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Fedex: integrazione accordo spedizioni estero

Convezione per trasporti e spedizioni a favore delle Aziende associate a Confapi Lecco Sondrio.
 
Ad integrazione della Convenzione sottoscritta con TNT Global Express SrlFEDEX relativa al servizio di consegna corrispondenza e piccoli pacchi in Italia e all’Estero segnaliamo un nuovo accordo sottoscritto con FEDEX per garantire anche un servizio di spedizioni di grandi volumi all’estero.
 
Alleghiamo il nuovo LISTINO, competitivo rispetto alle quotazioni ottenibili singolarmente.
 
 Ai costi esposti dovranno essere aggiunti i ns Diritti segreteria, pari ad euro 4,50
 
 
Modalità di utilizzo del servizio
 
Chi fosse interessato al servizio è pregato contattare Apiservizi Srl
Similmente all’attuale utilizzo di TNT ad ogni Azienda verrà assegnata una password personale con la quale accedere al sito internet www.fedex.com  per le prenotazioni dei ritiri e dove trovare tutte le info e condizioni generali relative alle spedizioni
(prezzo finale in tempo reale con carburante alla presa, quotazioni al momento per spedizioni con peso superiore a 68 kg, quotazioni last minute per alcune destinazioni e quindi ancor più scontate rispetto al listino)
 
Apiservizi Srl riceverà direttamente da FEDEX la fattura relativa alle spedizioni effettuate, e quindi fatturerà con periodicità quindicinale le spedizioni del mese ed ogni altra eventuale spesa accessoria alle aziende che avranno usufruito del servizio
 
 
A supporto è attivo il SERVIZIO CLIENTI:
  • telefonando al n. 02.92172660
  • scrivendo a italy@fedex.com
  • utilizzando la chat
  • alleghiamo brochure esplicativa



Bonus investimenti 4.0: chiarimenti in merito alle comunicazioni necessarie per l’utilizzo dei crediti d’imposta

In merito alle comunicazioni necessarie per l’utilizzo dei crediti d’imposta 4.0 e R&S alla luce dell’art. 6 del DL 39/2024 e del DM 24 aprile 2024, sul sito del GSE sono state rese disponibili, oltre alla specifica guida all’utilizzo del Portale Transizione 4.0, alcune FAQ relative alla compilazione dei moduli, l’ultima delle quali datata 17 giugno 2024.

Inoltre l’Agenzia delle Entrate, con una FAQ pubblicata il 19 giugno, nella specifica sezione del proprio sito internet, ha fornito chiarimenti in merito alle ricevute di versamento a seguito della presentazione dei modelli F24.

modelli di comunicazione per compensare i crediti di imposta per gli investimenti del piano 4.0 sono due.

Il Modulo 1, relativo agli investimenti in beni strumentali nuovi, funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese (art. 1 commi 1057-bis – 1058-bis della L. 178/2020), va trasmesso:

  • per gli investimenti da effettuarsi a partire dal 30 marzo 2024 in maniera preventiva.
      Lo stesso modello va trasmesso a completamento degli investimenti per aggiornare le informazioni comunicate in via preventiva (in tal caso, stando alla guida del GSE, occorre indicare, all’interno del campo “Pratica preventiva associata”, il codice della comunicazione preventiva                                  precedentemente inviata);
  • per gli investimenti effettuati a partire dal 1° gennaio 2023 e fino al 29 marzo 2024, esclusivamente a seguito del completamento degli investimenti (per gli investimenti relativi al 2023, la comunicazione deve essere presentata ai fini dell’utilizzo in compensazione dei crediti maturati ma non ancora fruiti).
Il Modulo 2, relativo agli investimenti in attività di ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, design e ideazione estetica, va trasmesso:
  • per gli investimenti da effettuarsi a partire dal 30 marzo 2024 in maniera preventiva. 
       Lo stesso modulo va trasmesso a completamento degli investimenti per aggiornare le informazioni comunicate in via preventiva (in tal caso, stando alla guida del GSE, occorre indicare, all’interno del campo “Pratica preventiva associata”, il codice della comunicazione preventiva                                   precedentemente inviata);
  • per gli investimenti effettuati a partire dal 1° gennaio 2024 e fino al 29 marzo 2024, va trasmesso esclusivamente a seguito del completamento degli investimenti.
Dalle ore 10:00 del 18 maggio 2024, si ricorda, tali moduli devono essere inviati esclusivamente tramite il portale dedicato “Transizione 4.0 – Accedi ai questionari”, accessibile dalla home page dell’Area Clienti del sito GSE.

L’operatore per il quale viene effettuato l’invio dei moduli deve essere preventivamente registrato in Area Clienti.

In caso di nuova registrazione è necessario attendere l’aggiornamento del sistema e accedere al portale dedicato dopo qualche minuto.

In fase di registrazione, se non si trova una tipologia di operatore idonea, è possibile indicare “Operatore credito d’imposta – Transizione 4.0”.

A termine della procedura tramite portale, è possibile scaricare la ricevuta di avvenuto invio, cliccando sul tasto “Scarica ricevuta SIAD”.

Il GSE ha quindi precisato che i moduli già inviati via PEC, come da procedura valida fino alla mezzanotte del 17 maggio 2024, non devono essere trasmessi nuovamente tramite il portale.

‎Per avere conferma dell’avvenuta ricezione della PEC da parte del GSE, occorre verificare se è disponibile sulla propria casella di posta la “ricevuta di avvenuta consegna”.

Con riferimento ai dati acquisiti in relazione agli investimenti 4.0, viene chiarito che il GSE effettua esclusivamente verifiche di natura formale, provvedendo poi all’invio periodico dei dati alle Amministrazioni competenti, che procederanno con le azioni di carattere valutativo e/o fiscale.

Le ricevute di versamento degli F24 sono al momento sospese

L’Agenzia delle Entrate, con una specifica FAQ pubblicata il 19 giugno, ha inoltre fornito chiarimenti in merito alla mancanza delle ricevute di versamento relative ai modelli F24 relativi all’utilizzo dei crediti d’imposta a seguito dell’avvenuta presentazione delle comunicazioni richieste.

In particolare, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che, tenuto conto dei tempi tecnici di elaborazione delle comunicazioni da parte del GSE e del successivo invio all’Amministrazione finanziaria, per evitare di scartare i modelli F24 per assenza di comunicazioni già inviate dall’impresa al GSE ma non ancora trasmesse da quest’ultimo all’Agenzia delle Entrate, a partire dalla scadenza del 17 giugno 2024 si è proceduto a sospendere il rilascio delle ricevute dei modelli F24 (nei quali sono esposti a credito i codici tributo relativi ai crediti “Transizione 4.0”) per 30 giorni, in attesa di ricevere le informazioni su tutte le comunicazioni inviate fino al 17 giugno stesso.

In tale periodo, l’Agenzia delle Entrate verifica periodicamente se l’informazione proveniente dal GSE sia stata acquisita e, in caso positivo, sblocca la delega F24 mantenendo salva la data del versamento.

In assenza di riscontri positivi nei 30 giorni, invece, la delega F24 sarà scartata.
 

(MF/ms)




Scadenza imminente per la dichiarazione Imu per l’anno 2023

Entro lunedì 1° luglio 2024 va presentata le dichiarazioni IMU per l’anno 2023 (il termine ordinario del 30 giugno cade di domenica).

Per la generalità dei soggetti passivi, la dichiarazione va presentata, qualora dovuta, utilizzando il modello IMU/IMPi, secondo quanto prescritto dall’art. 1 comma 769 della L. 160/2019.

In deroga alle disposizioni “ordinarie”, il successivo comma 770 prevede regole specifiche per la dichiarazione IMU degli enti non commerciali che possiedono almeno un immobile esente, in quanto utilizzato per lo svolgimento, con modalità non commerciali, delle proprie attività istituzionali, ex art. 1 comma 759 lett. g) della L. 160/2019.

Tali enti devono adottare un apposito modello dichiarativo (modello IMU ENC), da presentare ogni anno.

Già per le dichiarazioni riferite all’anno 2023, occorre adottare i nuovi modelli dichiarativi IMU/IMPi e IMU ENC approvati con il DM 24 aprile 2024.

In vista della scadenza del 1° luglio, può essere utile riassumere la disciplina degli obblighi dichiarativi per l’IMU.

La dichiarazione IMU “ordinaria” (modello IMU/IMPi) va presentata entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di riferimento.

È obbligatorio presentare la dichiarazione “ordinaria” solo se nell’anno oggetto di dichiarazione si sono verificate delle circostanze che hanno determinato un differente importo dell’IMU dovuta, e tali circostanze non sono autonomamente conoscibili dal Comune (ad esempio, mediante consultazione catastale).

Nelle istruzioni al modello dichiarativo IMU/IMPi ex DM 24 aprile 2024 vengono peraltro elencate le circostanze che devono obbligatoriamente essere oggetto di dichiarazione.

Vanno dichiarate, tra l’altro, l’acquisto o la perdita dei requisiti per l’esenzione dall’IMU o la riduzione della base imponibile. 

A tal proposito, richiamando l’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità (si veda, tra le altre, Cass. 21 dicembre 2022 n. 37385), le istruzioni alle dichiarazioni IMU/IMPi e IMU ENC precisano che, al di là di un’espressa previsione di decadenza, il mancato adempimento dell’obbligo dichiarativo determina, in via generale, per tutti i casi in cui è previsto detto onere, la decadenza dall’agevolazione riconosciuta ex lege.

La dichiarazione IMU/IMPi può essere trasmessa alternativamente in forma cartacea (con consegna a mano al Comune destinatario, oppure invio con raccomandata o a mezzo PEC) o con modalità telematica (utilizzando i servizi telematici Entratel o Fisconline, secondo le specifiche tecniche allegate al DM 24 aprile 2024, direttamente dal contribuente oppure da un soggetto abilitato incaricato ex art. 3 comma 3 del DPR 322/98).

Se, tuttavia, la dichiarazione IMU “ordinaria” riguarda l’esenzione per gli immobili occupati abusivamente da terzi ex art. 1 comma 759 lett. g-bis) della L. 160/2019, questa va trasmessa obbligatoriamente con modalità telematica.

Per quanto riguarda, invece, la dichiarazione IMU ENC, si ribadisce anzitutto che tale modello va adottato dai soli enti non commerciali che possiedono, nel Comune di riferimento, almeno un immobile esente, in quanto impiegato per lo svolgimento:

  • con modalità non commerciali (da riscontrare applicando i criteri degli artt. 3 e 4 del DM 200/2012);
  • delle attività istituzionali ex art. 7 comma 1 lett. i) del DLgs. 504/92 (ossia delle attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive, religiose e di culto ex art. 16 lett. a) della L. 222/85).
Per la verifica dei requisiti per tale esenzione (e degli obblighi dichiarativi che ne derivano), vanno tenute in considerazione anche le norme di interpretazione autentica recate dall’art. 1 comma 71 della L. 213/2023 per gli immobili concessi in comodato ad altro ente non commerciale o temporaneamente inutilizzati.

Anche gli enti non commerciali che possiedono un immobile a “utilizzo misto” (poiché impiegato solo in parte per lo svolgimento delle attività istituzionali con modalità non commerciali) devono presentare la dichiarazione IMU ENC (tali immobili godono di un’esenzione parziale, secondo il criterio proporzionale di cui all’art. 5 del DM 200/2012).

Gli enti non commerciali tenuti a presentare la dichiarazione IMU ENC devono indicare nella dichiarazione tutti gli immobili che possiedono nel Comune di riferimento (e non soltanto quelli esenti in quanto impiegati per le proprie attività istituzionali).

Dichiarazione IMU ENC da presentare ogni anno

A differenza della dichiarazione “ordinaria”, la dichiarazione IMU ENC va presentata ogni anno (indipendentemente da variazioni che influiscano sulla determinazione dell’IMU dovuta), entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello oggetto della dichiarazione.

La dichiarazione IMU ENC va presentata esclusivamente con modalità telematica.
 

(MF/ms)




Regolarizzazione dei magazzini: ulteriori chiarimenti

Con il DM 24 giugno 2024, pubblicato il 24 giugno sul proprio sito, il Ministero dell’Economia e delle finanze ha approvato i coefficienti di maggiorazione necessari per determinare le imposte dovute nel caso in cui si intenda procedere all’adeguamento delle esistenze iniziali di magazzino ai sensi dell’art. 1 commi 78-85 della L. 213/2023 (legge di bilancio 2024).

Come disposto dalla norma primaria, sono stati previsti coefficienti specifici per ogni attività, individuati sulla base dei codici ATECO, distinti in tre diverse tabelle a seconda che il contribuente abbia svolto attività economiche per le quali sono stati approvati, o meno, gli ISA e abbia dichiarato ricavi di importo superiore, o meno, a 5.164.569 euro.

La regolarizzazione riguarda il periodo d’imposta in corso al 30 settembre 2023 (e, quindi, il 2023 per i soggetti “solari”).

Sotto il profilo soggettivo, la disposizione è rivolta agli esercenti attività d’impresa che non adottano i principi contabili internazionali e, quindi, in buona sostanza, agli OIC adopter. Sono, di fatto, escluse le imprese in contabilità semplificata, posta l’impossibilità di avvalersi della regolarizzazione.

Infatti, per tali soggetti, i costi di acquisto delle merci rilevano nel periodo d’imposta in cui è effettuato il pagamento.

Per quanto concerne l’ambito oggettivo, l’adeguamento riguarda i beni di cui all’art. 92 del TUIR. Si tratta, quindi, delle rimanenze:

  • dei beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa (art. 85 comma 1 lett. a) del TUIR);
  • delle materie prime e sussidiarie, dei semilavorati e degli altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione (art. 85 comma 1 lett. b) del TUIR).
Sono, invece, escluse le rimanenze relative:
  • alle commesse infrannuali (cioè, di durata inferiore ai 12 mesi), ancora in corso di esecuzione al termine dell’esercizio, valutate in base alle spese sostenute (ex art. 92 comma 6 del TUIR);
  • alle opere, forniture e servizi pattuiti come oggetto unitario e con tempo di esecuzione ultrannuale, valutate in base all’art. 93 del TUIR.
Operativamente, l’adeguamento delle esistenze iniziali di magazzino può avvenire tramite:
  • l’eliminazione delle esistenze iniziali di quantità o valori superiori a quelli effettivi;
  • l’iscrizione delle esistenze iniziali in precedenza omesse.
Si ritiene che l’adeguamento possa riguardare contemporaneamente ipotesi di eliminazione e di iscrizione di esistenze iniziali (cfr. la C.M. n. 115/2000, emanata in occasione dell’analoga disposizione prevista dall’art. 7 commi 9-14 della L. 488/99, che sul punto si ritiene ancora attuale).

Nel caso dell’eliminazione di esistenze iniziali di quantità o di valori superiori a quelli effettivi, occorre provvedere al versamento:

  • dell’IVA;
  • di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, dell’IRES e dell’IRAP.
Quanto al primo punto, l’IVA è determinata applicando l’aliquota media riferibile all’anno 2023 all’ammontare che si ottiene moltiplicando il valore eliminato per il coefficiente di maggiorazione relativo alla specifica attività esercitata, come definiti dal provvedimento approvato.

L’aliquota media IVA è ottenuta – tenendo conto dell’esistenza di operazioni non soggette a imposta ovvero soggette a regimi speciali – dal rapporto tra:

  • l’IVA, relativa alle operazioni, diminuita di quella relativa alla cessione di beni ammortizzabili;
  • il volume d’affari.
L’aliquota dell’imposta sostitutiva è, invece, stabilita al 18%, da applicare sulla differenza tra:
  • il valore eliminato moltiplicato per il suddetto coefficiente di maggiorazione (in pratica, l’ammontare dell’imponibile ai fini dell’IVA come sopra determinato);
  • il valore del bene eliminato.
Se si procede all’iscrizione di esistenze iniziali in precedenza omesse, il contribuente deve provvedere al pagamento della sola imposta sostitutiva del 18%, da calcolare sul valore iscritto. Di fatto, tale modalità di adeguamento è stata l’unica sinora realizzabile, anche in assenza del DM attuativo.

Si consideri una srl “solare” con codice ATECO 47.21 “Commercio al dettaglio di frutta e verdura in esercizi specializzati”, soggetta agli ISA e con ricavi di importo non superiore a 5.164.569 euro che, nel bilancio dell’esercizio 2022, ha esposto rimanenze finali di materie prime pari a 50.000 euro, le quali al 1° gennaio 2023 vengono adeguate a un valore di 40.000 euro, stornando l’eccedenza di 10.000 euro.

Ipotizzando un’aliquota media IVA riferibile al 2023 del 20% e assumendo il coefficiente di maggiorazione proprio dell’attività esercitata dalla srl definito dal DM in commento (1,3):

  • l’IVA dovuta per la regolarizzazione ammonta a 2.600 euro (20% × 10.000 × 1,3);
  • l’imposta sostitutiva dell’IRPEF, dell’IRES e dell’IRAP ammonta a 540 euro [18% × (10.000 × 1,3 – 10.000).
I dati relativi all’adeguamento devono essere indicati nella sezione XXVII del quadro RQ del modello REDDITI SC 2024.
 

(MF/ms)




Adeguamento esistenze iniziali di beni: definiti i relativi codici tributo

L’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 30, del 17 giugno 2024, ha fornito i codici tributo per procedere all’adeguamento delle esistenze iniziali dei beni come previsto dalla Legge di Bilancio 2024 – art. 1, comma 78, Legge n. 213/2023.

Va ricordato che i commi da 78 a 85, dell’art. 1, della Legge di Bilancio 2024, dispongono circa l’adeguamento delle esistenze fiscali, per gli esercenti attività di impresa, che non adottano i principi contabili internazionali per la redazione del bilancio d’esercizio.

L’adeguamento, relativo al solo periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023, può essere effettuato mediante eliminazione delle esistenze iniziali di quantità o valori superiori rispetto a quelli effettivi o mediante l’iscrizione delle esistenze iniziali precedentemente omesse.

A seconda che venga effettuato tramite l’eliminazione o l’iscrizione di valori, dà luogo al pagamento di diverse imposte, non rilevando, in ogni caso, a fini sanzionatori di alcun genere.

La risoluzione delle Entrate fornisce i nuovi codici tributo da indicare nel modello F24 per versare le somme dovute in seguito all’adeguamento delle rimanenze di magazzino:

  • “1732” denominato “Adeguamento per eliminazione delle esistenze iniziali dei beni – IVA – art. 1, comma 80, lettera a), della Legge 30 dicembre 2023, n. 213”
  • “1733” denominato “Adeguamento per eliminazione delle esistenze iniziali dei beni – Imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e IRAP – art. 1, comma 80, lettera b), della Legge 30 dicembre 2023, n. 213”
  • “1734” denominato “Adeguamento per esistenze iniziali omesse dei beni – Imposta sostitutiva delle Imposte sui redditi e IRAP – art. 1, comma 81, della Legge 30 dicembre 2023, n. 213”
  • “1735” denominato “Adeguamento per eliminazione delle esistenze iniziali dei beni – Imposta sostitutiva IRES e IRAP – art. 1, comma 80, lettera b), della Legge 30 dicembre 2023, n. 213”
  • “1736” denominato “Adeguamento per esistenze iniziali omesse dei beni – Imposta sostitutiva IRES e IRAP – art. 1, comma 81, della Legge 30 dicembre 2023, n. 213”.
In sede di compilazione del modello F24, i suddetti codici tributo sono esposti nella sezione “Erario”, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, con l’indicazione nel campo “Anno di riferimento”, dell’anno d’imposta cui si riferisce il versamento, espresso nel formato “AAAA”.

Il campo “rateazione/Regione/Prov./mese rif.” è valorizzato nel formato “NNRR”, dove “NN” rappresenta il numero della rata in pagamento (“01” in ipotesi di pagamento della prima rata e “02” in relazione al pagamento della seconda rata) e “RR” indica il numero complessivo delle rate (“02”).

(MF/ms)




Nota di variazione in aumento: termini per l’emissione

Successivamente all’emissione della fattura, può accadere che, per vari motivi, venga ad aumentare l’ammontare imponibile o quello dell’IVA dell’operazione documentata.

In tale circostanza, il soggetto passivo è obbligato all’emissione della nota di variazione in aumento ai sensi dell’art. 26 comma 1 del DPR 633/72.

La norma, tuttavia, non fornisce indicazioni sul momento a decorrere dal quale il documento deve essere emesso, né sul termine entro cui ne è richiesta l’emissione (si veda R.M. 11 marzo 1976 n. 502716).

Ciò nondimeno, essa fa esplicito rinvio alle disposizioni relative alla fatturazione di cui all’art. 21 del DPR 633/72, sicché l’eventuale termine deve essere individuato tenendo conto delle previsioni specifiche contenute in tale articolo (Cass. 9 novembre 2022 n. 33093).

Ne discende che per l’emissione della nota di variazione in aumento occorre sempre far riferimento alla data in cui si verifica l’evento che dà luogo all’obbligo di rettifica.

Sempre con riferimento ai termini di emissione, è necessario considerare le fattispecie che portano a eseguire la rettifica, operando una distinzione fra la natura “fisiologica” o “patologica” della circostanza che determina la variazione.

Nella prima categoria può essere annoverato, ad esempio, il caso in cui sia convenuto uno sconto, condizionato all’effettuazione del pagamento entro una precisa scadenza.

Nel presupposto che tale riduzione del prezzo sia riconosciuta in fattura, la base imponibile ai fini IVA (ex art. 13 del DPR 633/72), sarà determinata al netto del suddetto sconto, “atteso che l’importo che così ne risulta costituisce l’effettivo corrispettivo della cessione o della prestazione convenuto tra le parti” (R.M. 30 giugno 1975 n. 501171).

Qualora i termini di pagamento non vengano rispettati, e, pertanto, non si verifichi la condizione per beneficiare dello sconto, il cedente o prestatore sarà tenuto a emettere una nota di variazione in aumento ex art. 26 comma 1 del DPR 633/72, in ragione dell’incremento della base imponibile (cfr. ancora R.M. n. 501171/75).

In linea generale le situazioni “fisiologiche” sono tipiche delle circostanze in cui le parti subordinano “l’efficacia o la risoluzione del contratto o di un singolo patto a un avvenimento futuro e incerto” (art. 1353 c.c.).

Si pensi, sempre a titolo esemplificativo, all’eventualità che la base imponibile delle merci vendute sia correlata alla quotazione delle materie prime nel trimestre di consegna dei beni. Posto che verosimilmente il prezzo originariamente fatturato avrà subito oscillazioni, un andamento crescente renderebbe necessaria una variazione in aumento da operare nel momento in cui sono noti i valori effettivi.

In circostanze come quelle appena rappresentate la nota, analogamente a quanto avviene per la fattura, va emessa nel rispetto dei termini previsti dall’art. 21 comma 4 del DPR 633/72, ossia entro 12 giorni dal verificarsi della condizione che ha dato origine alla variazione.

È differente, invece l’ipotesi in cui l’obbligo di operare la variazione in aumento discenda da cause “patologiche” come la non corretta definizione della base imponibile o dell’imposta nella fattura originaria.

L’Amministrazione finanziaria chiarì in passato che l’art. 26 comma 1 del DPR 633/72 “non stabilisce alcun termine per l’effettuazione della suesposta procedura di variazione” (R.M. n. 502716/76); il cedente o prestatore può, quindi, procedere alla regolarizzazione della propria posizione sine die. In circostanze simili, tuttavia, indipendentemente dal termine di emissione, si sarebbe comunque già perfezionata la sanzione di cui all’art. 6 comma 1 del DLgs. 471/97 (attualmente pari a un importo dal 90% al 180% dell’imposta non correttamente documentata).

Anche in questo caso può essere utile un esempio.

Si pensi al soggetto passivo che abbia erroneamente ritenuto che l’operazione effettuata possedesse i requisiti per beneficiare di una delle esenzioni di cui all’art. 10 del DPR 633/72. La cessione di beni – o la prestazione di servizi – sin dall’origine avrebbe dovuto essere considerata imponibile.

Pertanto, ferma restando la necessità di effettuare una variazione dell’imposta ai sensi dell’art. 26 comma 1, l’emissione del documento e la sua annotazione non saranno sufficienti ad escludere l’applicazione della sanzione.

Secondo i giudici di legittimità, infatti, il comportamento del soggetto passivo, “che ha emesso fatture senza addebito di Iva, si traduce, inevitabilmente, in un effetto incidente sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e del conseguente versamento del tributo, non avendo la stessa adempiuto all’onere di provvedere al pagamento dell’Iva che avrebbe dovuto addebitare e conseguentemente versare in favore dell’erario nei tempi dovuti” (si veda ancora Cass. 9 novembre 2002 n. 33093). 
 

(MF/ms)




Cambiavalute maggio 2024

Art. I

Agli effetti delle norme dei titoli I e II del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, che vi fanno riferimento, le medie dei cambi delle valute estere calcolati a titolo indicativo dalla Banca d’Italia sulla base delle quotazioni di mercato sono accertate per il mese di maggio 2024 come segue:

 

  Per 1 Euro
Dinaro Algerino 145,3621
Peso Argentino 958,1051
Dollaro Australiano 1,6317
Real Brasiliano 5,5529
Dollaro Canadese 1,478
Corona Ceca 24,8185
Renminbi (Yuan)Cina Repubblica Popolare 7,8206
Corona Danese 7,4606
Yen Giapponese 168,5364
Rupia Indiana 90,1573
Corona Norvegese 11,5988
Dollaro Neozelandese 1,7819
Zloty Polacco 4,2796
Sterlina Gran Bretagna 0,85564
Nuovo Leu Rumeno 4,9754
Rublo Russo 0
Dollaro USA 1,0812
Rand (Sud Africa) 19,9079
Corona Svedese 11,6186
Franco Svizzero 0,983
Dinaro Tunisino 3,3762
Hryvnia Ucraina 43,0299
Forint Ungherese 387,1827
 

 
Sul sito dell’Agenzia delle Entrate, al seguente link, cambi di maggio, sono a disposizione i dati sui cambi relativi alle restanti valute riportate nel decreto in oggetto.

(MP/ms)
 




Istat maggio 2024

Comunichiamo che l’indice Istat di maggio 2024, necessario per l’aggiornamento dei canoni di locazione è pari a + 0,8 % (variazione annuale) e a + 8,0 % (variazione biennale).
 
Entrambi gli indici considerati nella misura del 75% diventano rispettivamente + 0,6 % e + 6,0%.

(MP/ms)
 




L’invio telematico della Certificazione Unica oltre i termini ordinari è ravvedibile

L’invio telematico della Certificazione Unica oltre i termini ordinari è ravvedibile, così come l’invio di una nuova certificazione corretta in caso di errore: questa è una delle novità contenute nella circolare dell’Agenzia Entrate del 31 maggio 2024 n. 12, che supera espressamente un precedente orientamento di prassi.

La tardiva trasmissione telematica delle Certificazioni Uniche, o l’invio di nuove certificazioni per correggere quelle errate, comporta infatti, ai sensi dell’art. 4 comma 6-quinquies del DPR 322/98, l’applicazione di una sanzione di 100 euro per ogni certificazione:

  • senza possibilità, in caso di violazioni plurime, di applicare il cumulo giuridico ex art. 12 del DLgs. 472/97;
  • con un massimo di 50.000 euro per sostituto d’imposta.
    Tuttavia, se la Certificazione è correttamente trasmessa entro 60 giorni dalla scadenza, la sanzione è ridotta a un terzo (la sanzione di 100 euro è quindi ridotta a 33,33 euro), con un massimo di 20.000 euro.

Secondo la precedente circolare dell’Agenzia delle Entrate del 19 febbraio 2015 n. 6, § 2.6, il ravvedimento operoso si riteneva in questi casi non ammissibile in quanto “la tempistica prevista per l’invio delle certificazioni uniche (7 marzo [ora 16 marzo, ndr]) e il loro utilizzo per l’elaborazione della dichiarazione precompilata, che deve essere resa disponibile ai contribuenti entro il 15 aprile (ora 30 aprile, ndr), non sono compatibili con i tempi normativamente previsti per il ravvedimento”.

Tuttavia, questo chiarimento poteva dirsi superato già dalla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate del 23 maggio 2022 n. 22, in base alla quale il ravvedimento è possibile per le violazioni riguardanti la trasmissione al Sistema tessera sanitaria dei dati relativi alle spese sanitarie.

Poteva infatti dedursene che se era possibile ravvedersi in ordine a violazioni riferite all’invio di dati al Sistema TS, anch’essi funzionali ai fini della predisposizione della dichiarazione precompilata, la stessa considerazione poteva espletarsi in ordine alla trasmissione delle Certificazioni Uniche.

Con la circ. n. 12/2024 l’Agenzia delle Entrate stabilisce ora espressamente che “è ammissibile ricorrere all’istituto del ravvedimento operoso laddove l’invio della CU venga effettuato oltre i termini ordinariamente previsti”.

Sicché, se il sostituto d’imposta trasmette all’Agenzia delle Entrate e rilascia al percipiente una CU tardiva o rettificativa, il contribuente potrà esibirla al CAF o al professionista abilitato affinché quest’ultimo ne tenga conto ai fini della predisposizione o dell’eventuale rettifica della dichiarazione dei redditi.

La regolarizzazione mediante ravvedimento operoso ai sensi dell’art. 13 del DLgs. 472/97 delle Certificazioni Uniche potrà avvenire senza limitazioni temporali, sempreché non vi sia l’atto di contestazione della sanzione ex art. 16 del DLgs. 472/97 ed entro la notifica del medesimo.

Si consideri, peraltro, che in tale ipotesi e in caso di violazioni plurime, non opera il cumulo giuridico (art. 4 comma 6-quinquies del DPR 322/98).

Esemplificando, nel sistema attualmente in vigore se la certificazione è correttamente trasmessa entro 60 giorni dalla scadenza, la sanzione di 100 euro è ridotta a un terzo, quindi a 33,33 euro (100/3), con un massimo di 20.000 euro.

Ai fini del ravvedimento, sull’importo ordinariamente ridotto a un terzo operano, poi, le riduzioni della sanzione da 1/9 del minimo a 1/5 del minimo ex art. 13 comma 1 del DLgs. 472/97, quindi se il ravvedimento viene posto in essere:

  • entro 90 giorni dalla violazione, si applica la sanzione ridotta a 1/9, pari a 3,70 euro (33,33/9) per ogni Certificazione;
  • oltre 90 giorni dalla violazione ma entro il termine di presentazione del modello 770, si applica la sanzione ridotta a 1/8, pari a 4,17 euro (33,33/8) per ogni Certificazione;
  • entro il termine di presentazione del modello 770 dell’anno successivo, si applica la sanzione ridotta a 1/7, pari a 4,76 euro (33,33/7) per ogni Certificazione;
  • oltre il termine di presentazione del modello 770 dell’anno successivo, si applica la sanzione ridotta a 1/6, pari a 5,56 euro (33,33/6) per ogni Certificazione;
  • dopo la consegna del PVC, si applica la sanzione ridotta a 1/5, pari a 6,67 euro (33,33/5) per ogni Certificazione.

Ravvedimento possibile fino all’atto di contestazione

Naturalmente, se la Certificazione Unica è trasmessa decorsi 60 giorni dal termine, ai fini del ravvedimento occorre presentare la CU omessa (o ripresentarla emendata degli errori) e pagare la sanzione “piena” di 100 euro ridotta da 1/9 a 1/5, a seconda di quando avviene il ravvedimento.

Rammentiamo che le percentuali di riduzione delle sanzioni derivanti dal ravvedimento operoso saranno modificate dal prossimo DLgs. di riforma delle sanzioni (approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri il 24 maggio 2024), a decorrere dalle violazioni commesse dal 1° settembre 2024.

Non essendoci il recupero d’imposta non è necessario pagare interessi, in base all’art. 2 del DLgs. 472/97.
 
(MF/ms)




Applicazione imposta di bollo

Con la risposta a interpello n. 129, pubblicata il 5 giungo, l’Agenzia delle Entrate si occupa dell’applicazione dell’imposta di bollo alla quietanza relativa alle fatture, soggette a bollo in quanto esenti da IVA, emesse nei confronti di soggetti pubblici. 

In particolare, l’istante spiegava all’Agenzia delle Entrate di emettere fatture esenti da IVA nei confronti di soggetti pubblici, alcuni dei quali aventi natura di “Amministrazioni dello Stato”.

Tali fatture, essendo esenti da IVA, risultano soggette all’obbligo di pagamento dell’imposta di bollo ai sensi dell’art. 6 della Tabella B, allegata al DPR 642/72 (principio di alternatività IVA-bollo) ma, trattandosi di fatture emesse “nei rapporti con lo Stato”, il tributo resta a carico dell’istante a norma dell’art. 8 del DPR 642/72.

In questo contesto, l’istante chiede, quindi, se la quietanza, rilasciata “con apposito documento, distinto dalla fattura già assoggettata” al bollo possa usufruire dell’esenzione prevista dalla Nota 2, lett. b) all’art. 13 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 642/72. 

Nel rispondere, l’Agenzia delle Entrate ricorda che la quietanza è un diritto del debitore, sancito dall’art. 1199 c.c., ove dispone che il “creditore che riceve il pagamento deve, a richiesta e a spese del debitore, rilasciare quietanza e farne annotazione sul titolo, se questo non è restituito al debitore”.

Passando, quindi, agli aspetti fiscali, l’Amministrazione rileva che, ai sensi dell’art. 13 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 642/72, in linea di principio, è dovuta l’imposta di bollo di 2 euro (per ogni esemplare):

  • non solo sulle “Fatture, note, conti e simili documenti, recanti addebitamenti o accreditamenti, anche non sottoscritti ma spediti o consegnati tramite terzi”;
  • ma anche sulle “ricevute e quietanze rilasciate dal creditore, o da altri per suo conto, a liberazione totale o parziale di una obbligazione pecuniaria”.

Questa regola subisce, però, alcune eccezioni, individuate dalla Nota al medesimo art. 13, che esclude la debenza del bollo:

  • se la somma non supera 77,47 euro;
  • “per la quietanza o ricevuta apposta sui documenti già assoggettati all’imposta di bollo o esenti”.

Ciò significa – spiega l’Agenzia, citando anche la precedente risposta 5 febbraio 2020 n. 21 – che, se la quietanza si sostanzia in un documento distinto dalla fattura che ha già scontato l’imposta di bollo, risulta a sua volta assoggettata al tributo, in quanto non opera l’esclusione prevista dalla lett. b) della Nota 2 al citato art. 13.

Applicando questi principi al caso di specie, l’Agenzia conclude che le quietanze relative alle fatture soggette a imposta di bollo sono soggette alla normale imposta di bollo di 2 euro se contenute in un atto separato dalla fattura, in quanto l’esenzione prevista dalla nota 2 b) all’art. 13 comma 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 642/72 riguarda solo le quietanze “apposte su documenti già assoggettati all’imposta di bollo o esenti”.

Nel caso di specie, poi, posto che si tratta di fatture emesse nei confronti di un soggetto che riveste la natura di Amministrazione statale, l’imposta, a norma dell’art. 8 del DPR 642/72 resta a carico della parte non statale e, quindi, nel caso di specie, dell’instante.

L’Agenzia, infine, si sofferma sulle modalità di assolvimento dell’imposta di bollo, ricordando che il tributo di 2 euro sulle quietanze può essere corrisposto (art. 3 del DPR 642/72):

  • mediante pagamento dell’imposta ad intermediario convenzionato con l’Agenzia delle Entrate, che rilascia l’apposito contrassegno telematico;
  • in modo virtuale, “mediante pagamento dell’imposta all’ufficio dell’Agenzia delle entrate o ad altri uffici autorizzati o mediante versamento in conto corrente postale”, dopo aver chiesto e ottenuto l’autorizzazione ad adottare tale modalità di versamento, seguendo le disposizioni dell’art. 15 del DPR 642/72.

 
(MF/ms)