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 “Collegato Lavoro” – Legge n. 203/2024: novità in materia di lavoro

La Legge n. 203/2024, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 28 dicembre 2024 ed entrata in vigore il 1° gennaio 2025, introduce importanti modifiche alla disciplina di diversi istituti riguardanti i rapporti di lavoro subordinato.
Di seguito viene fornita una sintesi delle principali disposizioni in materia di lavoro, accompagnata dalle indicazioni operative riportate nella nota dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) n. 9740 del 30 dicembre 2024.
  • Cassa integrazione: sospensione della prestazione (art. 6)
La disposizione, al comma 1, interviene sulla disciplina in materia di trattamenti di integrazione salariale prevedendo che, durante il periodo di integrazione salariale, il lavoratore che svolge attività di lavoro autonomo o subordinato non ha diritto al relativo trattamento per le giornate di lavoro effettuate presso un datore di lavoro diverso da quello che ha fatto ricorso alle misure di integrazione salariale, eliminando, al contempo, la precedente distinzione di trattamento sulla base della durata del rapporto di lavoro.
Inoltre, al comma 2, viene stabilito che il lavoratore decade dal diritto al trattamento di integrazione salariale nel caso in cui non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla sede territoriale INPS dello svolgimento di attività lavorativa presso altro datore di lavoro. Le comunicazioni a carico dei datori di lavoro di cui all’articolo 4- bis del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, cioè le agenzie di somministrazione quali imprese fornitrici di lavoro temporaneo, risultano dal testo normativo anch’esse utili al fine dell’assolvimento dell’obbligo di comunicazione di cui allo stesso comma 2.
  • Fondi di solidarietà bilaterali: modifiche alla relativa disciplina (art. 8)
La disposizione, interviene in materia di ammortizzatori sociali disponendo, per i fondi di solidarietà bilaterali costituiti successivamente al 1° maggio 2023, un’apposita disciplina per riservare ai suddetti fondi una quota di risorse finanziarie accumulate dal Fondo di Integrazione Salariale (cd. FIS), costituito presso l’INPS. Le modalità di trasferimento delle predette risorse dal FIS ai fondi di nuova costituzione vengono definite entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge con apposito decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze.
  • Somministrazione di lavoro: modifiche alla relativa disciplina (art. 10)
La disposizione prevede che, in materia di somministrazione di lavoro, l’assunzione da parte del somministratore di soggetti con contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato non rientri nel calcolo dei limiti di contingentamento percentuale massimi previsti per l’assunzione di lavoratori con contratto a tempo determinato ovvero con contratto di somministrazione a tempo determinato. Analogamente, allineandosi alla normativa sui contratti a tempo determinato, vengono esclusi dai suddetti limiti i lavoratori somministrati per nuove attività, startup innovative, attività stagionali, spettacoli, sostituzioni e lavoratori over 50, ai sensi dell’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 81/2015.
Viene, inoltre, soppresso il limite temporale del 30 giugno 2025 per l’impiego oltre i 24 mesi di lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato dall’agenzia per il lavoro che vengano inviati in missione a termine presso la medesima azienda utilizzatrice.
La norma dispone, altresì, che le c.d. causali dei contratti a termine di cui all’art. 19 del
d. lgs. n. 81/2015 non operino in caso di impiego in somministrazione di soggetti che godano da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e che rientrino tra le categorie di soggetti svantaggiati o molto svantaggiati. Si ricorda, infatti, che il citato art. 19 dispone che un contratto di lavoro a termine possa avere una durata superiore a 12 mesi, ma comunque non eccedente i 24 mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni: a) nei casi previsti dai contratti collettivi; b) in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti; b-bis) in sostituzione di altri lavoratori.
  • Stagionalità contrattuale: norma di interpretazione autentica (art. 11)
La disposizione fornisce una interpretazione autentica dell’art. 21, comma 2, del d. lgs. n. 81/2015, stabilendo che debbano rientrare nelle attività stagionali, oltre a quelle indicate dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 1525/1963, anche quelle organizzate per far fronte ad intensificazioni lavorative in determinati periodi dell’anno, nonché ad esigenze tecnico produttive o collegate ai cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati serviti dall’impresa, secondo quanto previsto dai suddetti CCNL. Occorre anche precisare come la suddetta disposizione sia dotata di natura retroattiva dando valore, dunque, alle negoziazioni intervenute sul tema anche prima della sua entrata in vigore (ad es. nella contrattazione del Turismo) purché stipulate dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative nella categoria, ai sensi dell’articolo 51 del decreto legislativo n. 81 del 2015.
  • Periodo di prova: durata nei contratti a tempo determinato (art. 13)
La disposizione specifica la tempistica della durata del periodo di prova nell’ambito del rapporto di lavoro a tempo determinato fissandola in un giorno di effettiva prestazione per ogni 15 giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro, fatte salve le disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva.
In ogni caso è previsto che la durata del periodo di prova non possa essere inferiore a due giorni né superiore a quindici giorni per i contratti con durata non superiore a sei mesi, e non possa essere inferiore a due giorni e superiore a trenta giorni per quelli con durata superiore a sei mesi e inferiori a dodici mesi.
  • Lavoro agile: termine per le comunicazioni obbligatorie (art. 14)
La disposizione fissa il termine entro cui il datore di lavoro deve comunicare, in via telematica, al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, i nominativi dei lavoratori e la data di inizio e di cessazione delle prestazioni di lavoro svolte in modalità agile (cd. smart working).
In particolare è previsto che il datore di lavoro debba provvedere alle comunicazioni obbligatorie entro cinque giorni dalla data di avvio del periodo in modalità agile, oppure entro i cinque giorni successivi alla data in cui si verifica l’evento modificativo della durata o della cessazione del suddetto periodo.
  • Dimissioni per “fatti concludenti”: risoluzione del rapporto di lavoro (art. 19)
La disposizione stabilisce che, in caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal CCNL o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a 15 giorni, (cd. “dimissioni per fatti concludenti”) il rapporto di lavoro si intenderà risolto per volontà del lavoratore stesso, salvo che questi dimostri l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustifichino la sua assenza.
Al riguardo si fa riserva di fornire indicazioni dettagliate con particolare riferimento alle attività poste in
capo agli Ispettorati territoriali del lavoro, i quali possono verificare la veridicità della comunicazione effettuata
dai datori di lavoro concernente l’assenza ingiustificata del lavoratore.
  • Conciliazioni: disposizioni sui procedimenti in materia di lavoro (art. 20)
La disposizione, senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica, introduce la possibilità di svolgimento dei procedimenti di conciliazione in materia di lavoro previsti dagli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, in modalità telematica e mediante collegamenti audiovisivi.
Con decreto del Ministro del lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro della Giustizia, da adottare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentiti l’Agenzia per l’Italia digitale e, limitatamente ai profili inerenti alla protezione dei dati personali, il Garante per la protezione dei dati personali, sono stabilite le regole tecniche per l’adozione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei suesposti procedimenti. Fino alla data di entrata in vigore del suddetto decreto, i procedimenti continueranno a svolgersi secondo le modalità vigenti.
 
L’area Relazioni Industriali si riserva di ritornare sull’argomento con successivi approfondimenti, che saranno resi disponibili non appena gli enti competenti forniranno i necessari chiarimenti normativi e le relative linee guida operative.
 
(FV/fv)
 



Codici Ateco: nuova riclassificazione dall’1 gennaio 2025, operativa da aprile

In vigore dal 1° gennaio 2025, la classificazione Ateco 2025.

Sostituirà l’attuale versione della classificazione Ateco 2007 – Aggiornamento 2022.

Per consentirne l’adozione da parte delle amministrazioni che la utilizzano, la nuova codifica sarà operativa dal 1° aprile 2025.

I codici Ateco 2025 dovranno essere utilizzati per tutti gli adempimenti non solo di natura statistica, ma anche di natura amministrativa e fiscale.

L’input è arrivato con il Regolamento delegato (Ue) 2023/137 della Commissione, del 10 ottobre 2022, di modifica del Regolamento (Ce) n. 1893/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e successiva rettifica 2024/90720.

Il codice in vigore dal prossimo anno, quindi, è in linea con la classificazione europea di riferimento NACE Rev. 2.1. 

Il processo decisionale di revisione della classificazione economica è stato avviato, a livello europeo, nel 2018 con la revisione della NACE Rev. 2.

A livello interno, invece, il processo di valutazione e aggiornamento è stato sostenuto dal Comitato inter-istituzionale per la definizione, l’implementazione e la gestione della nuova versione della classificazione delle attività economiche Ateco (Comitato ATECO), composto da esperti statistici, rappresentanti di istituzioni, enti amministrativi e organizzazioni imprenditoriali e coadiuvato da una rete di utenti esperti e stakeholder.

Per ottimizzare l’attività di semplificazione dell’azione amministrativa e di riduzione del carico informativo sugli utenti, il Comitato Ateco, in una logica di condivisione e coordinamento, l’Istat, il sistema camerale (Camere di commercio, Unioncamere e InfoCamere), dopo aver consultato il ministero delle Imprese e del Made in Italy e il sistema fiscale (Agenzia delle entrate e Sogei), quali enti responsabili di registri di unità economiche sia statistici che amministrativi, hanno concordato una strategia comune per l’implementazione operativa di Ateco 2025 nello svolgimento dei loro rispettivi compiti istituzionali.

A livello nazionale, nel rispetto della normativa europea, è stato stabilito che il codice diverrà operativo dal 1° aprile 2025.

L’Agenzia delle entrate metterà per tempo, a disposizione di tutti i contribuenti, la modulistica aggiornata alla luce della nuova classificazione per le diverse finalità, mentre l’Istat e il sistema camerale provvederanno al processo di ricodifica completa dei rispettivi registri di unità economiche.

Ogni ente sarà impegnato a realizzare le azioni di ricodifica all’interno dei rispettivi registri sulla base delle procedure e metodologie più appropriate per il raggiungimento delle peculiari finalità istituzionali.

Per semplificare il processo di transizione, è stata elaborata, tra l’altro, una tabella operativa di riclassificazione tra le due versioni Ateco 2007 – Aggiornamento 2022 e Ateco 2025 definita sinergicamente da Istat, il sistema camerale e l’Agenzia delle entrate. La tabella sarà disponibile a tutti gli utenti nei primi mesi del 2025 sul sito dell’Istat.

Imprese e liberi professionisti, dal 1° aprile potranno verificare ed eventualmente confermare o modificare le proposte di ricodifica utilizzando gli strumenti di seguito illustrati.

Adempimenti fiscali

In ambito fiscale, tutti gli operatori Iva dovranno utilizzare i codici attività indicati nella nuova classificazione Ateco 2025 negli atti e nelle dichiarazioni da presentare all’Agenzia delle entrate, salva diversa indicazione riportata nelle istruzioni dei modelli fiscali.

Come precisato dalla risoluzione n. 262/2008, l’adozione della riclassificazione non comporta l’obbligo di presentare la dichiarazione di variazione prevista dagli articoli 35 e 35-ter del decreto Iva. Tuttavia, Ateco 2025 introduce modifiche sia nella struttura dei codici che nei rispettivi titoli e contenuti.

Di conseguenza, nel caso in cui, il contribuente ritenesse necessario comunicare all’Agenzia delle entrate una nuova codifica che meglio rappresenta l’attività svolta, dovrà:

  • se iscritto nel Registro delle imprese delle Camere di commercio, effettuare la dichiarazione utilizzando la Comunicazione Unica (ComUnica) messa a disposizione da Unioncamere
  • se non iscritto al Registro delle imprese delle Camere di commercio, dovrà utilizzare uno dei modelli pubblicati sul sito internet dell’Agenzia delle entrate (modello AA7/10 per società, enti, associazioni, eccetera; modello AA9/12 per imprese individuali, lavoratori autonomi, artisti e professionisti, eccetera; modello AA5/6 per enti non commerciali, associazioni, eccetera; modello ANR/3 per l’identificazione diretta ai fini Iva di soggetto non residente).
Adempimenti statistici

Riguardo alle finalità statistiche di competenza dell’Istat, dal 1° aprile 2025 tutti gli utenti del Portale statistico delle Imprese “Statistica&Imprese” potranno verificare l’attività economica svolta, tramite l’accesso al link dedicato (https://imprese.istat.it/).

Superata la fase di autenticazione, un box in evidenza nella schermata di accesso al sistema consentirà la verifica della corretta riclassificazione avvenuta in Ateco 2025.

Attraverso le nuove funzionalità, l’utente potrà o confermare la proposta di riclassificazione oppure non confermare se ritenuta non adeguata. In tal caso, l’utente verrà indirizzato nella schermata Anagrafica dove potrà visionare l’attività economica prevalente svolta secondo la nuova classificazione Ateco 2025 (sia come codice sia come descrizione testuale) e potrà richiedere una modifica tramite il canale di segnalazione già presente nel portale.

Adempimenti presso il sistema camerale

Per gli adempimenti amministrativi, le Camere di commercio hanno sviluppato soluzioni ad hoc per attivare la nuova codifica nel Registro delle imprese.

La riclassificazione prenderà il via d’ufficio dal 1° aprile e le imprese interessate saranno informate dell’avvenuto aggiornamento tramite gli strumenti digitali messi a disposizione dalla propria Camera di commercio.

La visura camerale dell’impresa riporterà per un periodo transitorio sia i nuovi codici Ateco sia quelli precedenti.

La comunicazione dell’avvenuta riclassificazione e la visura aggiornata saranno disponibili gratuitamente tramite l’app impresa italia, scaricabile dai principali app store online. Sul sito impresa.italia.it sono disponibili i riferimenti agli store da cui è possibile scaricare l’app.

Dal sito Istat, ogni informazione sul nuovo codice

La struttura (codici e titoli) del “neonato” Ateco 2025 è consultabile su sito dell’Istat, nella sezione dedicata alla classificazione Ateco.

In tempo utile per l’operatività della nuova codifica, l’Istituto nazionale renderà progressivamente disponibili tutte le altre informazioni utili in merito ad Ateco 2025 e gli strumenti aggiornati per navigare all’interno della classificazione, ricercare o individuare il codice di un’attività economica attraverso la descrizione della stessa e consultare le tabelle di corrispondenza, teorica e operativa, tra la precedente e la nuova versione della classificazione.

Per chiarimenti sull’argomento è possibile contattare l’Istat esclusivamente scrivendo a atecoinfo@istat.it a partire dal 1° aprile 2025, mentre segnalazioni utili alle future attività di aggiornamento e revisione possono essere inviate a comitatoatecoistat@istat.it.

(MF/ms)




La detrazione dell’Iva per le fatture 2024 ricevute nel 2025

Le fatture emesse negli ultimi giorni dell’anno solare seguono criteri parzialmente differenti in relazione al diritto alla detrazione dell’Iva che sorge in capo al cessionario.

Ai sensi dell’articolo 19, D.P.R. 633/1972, il diritto alla detrazione:

  • sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile, ossia quando si verificano i seguenti 2 requisiti:
    • l’effettuazione dell’operazione, che si avvera con la consegna o la spedizione, per le cessioni di beni, o il pagamento, per le prestazioni di servizi, e
    • il ricevimento della fattura d’acquisto;
  • può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto medesimo è sorto, alle condizioni esistenti al momento della sua nascita.
Coerentemente, ai sensi dell’articolo 25, D.P.R. 633/1972, la registrazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali deve avvenire:
  • anteriormente alla liquidazione periodica nella quale è esercitata la detrazione della relativa imposta e;
  • comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura e con riferimento al medesimo anno.
Ancora, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, D.P.R. 100/1998, è detraibile nella liquidazione periodica l’Iva relative a fatture d’acquisto ricevute e annotate entro il giorno 15 del mese successivo al mese oggetto di liquidazione periodica (oppure entro il giorno 15 del secondo mese successivo al trimestre oggetto di liquidazione periodica, per i contribuenti trimestrali).

La norma consente, dunque, di retro-detrarre l’Iva, se la fattura è registrata nel termine del giorno 15 del mese successivo. Tuttavia, questo meccanismo non può trovare applicazione per i documenti di acquisto relativi a operazioni effettuate nell’anno precedente.

Ciò significa che non è detraibile nella liquidazione del mese di dicembre 2024 l’Iva di fatture di acquisto datate dicembre 2024 e ricevute nei primi giorni di gennaio 2025, anche se registrate entro il 15.1.2025; trattasi di operazioni da considerarsi effettuate nel 2024 le cui fatture sono però ricevute nel 2025.

Per tali operazioni “a cavallo d’anno”, il diritto alla detrazione dell’Iva sorge nell’anno di ricevimento del documento, quindi nel 2025.

Si evidenzia che la legge delega di riforma fiscale, nell’ambito della revisione della disciplina relativa alla detrazione Iva, dovrebbe introdurre un correttivo atto a consentire l’esercizio del diritto alla detrazione dell’Iva delle fatture di acquisto relative a operazioni effettuate nell’anno precedente, ma ricevute dall’acquirente nei primi 15 giorni di gennaio.

L’articolo 7, L. 111/2023, infatti, assume come obiettivo anche quello di modificare la limitazione temporale all’esercizio della detrazione per le operazioni a cavallo d’anno. Per adesso si tratta ancora di un intento, atteso che la revisione non ha ancora trovato attuazione.

Pertanto, vale ancora la regola secondo cui, per le operazioni effettuate nel 2024:

  • se la fattura è ricevuta entro il 31.12.2024, l’Iva è detraibile nella liquidazione del mese di dicembre 2024 oppure, da ultimo, nell’ambito della dichiarazione Iva 2025 relativa all’anno 2024;
  • se la fattura è ricevuta nel 2025, l’Iva è detraibile dalla liquidazione del mese di ricevimento oppure, da ultimo, nell’ambito della dichiarazione Iva 2026 relativa all’anno 2025;
permanendo, dunque, il divieto di applicazione del meccanismo di retro-detrazione per le fatture datate dicembre 2024 ricevute i primi giorni del 2025.

(MF/ms)




Distacchi di personale: dall’ 1 gennaio 2025 i nuovi criteri di assoggettamento all’Iva

Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della L. 14 novembre 2024 n. 166, sono entrate in vigore le disposizioni relative all’assoggettamento a IVA dei prestiti e dei distacchi del personale previste dall’art. 16-ter del DL 131/2024 (c.d. “DL salva infrazioni Ue”).

Il nuovo regime, introdotto per sanare l’avvio di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea, stabilisce in sintesi che:

  • i prestiti e i distacchi di personale non beneficiano più dell’esclusione da IVA (l’art. 8 comma 35 della L. 67/88 è abrogato) e rientrano, dunque, in via ordinaria tra le operazioni che, se effettuate verso un corrispettivo, sono soggette a imposta;
  • le nuove disposizioni si applicano ai prestiti e ai distacchi di personale stipulati o rinnovati a decorrere dal 1° gennaio 2025.
Considerata l’incertezza creatasi a seguito della sentenza della Corte di Giustizia Ue dell’11 marzo 2020, causa C-94/19, rispetto alla quale la norma nazionale (il richiamato art. 8 comma 35 della L. 67/88) risultava in contrasto, il DL 131/2024 dispone la salvaguardia dei comportamenti adottati dai contribuenti “anteriormente a tale data” (il 1° gennaio 2025), se non sono intervenuti accertamenti definivi.

Sino a tale momento, pertanto, sono considerate valide sia le operazioni per le quali non è stata applicata l’IVA, coerentemente con il tenore della norma interna, sia quelle per le quali è stata applicata l’imposta, in conformità con i principi della Corte di Giustizia Ue nella causa C-94/19.

Il regime di salvaguardia, peraltro, dovrebbe ritenersi esteso anche ai soggetti distaccatari che, nel primo caso, abbiano omesso di regolarizzare le operazioni senza addebito dell’IVA e che, nel secondo caso, abbiano esercitato il diritto alla detrazione dell’imposta addebitata in rivalsa.

Per i contratti stipulati o rinnovati dal 1° gennaio 2025, appare pacifico che la prestazione di distacco risulterà soggetta a IVA indipendentemente dall’entità del corrispettivo pattuito.

In questo modo è rispettato il principio della Corte di Giustizia Ue, secondo cui si applica l’imposta se tra il distaccante e il distaccatario intercorre un rapporto giuridico nell’ambito del quale si verifica uno scambio di reciproche prestazioni. Detto principio è stato, tra l’altro, accolto dalla giurisprudenza nazionale (es. Cass. nn. 5601/2021, 5609/2021, 5615/2021 e 22700/2024).

Qualche ulteriore riflessione è necessaria per i contratti che sono stipulati o rinnovati entro il 31 dicembre 2024.

Stando al tenore letterale dell’art. 16-ter comma 2 del DL 131/2024, sono fatti salvi i comportamenti adottati dai soggetti passivi “anteriormente a tale data”, da intendersi come data in cui il contratto è stato stipulato o rinnovato.

Oltre che aderente alla formulazione letterale della norma, ciò appare coerente con la natura temporanea dei contratti di prestito e distacco del personale (art. 30 del DLgs. 276/2003.

Pertanto, resterebbe ferma la possibilità di escludere da IVA il corrispettivo, ove esso rappresenti il mero ribaltamento del costo del personale distaccato (Cass. n. 16234/2024), senza che il comportamento del soggetto passivo possa essere sindacato.

Soltanto per questi contratti, sarebbe quindi ancora possibile allinearsi all’interpretazione della Cassazione, secondo cui, se il corrispettivo eccede il costo del personale, l’IVA dovrebbe essere applicata sul solo margine di cui beneficia il distaccante (Cass. n. 19129/2010).

L’esclusione da IVA non può, però, concernere il caso in cui il distacco del personale rientri nell’ambito di un contratto più ampio, per cui la prestazione di servizi, nella sua unitarietà, rientra nell’ambito di applicazione del tributo (cfr. risposta a interpello Agenzia delle Entrate n. 224/2019).

Possibili effetti sulle somministrazioni di manodopera

È da valutare se i principi formulati dalla Corte di Giustizia Ue, recepiti a livello normativo per i contratti di distacco e prestito di personale dal DL 131/2024, possano estendersi a ulteriori istituti.

È il caso, ad esempio, delle somministrazioni di manodopera, per le quali, ai sensi dell’art. 26-bis della L. 196/97, è assoggettato a IVA il solo margine del somministratore, mentre non rientrano nella base imponibile i rimborsi degli oneri retributivi e previdenziali eventualmente sostenuti che il somministratore è tenuto a corrispondere al lavoratore.

Potrebbe essere considerato soggetto a imposta l’intero corrispettivo pattuito, se tra le parti sussiste un rapporto giuridico con uno scambio di reciproche prestazioni.

L’assoggettamento a IVA dell’intera prestazione può, nondimeno, essere contestata dall’Amministrazione finanziaria in merito all’esercizio del diritto alla detrazione da parte del soggetto beneficiario, laddove il contratto di somministrazione di manodopera risulti illecito e non genuino (da ultimo, Cass. nn. 20591/2024, 25606/2024 e 25427/2024).
 

(MF/ms)




Riduzione al 2% del tasso di interesse legale per il 2025

Cala ancora il tasso sugli interessi legali. Il decreto 10 dicembre 2024 del Ministero dell’Economia e delle finanze pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ha fissato al 2% in ragione d’anno, con decorrenza dal 1° gennaio 2025, il saggio degli interessi legali di cui all’art. 1284 c.c.

Tenuto conto del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato e del tasso d’inflazione annuo registrato è stata infatti ravvisata l’esigenza di modificare l’attuale saggio degli interessi legali che è al 2,5%.

Già la misura precedentemente dettata dal DM 29 novembre 2023 aveva di molto ridotto la percentuale, che in precedenza era del 5%.

(MF/ms)




Istat novembre 2024

Comunichiamo che l’indice Istat di novembre 2024, necessario per l’aggiornamento dei canoni di locazione è pari a + 1,2 % (variazione annuale) e a + 1,9 % (variazione biennale).
 
Entrambi gli indici considerati nella misura del 75% diventano rispettivamente + 0,900 % e + 1,425 %.

(MP/ms)

 
 




Rinviato al 31 marzo 2025 l’obbligo di assicurazione contro i danni catastrofali

È stato approvato il 9 dicembre dal Consiglio dei Ministri il decreto legge c.d. “Milleproroghe”, che contiene, tra l’altro, l’oramai inevitabile (perché manca il decreto attuativo) slittamento del termine per adempiere l’obbligo di dotarsi di una polizza contro i rischi “catastrofali” da parte delle imprese individuate dalla norma, che viene ora rinviato al 31 marzo 2025.

L’obbligo è stato introdotto dalla legge di bilancio 2024 (art. 1 commi 101 – 111 della L. 213/2023), che indicava come termine ultimo per adeguarsi il 31 dicembre 2024 e demandava a un decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze e del Ministro delle Imprese e del made in Italy la definizione delle modalità attuative e di altri aspetti rilevanti per l’operatività della disposizione.

La bozza del decreto è stata sottoposta al Consiglio di Stato, che ha evidenziato l’esigenza di alcuni approfondimenti funzionali alla sua attuazione pratica (tra gli altri, i giudici amministrativi hanno suggerito di precisare su chi gravi l’obbligo assicurativo in caso di affitto e usufrutto di azienda); lo slittamento del termine si rende, quindi, necessario per recepire le osservazioni contenute nel parere.

La disposizione, si ricorda, nasce con l’obiettivo di garantire un ristoro economico alle imprese in caso di calamità naturali, così da porre il rischio di questi eventi e i relativi costi non solo a carico dello Stato (che comunque assume il ruolo di coassicuratore), ma anche di soggetti privati.

Attualmente (dunque senza considerare le eventuali indicazioni che saranno contenute nel decreto attuativo), l’obbligo di stipula:

  • riguarda le imprese con sede legale in Italia e quelle aventi sede legale all’estero con una stabile organizzazione in Italia, che siano tenute all’iscrizione nel Registro delle imprese ex art. 2188 c.c., ma sono escluse da questo adempimento le imprese agricole ex art. 2135 c.c., per le quali opera il Fondo mutualistico nazionale per la copertura dei danni catastrofali meteoclimatici, istituito dall’art. 1 comma 515 ss. della L. 234/2021;
  • riguarda i beni individuati all’art. 2424 comma 1 c.c., sezione Attivo, voce B-II, n. 1, 2 e 3, vale a dire terreni e fabbricati; impianti e macchinari; attrezzature industriali e commerciali.
Le polizze in oggetto devono essere destinate alla copertura di danni direttamente cagionati da calamità naturali ed eventi catastrofali verificatisi sul territorio nazionale.

La norma specifica la tipologia di evento di danno qualificante il sinistro assicurabile, elencando nominativamente i sismi, le alluvioni, le frane, le inondazioni e le esondazioni.

La stipula dell’assicurazione in oggetto è obbligatoria e dell’inadempimento a detto obbligo si deve tener conto “nell’assegnazione di contributi, sovvenzioni o agevolazioni di carattere finanziario a valere su risorse pubbliche”, anche con riferimento a quelle previste in occasione di eventi calamitosi e catastrofali.

Occorre meglio definire i destinatari dell’obbligo in casi dubbi

Da ultimo, si osserva che lo schema di decreto, nella sua versione sottoposta al Consiglio di Stato, prevedeva che l’adeguamento alle previsioni di legge dei testi di polizza dovesse avvenire entro e non oltre 90 giorni dalla data di pubblicazione; questo significa che, per coerenza tra le tempistiche, il regolamento dovrebbe essere emanato almeno 90 giorni prima della scadenza del termine ultimo per l’adeguamento.

Se fosse mantenuta questa indicazione anche nella nuova versione del testo, il decreto dovrebbe essere emanato entro fine anno.
 

(MF/ms)




I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sulle recenti lettere di compliance inviate

In una FAQ si chiarisce che, a fronte della comunicazione di anomalia, se non si sono riscontrate inesattezze non occorre fare nulla.

Sulla questione delle lettere di compliance recapitate negli ultimi giorni, l’Agenzia delle Entrate prova a fare chiarezza con una FAQ pubblicata sul proprio sito.
Nel dettaglio, l’Amministrazione finanziaria precisa che, per chi ha ricevuto la comunicazione riguardante una possibile anomalia relativa al reddito dichiarato, se dall’esame della dichiarazione non si sono riscontrate inesattezze, non occorre fare nulla.

La comunicazione ricevuta – si legge nella FAQ – ha un valore puramente informativo, non anticipa un’attività di controllo e non richiede di attivarsi per fornire un riscontro all’Agenzia delle Entrate.

Al riguardo, si ricorda che, da più parti, nei giorni scorsi è stato segnalato il contenuto, apparentemente sempre uguale, di queste lettere, con cui il Fisco segnala la presenza di anomalie nella dichiarazione dei redditi presentata lo scorso 31 ottobre (relative all’anno d’imposta 2023) e “invita” nuovamente a valutare l’ipotesi di aderire al concordato preventivo biennale, i cui termini intanto sono stati riaperti fino al 12 dicembre.

Nelle lettere si legge che “Ogni anno l’Agenzia, sulla base dei continui aggiornamenti delle informazioni che confluiscono nelle banche dati che costituiscono il proprio patrimonio informativo, individua casi anomali che, dopo ulteriori approfondimenti, sono selezionati per l’attività di controllo. In tale contesto, è stato rilevato che la sua dichiarazione per l’anno 2023 indica un reddito derivante da attività d’impresa inferiore a quello dei dipendenti che lavorano nello stesso settore economico. Questo aspetto, in assenza di giustificazioni oggettive, può essere considerato anomalo”.

Ciò ha portato a commenti negativi sui social e alla reazione dei sindacati dei commercialisti ADC, AIDC e UNGDCEC, per i quali in questo modo si creano “a tappeto paure infondate nei nostri clienti che inevitabilmente si rivolgono a noi per ricevere assistenza, che si traduce in consulenza a basso valore aggiunto che richiede ore ed ore del nostro tempo, che difficilmente riusciremo a farci retribuire”. Secondo i sindacati, “Le lettere di compliance, introdotte con l’intento di favorire il corretto adempimento degli obblighi fiscali e la trasparenza nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, sembrano diventate uno strumento intimidatorio, volto a indurre il contribuente a prendere determinate decisioni”.

Sulla questione è intervenuto anche il Viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, chiarendo che “le lettere di recente inviate dall’Agenzia delle Entrate rientrano nell’ordinaria attività di comunicazione per segnalare eventuali anomalie riscontrate”.

Leo ha sottolineato che “la corretta informazione è alla base del «Fisco amico». Noi abbiamo cambiato la logica dell’accertamento, agendo ex ante anziché ex post. E queste lettere ne sono un esempio lampante. Si informa semplicemente il contribuente – ha proseguito – di una situazione che lo riguarda, ma deve essere assolutamente chiaro che chi ha adempiuto correttamente agli obblighi tributari non ha nulla da temere e potrà non tenere conto delle comunicazioni ricevute”.

La comunicazione non anticipa un’attività di controllo

Tornando alla FAQ, l’Agenzia ha poi chiarito che, in un’ottica di trasparenza e per far conoscere gli strumenti introdotti dal legislatore, condivide preventivamente i dati di cui dispone.

L’intento dell’informativa è di richiamare l’attenzione sulla possibilità di verificare quanto dichiarato e consentire la correzione in autonomia di eventuali errori.

Per chi invece ha riscontrato un’inesattezza nel reddito dichiarato, la FAQ precisa che il sistema tributario dell’Amministrazione finanziaria mette a disposizione dei contribuenti “diverse possibilità, a cominciare dal ravvedimento operoso che, dopo la recente riforma del sistema sanzionatorio, consente di beneficiare di sanzioni più favorevoli rispetto al passato”.

 

(MF/ms)




Le lettere di intento per il 2025

Con l’avvicinarsi della fine dell’anno, i soggetti passivi che hanno effettuato operazioni con l’estero in regime di non imponibilità IVA possono già compiere le prime verifiche in merito all’acquisizione della qualifica di “esportatore abituale”.

Chi conseguirà tale qualifica potrà utilizzare, nel corso del 2025, il plafond maturato per avvalersi della facoltà di acquistare beni e servizi, nonché di effettuare importazioni, senza applicazione dell’IVA (art. 8 comma 1 lett. c) del DPR 633/72).

Lo status di “esportatore abituale” si acquisisce avendo registrato, nell’anno solare precedente o nei 12 mesi precedenti, un ammontare di corrispettivi derivanti da cessioni all’esportazione e operazioni assimilate, servizi internazionali e cessioni intracomunitarie, superiore al 10% del volume d’affari “rettificato” (art. 1 comma 1 lett. a) del DL 746/83).

Il volume d’affari del soggetto passivo, determinato ai sensi dell’art. 20 del DPR 633/72 (computando le operazioni effettuate, registrate o soggette a registrazione nell’anno solare o nei 12 mesi precedenti, incluse le variazioni in aumento o in diminuzione), deve infatti essere “rettificato”, escludendo:

  • le cessioni di beni in transito o nei depositi soggetti a vigilanza doganale;
  • le operazioni di cui all’art. 21 comma 6-bis del DPR 633/72, vale a dire le cessioni e prestazioni territorialmente non rilevanti ai fini IVA in Italia per le quali occorre comunque l’emissione della fattura.
I soggetti passivi che maturano la qualifica di “esportatori abituali” possono acquistare beni e servizi (e importare beni), in regime di non imponibilità IVA, nei limiti del plafond maturato, il quale è pari all’ammontare delle operazioni che concorrono alla formazione dello stesso (cessioni all’esportazione e operazioni assimilate, servizi internazionali, cessioni intracomunitarie, ecc.) registrate:
  • nell’anno solare precedente (c.d. plafond fisso);
  • nei 12 mesi precedenti (c.d. plafond mobile).
La scelta tra i due metodi di determinazione del plafond è rimessa alla discrezionalità del soggetto passivo e può essere modificata all’inizio di ciascun anno (ris. Agenzia delle Entrate n. 77/2002), mediante comportamento concludente (Cass. 13 aprile 2021 n. 9615).

Per potersi avvalere del c.d. plafond mobile, però, l’attività deve essere stata avviata da almeno 12 mesi (art. 1 comma 1 lett. a) del DL 746/83; cfr. circ. Agenzia delle Dogane n. 8/2003, § 4, e Cass. 15 febbraio 2013 n. 3788).

Il metodo del plafond fisso è, invece, spendibile dal 1° gennaio dell’anno solare successivo a quello di inizio dell’attività. Per cui, adottando tale metodo, una società costituita a settembre 2024 potrebbe avvalersi della facoltà di effettuare acquisti e importazioni senza applicazione dell’IVA già dal 1° gennaio 2025.

Per poter effettuare acquisti in regime di non imponibilità ai sensi dell’art. 8 comma 1 lett. c) del DPR 633/72, gli esportatori abituali sono tenuti a redigere la dichiarazione d’intento, conformemente al modello approvato dall’Agenzia delle Entrate (provv. n. 96911/2020).

La lettera d’intento è, quindi, trasmessa per via telematica all’Agenzia delle Entrate, la quale rilascia apposita ricevuta telematica con l’indicazione del protocollo di ricezione.

Per questa ragione, approssimandosi la fine dell’anno, i soggetti passivi che hanno acquisito (o presumono di acquisire) il predetto status di “esportatore abituale” devono predisporre le lettere d’intento, se intendono effettuare acquisti e importazioni “senza IVA” dal 1° gennaio 2025.

La vigente disciplina consente, infatti, di presentare la dichiarazione d’intento:

  • per una singola operazione;
  • oppure per una o più operazioni, sino a concorrenza di uno specifico ammontare del plafond disponibile.
La seconda modalità è quella più adottata dagli operatori perché consente di esporre un valore presunto pari alla quota parte del plafond che si stima venga utilizzato nel corso dell’anno verso uno specifico fornitore (si veda la risposta a interrogazione parlamentare n. 5-10391/2017).

Peraltro, è possibile avvalersi di una sola dichiarazione d’intento anche per più operazioni d’importazione, fino a concorrenza di un determinato ammontare da utilizzare nell’anno di riferimento (cfr. nota Agenzia delle Dogane n. 69283/2019).

La preparazione della lettera d’intento, relativa a più forniture effettuate dallo stesso soggetto o a più operazioni in Dogana, richiede dunque, evidentemente, un attento monitoraggio del plafond maturato da parte dell’esportatore abituale.

Si segnala che l’Amministrazione finanziaria ha riconosciuto la possibilità di emettere dichiarazioni d’intento nei confronti di più fornitori anche se l’ammontare complessivo supera il plafond disponibile (cfr. risposta Agenzia delle Entrate n. 27195/2017).

Se agisce così, però, l’esportatore abituale dovrà prestare particolare attenzione – nel corso dell’anno – alle forniture ricevute in regime di non imponibilità ex art. 8 comma 1 lett. c) del DPR 633/72, al fine di non incorrere nel c.d. “splafonamento”.

(MF/ms)




Copertura assicurativa contro le calamità naturali: obbligo dall’1 gennaio 2025

L’obbligo assicurativo, introdotto dalla Legge di Bilancio 2024 (art. 1, commi 101 e ss. della L. 30 dicembre 2023, n. 213), entrerà in vigore il 1° gennaio 2025 e interesserà tutte le imprese con sede legale o stabile organizzazione in Italia, relativamente ai danni causati da calamità naturali ed eventi catastrofali a terreni, fabbricati, impianti, macchinari e attrezzature industriali e commerciali, rilevati a bilancio.

Manca però ancora la definizione degli aspetti attuativi, che deve avvenire attraverso la pubblicazione del decreto interministeriale presentato dal Mimit il 23 settembre 2024 e al vaglio del Consiglio di Stato dal 14 novembre, secondo la stampa specializzata: esso definisce le imprese soggette all’obbligo assicurativo, l’oggetto della copertura assicurativa e le calamità naturali e gli eventi catastrofali da assicurare (alluvioni, inondazioni, esondazioni, terremoti e frane).

premi saranno proporzionali al rischio, tenendo conto delle caratteristiche del territorio e della vulnerabilità dei beni assicurati.

Le compagnie assicurative, entro i limiti della propria tolleranza al rischio e in coerenza con il fabbisogno di solvibilità globale, non potranno rifiutarsi di stipulare polizze con le imprese. SACE S.p.A. potrà riassicurare il rischio assunto dalle compagnie assicurative mediante la sottoscrizione di apposite convenzioni, a condizioni di mercato.

I soggetti obbligati 
Sono esclusi dall’obbligo assicurativo, in quanto non iscritti nel registro delle imprese i piccoli imprenditori o i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.

I beni da assicurare
La stipula delle polizze assicurative si applica specificamente ai beni patrimoniali classificati come immobiliimpianti e macchinari, come indicato nell’articolo 2424 del c.c. (voce B-II, numeri 1), 2) e 3)).
Le aziende dovranno stipulare polizze per i beni immobili quali: terreni,  fabbricati,  macchinari,  le attrezzature industriali e commerciali. Ai fini dell’adempimento dell’obbligo di assicurazione, lo stesso deve prevedere un eventuale scoperto o franchigia non superiore al 15% del danno e l’applicazione di premi proporzionali al rischio.

Le calamità
La normativa specifica che l’assicurazione deve coprire i danni  cagionati da calamità naturali e eventi catastrofali quali:

  • terremoti
  • alluvioni
  • frane
  • inondazioni
  • esondazioni.
Le imprese che non avranno stipulato un’assicurazione entro il termine previsto vedranno ridotte le loro possibilità di accedere a contributi, sovvenzioni e agevolazioni finanziarie pubbliche, soprattutto in caso di calamità naturali. 
 
(MF/ms)