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Cosa succede in caso di triangolazione comunitaria e esterometro

Dal 1° luglio 2022 sono entrate in vigore le nuove modalità di comunicazione delle operazioni effettuate con l’estero; i soggetti passivi Iva stabiliti in Italia devono inviare telematicamente all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato.

Restano escluse dall’adempimento le operazioni con bolletta doganale (esportazioni e importazioni), quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche, nonché quelle relative ad acquisti di beni e servizi non rilevanti territorialmente ai fini Iva in Italia ai sensi degli articoli da 7 a 7 -octies Dpr 633/1972; in quest’ultimo caso solo se di importo non superiore a 5.000 euro.

Con riferimento alle operazioni effettuate a partire dal 1° luglio 2022, i dati di cui sopra vanno trasmessi telematicamente utilizzando il Sistema di interscambio secondo il formato della fatturazione elettronica. Con riferimento alle medesime operazioni:

  1. la trasmissione telematica dei dati relativi alle operazioni svolte nei confronti di soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato è effettuata entro i termini di emissione delle fatture o dei documenti che ne certificano i corrispettivi;
  2. la trasmissione telematica dei dati relativi alle operazioni ricevute da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato è effettuata entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione o di effettuazione dell’operazione.
Si propone il caso di una triangolazione Iva comunitaria in cui il soggetto promotore italiano è coinvolto nella duplice veste di acquirente/cedente, evidenziando il trattamento Iva e le conseguenti modalità di trasmissione dei dati ai fini della comunicazione delle operazioni transfrontaliere.

Nello specifico, ipotizziamo un’operazione triangolare in cui un soggetto passivo Iva italiano venda dei beni ad un cliente comunitario (es. tedesco) e chieda al proprio fornitore intra-Ue (es. francese) di consegnare la merce direttamente in Germania, designando il cliente finale (tedesco) quale debitore dell’imposta. La merce, nel caso di specie, viaggia direttamente dalla Francia alla Germania.

L’operazione descritta, disciplinata dagli articoli 141 e 197 Direttiva 2006/112/CE, nel nostro ordinamento interno è regolata dall’articolo 40, comma 2, Dl. 331/1993 secondo cui: l’acquisto intracomunitario si considera effettuato nel territorio dello Stato quando l’acquirente è ivi soggetto d’imposta, salvo che sia comprovato che l’acquisto è stato assoggettato ad imposta in altro Stato membro di destinazione del beneÈ comunque effettuato senza pagamento dell’imposta l’acquisto intracomunitario di beni spediti o trasportati in altro Stato membro se i beni stessi risultano ivi oggetto di successiva cessione a soggetto d’imposta nel territorio di tale Stato o ad ente ivi assoggettato ad imposta per acquisti intracomunitari e se il cessionario risulta designato come debitore dell’imposta relativa.

Pertanto, ai fini Iva, il promotore italiano riceve una fattura dal fornitore francese senza Iva che integra come non imponibile Iva, ai sensi dell’articolo 40, comma 2 D.L. 331/1993; l’integrazione, senza applicazione dell’imposta, potrà essere assolta alternativamente:

  • sulla fattura cartacea del fornitore, ai sensi degli articoli 46 e 47 Dl. 331/1993, annotando sulla stessa che trattasi di operazione non imponibile ex articolo 40, comma 2, Dl. 331/1993;
  • trasmettendo un file xml al Sistema di Interscambio con Tipo documento TD18 e Natura operazione N3.2.
Sul punto la Guida alla compilazione della fatturazione elettronica e dell’esterometro (versione 1.7) precisa che il codice N3.2 va adoperato nel caso di fattura trasmessa via SdI per corrispettivi delle cessioni intracomunitarie e per alcune triangolazioni comunitarietra cui:
  • l’ipotesi di cessione di merce da parte di un soggetto nazionale che faccia consegnare la stessa dal proprio fornitore Ue al proprio cessionario di altro Stato membro ivi designato al pagamento dell’imposta relativa all’operazione (triangolare comunitaria promossa da soggetto passivo nazionale).
Chi si avvale dell’integrazione “elettronica”, con la trasmissione del file TD18 assolve contestualmente anche alla comunicazione dell’esterometro, secondo le nuove modalità di invio.

Diversamente, chi sceglie di proseguire con l’integrazione fisica del documento cartaceo, dovrà trasmettere comunque l’esterometro (inviando un file xml TD18 con Natura N3.2) entro il 15 del mese successivo a quello di ricevimento della fattura da parte del fornitore Ue.

Con riferimento al lato attivo, invece, il cedente nazionale emette una fattura non imponibile ai sensi dell’articolo 41, comma 1, lettera a), Dl 331/1993 nei confronti del cliente tedesco, designandolo quale debitore dell’imposta, inserendo un’esplicita dicitura in fattura in tal senso.

L’operazione infine dovrà essere trasmessa allo SdI entro 15 del mese successivo all’effettuazione dell’operazione, inserendo all’interno del file xml la Natura operazione N3.2 e il codice destinatario XXXXXXX.

(MF/ms)

 
 




Superbonus: necessario il bonifico per i non titolari di reddito di impresa

Per poter fruire del Superbonus, di cui all’art. 119 del Dl 34/2020, i soggetti non titolari di reddito di impresa devono pagare le spese mediante bonifico bancario o postale dal quale risultino gli elementi necessari affinché gli istituti bancari e postali possano applicare la ritenuta d’acconto dell’8% nei confronti del destinatario del pagamento. Soltanto se la ritenuta è stata operata non è necessario ripetere il bonifico, ma se la ritenuta non è stata operata l’unico modo per non perdere il diritto all’agevolazione è la ripetizione del bonifico e non sarebbero sufficienti le dichiarazioni sostitutive rilasciate dall’impresa (con le quali si attestano che i corrispettivi accreditati a suo favore sono stati correttamente contabilizzati ai fini della loro imputazione nella determinazione del reddito di impresa) come invece precisato con riguardo ad altre detrazioni “edilizie”.

Il chiarimento, contenuto nella circ. Agenzia delle Entrate 25 luglio 2022 n. 28 (p. 176) e riguardante il superbonus, sembrerebbe differire rispetto ai chiarimenti che hanno riguardato altri bonus fiscali.

Ai sensi dell’art. 1 comma 3 del Dm n. 41/98 e dell’art. 6 comma 1 lett. e) del Dm 6 agosto 2020 n. 159844 “Requisiti”, per la quasi totalità delle detrazioni “per interventi” (fanno eccezione, ad esempio, “bonus mobili” e “bonus verde”), il pagamento delle spese detraibili da parte dei soggetti non titolari di reddito d’impresa deve avvenire mediante bonifico bancario o postale dal quale risultino:

  • il numero e la data della fattura;
  • la causale del versamento;
  • il codice fiscale del beneficiario della detrazione;
  • il numero di partita Iva o il codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato (possono essere pagate con modalità diverse dal bonifico soltanto le spese relative: agli oneri di urbanizzazione; all’imposta di bollo e ai diritti pagati per le concessioni, le autorizzazioni e le denunce di inizio lavori; alla Tosap come precisato, tra le altre, dalla Rm 15 aprile 99 n. 69270, dalla ris. Agenzia delle Entrate 18 agosto 2009 n. 229 e dalla circ. Agenzia delle Entrate n. 28/2022, p. 183).
Sui pagamenti effettuati con bonifico in relazione a spese che danno diritto a fruire delle detrazioni di imposta, si applica la ritenuta di acconto di cui all’art. 25 del Dl 78/2010, attualmente fissata all’8%, la cui applicazione compete all’intermediario finanziario (“le banche e le Poste Italiane SPA”).

Affinché possa quindi essere operata la ritenuta è necessario pagare le spese relative agli interventi effettuati mediante l’apposito bonifico “parlante”; ai fini della spettanza del superbonus di cui all’art. 119 del Dl 34/2020 possono essere utilizzati “i bonifici predisposti dagli istituti di pagamento ai fini dell’ecobonus ovvero della detrazione prevista per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio” (circ. Agenzia delle Entrate n. 23/2022, p. 108).

L’obbligo di utilizzare il bonifico, invece, non riguarda i soggetti esercenti attività d’impresa (art. 6 comma 1 lett. e) del Dm  6 agosto 2020 n. 159844 “Requisiti”; cfr. circ. nn. 23/2022, p. 108 e 28/2022, p. 176).

Anche per il superbonus, così come per le altre detrazioni “per interventi”, la circ. n. 28/2022 precisa che “la non completa compilazione del bonifico bancario/postale” che pregiudichi l’applicazione della ritenuta d’acconto “non consente il riconoscimento della detrazione, salva l’ipotesi della ripetizione del pagamento mediante bonifico in modo corretto”. Inoltre, come già precisato nella circ. n. 30/2020 (§ 5.3.3) “la ripetizione del bonifico non si rende, invece, necessaria qualora nel predetto documento di spesa non sia indicato il numero della fattura non pregiudicando tale omissione l’effettuazione della ritenuta” di cui all’art. 25 del Dl 78/2010.

Con riguardo al superbonus, quindi, non sembra essere contemplata la possibilità riconosciuta per altre detrazioni “edilizie” (ad esempio, per gli interventi volti al recupero edilizio ed alla riqualificazione energetica degli edifici) dall’Amministrazione finanziaria (tra le altre, circ. nn. 7/2021, 43/2016 e 7/2017) secondo cui, nel caso in cui sia stato utilizzato per errore un bonifico diverso da quello “parlante” e non siano stati indicati tutti i dati richiesti (e, in conseguenza di ciò, l’intermediario finanziario non abbia potuto applicare la ritenuta di acconto di cui all’art. 25 del Dl 78/2010), né sia stato possibile ripetere il bonifico, il diritto alla detrazione non è pregiudicato, a condizione però che il contribuente sia in possesso di una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà rilasciata dall’impresa, con la quale quest’ultima attesti che i corrispettivi accreditati a suo favore sono stati correttamente contabilizzati ai fini della loro imputazione nella determinazione del reddito di impresa.

(MF/ms)
 




Bonus carburante per i dipendenti

Con la circolare n. 27 del 14 luglio, l’Agenzia delle Entrate ha fornito le attese indicazioni in relazione al c.d. “bonus carburante ai dipendenti”.

E’ stata infatti chiarita la modalità applicativa dell’esenzione dei buoni carburante fino a 200 euro.

L’art. 2 del Dl 21/2022 ha previsto, soltanto per il periodo d’imposta 2022, la possibilità per i datori di lavoro privati di erogare ai propri lavoratori dipendenti buoni benzina, o titoli analoghi, esclusi da imposizione fiscale ai sensi dell’art. 51 comma 3 del Tuir per un ammontare massimo di 200 euro per lavoratore.

Secondo l’Agenzia la disposizione si riferisce ai datori di lavoro che operano nel “settore privato”, così come individuato, per esclusione, nella circolare n. 28/2016.

Rientrano quindi nell’ambito di applicazione della norma gli enti pubblici economici e, tra gli altri, anche i soggetti che non svolgono un’attività commerciale e i lavoratori autonomi, sempre che dispongano di propri lavoratori dipendenti.

In merito all’individuazione dei lavoratori dipendenti destinatari dei buoni benzina, la disposizione agevolativa non effettua espressamente delle distinzioni e non pone alcun limite reddituale per l’ammissione al beneficio.

Inoltre, considerato il generico riferimento della norma ai “lavoratori dipendenti”, secondo l’Agenzia rileva la tipologia di reddito prodotto, ossia quello di lavoro dipendente.

Al riguardo, posto che l’art. 2 del Dl 21/2022 fa riferimento al solo comma 3 dell’art. 51 del Tuir e non all’intero articolo 51, viene affermato che i buoni in esame possono essere corrisposti dal datore di lavoro sin da subito, nel rispetto dei presupposti e dei limiti normativamente previsti, anche ad personam e senza necessità di preventivi accordi contrattuali.

Qualora tali buoni siano erogati in sostituzione dei premi di risultato (possibilità ammessa per effetto dell’eliminazione della locuzione “a titolo gratuito”), l’erogazione degli stessi deve invece avvenire in “esecuzione dei contratti aziendali o territoriali di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 (comma 187)” (cfr. circolare n. 28/2016).

Sotto il profilo del reddito d’impresa, l’Agenzia chiarisce che, non rientrando nelle ipotesi di cui all’art. 100 comma 1 del Tuir, il costo connesso all’acquisto dei buoni carburante in esame è integralmente deducibile dal reddito d’impresa ai sensi dell’art. 95 del Tuir, sempreché l’erogazione di tali buoni sia, comunque, riconducibile al rapporto di lavoro e, per tale motivo, il relativo costo possa qualificarsi come inerente.

Quanto all’ambito oggettivo, i buoni benzina sono erogazioni corrisposte dai datori di lavoro privati ai propri lavoratori dipendenti per i rifornimenti di carburante per l’autotrazione (es. benzina, gasolio, GPL e metano). Secondo l’Agenzia, rientra nel beneficio anche l’erogazione di buoni o titoli analoghi per la ricarica di veicoli elettrici.

Con riferimento al profilo della tassazione lato dipendente, la norma riconduce i buoni benzina nell’ambito di applicazione dell’art. 51 comma 3 ultimo periodo, del Tuir, secondo cui non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se, complessivamente, di importo non superiore, nel periodo d’imposta, a 258,23 euro; se il valore in questione è superiore a detto limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito.

Al riguardo, la Relazione illustrativa del citato art. 2 precisa che il bonus benzina di 200 euro, sottoposto comunque alla disciplina dell’art. 51 comma 3 del Tuir, rappresenta un’ulteriore agevolazione rispetto a quella generale già prevista dal medesimo comma 3.

La circostanza che il lavoratore dipendente già usufruisca di altri beni e servizi non osta, quindi, all’applicazione della disciplina in esame.

Ne consegue che, al fine di fruire dell’esenzione da imposizione, i beni e i servizi erogati nel periodo d’imposta 2022 dal datore di lavoro a favore di ciascun lavoratore dipendente possono raggiungere un valore di 200 euro per uno o più buoni benzina ed un valore di 258,23 euro per l’insieme degli altri beni e servizi (compresi eventuali ulteriori buoni benzina).

Ad esempio, rileva la circolare, nel caso in cui un lavoratore dipendente benefici, nell’anno d’imposta 2022, di buoni benzina per 100 euro e di altri benefit (diversi dai buoni benzina) per un valore pari a 300 euro, quest’ultima somma sarà interamente sottoposta a tassazione ordinaria. Di contro, se il valore dei buoni benzina è pari a 250 euro e quello degli altri benefit è pari a 200 euro, l’intera somma di 450 euro non concorre alla formazione del reddito del lavoratore dipendente, poiché l’eccedenza di 50 euro relativa ai buoni benzina confluisce nell’importo ancora capiente degli altri benefit di cui all’art. 51 comma 3 del Tuir.

L’Agenzia precisa altresì che l’esenzione in esame trovi applicazione per i buoni o i titoli analoghi assegnati ai dipendenti nel corso dell’anno 2022 e nei primi 12 giorni dell’anno 2023, indipendentemente dal loro utilizzo in periodi successivi.

(MF/ms)
 




Esterometro: alcuni chiarimenti dall’Agenzia delle Entrate

Con la circolare n. 26, pubblicata il 13 luglio, l’Agenzia delle Entrate ha fornito gli attesi chiarimenti relativi alla comunicazione delle operazioni transfrontaliere (c.d. “esterometro”), la cui disciplina ha subito significative modifiche a decorrere dallo scorso 1° luglio.

Innanzitutto viene precisato che gli obblighi di integrazione ed autofatturazione per l’applicazione dell’Iva in regime di reverse charge e l’invio dei dati con le nuove modalità restano due adempimenti distinti ed autonomi, ferma restando la possibilità, in alcuni casi, di eseguire un unico adempimento

L’Agenzia delle Entrate traccia poi la rotta interpretativa esplicitando che la finalità dell’esterometro non è più ravvisabile nel mero controllo delle operazioni rilevanti ai fini IVA, ma è di più ampio respiro e ricomprende il monitoraggio di tutte le operazioni in cui la controparte del soggetto passivo IVA residente in Italia è “estera”.

Ne segue che, seppure in assenza di espressa previsione normativa, la trasmissione dei dati deve riferirsi non solo alle operazioni in cui la controparte è un operatore economico, ma anche a quelle poste in essere con privati consumatori.

Un’ulteriore declinazione del principio del monitoraggio omnicomprensivo è relativa all’ambito “qualitativo” del perimetro di osservazione nel quale ricadono tutte le operazioni, prescindendo dalla natura delle stesse ed in particolare dal fatto che rilevino territorialmente in Italia ai fini del tributo.

La sola limitazione concerne gli acquisti di beni e servizi non rilevanti territorialmente ai fini IVA in Italia (ai sensi degli articoli da 7 a 7-octies del DPR 633/72), i quali costituiscono oggetto di comunicazione solamente se il loro importo è di superiore a 5.000 euro.

L’invio dei dati delle operazioni transfrontaliere prevede che, per ogni operazione, venga trasmesso allo Sdi un  file xml conforme alle Specifiche Tecniche versione 1.7 sul quale verranno effettuati gli usuali controlli formali, tra cui la verifica della compilazione di tutti i campi obbligatori della fattura (ai sensi dell’articolo 21 Dpr 633/1972).

Tra i dubbi emersi in sede di prima applicazione del “nuovo” esterometro, si segnalano le incertezze in merito alla compilazione del campo deputato ad accogliere i dati descrittivi dell’operazione e su quale grado di dettaglio fornire.

Si pensi, ad esempio, alle cessioni di beni verso clienti esteri documentate da una fattura composta da svariate pagine, in presenza di più consegne effettuate nel mese nei confronti della medesima controparte, ovvero con diversi articoli/codici prodotto elencati nel corpo della fattura.

La problematica può riguardare, allo stesso modo, gli acquisti di beni da fornitore UE (Tipo documento TD18) oppure i servizi ricevuti dall’estero (TD17) e così via.

L’Agenzia delle Entrate interpellata circa la necessità di far coincidere i dati esposti nelle fatture cartacee estere (vendite e acquisti) con quelli trasmessi via SdI, introduce, sul punto, un’importante semplificazione 

In un primo momento, sembrava che il soggetto passivo nazionale dovesse inserire una descrizione dettagliata (in esecuzione dell’articolo 21, comma 2, lett. g), Dpr 633/1972), mentre l’Agenzia, richiamando l’esempio della compilazione della fattura differita (in cui è sufficiente il richiamo al documento di trasporto), ritiene sufficiente l’indicazione della parola “beni” o “Servizi” (o entrambe) in funzione dell’oggetto dell’operazione, rinviando altresì alla descrizione contenuta nella fattura emessa/ricevuta

Resta possibile allegare all’xml il pdf della fattura emessa ed inviata al cliente estero oppure allegare al Tipo documento TD17, TD18, TD19 il pdf della fattura del fornitore estero, incrementando la base informativa di dati a disposizione dell’Amministrazione finanziaria; in tal caso, chi usufruisce del servizio di conservazione messo a disposizione dall’Agenzia può considerare assolto l’obbligo di conservazione sostitutiva di tutti i documenti transitati tramite SdI (xml e fatture pdf, si rimanda ai paragrafi da 3.1 a 3.3, della citata circolare 26/E/2022).

Tra i vari chiarimenti forniti  spiccano quelli relativi ai termini di effettuazione dell’adempimento.

A differenza di quanto previsto dalla precedente comunicazione (valida per le operazioni sino al 30 giugno 2022), riprendendo le parole dell’Agenzia, “non vi è dunque un termine unico, fisso, ma mobile, legato a quello di emissione dei documenti che certificano i corrispettivi delle operazioni o, comunque, per gli acquisti, laddove tali documenti manchino oppure non siano tempestivi, a quello in cui le operazioni stesse si considerano effettuate”.

Per le operazioni attive, dunque, la trasmissione dei dati allo SdI deve avvenire entro l’ordinario termine di emissione della fattura ex art. 21 comma 4 del Dpr 633/72.

A tal fine, risulta irrilevante la circostanza che la fattura sia stata eventualmente emessa in via anticipata. Non è stata riconosciuta la possibilità di riferirsi al termine di annotazione dei documenti nel registro Iva delle vendite.

Nel caso delle cessioni intracomunitarie, ad esempio, l’invio dei dati al SdI nell’ambito dell’esterometro è da effettuarsi comunque “entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione” (art. 46 del Dl 331/93), anche qualora la fattura sia emessa in un momento diverso, purché nei limiti di legge (è consentito l’invio il 15 novembre 2022 dei dati riferiti a una cessione intracomunitaria effettuata il 1° ottobre 2022, la cui fattura è emessa il 31 dello stesso mese).

Il termine di emissione della fattura deve essere rispettato anche per la trasmissione dei dati delle cessioni di beni e prestazioni di servizi non soggette a Iva in quanto effettuate al di fuori dell’Ue. Nella fattispecie, vige il termine ordinario di 12 giorni dall’emissione della fattura (prevista ai sensi dell’art. 21 comma 6-bis del Dpr 633/72).

Qualora, invece, si sia in presenza di acquisti di servizi ricevuti da un soggetto extra Ue, l’invio dei dati al SdI dovrà avvenire entro il giorno quindici del mese successivo all’effettuazione dell’operazione, determinata secondo i criteri ordinari. Nel caso di specie, se si tratta di un servizio “generico”, si guarda al momento in cui le prestazioni sono ultimate (ovvero, se di carattere periodico o continuativo, alla data di maturazione dei corrispettivi), secondo quanto previsto dall’art. 6 comma 6 del Dpr 633/72.

(MF/ms)




Conflitto Ucraina: webinar presentazione misure di aiuto Simest

Confapi, in collaborazione con Simest, organizza il prossimo 26 luglio alle ore 10.00 un webinar per presentare i due strumenti predisposti per supportare le imprese che stanno registrando difficoltà in relazione alla situazione che coinvolge Ucraina, Russia e Bielorussia:
  1. finanziamento “Sostegno alle imprese italiane esportatrici in Ucraina e/o Federazione Russa e/o Bielorussia” ;
  2. finanziamento “Sostegno alle imprese esportatrici con approvvigionamenti da Ucraina e/o Federazione Russa e/o Bielorussia” .
La prima misura è operativa dal 12 luglio, mentre il secondo intervento sarà disponibile da settembre 2022. 

E’ possibile partecipare all’incontro online collegandosi al seguente link

ID riunione: 817 4281 8937
Passcode: 622716

(MP/sg)

 




Crisi di impresa: le prime segnalazioni dall’Agenzia delle Entrate

Negli ultimi giorni alcuni contribuenti hanno ricevuto specifiche segnalazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate a fronte di debiti Iva relativi al primo trimestre 2022 superiori ad euro 5.000.

Al fine di inquadrare correttamente le conseguenze di tali comunicazioni si ritiene necessario richiamare alcune importanti previsioni introdotte nel nuovo codice della crisi (Dlgs. 14/2019) dal recente Dlgs. 83/2022.

In realtà la citata disposizione si è limitata ad introdurre un apposito capo (capo III del Titolo II) dedicato alle “Segnalazioni per la anticipata emersione della  cris e programma informatico di verifica della sostenibilità del  debito  e di  elaborazione  di  piani  di  rateizzazione”, nel quale sono state “raccolte” le previsioni di cui ai previgenti articoli 15 Dl. 118/2021 e 30 sexies Dl. 152/2021, oltre ad alcune nuove disposizioni in materia di obblighi di segnalazione per banche e intermediari finanziari.

Al centro dell’attenzione dei contribuenti, negli ultimi giorni, come detto, è, nello specifico, l’articolo 25-novies Dlgs. 14/2019 (in vigore dal prossimo 15 luglio, fino a quando opererà l’articolo 30 sexies Dl. 152/2021), il quale prevede obblighi di segnalazione in capo ai creditori pubblici qualificati, ovvero:

  • l’Inps,
  • l’Inail,
  • l’Agenzia delle Entrate,
  • l’Agenzia delle Entrate-riscossione.
I citati enti sono chiamati ad inviare apposite segnalazioni a mezzo pec (o, in mancanza, con raccomandata con avviso di ricevimento) all’imprenditore, e, ove esistente, all’organo di controllo, ovvero al Presidente del collegio sindacale in caso di organo collegiale.

Sono oggetto di segnalazione:

  • per l’Inps, il ritardo di oltre novanta giorni nel versamento di contributi previdenziali di ammontare superiore:
  1. per le imprese con lavoratori subordinati e parasubordinati, al 30 per cento di quelli dovuti nell’anno precedente e all’importo di euro 15.000;
  2. per le imprese senza lavoratori subordinati e parasubordinati, all’importo di euro 5.000;
  • per l’Inail l’esistenza di un debito per premi assicurativi scaduto da oltre novanta giorni e non versato superiore all’importo di euro 5.000;
  • per l’Agenzia delle entrate, l’esistenza di un debito scaduto e non versato relativo all’Iva, risultante dalle liquidazioni periodiche trasmesse, superiore a 000 euro;
  • per l’Agenzia delle entrate-riscossione, l’esistenza di crediti affidati per la riscossione, autodichiarati o definitivamente accertati e scaduti da oltre novanta giorni, superiori, per le imprese individuali, all’importo di euro 100.000, per le società di persone, all’importo di euro 200.000 e, per le altre società, all’importo di euro 500.000.
Le segnalazioni sono inviate:
  • dall’Agenzia delle entrate entro 60 giorni dal termine di presentazione delle Liquidazioni periodiche, a partire dalle comunicazioni periodiche Iva relative al primo trimestre 2022;
  • dall’Inps, dall’Inail e dall’Agenzia entrate-riscossione entro 60 giorni dal verificarsi della condizione che legittima la segnalazione. L’Inps invierà la comunicazione in relazione ai debiti accertati a decorrere dal 1° gennaio 2022, mentre l’Inail invierà la segnalazione con riferimento ai debiti accertati a decorrere dall’entrata in vigore del decreto. L’agenzia delle entrate-Riscossione, da ultimo, trasmetterà la segnalazione in relazione ai carichi affidati allo stesso agente della riscossione a decorrere dal 1° luglio 2022.
La norma non prevede specifiche conseguenze in caso di mancata attivazione dell’imprenditore a fronte della segnalazione ricevuta; in quest’ambito un ruolo sicuramente più “delicato” è quello rivestito dal collegio sindacale, che potrebbe essere ritenuto responsabile nel caso in cui non si sia attivato per presentare denuncia per gravi irregolarità degli amministratori nella gestione della situazione di crisi (se commesse).

L’organo di controllo risulta poi destinatario di un’altra specifica previsione, ovvero del primo articolo del richiamato capo (articolo 25-octies Dlgs. 14/2019), il quale prevede invece l’obbligo, per lo stesso, di segnalare per iscritto, all’organo amministrativo, la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza per il ricorso alla composizione negoziata, con l’obiettivo di prevenire lo stato di crisi.

La segnalazione deve:

  • essere motivata
  • essere trasmessa con mezzi che ne assicurino la prova dell’avvenuta ricezione
  • deve contenere la fissazione di un congruo termine, non superiore a 30 giorni, entro il quale l’organo amministrativo deve riferire in ordine alle iniziative intraprese.
La tempestiva segnalazione all’organo amministrativo e la vigilanza sull’andamento delle trattative sono valutate ai fini della responsabilità prevista dall’articolo 2407 cod. civ.

Una così rilevante conseguenza, unita ad una formulazione tanto ampia (quale è appunto quella che richiama la “sussistenza dei presupposti” per il ricorso allo strumento della composizione negoziata della crisi) rischia di indurre i sindaci a segnalazioni “eccessive”, giustificate dall’esigenze di tutela e prudenza.

Da ultimo, specifici obblighi di comunicazione sono previsti anche in capo alle banche e agli altri intermediari finanziari, che, nel momento in cui comunicheranno al cliente variazioni, revisioni o revoche degli affidamenti, dovranno darne notizia anche agli organi di controllo societari (ovviamente se esistenti).

(MF/ms)




Esportazioni indirette: i termini per la consegna dei beni

Le cessioni all’esportazione (c.d. “indirette”) di beni consegnati in Italia al cessionario non residente sono non imponibili Iva, ai sensi dell’art. 8 comma 1 lett. b) del Dpr 633/72, qualora il trasporto o la spedizione al di fuori del territorio dell’Ue sia effettuato, entro il termine di 90 giorni dalla consegna, direttamente dal cessionario ovvero da un “terzo” per suo conto (es. il vettore o lo spedizioniere).

Nella pratica commerciale, è frequente che tali operazioni siano realizzate attraverso l’uso della clausola EXW (“Ex Works”), che consente al fornitore di mettere a disposizione i beni ceduti all’interno dei propri locali (es. stabilimento, deposito, ecc.), mentre spettano al cessionario il caricamento dei beni sul mezzo di trasporto e lo sdoganamento per l’esportazione.

Per la non imponibilità Iva devono, in ogni caso, ricorrere le condizioni previste dal citato art. 8 comma 1 lett. b) del Dpr 633/72.

Con riferimento specifico al termine (pari a 90 giorni) entro cui il cessionario non residente è tenuto a trasferire i beni fuori dal territorio dell’Ue, si rileva come, a livello unionale, l’art. 146 par. 1 lett. b) della direttiva 2006/112/Ce si limiti a stabilire che gli Stati membri “esentano” dall’Iva le “cessioni di beni spediti o trasportati da un acquirente non stabilito nel loro rispettivo territorio, o per conto del medesimo, fuori della Comunità”, senza subordinare la detassazione a ulteriori condizioni.

In merito all’interpretazione della citata norma, la Corte di Giustizia Ue ha chiarito che gli Stati membri possono legittimamente stabilire un termine ragionevole per le esportazioni, onde accertare se un bene sia “fisicamente” uscito dal territorio dell’Ue; peraltro, il mero superamento di detto termine non può “privare definitivamente il soggetto passivo della esenzione” ove dimostri “che la condizione di uscita è stata soddisfatta dopo lo scadere di tale termine” (causa C-563/12).

Coerentemente, in ambito nazionale, la ris. Agenzia delle Entrate n. 98/2014 ha affermato che il trattamento di non imponibilità Iva, proprio delle esportazioni, si applica anche “quando il bene esca dal territorio comunitario dopo il decorso del termine di 90 giorni” di cui all’art. 8 comma 1 lett. b) del Dpr 633/72, sempreché “sia acquisita la prova dell’avvenuta esportazione”.

Per quanto concerne la decorrenza dei 90 giorni, in base al tenore letterale della disposizione, si ritiene rilevante il momento della “consegna” dei beni. A tal fine, occorre avere riguardo alla data risultante dal documento di consegna o di trasporto, che può essere il documento di trasporto (Ddt) previsto dal Dpr 472/96 o la lettera di vettura internazionale (Cmr). Se, però, la data di consegna non risultasse da un apposito documento, il termine decorrerebbe dalla data della fattura (C.M. n. 26/79).

Dunque, in presenza del documento idoneo a comprovare la consegna, la data di emissione della fattura rimane irrilevante “anche nell’ipotesi in cui sia anteriore rispetto a quella della consegna, per esempio perché è stato pagato, in tutto o in parte, il corrispettivo o perché è stata anticipata la fattura per esigenze contabili”.

La sanzione scatta decorsi 90 giorni

L’esportazione dei beni effettuata oltre il termine summenzionato comporta, ai sensi dell’art. 7 comma 1 del Dlgs. 471/97, l’irrogazione al cedente della sanzione amministrativa dal 50 al 100% dell’imposta, ferma restando la possibilità di avvalersi del ravvedimento operoso (Cm. n. 23/99). Tuttavia, la sanzione non si applica se, nei 30 giorni successivi al decorso dei 90 giorni, tale soggetto passivo provvede al versamento dell’imposta, previa regolarizzazione della fattura.

Qualora sia acquisita la prova dell’esportazione, l’operazione resta non imponibile e, per recuperare l’imposta versata in sede di regolarizzazione, il cedente può emettere una nota di variazione ex art. 26 comma 2 del Dpr 633/72 oppure azionare la richiesta di rimborso ex art. 21 del Dlgs. 546/92 (si veda ora l’art. 30-ter comma 1 del Dpr 633/72) entro il termine di due anni dal versamento o dal verificarsi del presupposto del rimborso (ris. Agenzia delle Entrate n. 98/2014).

(MF/ms)
 




Nuovo esterometro: sintesi della nuova comunicazione XML

A decorrere dal 1° luglio 2022, i dati delle operazioni con controparti non stabilite in Italia devono essere trasmessi in formato XML, mediante il Sistema di Interscambio, come previsto per le fatture elettroniche.

È, infatti, mutata la disciplina del c.d. “esterometro” di cui all’art. 1 comma 3-bis del Dlgs. 127/2015.

La precedente comunicazione, effettuata su base trimestrale (e ancora dovuta per le operazioni del secondo trimestre 2022), si è tramutata in un invio “puntuale” dei dati, in relazione a ciascun acquisto e a ogni singola cessione o prestazione.

La nuova modalità di trasmissione interessa le operazioni attive e passive, riguardando sia operatori stabiliti nell’Unione europea che in Paesi terzi. Non rileva, ai fini della comunicazione, lo status del cliente, che può, quindi, essere un soggetto passivo o un “privato consumatore”.

Il maggiore impatto, per gli operatori, è dato dalle nuove modalità di trasmissione, dai nuovi termini entro cui effettuare la comunicazione e dal contenuto.

Termini e modalità di comunicazione

Sul fronte “attivo”, cessioni e prestazioni nei confronti di soggetti non stabiliti in Italia possono essere agevolmente gestite inviando i dati al SdI nei termini già previsti per l’emissione delle fatture (vale a dire entro il dodicesimo giorno successivo al momento di effettuazione).

Meno immediata è l’individuazione del termine di invio dei dati per le operazioni passive.

Secondo la versione vigente dell’art. 1 comma 3-bis del Dlgs. 127/2015, la trasmissione deve avvenire entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione o del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.

Per gli acquisti (di beni o di servizi) da fornitori stabiliti in altri Stati Ue, l’art. 17 comma 2 del Dpr 633/72 rinvia agli artt. 46 e 47 del Dl 331/93 quanto agli obblighi di fatturazione e registrazione.

In particolare, secondo il citato art. 47, il cessionario o committente nazionale è tenuto ad annotare le fatture ricevute da soggetti Ue (e integrate con l’imposta secondo l’aliquota applicabile), nel registro delle vendite, “entro il giorno 15 del mese successivo a quello di ricezione della fattura, e con riferimento al mese precedente”.

Le fatture saranno annotate anche nel registro degli acquisti, entro il termine per l’esercizio del diritto alla detrazione Iva.

Ciò è coerente con il termine ultimo per l’invio dei dati, previsto dal nuovo “esterometro”.

Si evidenzia che il file XML, per gli acquisti intracomunitari di beni (e per le prestazioni di servizi ricevute da soggetti Ue), dovrà essere compilato anche con l’indicazione dell’Iva dovuta, qualora si tratti di un’operazione imponibile – così come previsto dalle specifiche tecniche allegate al provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 89757/2018 nella versione 1.7 – oltre alla necessità di riportare l’imposta nel registro degli acquisti e nel registro delle vendite.

Per i servizi generici, ricevuti da soggetti passivi extra Ue, l’autofattura è emessa entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione. Il termine, dunque, coincide con quello richiesto per l’invio dei dati nell’ambito dell’esterometro.

Più delicata è la gestione degli acquisti di beni presenti in Italia da soggetti passivi extra Ue o delle prestazioni di servizi diversi da quelli generici, rese da questi ultimi a operatori economici stabiliti in Italia (questione analoga è stata sottolineata di recente da ANC e Confimi, nella Nota congiunta del 1° luglio 2022).

L’art. 17 comma 2 del Dpr 633/72 richiede che gli obblighi conseguenti a tali operazioni debbano essere assolti dal cessionario o committente. Ne consegue che questi sia tenuto all’emissione di un’autofattura (in formato analogico o elettronico) entro dodici giorni dal momento di effettuazione dell’operazione.

È necessario, pertanto, avere contezza del momento di effettuazione dell’operazione, posto che generalmente l’autofattura deve essere emessa entro i successivi dodici giorni, ai sensi dell’art. 21 comma 4 del Dpr 633/72. A differenza di quanto previsto per la procedura di integrazione e registrazione della fattura ricevuta da un fornitore Ue, per documentare con autofattura i predetti acquisti da fornitori extra Ue non assume rilevanza il momento di ricezione del documento.

Ai fini dell’esterometro i tempi sono maggiormente dilatati. Come detto, il file elettronico deve essere infatti trasmesso “entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione o di effettuazione dell’operazione”.

Si comprende come, nel caso in cui si desiderasse optare per l’invio elettronico dell’autofattura (codice “TD17” per l’acquisto di servizi o “TD19” per l’acquisto di beni), utilizzando il medesimo documento anche per la comunicazione dei dati delle operazioni transfrontaliere, la trasmissione dovrebbe essere necessariamente anticipata.

Qualora, invece, si decidesse di attendere il maggior termine previsto per l’esterometro, sarebbe indispensabile emettere anticipatamente il documento cartaceo, per non incorrere nella sanzione per omesso reverse charge (art. 6 comma 9-bis del Dlgs. 471/97).
 

Operazione Momento di effettuazione Termine di emissione dell’autofattura Termine di annotazione nel registro delle vendite Termine di invio dei dati al SdI ai fini dell’esterometro
Acquisto di beni mobili da soggetto extra Ue Consegna o spedizione del bene Dodicesimo giorno successivo a quello di effettuazione Giorno 15 del mese successivo al momento di effettuazione Giorno 15 del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione o del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione
Acquisto di beni immobili da soggetto extra Ue Stipula dell’atto Dodicesimo giorno successivo a quello di effettuazione
Prestazione di servizi “generica” ricevuta da soggetto extra Ue Ultimazione della prestazione (ovvero, per le prestazioni periodiche, data di maturazione dei corrispettivi) Giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione
Prestazione di servizi non “generica”, rilevante in Italia, ricevuta da soggetto extra Ue Pagamento del corrispettivo Dodicesimo giorno successivo a quello di effettuazione
 
Contenuto dei dati di trasmissione

In precedenza, per le operazioni con soggetti non stabiliti in Italia (sia attive sia passive) era richiesto il solo invio di specifiche informazioni, individuate dal punto 9.1 del provvedimento n. 89757/2018, vale a dire: i dati identificativi del cedente o prestatore; i dati identificativi del cessionario o committente; la data del documento comprovante l’operazione; la data di registrazione (per i soli documenti ricevuti); il numero del documento; la base imponibile, l’aliquota Iva applicata e l’imposta (oppure, ove l’operazione non comporti l’annotazione dell’imposta nel documento, la tipologia dell’operazione).

L’attuale versione del provv. n. 89757/2018, riferita alle operazioni decorrenti dal 1° luglio 2022, invece, si limita ad affermare che l’invio dei dati al SdI avviene “secondo le regole di compilazione previste dalle specifiche tecniche allegate al presente provvedimento”.

La versione 1.7 delle specifiche tecniche della fatturazione elettronica, attualmente in vigore a seguito del provv. n. 374343/2021, quanto al contenuto del file XML, prevede diverse linee di dettaglio (campi della sezione 2.2.1).

Analizzandole, emerge la presenza di alcune informazioni che prima non erano contemplate nell’ambito dell’esterometro, tra cui la c.d. “descrizione” ossia: la “natura e qualità del bene/servizio oggetto della cessione/prestazione”.

È un’implementazione che va nella direzione di arricchire la comunicazione con controparti non stabilite di tutte le indicazioni obbligatorie della fattura, come individuate dall’art. 21 comma 2 del Dpr 633/72.

Si evidenzia come, sino al 1° luglio, le informazioni “qualitative” legate alla descrizione del bene o servizio non dovevano essere rilevate (né nell’esterometro né nel documento cartaceo) per gli acquisti da soggetti stabiliti nell’Ue, non essendo tali dati richiesti per l’integrazione delle fatture ex art. 46 del Dl 331/93.

(MF/ms)




Esterometro: i primi chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

In un webinar  il dott. Piancaldini e la dott.ssa Lami dell’Agenzia dell’Entrate, preannunciando che a breve la stessa Agenzia pubblicherà dei documenti ufficiali con dei chiarimenti in merito all’esterometro, hanno anticipato alcuni importanti concetti.

Circa le operazioni soggette all’obbligo di comunicazione, i relatori ricordano che non devono essere comunicate le operazioni documentate da bolla doganale.

In particolare, per quanto riguarda le importazioni, viene ricordato che se le operazioni dovessero comunque essere comunicate, nessuna sanzione potrebbe essere irrogata al contribuente; tuttavia, le bozze dei registri, delle Li.Pe. e della dichiarazione Iva predisposte dall’Agenzia, riporteranno delle duplicazioni, con possibili perdite di tempo per il contribuente e l’Amministrazione.

Altro caso in cui non si deve effettuare la comunicazione è quello di ricezione di fatture elettroniche via SDI; si ricevono fatture elettroniche via SDI da San Marino, posto che le autorità fiscali della Repubblica del Titano hanno emanato norme di obbligo quasi generalizzato di emissione di fatture elettroniche via SDI per i loro contribuenti.

Viene inoltre ricordato che gli acquisti di beni e di servizi non territoriali, di importo unitario fino ad euro 5.000, non devono essere oggetto di comunicazione. Si tratta in genere di operazioni assoggettate ad Iva estera, ed una diapositiva precisa che tale importo va assunto al lordo dell’imposta.

Circa le decorrenze del nuovo obbligo, i relatori sono tornati due volte sull’argomento, concludendo che deve essere fatto riferimento – per le operazioni passive – alla data di ricezione della fattura e non a quella di effettuazione dell’operazione.

Sull’argomento, è opportuno che si attendano dei chiarimenti scritti, posto che in funzione delle diverse operazioni che si pongono in essere il documento ricevuto dal fornitore può rilevare o meno per l’individuazione del mese in cui l’operazione deve essere registrata.

Per le operazioni attive, è lasciato intendere che il file XML inviato a SDI è “un rigo di esterometro”, posto che la fattura sarà il file PDF inviato via mail al cliente (o quello cartaceo inviato per posta). La cosa è rassicurante dal punto di vista sanzionatorio, visto che le violazioni sul “rigo di esterometro” sono punite con euro 2 per operazione, mentre l’omissione della fattura è più pesantemente sanzionata.

Solo nel caso in cui il soggetto estero (verosimilmente identificato in Italia) autorizzi il cedente/prestatore italiano ad inviare la fattura elettronica in formato XML via SDI, e fornisca quindi un codice destinatario o venga utilizzato il codice 0000000, allora il file viene considerata la vera “fattura”, e quindi diverse sono le sanzioni in caso di violazione.

Una slides evidenzia che i files delle fatture attive devono essere con tipo documento da TD01 a TD06.

In un successivo quesito viene precisato che anche il codice TD24 è ammesso.

Anche in tale caso è opportuno che venga chiarito se anche il codice TD26, ad esempio, è utilizzabile, nel caso in cui al soggetto estero si ceda un bene ammortizzabile.

Viene rimarcato che anche le operazioni verso privati devono essere comunicate, purché siano documentate con emissione di fattura o di certificazione fiscale (scontrino, ricevuta, o documento commerciale). Ricordiamo che non sono oggetto di obbligo di fatturazione e di certificazione, tra le altre, le operazioni di commercio elettronico diretto ed indiretto.

Un altro interessante chiarimento riguardante le operazioni attive è che in caso di emissione di fatture anticipate rispetto al termine ultimo di emissione normativamente previsto, l’invio del file dell’esterometro scadrà nel momento ultimo di emissione previsto dalla norma.

Per le operazioni passive, come noto, è necessario inviare dei files, con “tipo documento” valorizzati con TD17, TD18 e TD19, utilizzando il tracciato della fattura elettronica. Anche in tale caso, questi files sono “righi di esterometro”.

Un po’ di confusione ha generato una slides nella quale – dopo aver rimarcato che l’obbligo di invio dell’esterometro non modifica le norme sul reverse charge, ed aver precisato che la tardiva od omessa trasmissione del file XML è una violazione autonoma rispetto a quelle sul reverse charge – viene riportata una frase secondo la quale “se la trasmissione dei dati avviene utilizzando tipologie di documenti che assolvono anche agli obblighi di autofatturazione in sostituzione della stessa, la tardiva autofatturazione e conseguente annotazione nei registri Iva esplica i suoi effetti sulla detrazione dell’imposta, impedendola sino al corretto adempimento”.

In sostanza, sembra che la posizione dell’Agenzia sia quella per cui l’invio di un file TD17/TD18/TD19 a SDI, potrebbe sostituire l’obbligo di emissione dell’autofattura ma, in tale caso, un eventuale ritardo dell’invio del file a SDI comporterà l’irrogazione di sanzioni sull’esterometro (2 euro) e sul reverse charge (500 euro). Il contribuente, tuttavia è libero di emettere comunque autofatture cartacee e conservarle analogicamente, oltre ad inviare il file dell’esterometro. È logico ritenere che nel caso di registrazione dell’autofattura nei termini corretti, il ritardo dell’invio del file dell’esterometro  produrrà solo l’irrogazione della sanzione di due euro, salvo che l’Agenzia non sia in grado di dimostrare che anche l’autofattura cartacea, a suo tempo, è stata emessa in ritardo.

L’Agenzia si è soffermata più volte sull’importanza della data di ricezione della fattura per determinare le tempistiche di invio del file dell’esterometro, ripetendo che nel caso di mancata ricezione di fattura deve essere fatto riferimento alla data di effettuazione dell’operazione.

Sicuramente si è in presenza di mancata ricezione di “fattura” da fornitori extracomunitari, posto che i documenti da loro emessi non possono definirsi come “fatture” e le tempistiche di emissione dell’autofattura fanno (quasi) sempre riferimento alla data di effettuazione dell’operazione. Destano perplessità gli esempi di acquisto comunitario con mancato ricevimento di fattura o di ricezione della fattura in un mese antecedente rispetto alla merce, o ancora, di pagamento anticipato.

Anche in tale caso si auspica che successivi chiarimenti confermino che l’esterometro va inviato entro il 15 del mese successivo rispetto al mese in cui l’operazione è soggetta a registrazione ai fini Iva.

Cosa lasciata per ultima, ma non certo per la sua importanza, riguarda i dati di dettaglio per la compilazione del file dell’esterometro delle operazioni passive, per i quali è stato precisato che, rispetto agli elementi che devono comparire nel registro delle fatture ricevute, devono essere aggiunti “solo” quelli relativi alla descrizione dell’operazione (natura, qualità e quantità dei beni acquistati o dei servizi ricevuti), peraltro con delle “semplificazioni”.

Viene riportato l’esempio di chi acquista scooter o biciclette, che può aggregare i beni della stessa natura con diversi colori, rimarcando che l’obbligo di compilare i campi relativi alla natura dell’operazione non può essere genericamente assolto con una descrizione del tipo “acquisti comunitari”.

In sostanza, parrebbe che un supermercato che riceve da fornitore estero 200 tipi di beni (zucchine, carne bovina, yogurt, …), debba compilare 200 righi, nel file di esterometro, in quanto esisterebbe un obbligo di descrizione delle operazioni; in un certo momento è stato proposto pure di allegare una copia della fattura estera, riportante il dettaglio dei beni e servizi acquistati.

Ora, l’unico obbligo cogente di descrivere le operazioni, previsto da una norma, esiste solo per le operazioni attive e non per le operazioni passive.

Un eventuale obbligo di descrizione così dettagliato, oltre a non avere supporto normativo (il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate non ha tale forza), porterebbe chiaramente molti contribuenti a considerare che la sanzione per l’omesso invio del file dell’esterometro costi meno rispetto al costo della persona che deve ricopiare il dettaglio dei beni e dei servizi acquistati.

In questo senso si auspica che i chiarimenti ufficiali precisino che la descrizione dell’operazione di acquisto di beni e servizi possa essere assolutamente generica, essendo necessario scomporre gli acquisti su più righi solo nel caso in cui vi siano, all’interno della stessa fattura estera, operazioni con regimi Iva differenti (ad esempio beni assoggettati a diverse aliquote Iva, o servizi in parte soggetti ad Iva ed in parte non imponibili). Una diversa interpretazione, peraltro, visto il dispendio economico che genererebbe ai soggetti acquirenti merci da fornitori comunitari, potrebbe addirittura porsi in contrasto coi principi comunitari di non discriminazione e di libera circolazione delle merci.

(MF/ms)
 
 




Abrogazione della disciplina delle società in perdita sistematica

L’art. 9 del Dl 21 giugno 2022 n. 73 (c.d. Dl “Semplificazioni fiscali”), nella versione pubblicata in Gazzetta Ufficiale, conferma l’abrogazione della disciplina delle società in perdita sistematica di cui all’art. 2 commi 36-decies, 36-undecies e 36-duodecies del Dl 138/2011 convertito.

Lo stesso art. 9 dispone, al comma 1, che l’abrogazione opera “a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2022”; il comma 3 valuta gli effetti dell’abrogazione della disciplina in termini di gettito prendendo in considerazione gli anni 2023 e seguenti.

L’impostazione adottata ai fini dell’individuazione della decorrenza dell’abrogazione ricalca quella già impiegata, in sede di introduzione della disciplina, dall’art. 2 comma 36-duodecies del Dl 138/2011, il quale disponeva che le norme relative alle società in perdita sistematica dovessero trovare applicazione “a decorrere dal periodo d’imposta successivo” a quello in corso al 17 settembre 2011, data di entrata in vigore della legge di conversione del Dl 138/2011.

A commento, l’Agenzia delle Entrate, nella circ. n. 35/2012, § 1.3, aveva precisato che “per i soggetti che hanno l’esercizio coincidente con l’anno solare, le disposizioni in materia di società in perdita sistematica trovano applicazione a decorrere dal 2012”; di conseguenza, il periodo di osservazione rilevante (all’epoca, pari a tre anni) era il triennio 2009-2010-2011.

In altre parole, il periodo di entrata in vigore della modifica rappresentava il periodo in cui verificare lo status di comodo, mediante osservazione del triennio precedente, computato a ritroso.

In linea con quanto previsto in sede di introduzione, il Dl “Semplificazioni fiscali” individua quale periodo di abrogazione della disciplina il periodo di imposta 2022 per i soggetti “solari”, rendendo quindi irrilevanti i risultati fiscali realizzati nel quinquennio precedente.

Tale lettura è confermata dalla circostanza per cui l’art. 9 del Dl 73/2022, nello stimare la mancanza di gettito derivante dall’abrogazione, prende in considerazione, quale prima annualità interessata, il 2023, ovvero l’anno in cui saranno versate le (minori) imposte relative al periodo di imposta 2022.

Per effetto delle modifiche le penalizzazioni previste dall’art. 30 della L. 724/94 non troveranno, quindi, applicazione per il periodo di imposta 2022 “solare” laddove:

  • i periodi di imposta 2017, 2018, 2019, 2020 e 2021 risultino in perdita fiscale;
  • ovvero quattro dei sopraindicati periodi siano in perdita e il rimanente presenti un reddito imponibile inferiore al reddito minimo.
Resta, invece, ferma l’applicazione della disciplina delle società in perdita sistematica per il periodo di imposta 2021 “solare” (modelli REDDITI 2022); non viene inoltre modificata la disciplina delle società non operative per insufficienza di ricavi di cui all’art. 724/94 che quindi troverà applicazione anche per i periodi di imposta 2022 e successivi.

Va altresì evidenziato che la struttura della disciplina delle società in perdita sistematica presuppone la presenza di uno storico di annualità da monitorare, rappresentato dal quinquennio oggetto di osservazione, oltre al periodo di imposta in cui la disciplina trova applicazione.

Ne deriva che, come in precedenza chiarito dalla circ. Agenzia delle Entrate n. 25/2012, § 6.2, nei confronti di quelle società che non hanno un periodo minimo di anzianità, la disciplina sulle società in perdita sistematica non trova applicazione. 

A riguardo, la successiva circ. Agenzia delle Entrate n. 6/2015, § 14.1, ha puntualizzato che per i soggetti costituiti da meno di sei anni, la disciplina sulle società in perdita sistematica non trova applicazione per mancanza del relativo presupposto. Nel documento, la stessa Agenzia precisa che il primo periodo d’imposta astrattamente utile di applicazione della disciplina in esame è il settimo anno dalla costituzione.

Tale assunto sembra poggiare sul meccanismo di funzionamento delle cause di disapplicazione della disciplina delle società in perdita sistematica e, ai fini che qui interessano, della causa relativa alle società che si trovano nel primo periodo di imposta (art. 1 lett. m) del provv. Agenzia delle Entrate 11 giugno 2012).

Nel contesto della disciplina in esame, infatti, tali cause “interrompono” il quinquennio di osservazione, con la conseguenza che il riscontro di una di esse azzera il conteggio (circ. Agenzia delle Entrate n. 23/2012, § 1.2.1). In altre parole, per una società costituita nel 2016 il primo periodo astrattamente interessato sarebbe il 2022 (il quinquennio è, infatti, conteggiato a partire dal 2017). Tuttavia, in considerazione dell’abrogazione della disciplina, la stessa società non subirebbe penalizzazioni.

Ne deriva che, in virtù del particolare meccanismo illustrato, le società costituite dal 2016 in avanti, fino al 2021 prive dei presupposti di applicazione della disciplina, sono automaticamente “salve”.

(MF/ms)