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Riforma fiscale: legge delega in Gazzetta Ufficiale

Sulla Gazzetta Ufficiale del 14 agosto è stata pubblicata la L. 9 agosto 2023 n. 111, ovvero la legge delega per la riforma fiscale, che contiene numerose linee guida a cui l’Esecutivo dovrà attenersi per l’emanazione dei decreti delegati, alcune di principio, altre molto di dettaglio, sulle quali risulta esserci poco margine di manovra a opera dei decreti.

Si tratta di un obiettivo ambizioso nonché opportuno, considerando che i decreti legislativi, come indicati nell’art. 21, dovranno effettuare una codificazione della materia tributaria, distinta in una parte generale e in una parte speciale.

Per quanto riguarda l’IRPEF, si prevede una revisione del sistema di imposizione che mira a una sua graduale riduzione.

Ciò avverrà con il riordino di aliquote e scaglioni di reddito, di deduzioni, detrazioni e crediti di imposta, applicando la stessa area di esenzione fiscale (c.d. “no tax area”) e lo stesso carico impositivo tra i redditi di lavoro dipendente e i redditi di pensione.

Ci sarà un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali sulle retribuzioni corrisposte a titolo di straordinario che eccedono una determinata soglia, sui redditi di lavoro dipendente e assimilati riferibili alla tredicesima mensilità e sui premi di produttività.

Per le imprese in regime di contabilità ordinaria, ci sarà la facoltà di avvalersi di un’imposta proporzionale simile all’IRES. È in cantiere anche la graduale abrogazione dell’IRAP.

Relativamente all’IVA, saranno rivisti le aliquote e il sistema delle operazioni esenti, prevedendo la possibilità di optare per l’imponibilità.

Varie sono le novità in tema di accertamento, basti pensare alla previsione di un contraddittorio preventivo generalizzato per ogni imposta, al rafforzamento della motivazione degli atti impositivi e alla necessità di accertare il primo anno fiscalmente rilevante per perdite di impresa e componenti pluriennali di reddito.

I decreti delegati dovranno introdurre una speciale forma di adempimento collaborativo (la cui struttura ricorda quello del DLgs. 128/2015) con possibilità di certificazione da parte di “professionisti qualificati” del sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, anche in ordine alla conformità ai princìpi contabili.

In caso di certificazione e salvo condotte fraudolente o simulate, sono previste: l’ulteriore riduzione, fino all’eventuale esclusione, delle sanzioni per i rischi di natura fiscale comunicati preventivamente; la riduzione di almeno due anni dei termini per l’accertamento (rispetto ai cinque previsti).

Si prevede poi l’esclusione delle sanzioni penali con riguardo al reato di dichiarazione infedele, qualora il contribuente abbia tenuto comportamenti collaborativi e abbia comunicato preventivamente l’esistenza dei relativi rischi fiscali.

Potrà essere introdotto un adempimento collaborativo per chi trasferisce la residenza in Italia nonché per chi la mantiene all’estero ma possiede in Italia un reddito mediamente pari o superiore a un milione di euro.

L’adempimento collaborativo va visto in sintonia con il concordato preventivo biennale che dovrà anch’esso essere introdotto dai decreti delegati, il quale si attua in una sorta di reddito concordato che mette al riparo, entro determinati limiti, da future contestazioni delle Entrate. Per i soggetti di minori dimensioni, la proposta di concordato preventivo biennale potrà essere influenzata dal risultato degli ISA.

Relativamente al contenzioso, spicca il divieto di produzione di documenti nuovi in appello, l’impugnabilità delle ordinanze cautelari, il rafforzamento della conciliazione e la previsione (a oggi mancante) sulle conseguenze delle irregolarità telematiche.

Anche la fase di riscossione non è indenne da criteri direttivi: balza all’occhio la necessità di rendere più efficiente il pignoramento presso terzi pur senza automatismi e il superamento del ruolo, che con ogni probabilità sarà sostituito dall’atto accertativo (accertamento di valore, recupero del credito di imposta o avviso di liquidazione) o dall’avviso bonario.

La dilazione dei ruoli potrà, per tutti, essere estesa a 120 rate mensili.

Le sanzioni, sia amministrative sia penali, saranno riviste alla luce della proporzionalità e della reale offensività della condotta, attribuendo, in certe circostanze, effetto tributario al giudicato penale assolutorio e, in via speculare, imponendo, sempre entro limiti predeterminati, al giudice penale di considerare la riduzione dell’imponibile scaturente ad esempio da un accordo di adesione.

Molte novità potranno interessare il federalismo fiscale e la fiscalità locale.

Con riguardo a quest’ultimo aspetto si mira alla razionalizzazione e al riordino dei singoli tributi locali (soggetti passivi, base imponibile, aliquote, esenzioni e agevolazioni fiscali), alla modernizzazione del sistema di rilevazione dei dati per ridurre i fenomeni di evasione ed elusione fiscale, alla semplificazione degli adempimenti dichiarativi e delle modalità di versamento a carico dei contribuenti e all’incentivazione dell’adempimento spontaneo.

Invece, nella delega non compare la revisione del Catasto.

 

Principali novità della delega fiscale
Versamenti IRPEF per professionisti e imprenditori Progressiva introduzione della periodicità mensile dei versamenti ed eventuale riduzione della ritenuta d’acconto
Cedolare secca Estensione alle locazioni di immobili non abitativi ove il conduttore eserciti un’attività d’impresa o una professione
Redditi agrari Nuove classi e qualità di coltura per le attività agricole di coltivazione ex art. 2135 comma 1 c.c.
Redditi di natura finanziaria Previsione di una sola categoria di reddito
Compensazione delle perdite
Obbligo dichiarativo
Redditi di lavoro autonomo Esclusione dalla formazione del reddito dei rimborsi spese
Dichiarazione dei compensi quando sono operate le ritenute
Neutralità di aggregazione e riorganizzazione degli studi professionali
Redditi diversi Imposta sostitutiva sulla rivalutazione delle partecipazioni e dei terreni
Per la plusvalenza da cessione immobiliare si assume come prezzo di acquisto quello pagato dal donante
Plusvalenze per cessioni di oggetti d’arte, antiquariato e collezione
Reddito d’impresa Le imprese in contabilità ordinaria potranno optare per un’imposta proporzionale
IRES Riduzione dell’aliquota in caso di investimenti o di assunzione di personale
Limiti alla deducibilità degli interessi passivi con franchigie
IRAP Graduale superamento e introduzione di un’addizionale determinata con le medesime regole dell’IRES
IVA Revisione delle aliquote
Riforma delle operazioni esenti con opzione per l’imponibilità
Applicabilità del pro rata ai soli beni e servizi a uso promiscuo
Imposta di successione e di registro Autoliquidazione
Dichiarazione di successione Imposta sostitutiva del bollo, delle tasse ipotecarie, dei tributi speciali e delle ipocatastali
Società non operative Nuovi parametri per identificare le società senza impresa
Cause di esclusione che tengano conto di un congruo numero di dipendenti e dello svolgimento di attività regolate
Interpelli Riduzione delle richieste
Contributo per la presentazione
Adempimenti dei contribuenti Sospensione per i mesi di agosto e dicembre
Contraddittorio tra le parti Previsione generalizzata a pena di nullità
Termini di decadenza Per i componenti pluriennali e le perdite sarà necessario accertare il primo anno fiscalmente rilevante
Presunzione di distribuzione degli utili extracontabili Solo per ricavi e costi inesistenti
Cumulo giuridico delle sanzioni Estensione all’accertamento con adesione e alla conciliazione
Dilazione dei ruoli Estensione generalizzata a 120 rate mensili
Processo tributario telematico Disciplina delle conseguenze delle irregolarità
Conciliazione giudiziale Estensione al processo in Cassazione
Giudicato penale di assoluzione del contribuente Effetto in sede tributaria
Effetto penale dell’accordo di adesione o conciliazione Il giudice penale dovrà tenerne conto

 
(MF/ms)




Regime forfettario: decadenza dal beneficio

La perdita di uno dei requisiti per l’applicazione del regime forfetario di cui alla L. 190/2014, o il verificarsi di una causa ostativa, comporta la fuoriuscita dal regime agevolato a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in cui l’evento si verifica.

La legge di bilancio 2023, integrando l’art. 1 comma 71 della L. 190/2014, ha tuttavia introdotto un’ipotesi al verificarsi della quale il regime forfetario viene disapplicato relativamente all’anno in corso; in particolare, se i ricavi o compensi percepiti sono superiori a 100.000 euro, il regime cessa di avere applicazione dall’anno stesso in cui tale condizione si verifica.

L’inserimento di una fattispecie di disapplicazione istantanea al superamento del limite di 100.000 euro è in linea con la Direttiva (Ue) 18 febbraio 2020 n. 285, che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 31 dicembre 2024; secondo quanto previsto dall’art. 288-bis inserito nella direttiva 2006/112/Ce, infatti, l’esenzione IVA collegata al regime forfetario può essere concessa “senza alcun massimale durante l’anno civile in cui avviene il superamento della soglia. Tuttavia, l’applicazione di tale […] opzione non può comportare la concessione di una franchigia al soggetto passivo il cui volume d’affari […] sia superiore a 100 000 EUR”.

La causa di decadenza scatta al superamento della soglia di ricavi o compensi “percepiti”; di conseguenza, ricavi o compensi fatturati nel 2023, ma percepiti nel 2024, non rilevano ai fini della soglia relativa al periodo di imposta 2023.

La disapplicazione del regime in corso d’anno ha effetti diversi a seconda dell’imposta interessata; l’IRPEF dovrà essere infatti calcolata in modo ordinario, prendendo a riferimento l’intero periodo di imposta, mentre l’IVA sarà dovuta solo a partire dalle “operazioni effettuate che comportano il superamento del predetto limite”.

In assenza di chiarimenti in merito, l’IVA dovrebbe essere dovuta a partire dall’operazione (inclusa) che determina il superamento del limite. Ragionando in questi termini, nel caso di ricavi percepiti pari a 90.000 euro a novembre 2023 ed emissione di un’ulteriore fattura per 20.000 euro, quest’ultima dovrebbe già recare l’addebito dell’imposta.

Il quadro si complica, però, se si considera che l’emissione della fattura e l’incasso del ricavo o del compenso possono non coincidere. Riprendendo il caso testé esemplificato, ove la fattura da 20.000 euro non sia incassata nell’anno non si verificherebbe alcuna decadenza immediata dal regime (in quanto i ricavi percepiti sono pari a 90.000 euro) per cui, in costanza di regime, non sarebbe stato necessario l’addebito dell’IVA.

La fuoriuscita dal regime porta con sé ulteriori conseguenze, relative, in particolare:

  • agli obblighi di tenuta delle scritture contabili, che scattano sin dall’inizio dell’anno;
  • all’applicazione delle ritenute.
In merito all’ultimo punto, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le ritenute non possono essere applicate retroattivamente, rendendosi applicabili al momento della corresponsione dei compensi; analogamente, il professionista che decade dal regime forfetario in corso d’anno non assume retroattivamente il ruolo di sostituto d’imposta.

In altre parole, le ritenute dovranno essere applicate secondo i criteri generali, vale a dire sui compensi che saranno corrisposti dopo la fuoriuscita dal regime.

L’art. 1 comma 71 della L. 190/2014 si limita a stabilire che il regime forfetario “cessa di avere applicazione dall’anno stesso in cui i ricavi o i compensi percepiti sono superiori a 100.000 euro”, senza disciplinare esplicitamente i casi in cui l’attività sia iniziata o termini nel corso dell’anno; potrebbero quindi sorgere alcuni dubbi in merito alla necessità o meno di ragguagliare ad anno tale limite.

In linea generale, i limiti di ricavi o compensi devono essere ragguagliati ad anno solo nel caso in cui la norma lo preveda espressamente; si pensi, ad esempio:

  • all’art. 1 comma 54 lett. a) della L. 190/2014, secondo cui possono applicare il regime forfetario i contribuenti che “hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a euro 85.000”;
  • all’art. 18 commi 2 e 3 del DL. 36/2022, che estende l’obbligo di emissione di fattura elettronica a partire dal 1° luglio 2022 ai contribuenti forfetari che “nell’anno precedente abbiano conseguito ricavi ovvero percepito compensi, ragguagliati ad anno, superiori a euro 25.000”.
La chiusura dell’attività non ha effetti sul limite

L’assenza di un’esplicita indicazione normativa e di uno specifico chiarimento ufficiale inducono a escludere il ragguaglio ad anno del limite di 100.000 euro. Aderendo a tale impostazione, nessuna decadenza dal regime dovrebbe operare rispetto all’attività chiusa a metà anno con ricavi e compensi percepiti per 90.000 euro. Analogamente dovrebbe ragionarsi nel caso in cui l’attività sia stata iniziata in corso d’anno.
 

(MF/ms)




“Fringe Benefit” dipendenti: il trattamento delle auto elettriche

rimborsi erogati dal datore di lavoro al proprio dipendente per le spese di energia elettrica finalizzata alla ricarica degli autoveicoli assegnati in uso promiscuo costituiscono reddito di lavoro dipendente da assoggettare a tassazione, non rientrando quindi nel fringe benefit di cui all’art. 51 comma 4 lettera a) del TUIR. È quanto emerge dalla risposta a interpello n. 421 del 25 agosto, pubblicata dall’Agenzia delle Entrate.

Nella fattispecie in esame, la società ha una flotta aziendale di autovetture assegnate in uso promiscuo ai dipendenti, con addebito del “fringe benefit” in busta paga.

La società sta rinnovando il parco auto con automezzi elettrici o ibridi e intende riconoscere ai dipendenti il rimborso delle spese per l’energia elettrica sostenute per la ricarica effettuata presso le relative abitazioni (spese collegate agli spostamenti lavorativi, tranne che per i dirigenti per i quali è previsto il rimborso totale). Viene, inoltre, precisato che l’azienda si farà carico delle spese di installazione e di manutenzione ordinaria delle infrastrutture necessarie (wallbox, colonnine di ricarica, contatore a defalco).

Il dubbio posto è se tali rimborsi possano essere considerati esclusi da imposizione ex art. 51 comma 4 lettera a) del TUIR.

Tanto premesso,  la lettera a) del citato comma 4, lettera a), dell’art. 51 del TUIR, nel definire il regime fiscale degli autoveicoli, motocicli e ciclomotori concessi in uso promiscuo ai dipendenti, prevede per gli stessi, in deroga al generale criterio di tassazione dei fringe benefit basato sul loro ’’valore normale’’, un criterio di determinazione forfetaria del quantum da assoggettare a tassazione (cfr. C.M. n. 326/1997, §§ 2.3.2 e 2.3.2.1).

In relazione ai veicoli concessi in uso promiscuo con contratti stipulati dal 1° luglio 2020, per i veicoli di nuova immatricolazione con valori di emissione di anidride carbonica non superiore a 60 g/km si assume il 25% (importo poi elevato a seconda dell’emissione di CO2) dell’importo corrispondente a una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle ACI, al netto degli ammontari eventualmente trattenuti al dipendente.

Il legislatore, con la legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), ha previsto, ai fini dell’imponibilità, un valore forfetario del benefit più basso per i veicoli meno inquinanti, aumentando, invece, gradatamente la base imponibile del valore dei veicoli con emissioni di anidride carbonica superiori ai 160 g/km.

In relazione ai veicoli ad uso promiscuo, nella C.M. n. 326/1997 è stato chiarito che la determinazione del valore imponibile sulla base del totale del costo di percorrenza esposto nelle tabelle ACI costituisce una determinazione dell’importo da assoggettare a tassazione del tutto forfetaria, che prescinde da qualunque valutazione degli effettivi costi di utilizzo del mezzo e anche dalla percorrenza che il dipendente effettua realmente. È del tutto irrilevante, quindi, che il dipendente sostenga a proprio carico tutti o taluni degli elementi che sono nella base di commisurazione del costo di percorrenza fissato dall’ACI.

Nel medesimo documento di prassi è stato altresì chiarito che il datore di lavoro, oltre a concedere la possibilità di utilizzare il veicolo in modo promiscuo, può fornire, gratuitamente o meno, altri beni o servizi (es. l’immobile per custodire il veicolo), che andranno separatamente valutati al fine di stabilire l’importo da assoggettare a tassazione in capo al dipendente.

L’Agenzia delle Entrate ha quindi affermato che nella fattispecie in esame l’installazione delle infrastrutture (wallbox, colonnine di ricarica e contatore a defalco) effettuata presso l’abitazione del dipendente rientri tra i beni che vanno separatamente valutati al fine di stabilire l’importo da assoggettare a tassazione in capo al dipendente.

Il consumo di energia non è fringe benefit

Per quanto riguarda il consumo di energia, l’Agenzia delle Entrate ha però rilevato che lo stesso non rientra tra i beni e servizi forniti dal datore di lavoro (c.d. “fringe benefit”), ma costituisce un rimborso di spese sostenuto dal lavoratore.

Al riguardo, l’Agenzia ricorda che le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore a titolo di rimborso spese costituiscono, per quest’ultimo, reddito di lavoro dipendente, ad eccezione delle spese rimborsate nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, anticipate dal dipendente per snellezza operativa, quali ad esempio l’acquisto di beni strumentali di piccolo valore (es. carta della fotocopia o della stampante, pile della calcolatrice, ecc.), e fatte salve specifiche deroghe previste dal medesimo art. 51 comma 5 del TUIR per il rimborso analitico delle spese per trasferte.
 

(MF/ms)




Appalti pubblici: aggiornamenti sull’imposta di bollo sui contratti

Il nuovo Codice degli appalti pubblici (Dlgs. 31 marzo 2023 n. 36) contiene, all’art. 18 comma 10 e nella tabella allegata, alcune disposizioni in materia di assolvimento dell’imposta di bollo sui contratti di appalto che rappresentano rilevanti novità.

Con la circolare n. 22, pubblicata il 28 luglio, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sulle nuove disposizioni, con particolare riferimento a modalità di calcolo e versamento, nonché sulla decorrenza. 

Il contesto è quello degli appalti pubblici, ovvero, secondo la definizione normativa, “i contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o più operatori economici e una o più stazioni appaltanti e aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di beni o la prestazione di servizi”.

Come anticipato, l’art. 18 comma 10 del Dlgs. 36/2023 ha disposto che l’imposta di bollo, su tali contratti, sia assolta dall’appaltatore “una tantum al momento della stipula del contratto e in proporzione al valore dello stesso”.

In base alla Tabella A, contenuta nell’Allegato I.4 al Codice degli appalti, l’imposta di bollo dovuta al momento della stipula del contratto va parametrata all’“importo massimo previsto” dal contratto (ivi comprese eventuali opzioni o rinnovi esplicitamente stabiliti). Tale importo – spiega l’Agenzia – va considerato al netto dell’IVA.

La tabella in calce all’articolo individua la misura dell’imposta di bollo dovuta.

Inoltre, a norma dell’art. 2 comma 1 dell’allegato I.4, il pagamento dell’imposta di bollo “ha natura sostitutiva dell’imposta di bollo dovuta per tutti gli atti e documenti riguardanti la procedura di selezione e l’esecuzione dell’appalto, fatta eccezione per le fatture, note e simili” di cui all’art. 13 punto 1 della Tariffa, Parte I, allegata al Dpr 642/72.

Ciò significa – spiega l’Agenzia – che le fatture e gli altri documenti di cui al citato art. 13 continuano a essere ordinariamente assoggettate a imposta di bollo.

Inoltre, l’effetto sostitutivo non opera per gli altri atti e documenti, diversi da quelli appena citati, che precedono la stipula del contratto e ciò con riferimento a tutti gli operatori economici coinvolti nella procedura di selezione, salvo quanto previsto per l’aggiudicatario.

Infatti, in base alle nuove norme del Codice dei contratti pubblici, l’imposta di bollo assolta dall’aggiudicatario alla stipula del contratto sostituisce l’imposta di bollo dovuta in base al Dpr 642/72 sugli atti riguardanti l’intera procedura (dalla selezione dell’operatore economico fino alla completa esecuzione del contratto).

Quindi, l’aggiudicatario:

  • al momento della stipula del contratto, paga l’imposta di bollo complessivamente dovuta, calcolata sull’importo massimo previsto nel contratto, in base agli scaglioni riportati nella tabella in calce all’articolo, “considerando a scomputo l’imposta di bollo già assolta nella fase precedente alla stipula del contratto” in base alla disciplina dettata dal DPR 642/72 “fino a concorrenza dell’importo già dovuto”;
  • nella fase successiva alla stipula del contratto non è tenuto a effettuare ulteriori versamenti.
Con riferimento ai soggetti obbligati, la circolare chiarisce che, sebbene il Codice ponga l’onere esclusivamente a carico dell’aggiudicatario, resta operante il principio di solidarietà passiva nel pagamento del tributo e delle sanzioni previsto dall’art. 22 del DPR 642/72. In ogni caso, ove stazioni appaltanti siano Amministrazione dello Stato, l’imposta di bollo è sempre a carico degli appaltatori.

Per quanto concerne le modalità di versamento, come già illustrato, il provv. n. 240013/2023 e la ris. n. 37/2023 hanno rispettivamente:

  • disposto il versamento con modalità telematiche dell’imposta di bollo di cui all’art. 18 comma 10 del DL 36/2023 con modello F24 ELIDE;
  • istituito i relativi codici tributo per il versamento.
Successivi provvedimenti potranno prevedere l’utilizzo della piattaforma Pago PA.

Nel caso in cui il contratto sia redatto in forma notarile, il pagamento avviene con le modalità telematiche adottate per gli atti pubblici o autenticati (art. 3-bis del DLgs. 463/97), mentre non è possibile l’assolvimento in modo virtuale. 

La nuova disciplina riguarda i procedimenti avviati dal 1° luglio

Infine, la circolare evidenzia che le nuove norme in materia di imposta di bollo sui contratti di appalto hanno acquistato efficacia dal 1° luglio 2023, mentre la disciplina previgente continua ad applicarsi con esclusivo riferimento ai procedimenti in corso.

Ne deriva che le nuove disposizioni in materia di imposta di bollo sui contratti pubblici, di cui all’art. 18 comma 10 del DLgs. 36/2023 e all’allegato I.4 al Codice medesimo, trovano applicazione solo con riferimento ai procedimenti avviati dal 1° luglio 2023.

 

Imposta di bollo Importo massimo previsto per il contratto
Esente Inferiore a 40.000 euro
40 euro maggiore o uguale a 40.000 euro inferiore a 150.000 euro
120 euro maggiore o uguale a 150.000 euro inferiore a 1.000.000 euro
250 euro maggiore o uguale a 1.000.000 di euro inferiore a 5.000.000 di euro
500 euro maggiore o uguale a 5.000.000 di euro inferiore a 25.000.000 di euro
1.000 euro maggiore o uguale a 25.000.000 di euro
 

(MF/ms)




Split payment: misura prorogata fino al 30.06.2026

È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 27 luglio (L 188), la decisione del Consiglio dell’Ue n. 1552 del 25 luglio 2023 che autorizza l’Italia a continuare a prevedere il meccanismo dello split payment (art. 17-ter del Dpr 633/72) sino al 30 giugno 2026.

La decisione si applica con effetto dal 1° luglio 2023, dunque, è stata garantita la continuità giuridica della misura.

Si è finalmente concluso l’iter per la proroga dell’autorizzazione concessa all’Italia con la decisione Ue n. 784/2017, il cui termine finale di applicazione era ormai scaduto il 30 giugno scorso.

Con il comunicato stampa del Ministero dell’Economia e delle finanze n. 75, pubblicato il 9 maggio 2023, era stato reso noto che la procedura Ue per il rinnovo dell’autorizzazione si stava concludendo.

Come esposto nel “Considerando” n. 6 della decisione, l’Italia ha chiesto la proroga della misura, in quanto sostiene che, in assenza del meccanismo della scissione dei pagamenti, potrebbe risultare impossibile recuperare le somme dovute da autori di frodi o evasori fiscali individuati tramite il controllo incrociato derivante dalla fatturazione elettronica obbligatoria.

In altri termini, lo split payment rappresenta una misura preventiva complementare rispetto alla fatturazione elettronica che costituisce una misura ex post.

Si ricorda che il meccanismo della scissione dei pagamenti prevede che l’IVA gravante sull’operazione sia indicata in fattura dal cedente o prestatore, ma versata direttamente all’Erario dal cessionario o committente, scindendo quindi il pagamento del corrispettivo da quello della relativa imposta (circ. Agenzia delle Entrate n. 1/2015).

Sulla base della decisione ora approvata, l’Italia dovrà trasmettere alla Commissione europea, entro il 30 settembre 2024, una relazione sulla situazione generale dei rimborsi IVA ai soggetti passivi interessati dalle misure previste dagli artt. 1 e 2 della decisione Ue n. 784/2017 e, in particolare, sulla durata media della procedura di rimborso nonché sull’efficacia di tali misure e di ogni altra misura attuata per ridurre l’evasione fiscale nei settori interessati.

Come riportato sempre nei “Considerando” della decisione, si è ritenuto opportuno concedere l’autorizzazione con effetto dal 1° luglio 2023, in modo da assicurare l’applicazione ininterrotta della misura speciale e garantire la certezza del diritto per quanto riguarda il periodo d’imposta.

La salvaguardia della continuità giuridica della misura era stata da noi auspicata, in modo da evitare ai soggetti passivi che applicano la scissione dei pagamenti di dover cambiare i loro sistemi di fatturazione ripetutamente e per un breve intervallo temporale.

L’applicazione retroattiva di una misura di deroga è considerata ammissibile dalla Corte di Giustizia dell’Ue (causa C-434/17), quando la decisione precisa la data della sua entrata in vigore o la data iniziale di applicazione.

Società quotate escluse dal 1° luglio 2025

Sulla base della decisione, l’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione dell’autorizzazione rimane invariato, almeno in una prima fase.

Dunque, la scissione dei pagamenti continua a riguardare le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dei soggetti previsti (amministrazioni pubbliche, enti pubblici economici nazionali, regionali e locali, società controllate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dai Ministeri, ecc.), per le quali i cessionari o committenti non sono debitori d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia di IVA.

A decorrere dal 1° luglio 2025, però, saranno escluse le società quotate nell’indice FTSE MIB della Borsa Italiana identificate ai fini IVA (art. 17-ter comma 1-bis lett. d) del Dpr 633/72). Questa modifica risponde all’impegno assunto dall’Italia di eliminare gradualmente la misura speciale in esame.

Da questa data, pertanto, i cedenti e prestatori che effettuano operazioni nei confronti delle predette società incasseranno dalle stesse l’imposta in via di rivalsa, salvo nei casi in cui si applica il meccanismo del reverse charge.
 

(MF/ms)




Black list persone fisiche: eliminata dalla lista la Confederazione elvetica

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 175 del 28 luglio 2023, il decreto 20 luglio 2023 del Ministero dell’Economia e delle finanze che elimina la Confederazione Elvetica dalla black list delle persone fisiche di cui al Dm 4 maggio 1999.

La base giuridica di tale intervento è l’art. 12 comma 3 della L. 83/2023, il quale ha demandato a un apposito decreto, da emanare entro il 31 luglio 2023, l’eliminazione della Svizzera dall’elenco.

Ciò trova fondamento nel rafforzamento dei rapporti tra i due Stati, tradottosi nella ratifica dell’Accordo sui frontalieri del 23 dicembre 2020, avvenuta con la stessa L. 83/2023, oltre che nelle nuove disposizioni in tema di scambio di informazioni sui redditi di lavoro dipendente prodotti da tali soggetti previste dell’art. 7 dello stesso Accordo.

Si tratta di un ulteriore step del processo di “normalizzazione” dei rapporti tra i due Stati, iniziato con la firma, avvenuta il 23 febbraio 2015, del documento Roadmap on the way forward in fiscal and financial issues between Italy and Switzerland, e che si avvia verso una conclusione definitiva.

Un primo effetto dell’eliminazione della Svizzera dalla black list delle persone fisiche riguarda la residenza fiscale.

A norma dell’art. 2 comma 2-bis del Tuir si considerano residenti in Italia, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dall’Anagrafe della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori appartenenti alla lista del DM 4 maggio 1999.

La rimozione della Svizzera dalla lista comporta l’eliminazione di questa presunzione posta a favore del Fisco, per cui per i cittadini italiani emigrati in Svizzera la prova della eventuale residenza italiana dovrà essere fornita dall’Amministrazione finanziaria.

Per espressa previsione normativa, l’efficacia della modifica decorre dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di pubblicazione in G.U. del suddetto decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze.

L’efficacia dell’eliminazione della Svizzera dai Paesi listati è, quindi, differita al 2024.

Tuttavia, restano ferme, ai sensi dell’art. 12 della citata L. 83/2023, tutte le disposizioni dell’ordinamento nazionale applicabili fino al periodo di imposta di pubblicazione del decreto (il 2023), nonché ogni attività di accertamento effettuata in conformità di tali disposizioni.

In altre parole, con riferimento al 2023 continua a gravare sul contribuente l’onere della prova circa la residenza in caso di trasferimento in Svizzera.

Anche a fronte dell’efficacia delle nuove regole continueranno, in ogni caso, a trovare applicazione, in caso di conflitto di residenza, le c.d. tie-breaker rules previste dall’art. 4 della Convenzione Italia-Svizzera, che individuano, quali criteri per la valutazione della residenza, l’abitazione permanente, il centro degli interessi vitali, il luogo di soggiorno abituale, ecc.

Altri effetti riguardano il monitoraggio fiscale, posto che le sanzioni ex art. 5 del Dl 167/90 per i beni e le attività finanziarie non dichiarate nel quadro RW saranno quelle ordinarie, senza che sia più applicabile il loro raddoppio.

L’eliminazione della Svizzera dalla black list italiana avrà, infatti, effetto sulle seguenti normative:
– presunzione per cui gli investimenti e le attività finanziarie detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al DM 4 maggio 1999 si considerano costituite, salvo prova contraria, con redditi sottratti a tassazione (art. 12 comma 2 primo periodo del DL 78/2009);
– raddoppio dei termini di accertamento per le violazioni di cui al punto precedente e, più in generale, per le violazioni sul monitoraggio fiscale (art. 12 commi 2-bis e 2-ter del DL 78/2009);
– raddoppio delle sanzioni da quadro RW (che possono, quindi, arrivare sino a un massimo del 30%) per gli investimenti e le attività finanziarie detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al DM 4 maggio 1999.

Tali disposizioni non troveranno, quindi, più applicazione per gli investimenti e le attività finanziarie localizzate nella Confederazione Elvetica.

La Svizzera rimarrebbe inclusa nella lista recata dal DM 21 novembre 2001, che in passato riguardava l’imputazione per trasparenza del reddito delle CFC ex art. 167 del TUIR.

In realtà, dopo una serie di interventi non sempre coordinati (l’ultimo di essi è costituito dall’art. 1 comma 143 della L. 208/2015, così come modificato dall’art. 5 comma 5 del DLgs. 142/2018), in pura teoria, ai fini della sussistenza delle suddette penalizzazioni in tema di monitoraggio fiscale, si dovrebbe fare anche riferimento al livello effettivo di tassazione svizzero calcolato secondo i criteri dell’art. 47-bis comma 1 del TUIR (il quale sostituisce il parametro, ancora formalmente presente nei testi di legge, della presenza dello Stato estero nella black list del DM 21 novembre 2001).

Per quello che vale, le comunicazioni di irregolarità inviate dall’Agenzia delle Entrate precisano che il raddoppio delle sanzioni da quadro RW opera solo se lo Stato in cui si trovano i beni è menzionato nella black list di cui al DM 4 maggio 1999, senza ulteriori specificazioni, e ciò dovrebbe essere sufficiente a sgombrare i dubbi.
 

(MF/ms)




Registratori telematici: modalità operative in caso di inutilizzo

Nessun obbligo di comunicazione all’Agenzia delle Entrate per i periodi di chiusura o interruzione del registratore telematico.
Trattasi di un adempimento superfluo e in contrasto con il processo di semplificazione, con la conseguenza che la gestione dei detti periodi dovrà essere gestita autonomamente e senza ulteriori aggravi burocratici per gli esercenti.

Così i contenuti del punto posto all’ordine del giorno del Governo, approvato alla Camera nel corso della discussione sulla legge di conversione del dl 75/2023 (PA2), su specifica richiesta dei deputati Gusmeroli – Bagnai – Cavandoli e Centemero (Lega), sul tema dell’obbligo introdotto, a partire dallo scorso 1° luglio e con le specifiche tecniche allegate al provvedimento direttoriale (n. 15943/2023 ) dell’Agenzia delle entrate, aventi a oggetto l’adeguamento dei registratori di cassa telematici per la gestione della “Lotteria istantanea”, della comunicazione per l’inattività del registratore telematico (Rt).

Il tema è ancora oggi oggetto di discussioni social da parte dei professionisti.

Con il citato provvedimento, l’Agenzia delle Entrate ha approvato la nuova versione (release 11) delle specifiche tecniche dei registratori telematici e, come indicato in apposito paragrafo (§ 2.7), è stata inserita una nuova funzionalità di evento (“fuori servizio” – codice 608) nel caso di interruzione superiore a dodici giorni.

Infatti, nel caso in cui l’interruzione dell’attività risulti superiore a dodici giorni (per esempio, per ferie lunghe, chiusura stagionale, inutilizzo temporaneo o quant’altro) o se l’esercente non è in grado di conoscere la durata del periodo di inattività e di comunicarla, il registratore telematico “deve” prevedere la possibilità di predisporre l’invio di un evento del tipo “fuori servizio”, al fine di comunicare l’inizio del periodo di inattività con un ritorno “in servizio” alla successiva accensione.

Il provvedimento conferma (§ 1.2) che le dette specifiche devono essere rispettate obbligatoriamente dai nuovi modelli di registratore telematico e di server RT che hanno presentato istanza di approvazione dopo il 30 giugno scorso, mentre per i modelli già approvati e/o in commercio o in uso (§ 1.2 del provvedimento) è stato stabilito che le dette specifiche tecniche devono essere rispettate obbligatoriamente solo nel caso di presentazione di istanza di variazione successiva al 30/06/2023.

Resta comunque obbligatorio, per entrambe le versioni (vecchie e nuove) e a prescindere dall’aggiornamento o meno del software, l’obbligo di comunicare il periodo di inattività anche accedendo al cassetto fiscale, tramite SPID, o tramite installatore abilitato o, in ultima istanza, a mezzo intermediario abilitato, pena l’invio di una comunicazione (pec) da parte dell’Agenzia delle entrare per la richiesta dei relativi chiarimenti.

Si ricorda che l’adempimento appare senza alcun dubbio obbligatorio, che non sono previste sanzioni specifiche anche se i dodici giorni fanno pensare immediatamente al termine di emissione delle fatture elettroniche ma che, in caso di mancata o non tempestiva memorizzazione o per mancata o non tempestiva trasmissione dei corrispettivi o quando gli stessi vengono trasmessi con dati non veritieri o incompleti, si rende applicabile la disciplina sanzionatoria, di cui ai commi 2-bis e 3 dell’art. 6, commi 2-quinquies, 5 e 5-bis dell’art. 11 e comma 2 dell’art. 12 del dlgs 471/1997.

Sul punto, quindi, a sostegno del dibattimento posto all’ordine del giorno, è stato evidenziato che la comunicazione è da ritenersi un adempimento superfluo e in totale contrasto con il processo di semplificazione in atto, con la conseguenza che si rende necessario valutare l’opportunità di consentire agli utenti di gestire autonomamente e senza ulteriori aggravi e adempimenti burocratici e/o amministrativi la trasmissione dei corrispettivi nei periodi di chiusura o di interruzione, con il conseguente esonero dall’invio della comunicazione indicata all’Agenzia delle entrate.
 

(MF/ms)




Lipe II trimestre: scadenza 2 ottobre 2023

Con l’art. 3 del Decreto “Semplificazioni”, Dl. n. 73/2022, titolato “Modifiche al calendario fiscale”, il legislatore è intervenuto in modifica all’art. 21-bis, comma 1, del Dl n. 78 del 31 maggio 2010, convertito con modificazioni dalla Legge 30 luglio 2010, n. 122.

A seguito della modifica introdotta, il termine di trasmissione telematica della LIPE relativa al II trimestre dell’anno (mesi di aprile, maggio e giugno) slitta dal 16 settembre al 30 settembre che quest’anno cade di sabato, con conseguente ulteriore differimento 2 ottobre 2023.

Si ricorda che la citata modifica riguarda solo ed esclusivamente la scadenza prevista per la Lipe del II trimestre, mentre non è stato interessato da cambiamenti il termine di presentazione originariamente previsto per gli altri trimestri, ovvero l’ultimo giorno del secondo mese successivo ad ogni trimestre.

Si riepilogano quindi di seguito i termini di presentazione, tenendo conto della proroga di quelli in scadenza di sabato o in giorno festivo.

Periodo di riferimento – liquidazioni IVA mensili Periodo di riferimento – Liquidazioni IVA trimestrali Termine trasmissione LIPE
Gennaio 2023 I trimestre 2023 31.5.2023
Febbraio 2023
Marzo 2023
Aprile 2023 II trimestre 2023 2.10.2023
Maggio 2023
Giugno 2023
Luglio 2023 III trimestre 2023 30.11.2023
Agosto 2023
Settembre 2023
Ottobre 2023 IV trimestre 2023 28.2.2024
Novembre 2023
Dicembre 2023
Per ciascuna liquidazione periodica deve essere compilato un distinto modulo (quadro VP) del modello “Comunicazione liquidazioni periodiche IVA”. Ne deriva che:
  • i contribuenti mensili presentano tre moduli (un modulo per ciascun mese del trimestre di riferimento);
  • i contribuenti trimestrali presentano un unico modulo, relativo al trimestre di riferimento.
I contribuenti trimestrali per opzione (art. 7 Dpr n. 542/1999) sono tenuti a presentare la comunicazione per il quarto trimestre solare entro l’ultimo giorno del mese di febbraio, anche se il relativo versamento viene effettuato in coincidenza con il saldo IVA (16 marzo).
 

(MF/ms)




Entro il 31 luglio l’invio del modello TR x il rimborso iva del II trimestre

Entro il prossimo 31 luglio deve essere presentato il modello TR relativo al II trimestre 2023.

Dal 1° aprile si ricorda che è necessario utilizzare il “nuovo” modello TR aggiornato dall’Agenzia delle Entrate lo scorso 14 marzo.

Il modello deve essere presentato dai contribuenti IVA che hanno realizzato nel trimestre un’eccedenza di imposta detraibile superiore a 2.582,28 euro e che intendono chiedere in tutto o in parte il rimborso di tale eccedenza, ovvero intendono utilizzarla in compensazione anche con altri tributi, contributi e premi, ai sensi dell’art. 17 del Dlgs. 9 luglio 1997, n. 241.

Il credito IVA infrannuale può essere richiesto a rimborso:

  • dai contribuenti che esercitano esclusivamente o prevalentemente attività che comportano operazioni soggette a imposta con aliquote inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni;
  • dai contribuenti che effettuano operazioni non imponibili (artt. 88-bis e 9 del D.P.R. n. 633/1972) per un ammontare superiore al 25% del totale complessivo di tutte le operazioni effettuate;
  • dai contribuenti che hanno effettuato nel trimestre acquisti e importazioni di beni ammortizzabili per un ammontare superiore ai 2/3 del totale degli acquisti e delle importazioni imponibili;
  • dai soggetti non residenti e senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, identificati direttamente (art. 35-ter del D.P.R. n. 633/1972) o che hanno nominato un rappresentante residente nel territorio dello Stato;
  • dai soggetti che effettuano in un trimestre solare, nei confronti di soggetti passivi non stabiliti in Italia, operazioni attive per un importo superiore al 50% di tutte le operazioni effettuate, riferite alle seguenti attività: prestazioni di lavorazione relative a beni mobili materiali; prestazioni di trasporto di beni e relative prestazioni di intermediazione; prestazioni di servizi accessori ai trasporti di beni e relative prestazioni di intermediazione; prestazioni indicate nell’art. 19, comma 3, lett. a-bis del D.P.R. n. 633/1972 (art. 8 della Legge comunitaria n. 217/2011).
Ai sensi dell’art. 8 del Dpr n. 542/1999, il modello è presentato entro l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento.

Se i termini cadono di sabato o in un giorno festivo sono prorogati al primo giorno lavorativo successivo (art. 7, comma 1, lett. h del Dl. n. 70/2011).
 
 

Periodo di riferimento 2023 Termine di presentazione
I trimestre 2 maggio (il 30 aprile cadeva di domenica)
II trimestre 31 luglio
III trimestre 31 ottobre

Il credito relativo al quarto trimestre può essere chiesto a rimborso o in compensazione esclusivamente nell’ambito della dichiarazione annuale.

(MF/ms)
 




Istat giugno 2023

Comunichiamo che l’indice Istat di giugno 2023, necessario per l’aggiornamento dei canoni di locazione è pari a + 6,0% (variazione annuale) e a + 14,3% (variazione biennale).
 
Entrambi gli indici considerati nella misura del 75% diventano rispettivamente + 4,5% e + 10,725%.
 
(MP/ms)