:
  1. ai fini della loro regolarità, non hanno obbligo di essere stampati sino al terzo (o sesto per il solo 2019) mese successivo al termine di presentazione della relativa dichiarazione dei redditi, salvo apposita richiesta in tal senso da parte degli organi di controllo in sede di accesso, ispezione o verifica;
  2. entro tale momento (terzo/sesto mese successivo al termine di presentazione della dichiarazione dei redditi) vanno posti in conservazione nel rispetto del Dm. 17 giugno 2014, qualora il contribuente voglia mantenerli in formato elettronico, oppure materializzati (stampati) in caso contrario: lo ha precisato l’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione 28 marzo 2022, n. 16/E.
Al riguardo si ricorda quanto segue:
  1. ai sensi dell’art. 7, comma 4-quater, del Dl. 10 giugno 1994, n. 357, convertito con modifiche dalla Legge 8 agosto 1994, n. 489 (come modificato dall’art. 12-octies del Dl. 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modifiche dalla Legge 28 giugno 2019, n. 58), la tenuta di qualsiasi registro contabile con sistemi elettronici su qualsiasi supporto si considera in ogni caso regolare in difetto di trascrizione su supporti cartacei, se in sede di accesso, ispezione o verifica gli stessi risultano aggiornati sui predetti sistemi elettronici e vengono stampati a seguito della richiesta avanzata dagli organi procedenti e in loro presenza;
  2. il Dm. 17 giugno 2014 (sostitutivo del precedente Dm. 23 gennaio 2004), ha:
    1. ribadito che i documenti informatici rilevanti ai fini tributari devono possedere le caratteristiche dell’immodificabilità, integrità, autenticità e leggibilità;
    2. precisato che gli stessi devono essere conservati in modo tale che:
– siano rispettate le norme del codice civile, del Codice dell’amministrazione digitale e delle relative regole tecniche e le altre norme tributarie riguardanti la corretta tenuta della contabilità;
– siano consentite le funzioni di ricerca e di estrazione delle informazioni dagli archivi informatici in relazione almeno al cognome, al nome, alla denominazione, al codice fiscale, alla partita Iva, alla data o associazioni logiche di questi ultimi, laddove tali informazioni siano obbligatoriamente previste;

c)  stabilito che il processo di conservazione dev’essere effettuato entro il termine previsto dall’art. 7, comma 4-ter, del Dl. n. 357/1994, convertito con modifiche dalla Legge 489/1994, cioè entro i termini di presentazione delle relative dichiarazioni annuali, semprechè non siano scaduti da oltre tre mesi;

3. i sensi dell’art. 5, comma 16, del Dl. 22 marzo 2021, n. 41, corvertito con modifiche dalla Legge 21 maggio 2021, n. 69, con riferimento al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, il processo di conservazione di cui all’art. 3, comma 3 , del Dm. 17 giugno 2014, si considera tempestivo se effettuato, al più tardi, entro i tre mesi successivi al termine previsto dal richiamato art. 7, comma 4-ter , del Dl. n. 357/1994.

(MF/ms)
 




La prova di consegna nelle cessioni intracomunitarie di beni

L’articolo 45-bis del Regolamento Ue di esecuzione n. 282/2011 del 15 marzo 2011, così come modificato dal Regolamento di esecuzione (Ue) 2018/1912 del 4 dicembre 2018, tratta in maniera specifica gli oneri documentali riguardanti le cessioni intracomunitarie di beni di cui all’articolo 138 della Direttiva Iva.
 
Ulteriori chiarimenti in materia sono stati forniti dalla Commissione europea con le Note Esplicative sui “quick fixes 2020”, pubblicate a dicembre 2019.

In particolare, con il paragrafo 1lettere a) e b), del citato articolo 45-bis è stata introdotta, dal 1° gennaio 2020, una presunzione relativa circa l’avvenuto trasporto di beni in ambito comunitario.

Il paragrafo 1, lettera a) tratta l’ipotesi in cui i beni vengono spediti o trasportati dal venditore o da un terzo per suo conto mentre la lettera b), quella in cui il trasporto è curato dall’acquirente o da un terzo per suo conto.

Nel primo caso – spedizione a cura o per conto del cedente – quest’ultimo, oltre a dichiarare che i beni sono stati spediti o trasportati da lui o da terzi per suo conto, deve produrre almeno due documenti, non contraddittori e provenienti da soggetti diversi tra loro (indipendenti sia dal venditore che dall’acquirente). Trattasi dei documenti relativi al trasporto o alla spedizione dei beni, di cui al paragrafo 3lettera a) dell’articolo 45-bis:

  • un documento o una lettera CMR riportante la firma del trasportatore,
  • una polizza di carico,
  • una fattura di trasporto aereo,
  • una fattura emessa dallo spedizioniere.
In alternativa, il venditore potrà presentare, oltre alla dichiarazione che i beni sono stati spediti o trasportati da lui o da terzi per proprio conto, un documento di cui al citato paragrafo 3, lettera a) ed uno qualsiasi dei documenti indicati alla successiva lettera b) del medesimo paragrafo 3:
  • una polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento per la spedizione o il trasporto dei beni;
  • documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio da un notaio, che confermano l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione;
  • una ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale Stato membro.
Nella seconda fattispecie (lettera b), dove il trasporto viene effettuato dall’acquirente oppure da un terzo per suo conto, per il venditore italiano le cose si complicano.

Il cedente nazionale deve richiedere al proprio cliente Ue una dichiarazione scritta dalla quale dovranno risultare le seguenti informazioni: lo Stato membro di destinazione dei beni, la data del rilascio, il nome e l’indirizzo dell’acquirente, la quantità e la natura dei beni ceduti, la data e il luogo del loro arrivo, l’identificazione della persona che ha accettato i beni per conto dell’acquirente e, qualora si tratti di mezzi di trasporto, il numero di identificazione del mezzo.

Oltre alla dichiarazione di cui sopra, il cedente dovrà essere in possesso di almeno due dei documenti relativi al trasporto delle merci, di cui alla lettera a) del paragrafo 3 dell’articolo 45-bis, rilasciati da due diverse parti indipendenti, l’una dall’altra, dal venditore e dall’acquirente oppure di un documento di trasporto di cui alla lettera a) citata, insieme ad un documento relativo agli altri mezzi di prova indicati nella lettera b) del medesimo paragrafo 3.

Il set documentale sopra esposto agevola notevolmente il cedente che organizza il trasporto (affidando ad esempio l’incarico ad un corriere), essendo in possesso sia della fattura dello spedizioniere che dei documenti bancari attestanti il pagamento della spedizione.

La presunzione contenuta nell’articolo 45-bis del Regolamento n. 282/2011 è invece difficilmente applicabile quando la spedizione è gestita dal cliente intra-Ue come, ad esempio, in caso di cessioni con resa ex-works.

È inoltre preclusa l’applicazione della presunzione quando le merci sono state trasportate o spedite in altro Stato membro, con trasporto o spedizione effettuati dal cedente o dal cessionario con mezzi propri senza l’intervento di altri soggetti (Note esplicative quick fixes 2020, par. 5.3.5).

In base all’articolo 45-bis, paragrafo 2, le Autorità fiscali dei Paesi Ue conservano la facoltà di superare la presunzione dell’avvenuto trasporto o spedizione intracomunitaria, adottando ulteriori norme o prassi nazionali eventualmente più flessibili. Allo stesso modo, il contribuente conserva la possibilità di dimostrare con altri elementi oggettivi di prova che l’operazione sia realmente avvenuta, qualora non sia in possesso della documentazione richiesta dalla richiamata disposizione unionale.

Pertanto, in tutti i casi in cui non si renda applicabile la presunzione di cui all’articolo 45-bispuò continuare a trovare applicazione la prassi nazionale, anche adottata prima dell’entrata in vigore del medesimo articolo in tema di prova del trasporto intracomunitario dei beni (circolare12/E/2020).

Resta inteso, ad ogni modo, che detta prassi nazionale individua documenti la cui idoneità a provare l’avvenuto trasporto all’interno dell’Unione europea è comunque soggetta alla valutazionecaso per casodell’Amministrazione finanziaria.

Con la risposta n. 101/2022 l’Agenzia delle entrate ha recentemente ribadito tale orientamento, accogliendo come mezzi di prova, nel caso di specie, l’estrazione dal sito web del trasportatore della movimentazione della merce, rilevata con sistema satellitare GPS nei vari punti di sosta fino alla consegna, unita alla lettera di vettura del trasporto aereo (AWB) ed un documento di riepilogo di spedizione giornaliero rilasciato dallo spedizioniere.

(MF/ms)
 




Pagamento cartelle: dal 1° aprile tornano i consueti 60 giorni

Ai sensi degli artt. 2 del Dl 146/2021 e 1 comma 913 della L. 234/2021, per le cartelle di pagamento notificate dal 1° settembre 2021 al 31 marzo 2022, il termine di pagamento non è di 60 giorni ma di 180 giorni dalla notifica dell’atto. In ragione di ciò, nel lasso temporale dei 180 giorni il debitore non è in mora, dunque non possono essere avviate azioni esecutive né cautelari, e non decorrono gli interessi di mora.

Pertanto, relativamente alle cartelle che verranno notificate dal 1° aprile 2022, torna operativo il consueto termine di pagamento dei 60 giorni, entro i quali, per evitare di essere in mora, occorrerà chiedere la dilazione dei ruoli ai sensi dell’art. 19 del Dpr 602/73.

Se spira il termine dei 60 giorni senza che sia stata accordata la dilazione, potranno, in costanza dei requisiti di legge, essere adottate le consuete misure cautelari (fermi, ipoteche) ed esecutive (pignoramenti).

Decorreranno anche gli interessi di mora di cui all’art. 30 del Dpr 602/73.

Bisogna rammentare che né il Dl 146/2021 né la L. 234/2021 hanno intaccato il termine per il ricorso, dunque anche per le cartelle notificate dal 1° settembre 2021 al 31 marzo 2022 occorre notificare il ricorso nei 60 giorni.

Tale disciplina ha riguardato esclusivamente le cartelle di pagamento, quindi è rimasto invariato il termine di pagamento delle somme intimate con accertamento esecutivo, connesso al termine per il ricorso.

Grazie all’art. 13-decies comma 5-bis del Dl 137/2020 (introdotto in sede di conversione del Dl 228/2021), i debitori decaduti da una dilazione dei ruoli all’8 marzo 2020 (prima quindi dell’emergenza epidemiologica) possono ancora presentare domanda sino al 30 aprile 2022, potendo essere riammessi senza dover per forza pagare tutte le rate insolute.

La decadenza si verifica con il mancato pagamento di 5 rate anche non consecutive, e non 10.

Gli altri benefici (ammissione automatica per debiti sino a 100.000 euro e non 60.000 euro, decadenza con 10 rate non pagate) sono ormai “passati”, essendo circoscritti alle domande di dilazione dei ruoli presentate sino al 31 dicembre 2021.

Vengono così a cadere due delle ultime disposizioni della legislazione emergenziale.

Il termine dei 180 giorni vale per le cartelle notificate sino al 31 marzo

Relativamente alle rate da rottamazione dei ruoli è stata prevista in sede di conversione in legge del c.d. decreto “Sostegni-ter” una ulteriore proroga. Precisamente:

  • le rate scadute nel 2020 andranno pagate entro il 30 aprile 2022;
  • le rate scadute nel 2021 andranno pagate entro il 31 luglio 2022;
  • le rate scadenti nel 2022 andranno pagate entro il 30 novembre 2022.
Rimangono invariate le scadenze delle rate derivanti da altre definizioni del Dl 119/2018 (si pensi alla definizione delle liti pendenti o dei processi verbali di constatazione) e lo stesso dicasi per le rate derivanti da dilazioni degli avvisi bonari.

(MF/ms)
 




Agenzia delle Entrate: avviso di circolazione mail false con virus

L’Agenzia delle Entrate invita a prestare la massima attenzione a false mail in circolazione negli ultimi giorni che diffondono virus e software dannosi per il proprio pc o che contengono comunicazioni non attribuibili all’Agenzia stessa”: è quanto si legge in un comunicato stampa diffuso il 23 marzo dalla stessa amministrazione fiscale.

In queste false mail, che riportano il logo Agenzia Entrate  “si fa riferimento a incongruenze nelle liquidazioni periodiche Iva, a nuove disposizioni circa l’efficientamento energetico o a generici problemi di comunicazione con il contribuente. In tutti i casi è presente un allegato in formato .zip, oppure un file Excel con macro (.xlsm), che contengono software dannosi”.

L’Agenzia disconosce il contenuto di questi messaggi e raccomanda di cestinarli senza aprire alcun allegato.

(MF/ms)




L’ ammortamento dei beni rivalutati

Rivalutare un bene d’impresa non significa modificare la sua vita utile residua, ma soltanto incrementarne il valore fino a un massimo rappresentato dal cosiddetto valore recuperabile.

È questa precisazione dei principi contabili nazionali OIC che, in non pochi casi, potrebbe comportare difficoltà per le imprese che si apprestano, nel redigere i bilanci 2021, a effettuare per la prima volta l’ammortamento dei beni rivalutati l’anno scorso.

Si tratta, in particolare, dei casi in cui, per via di rivalutazioni molto elevate, l’applicazione di tale principio – di invarianza della vita utile residua – comporterà l’iscrizione di ammortamenti 2021 sui beni rivalutati significativamente superiori rispetto a quelli iscritti in Conto economico fino all’esercizio 2020.

Si tratta della previsione del § 77 dell’OIC 16, in base al quale “La rivalutazione di un’immobilizzazione materiale non modifica la stimata residua vita utile del bene, che prescinde dal valore economico del bene.

L’ammortamento dell’immobilizzazione materiale rivalutata continua ad essere determinato coerentemente con i criteri applicati precedentemente, senza modificare la vita utile residua”.

Ciò significa, ad esempio, che se si è rivalutato un immobile il cui processo di ammortamento sarebbe terminato nei successivi cinque esercizi, l’ammortamento del valore netto contabile ottenuto a seguito della rivalutazione deve essere determinato dividendo tale valore netto contabile per i cinque esercizi residui.

Dello stesso tenore dell’OIC 16 anche il § 16 del documento interpretativo 7 dell’OIC, in base al quale “La rivalutazione di un’immobilizzazione materiale o un bene immateriale di per sé non comporta una modifica della vita utile.

Restano ferme le disposizioni dei principi contabili nazionali di riferimento che prevedono l’aggiornamento della stima della vita utile nei casi in cui si sia verificato un mutamento delle condizioni originarie di stima”.

Da sottolineare però che, a differenza del principio contabile, l’interpretativo precisa “di per sé”: significa che non è vietato modificare la vita utile residua dei beni rivalutati, ma soltanto che non può essere la rivalutazione a giustificare tale modifica.

Inoltre, successivamente richiama la previsione dei principi contabili nazionali dell’esigenza di modificare la stima della vita utile residua qualora si siano modificate le ragioni alla base della stima originaria dell’amministratore.

A tal proposito è bene ricordare che l’OIC 16 così disciplina la modifica del piano di ammortamento (§ 70): “Il piano d’ammortamento deve essere periodicamente rivisto per verificare se sono intervenuti cambiamenti tali da richiedere una modifica delle stime effettuate nella determinazione della residua possibilità di utilizzazione. Se quest’ultima è modificata, il valore contabile dell’immobilizzazione (valore originario al netto degli ammortamenti ed eventuali svalutazioni fino a quel momento effettuati) al tempo di tale cambiamento è ripartito sulla nuova vita utile residua del cespite”.

Prevista l’esigenza di modificare la stima della vita utile residua

Nel bilancio 2020, nel ricorrere a una perizia di stima, ad esempio relativamente a un immobile, per individuare il valore recuperabile, in numerosi casi si è chiesto al perito se, a fronte di una manutenzione costante, si può ritenere che l’immobile possa dare utilità all’impresa per un maggior numero di esercizi, rispetto alla stima originaria.

In tali casi, nel bilancio 2021, nel rispetto della previsione dell’OIC 16, l’ammortamento dei beni rivalutati sarà rideterminato per un importo pari al rapporto tra il valore netto contabile (costo rivalutato al netto del fondo ammortamento) e il numero di esercizi di vita utile residua a seguito della modifica della stima, contenendo in questo modo l’effetto dei maggiori ammortamenti nel Conto economico dell’esercizio 2021 e anche in quello degli esercizi successivi.

Nel bilancio 2021 si potrebbe ottenere lo stesso risultato ricorrendo alla possibilità di sospendere gli ammortamenti, ma in tale caso nei successivi esercizi, quando non sarà più possibile sospendere gli ammortamenti, l’impresa si troverebbe a dover iscrivere i maggiori ammortamenti con le conseguenze negative in termini di incidenza sul risultato dell’esercizio.

(MF/ms)
 




La compensazione del credito di imposta per i beni strumentali

Il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 Dlgs. 241/1997, in tre quote annuali di pari importo, secondo l’articolo 1, comma 1059, L. 178/2020, a decorrere dall’anno di entrata in funzione dei beni per gli investimenti non 4.0, ovvero a decorrere dall’anno di avvenuta interconnessione dei beni per gli investimenti 4.0.

L’utilizzo in compensazione in un’unica quota annuale riguardava:

  • il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali materiali “non 4.0” effettuati ai sensi del comma 1054 della Legge di bilancio 2021 a decorrere dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2021, indipendentemente dal volume dei ricavi o dei compensi dei soggetti beneficiari;
  • il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali immateriali “non 4.0” effettuati nel medesimo arco temporale dai soggetti con un volume di ricavi o compensi inferiori a 5 milioni di euro.
La possibilità di utilizzare il credito di imposta in un’unica quota era una facoltà esercitabile sugli investimenti citati effettuati fino al 31 dicembre 2021 (circolare 9/E/2021, paragrafo 5.3); nel caso in cui tale possibilità non sia stata sfruttata, il contribuente avrebbe comunque potuto scegliere di scontare il credito in tre quote annuali di pari importo.

Ai fini dell’individuazione del momento di “effettuazione” dell’investimento risulta decisiva la “consegna” del bene mobile ai sensi dell’articolo 109, comma 2, Tuir (risposta 107/E/2022).

L’utilizzabilità in un’unica quota non riguarda né il credito d’imposta per i medesimi investimenti effettuati nel 2022 (secondo anno di agevolazione ai sensi del comma 1055 della Legge di bilancio 2021), né il credito d’imposta per gli investimenti in beni materiali e immateriali “Industria 4.0”, effettuati ai sensi dei commi 1056, 1057 e 1058 della Legge di Bilancio 2021, per i quali il beneficiario continuerà a fruire del credito in tre quote annualiindipendentemente dal volume dei ricavi o dei compensi conseguiti.

Per contro è possibile che il credito utilizzabile in unica soluzione lo scorso anno, o la quota annuale del credito utilizzabile in tre esercizi, non sia stato interamente utilizzato. In tale ipotesi il credito non utilizzato, in tutto o in parte, potrà essere riportato in avanti nelle dichiarazioni dei periodi di imposta successivi.

La ritardata interconnessione permette di partire con l’utilizzo di un credito di imposta base, per poi passare al credito di imposta maggiorato solo nel momento di avvenuta interconnessione. Nel caso in cui il bene entri comunque in funzione, pur senza essere interconnesso, il contribuente può godere del credito d’imposta “in misura ridotta” fino all’anno precedente a quello in cui si realizza l’interconnessione, oppure può decidere di attendere l’interconnessione e fruire del credito di imposta “in misura piena”.

L’ammontare del credito d’imposta “in misura piena” successivamente fruibile dall’anno di interconnessione dovrà essere decurtato di quanto già fruito in precedenza.

Tale valore, al netto del credito di imposta già fruito, sarà poi suddiviso in un nuovo triennio di fruizione di pari importo.

Potendo l’interconnessione intervenire anche in un anno successivo a quello di effettuazione dell’investimento e di entrata in funzione del bene, esclusivamente per la necessità di acquisire o di adeguare l’infrastruttura informatica necessaria all’interconnessione, l’agevolazione non viene meno sempreché le caratteristiche tecniche, richieste dalla disciplina 4.0, siano presenti nel bene già anteriormente al suo primo utilizzo (o messa in funzione) e sempreché il soddisfacimento di tutte le suddette caratteristiche tecnologiche e di interconnessione permanga per l’intero periodo di tempo in cui il soggetto beneficiario fruisce del credito d’imposta.

Per consentire l’utilizzo in compensazione dei crediti d’imposta per investimenti in beni strumentali tramite il modello F24, da presentare esclusivamente tramite i servizi telematici resi disponibili dall’Agenzia delle Entrate, sono stati istituiti i seguenti codici tributo con la risoluzione 3/E/2021 e confermati dalla risoluzione 69/E/2021:

  • 6935” denominato “Credito d’imposta investimenti in beni strumentali nuovi (diversi dai beni di cui agli allegati A e B alla legge n. 232/2016) – articolo 1, commi 1054 e 1055, L. 178/2020”;
  • 6936” denominato “Credito d’imposta investimenti in beni strumentali nuovi di cui all’allegato A alla legge n. 232/2016 – articolo 1, commi 1056 e 1057, L. 178/2020”;
  • 6937” denominato “Credito d’imposta investimenti in beni strumentali nuovi di cui all’allegato B alla legge n. 232/2016 – articolo 1, comma 1058, L. 178/2020”.
In sede di compilazione del modello di pagamento F24, i suddetti codici tributo vanno esposti nella sezione “Erario”, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a credito compensati”, ovvero, nei casi in cui il contribuente debba procedere al riversamento del credito, nella colonna “importi a debito versati”.

Il campo “anno di riferimento” è valorizzato con l’anno di entrata in funzione ovvero di interconnessione dei beni, nel formato “AAAA”.

Pertanto, l’utilizzo in compensazione, nell’anno 2022, della seconda quota di un credito di imposta riferito ad investimenti in beni materiali 4.0 effettuati ed interconnessi nel 2021, recherà il codice tributo 6936 e anno di riferimento 2021.

(MF/ms)
 




Più tempo per la comunicazione delle opzioni per interventi edilizi

La comunicazione delle opzioni di sconto sul corrispettivo o cessione del credito, di cui all’art. 121 del Dl 34/2020, relativamente alle spese sostenute nel 2021 e alle rate residue non fruite delle detrazioni riferite alle spese sostenute nel 2020, potrà essere trasmessa entro il 29 aprile 2022, anziché entro il 7 aprile.

La proroga è stata disposta con il comma 1 dell’art. 10-quater del Dl 4/2022 (c.d. “Sostegni-ter”), introdotto in sede di conversione dalla L. 28 marzo 2022 n. 25.

Seppur il termine ultimo per l’invio della “comunicazione” per l’esercizio dell’opzione sia il 16 marzo “dell’anno successivo a quello in cui sono state sostenute le spese che danno diritto alla detrazione”, il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 3 febbraio 2022 n. 35873 (§ 4.1) ha disposto la proroga del relativo termine al 7 aprile 2022, ma detto termine è stato poi ulteriormente prorogato al 29 aprile 2022 nel corso dell’iter di conversione in legge del Dl 4/2022.

La proroga al 29 aprile riguarda i soggetti che intendono optare per cessione/sconto che hanno sostenuto, nell’anno 2021, spese per interventi (sia nel caso siano eseguiti sulle unità immobiliari, sia nel caso siano eseguiti sulle parti comuni degli edifici) di:

  • efficienza energetica di cui all’art. 14 del Dl 63/2013 (c.d. ecobonus), compresi quelli per i quali spetta il superbonus del 110% ai sensi dell’art. 119 commi 1 e 2 del Dl 34/2020;
  • adozione di misure antisismiche di cui all’art. 16 commi da 1-bis a 1-septies del Dl 63/2013 (c.d. sismabonus), compresi quelli per i quali compete il superbonus di cui all’art. 119 comma 4 del Dl 34/2020;
  • recupero del patrimonio edilizio di cui all’art. 16-bis comma 1 lett. a), b) e d) del Tuir (gli interventi finalizzati alla eliminazione delle barriere architettoniche (lett. e) rientrano tra gli interventi “optabili” in quanto interventi di manutenzione straordinaria o quando la detrazione compete in versione superbonus 110% ai sensi del comma 2 dell’art. 119 del Dl 34/2020);
  • installazione di impianti fotovoltaici di cui all’art. 16-bis comma 1 lett. h) del Tuir, compresi quelli per i quali spetta il superbonus ai sensi dell’art. 119 commi 5 e 6 del Dl 34/2020;
  • recupero o restauro della facciata degli edifici esistenti (c.d. bonus facciate), ivi inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna, di cui all’art. 1 commi 219-223 della L. 160/2019;
  • installazione di colonnine di ricarica veicoli elettrici di cui all’art. 16-ter del Dl 63/2013, compresi quelli per i quali spetta il superbonus ai sensi dell’art. 119 comma 8 del Dl 34/2020.
Il mancato invio della “Comunicazione” nel termine del 29 aprile 2022, così come la presentazione con modalità non conformi, rende l’opzione inefficace nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.

In conseguenza della suddetta proroga del termine di invio della comunicazione delle opzioni di sconto sul corrispettivo o cessione del credito, il comma 2 dell’art. 10-quater del Dl 4/2022 convertito ha differito al 23 maggio 2022, in luogo dell’originario 30 aprile 2022, il termine entro il quale l’Agenzia delle Entrate è tenuta a rendere disponibili telematicamente le dichiarazioni dei redditi precompilate dei contribuenti relative al periodo d’imposta 2021 (modelli 730/2022 e REDDITI PF 2022).

Precompilate messe a disposizione entro il 23 maggio

Ai sensi dell’art. 1 comma 1 del Dlgs. 175/2014, infatti, l’Agenzia mette a disposizione dei titolari di redditi di lavoro dipendente e di alcuni redditi assimilati le dichiarazioni precompilate relative ai redditi prodotti nell’anno precedente, utilizzando:

  • le informazioni disponibili in Anagrafe tributaria;
  • i dati trasmessi da parte di taluni soggetti terzi;
  • i dati contenuti nelle CU 2022.
La proroga del termine ordinario del 30 aprile al 23 maggio è limitata all’anno 2022, vale a dire alle dichiarazioni relative ai redditi prodotti nel 2021.

Tale differimento del termine si è reso necessario poiché, tra i dati che contribuiscono alla predisposizione della dichiarazione precompilata, vi sono anche i dati relativi all’opzione per i bonus “edilizi”.

A seguito della messa a disposizione delle dichiarazioni precompilate 2022, i contribuenti possono accedere direttamente alle proprie dichiarazioni utilizzando i seguenti strumenti di autenticazione:

  • il Sistema pubblico per l’identità digitale (SPID);
  • la Carta di identità elettronica (CIE);
  • la Carta nazionale dei servizi (CNS);
  • il PIN dispositivo rilasciato dell’Inps (solo per i cittadini residenti all’estero non in possesso di un documento di riconoscimento italiano, cfr. circ. Inps n. 127/2021).
I contribuenti potranno accettare o modificare i modelli reddituali precompilati resi disponibili dall’Agenzia delle Entrate, a partire dalla data che dovrà essere stabilita dalla stessa Agenzia.

(MF/ms)




Pubblicazione erogazioni pubbliche: indicazione nel bilancio 2021

Il termine per l’approvazione del bilancio 2021 coincide con quello per la pubblicazione delle informazioni sulle erogazioni pubbliche ricevute ex art. 1 commi 125-129 della L. 124/2017, da parte delle imprese tenute ad inserire tale informativa nella Nota integrativa. 

Le modalità di adempimento si differenziano, comunque, in base alla tipologia di soggetto obbligato.

Le associazioni di protezione ambientale, le associazioni di consumatori, le associazioni, le Onlus, le fondazioni e le cooperative sociali che svolgono attività a favore degli stranieri sono tenute a pubblicare le informazioni relative alle somme erogate dalle Pubbliche Amministrazioni nei propri siti internet o analoghi portali digitali entro il 30 giugno di ogni anno.

Ancorché in riferimento alla formulazione originaria della norma, la circ. Min. Lavoro e Politiche sociali n. 2/2019 ha osservato che, in mancanza del sito internet, risulta possibile adempiere agli obblighi in esame attraverso la pagina Facebook dell’ente oppure il sito internet della relativa rete associativa. 

Per quanto riguarda le imprese, occorre distinguere:

  • i soggetti obbligati all’iscrizione nel Registro delle imprese, che devono pubblicare le informazioni sulle erogazioni pubbliche nella Nota integrativa del bilancio d’esercizio e dell’eventuale bilancio consolidato;
  • i soggetti che redigono il bilancio in forma abbreviata e i soggetti comunque non tenuti alla redazione della Nota integrativa (imprenditori individuali, società di persone e micro imprese), che assolvono all’obbligo mediante pubblicazione delle informazioni su propri siti internet, secondo modalità liberamente accessibili al pubblico, o, in mancanza, sui portali digitali delle associazioni di categoria di appartenenza entro il 30 giugno di ogni anno.
A tal ultimo riguardo, non è mai stato chiarito se, qualora le imprese tenute ad inserire l’informativa sul sito internet decidano di redigere la Nota integrativa in via facoltativa, l’obbligo di trasparenza possa essere assolto all’interno della Nota stessa oppure se le informazioni debbano comunque essere riportate (anche mediante rinvio o per estratto) sul sito web.

Recentemente, l’ANC ha chiesto che ai soggetti in esame sia data la possibilità di assolvere all’obbligo mediante la pubblicazione delle informazioni sul sito internet del professionista intermediario oppure della relativa associazione di categoria. Tuttavia, tale richiesta non è stata recepita, a quanto ci risulta, in un chiarimento ufficiale.

Per quanto attiene all’ambito oggettivo dell’informativa (ovvero “sovvenzioni, sussidi, vantaggi, contributi o aiuti, in denaro o in natura, non aventi carattere generale e privi di natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria”), lo stesso non sembra comprendere le misure di sostegno all’economia concesse in considerazione dell’emergenza epidemiologica.

Come chiarito dalla circ. Min. Lavoro e Politiche sociali n. 6/2021, rientra tra i vantaggi aventi “carattere generale” (e quindi non è soggetto agli obblighi di pubblicità in esame), anche il contributo del cinque per mille.

Posto che gli obblighi di informativa riguardano gli importi “effettivamente erogati”, ai fini della rendicontazione occorre applicare il criterio di cassa, con possibile disallineamento, in riferimento alle imprese, rispetto agli importi rilevati in bilancio, che seguono il criterio di competenza.

Tra le informazioni da riportare vi sono i dati identificativi del soggetto beneficiario (se l’informativa è fornita su portali di soggetti terzi), i dati identificativi del soggetto erogante, l’importo dell’erogazione ricevuta, il periodo amministrativo di incasso e una breve descrizione della causale dell’attribuzione.

Sono previste, peraltro, alcune semplificazioni per gli aiuti contenuti nel Registro nazionale degli aiuti di Stato di cui all’art. 52 della L. 234/2012.

Gli obblighi di pubblicazione non si applicano, comunque, ove l’importo delle erogazioni sia inferiore a 10.000 euro nel periodo considerato, limite che deve essere riferito, secondo la circ. Min. Lavoro e Politiche sociali n. 2/2019, al totale dei vantaggi ricevuti e non alla singola erogazione.

Si evidenzia, da ultimo, che gli obblighi riguardano gli importi erogati “nell’esercizio finanziario precedente”. Pertanto, nel 2022 devono essere rendicontate le somme erogate nel 2021.

In particolare, con riferimento agli enti non commerciali, alle cooperative sociali che svolgono attività in favore degli stranieri e alle imprese tenute alla pubblicazione sui siti internet l’obbligo informativo deve essere adempiuto entro il 30 giugno 2022.

Con riferimento alle imprese tenute alla pubblicazione nella Nota integrativa, l’obbligo informativo deve, invece, essere adempiuto in sede di approvazione del bilancio relativo all’esercizio 2021.

Ove lo stesso sia approvato nel termine di 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale ai sensi degli artt. 2364 comma 2 e 2478-bis comma 2 c.c., anche la pubblicazione delle erogazioni pubbliche viene conseguentemente differita.

Per i soggetti con esercizio sociale non coincidente con l’anno solare, il riferimento temporale per l’informativa sembrerebbe coincidere con il periodo amministrativo (e non con l’anno solare).

(MF/ms)